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Autore: Sakii    13/06/2017    3 recensioni
Emma, 21 anni.
Giovane ladra di giorno, esperta puttana di notte.
Questo sarebbe il curriculum della mia vita, se solo non fosse stata stravolta.
Un viaggio tra passato e presente, tra amore e delusioni, tra confusione e felicità.
Dalla storia:
“Buongiorno, principessa” ammicca. Sorrido, senza però dargli corda. Si avvicina per darmi un bacio ma mi scanso.
“Ieri notte non ti ho fatto parlare però… sai… era solo…”
Per un attimo i suoi occhi perfetti si incupiscono, poi annuisce, ridendo.
“Ovvio, era solo sesso” ammette con una nota di sarcasmo nella voce, riferendosi alla mia affermazione della notte passata.
“Non voglio i tuoi soldi, lo desideravo… tutto qui.”
Si riveste, lo osservo in silenzio un’ultima volta. Non doveva succedere e lo sappiamo entrambi ma non ho voglia di pentirmene. Non ne ho intenzione, è stato quasi magico.
“È chiaro Emma, non devi giustificarti. Non ne parlerò.”

I primi dodici capitoli risalgono a due anni fa.
La descrizione è stata modificata.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 4

  Past – 6 years ago

Come sua abitudine, mio fratello entra in camera per salutarmi prima di andare a lavoro. Lo abbraccio, stringendolo forte. Mi accarezza dolcemente i capelli, lasciandomi un bacio sulla testa. Aspetto che vada via e mi lancio sul letto sentendo le guance andare a fuoco. E’ passato un anno dallo stupro di mio padre: non ho mai avuto il coraggio di parlarne con nessuno. Ho iniziato ad odiarlo e a voler male al mio corpo. Avevo tagliato i capelli e li avevo tinti di un rosso mogano, usavo frequentemente profumi diversi e lenti colorate per gli occhi, nascondevo le mie neo forme in abiti larghi, evitavo i contatti ravvicinati con le persone (tranne che con Nate e Beth ovviamente). Lasciai credere ad entrambi che il cambiamento improvviso fosse dovuto ad una profonda delusione d’amore. In realtà presi questa drastica decisione dopo che mio padre tentò per la terza volta in un mese di abusare del mio corpo. Quando mi vide mi squadrò a lungo, non commentò e ricominciò la sua misera vita ignorandomi.
Sospiro, afferro il mio cellulare nuovo fiammante ragalatomi da mio fratello per i miei 15 anni. Non ero contenta quel giorno come invece avrei dovuto essere, il desiderio era stato: “vorrei scomparire”.
Fortunatamente mio padre non c’era, come sempre, e riuscii comunque a passare una giornata tranquilla in compagnia di quella che sentivo la mia vera famiglia.
Telefono la mia migliore amica, avevo bisogno di distrarmi. Dopo diversi squilli smetto di provarci. Non potevo arrabbiarmi con lei, non sapeva la verità e continuava a vivere la sua vita in tutta tranquillità; finalmente era riuscita ad uscire con Thomas, erano carini insieme ed ero contenta per lei. A scuola nessuno aveva badato a me una volta entrata in classe in quelle condizioni: si erano ammutoliti tutti, per poi riprendere a ridere e scherzare tra di loro. Non ero mai stata una che attirava troppa attenzione, eppure qualcuno aveva provato a rivolgermi la parola, fallendo miseramente. Erano solo dei pettegoli.
Mi alzo, uscendo dalla stanza, poco convinta che mio padre non ci sia. Non me ne preoccupavo più di tanto anche se forse avrei dovuto. Usciva di meno, solo quando finiva la scorta di alcool, per poi richiudersi nuovamente in camera sua a fare non voglio neanche immaginare cosa. Un brivido mi percorre la schiena, facendomi rabbrividire. Scaccio questi brutti pensieri e mi avvicino alla libreria. Da quel giorno mi ero appassionata alla lettura, sentendomi in simbiosi con quei mondi irreali e distanti, quasi a volerli raggiungere. Avevo praticamente concluso la lettura di ogni singolo libro conservato in quelle mensole colme di polvere e di tanta conoscenza al tempo stesso, così decido di uscire a fare una passeggiata nonostante le raccomandazioni di mio fratello riguardo l’ora tarda… come se qualche maniaco potesse interessarsi a me. Mi preoccupo solo di portarmi dietro le chiavi di mio padre, dopo averlo chiuso dentro, e il mio telefono. Tiro su il cappuccio della mia felpa XL e passeggio fino ad arrivare al parco dietro casa. Mi sdraio sull’erba, ad osservare la vastità del cielo notturno, illuminato da piccole stelle poco visibili a causa delle luci artificiali e dello smog che cercavano di combattere e sopravvivere a tutti i costi.
 
“Un po’ come me…”
 
Mi irrigidisco sentendo dei passi, costringendomi a scattare in piedi. Scruto attentamente nel buio, riconoscendo una figura spaventata e perplessa proprio come me. Tiro un sospiro di sollievo, rilassandomi.
 
“Beth… che ci fai qui a quest’ora?”
 
La mia amica si fa avanti, con la testa bassa e in preda ai singhiozzi. Subito mi avvicino preoccupata. La prendo per mano e la porto a sedere su una panchina, accarezzandole la schiena per farla calmare. Le concedo tutto il tempo che le serve, aspettando che sia lei a parlarmi.
 
“Io… è una cosa così stupida Emma…”
 
Capisco al volo, dev’essere uno dei soliti litigi tra fidanzatini. Le sorrido dolcemente, coccolandola. Resto in silenzio mentre mi racconta di essersi tirata indietro quando Thomas aveva provato a baciarla. Mi incupisco, cercando di non cadere preda dei miei incubi e torno a concentrarmi sulla piccola Beth.
 
“Non dovresti essere qui però”, la rimprovero poco dopo. Elizabeth è fragile, sta diventando una bellissima ragazza ed attirerebbe facilmente persone mal intenzionate. Annuisce, come per dirmi che ha capito.
 
“Dai, ti riporto a casa”, le dico.
 
Lei mi ferma, poggiandomi una mano sulla gamba. La guardo con aria interrogativa, lei per tutta risposta alza lo sguardo. I suoi occhi sono rossi e gonfi, mi dispiace così tanto.
 
“Oh Emma… perché non ti apri più con me come io faccio con te?”, la sua voce è dolce e preoccupata allo stesso tempo. Rimango per un attimo stupita, mi ricompongo in fretta, cercando una bugia semplice e sensata. Lei sapeva benissimo che tutto ciò non sarebbe mai potuto derivare da un ragazzino. Non ero mai stata così fragile, avevo imparato a combattere avendo come punto di riferimento mio fratello. Lui era forte per me, quindi io dovevo essere forte per lui.
 
Una volta, avevo 5 anni, ad una festicciola di paese mi comprò un palloncino ad elio a forma di cane, per sbaglio lo lasciai andare e lo vidi scomparire in cielo. Mi morsi il labbro tanto forte da non piangere, Nate mi rassicurò e mi disse di non preoccuparmi. Non riuscii a trattenermi e piansi così tanto che me ne comprò un altro nonostante i pochi risparmi. Da quel giorno mi ripromisi di non fare più i capricci.
 
Elizabeth prende le mie mani tra le sue, dandomi la forza necessaria a fare ciò che dovevo dall’inizio. Tremo alla paura di veder cadere la barriera che avevo costruito in quell’anno. Guardo nei suoi occhi, cercando il coraggio e le rassicurazioni che mi servivano.
 
“Devi… devi giurarmi che non ne parlerai mai con nessuno… Beth, guardarmi negli occhi e giuramelo.”
 
Annuisce convinta, penetrandomi con i suoi occhi profondi. Era così speciale, aveva messo da parte i suoi problemi riuscendo a capirmi, a capire quanto realmente stessi male.
E così, in un sussurro, le svelai la tanto amara verità. Mi abbracciò, pianse con me, mi restò accanto… ma io la abbandonai poco tempo dopo nonostante lei mantenne la sua promessa.
La vera me stessa non apparteneva più a quel posto, avevo bisogno di volare via come quel palloncino e di trovare il cielo perfetto per me in cui poter brillare.
 
  
Past – 5 years ago

Sbircio dalla finestra, controllando che Nate sia andato via. Raccolgo lo zaino in cui avevo racimolato i miei pochi averi: qualche libro, i miei risparmi e poche cose da bere e da mangiare. Quel giorno io e Beth avevamo avuto un fantastico tour al parco giochi pagato da me per il suo compleanno, per ringraziarla della sua amicizia e dirle addio. Ovviamente lei non sapeva nulla, mi avrebbe fermata e avrebbe cercato di convincermi nuovamente a raccontare tutto a Nathan, come aveva fatto quella notte dell’anno precedente, in quel momento io le avevo promesso che ci avrei provato. Non ne avevo nessuna intenzione, era passato un anno e l’unica cosa a cui avevo pensato era stata la mia fuga.
Mi guardo per un’ultima volta attorno prima di lasciare sul tavolo una lettera per mio fratello e poi vado via. Nella lettera ringraziavo il mio fratellone di tutto il bene che aveva saputo regalarmi. Gli confessavo di averlo visto molte volte piangere in silenzio per i suoi sacrifici. Stavo rubando la sua vita e non riuscivo a perdonarmelo, avevo bisogno di ricominciare da sola. Gli pregavo di non cercarmi, gli promettevo che ce l’avrei fatta perché sono una combattente… come mi aveva detto mia madre quando dovevo ancora nascere.
Scaccio via qualche lacrima impertinente e mi dirigo verso la fermata del bus, destinazione sconosciuta. Per tutta la durata del viaggio osservo fuori dal finestrino il paesaggio cambiare mano a mano che mi avvicinavo a nuove città. Campagne, mare e nuovamente alte montagne verdi come non mai nella primavera. Il caso volle che l’autobus subisse un guasto, interrompendo la mia fuga. L’autista mi spiega che poco distante posso trovare un piccolo quartiere in provincia di New York, guardandomi stranito. Se non altro qualche bel chilometro ero riuscita a farmelo, confidavo in mio fratello, sperando che non perdesse ulteriore tempo della sua unica e preziosa vita seguendomi. Spiego al signore davanti a me che sto andando lì a trovare la mia vecchia nonna e lui mi risponde che poca gente ormai abita in quel luogo desolato.
Capisco subito che è il posto perfetto per me. Cammino per un’oretta prima di raggiungere il mio paradiso. Aveva davvero ragione l’autista; arrivo in una piazza abbandonata in cui spicca solo una fontana. Spero che sia per il buio e che non sia davvero così tanto abbandonato. Non ho tempo comunque di esplorare, devo cercare qualche posto in cui poter sistemarmi. Mi giro di scatto al suono di una voce debole ma distinta. Un lampione poco funzionante riesce a far luce su una vecchietta sorridente, piegata sul suo bastone.
 
“Vai da qualche parte, cara?”
 
Cerco di sorriderle, le rispondo riferendole la stessa scusa usata per l’autista. Lei ridacchia.
 
“Capisco, capisco… mi spiace, non penso di poterti aiutare. Se forse mi dici il tuo nome…”
 
“Elizabeth”, le rispondo di getto.
 
“Merda, è il primo nome che mi è venuto in mente.”
 
La signora ci pensa un po’ su, poi scuote la testa. Mi si avvicina più velocemente di quanto credessi.
 
“Mi spiace piccola, domani potremo investigare meglio, le signore anziane qui sono poche. Per questa notte puoi stare da me.”
 
Sono indecisa ma è l’unica soluzione. La seguo ancora poco convinta, mentre lei inizia a raccontarmi la sua giornata passata al mercato del venerdì.


Angolo Autrice

Torniamo nel passato di Emma a scoprire ancora un po' il personaggio principale. Ci avviciniamo lentamente al suo presente
essendo arrivati alla sua fuga. Spero vi piaccia questo mix tra passato e presente, è essenziale per capire
come Emma sia diventata così oggi ;) ho qualche altra idea in mente a riguardo, poi potremo concentrarci sui giorni presenti... anche
per quelli ho qualche sorpresa. Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va, a presto <3


 
   
 
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