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Autore: Echocide    14/06/2017    4 recensioni
Tikki è condannata a un'esistenza immortale e susseguita di morti: è una sirena e il suo unico scopo è dare in pasto delle vite umane al Mare, suo Genitore e Sposo. Ma dopo l'ennesima morte, nel piccolo villaggio in cui si ferma, incontra qualcuno...
Plagg odia il mare che gli ha portato via la sua famiglia e odia anche la nuova arrivata, che odora di salsedine, ma allo stesso tempo non può stargli lontano...
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La sirena
Personaggi: Tikki, Plagg, Altri
Genere: mistero, sovrannaturale, romantico
Rating: G
Avvertimenti: Alternative Universe, longfic, Original Characters
Wordcount: 1.991 (Fidipù)
Note: Salve salvino, eccoci qua con un nuovo capitolo de La sirena (ricordo che il prossimo verrà postato il 5 luglio) e sinceramente non è che abbia molto da dire, con il fatto che questa storia è molto inventata e non basandosi su cose reali, ho veramente ben poco da dire, quindi passo subito subito alle informazioni di servizio.
Domani ci sarà un nuovo aggiornamento di Laki Maika'i, mentre venerdì sarà il turno di Miraculous Heroes 3 e sabato sarà la volta di Lemonish.
Come sempre vi ricordo la pagina facebook per rimanere sempre aggiornati.
E, al solito, voglio ringraziare tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.



Tikki sbadigliò, entrando nella cucina dei Dupain-Cheng e osservando Sabine lavorare intorno ai fornelli, rimanendo immobile e guardando incantata quella scena di vita familiare: quando ancora era umana, aveva avuto una madre come Sabine? Ne aveva osservato la schiena, mentre lavorava alacremente per dare un pasto alla famiglia? I suoi ricordi si perdevano nel tempo ed erano ormai sbiaditi, solo pallide forme di qualcosa che c’era stato.
La sua famiglia.
Era da veramente tempo immemore che non pensava alle persone che l’avevano generata, che si ricordava che una volta, anche lei, era stata una ragazzina umana come Marinette.
Quanto tempo era passato da quei giorni?
Quanti giorni, mesi, anni, secoli?
Ricordava a stento chi era stata e dove aveva vissuto, tutto il suo mondo era sempre stato solo ed esclusivamente il Mare.
Nient’altro.
Scosse il capo, stampandosi in faccia un sorriso tranquillo prima di battere le mani e fare segno ala donna della sua presenza: «Oh, Tikki!» esclamò Sabine, voltandosi e pulendosi le dita sul grembiule che portava: «Buongiorno! Hai dormito bene?»
La ragazza annuì, sorridendole mentre Sabine posava davanti a uno degli sgabelli un piattino con dei biscotti al cioccolato e una tazza di quello che, dall’odore, sembrava caffè: «Spero ti vada bene come colazione» mormorò la donna, ricevendo in cambio un cenno affermativo dalla rossa, mentre si sistemava sullo sgabello e prendeva uno dei dolcetti.
«Sai, sono contenta che tu abbia legato con Plagg» dichiarò Sabine, riprendendo a lavorare attorno ai fornelli: «Anche se lo conoscono tutti in paese, lui non lascia avvicinare nessuno» si fermò, scuotendo il capo: «Prima non era così, quando aveva l’età di Marinette era un ragazzino allegro e solare, ma poi i suoi sono morti in mare ed è dovuto crescere tutto insieme.»
I genitori di Plagg erano morti in mare?
Tikki alzò la testa, osservando la donna di schiena mentre la mente lavorava velocemente: e se fossero stati un tributo per il Padre? Però era strano, di solito chiedeva una vita sola ad ogni sirena e non più di una.
Un incidente forse?
«Erano andati a fare una gita in barca, i suoi genitori e la sua sorellina. Sembrava fosse una bella giornata ma il tempo è cambiato velocemente…» Sabine si fermò, scuotendo la testa e voltandosi verso di lei, con un sorriso triste in volto: «Il padre di Plagg ha cercato di riportare la barca a riva, ma non sono mai arrivati in tempo e le onde li hanno inghiottiti.»
Tikki annuì, abbassando la testa e osservando il liquido scuro nella tazza, mentre sentiva il suo cuore diventare pesante: no, non erano stati un tributo che il Padre aveva richiesto ma bensì anime che anche loro avevano pianto, come ogni volta che succedeva qualcosa del genere.
Solo i tributi erano necessari al sostentamento del Mare, tutto il resto erano vite che non andavano spezzate.
E la famiglia di Plagg rientrava in queste.
«Scusami, non volevo rattristarti con questa storia…» mormorò Sabine, sospirando e scuotendo la testa: «E’ solo che da allora Plagg tiene lontano chiunque, anche Nooroo per quanto sia un suo amico d’infanzia; ma con te…» la donna si fermò, sorridendo dolcemente e posando una mano sulla sua, facendo alzare la testa alla giovane: «Con te è diverso, lui si è aperto e sono felice di ciò.»


«Quindi che hai in mente di fare oggi?» le domandò Marinette, mentre Tikki alzava il viso verso il cielo terso e sorrideva: «Non vuoi dirmelo?»
La rossa scosse il capo con un sorriso allegro in volto, fermandosi e indicando con un cenno del capo davanti a sé: Marinette seguì la direzione indicatele e s’irrigidì alla vista del ragazzo dai capelli biondi che stava camminando nella loro direzione: «Buongiorno, Marinette» la salutò cortese il ragazzino, spostando poi la sua attenzione verso Tikki: «Buongiorno…» si fermò, aggrottando lo sguardo e cercando aiuto nella moretta, che sembrava aver perso l’uso della parola.
Tikki sorrise, recuperando il blocco e scrivendo il proprio nome: «Oh! Tikki! La ragazza di cui mi ha parlato Plagg!» esclamò il ragazzo, regalandole un sorriso luminoso: «Io sono Adrien Agreste.»
«Ah…b-b-b-b-b-uongornio…volevo dire, buongiorno Adrien!»
Adrien si voltò verso Marinette, regalando l’ennesimo sorriso e facendo poi vagare lo sguardo su entrambe: «Stavi andando a scuola, Marinette?»
«S-s-sì.»
«Posso venire con voi?» domandò il biondo, ricevendo un cenno affermativo da parte di Tikki, voltandosi poi verso Marinette che, rimasta in silenzio e con lo sguardo sgranato fisso sul ragazzo, sembrava aver perso per la seconda volta l’uso della parola: «Forse ti disturbo…» mormorò titubante Adrien, ricevendo in cambio un cenno negativo da parte di Marinette.
Interessante.
Marinette si comportava in un modo veramente interessante.
Tikki abbassò lo sguardo, iniziando a scrivere qualcosa: «Adrikins!» l’urlo femminile la fece sobbalzare, voltandosi e osservando una biondina gettarsi fra le braccia di Adrien: era forse un modo di salutarsi degli umani che ancora non conosceva? Spostò lo sguardo verso Marinette e trovandola improvvisamente cambiata: da impacciata e tremante a fumante di rabbia.
Ok, forse non era un modo di salutare degli umani.
Ed era incredibile come gli esseri umani cambiassero così velocemente stato d’animo.
«Oh. Marinette Dupain-Cheng!» esclamò la nuova arrivata, sorridendo freddamente a Marinette: «Al solito ti accompagni al peggio» continuò, spostando la sua attenzione su Tikki, che inclinò il capo, cercando di capire cosa la bionda stesse dicendo: «Mio padre è andato anche questa mattina ha tranquillizzare la povera Marie, sai? E la tua famiglia cosa fa? Prende in casa la persona che…»
«Chloè» mormorò Adrien, posandole una mano sulla spalla e allontanandola un poco da sé: «Non è colpa della signorina Tikki e tu lo sai bene.»
«Marie sostiene il contrario. Ed io credo a Marie.»
«Beh, che tu non avessi cervello l’ho sempre saputo» dichiarò Marinette, alzando il mento e fissando furiosa la bionda: «Ma non ti permetto di parlare male di Tikki. E’ mia amica.»
«Ovviamente, fra spazzatura ci si intende.»
Mh. Poteva chiedere a Marinette e Adrien di tapparsi le orecchie e cantare un bell’assolo per quella biondina antipatica?
«Adrikins, tu…»
«Io penso che Marie sia distrutta dal dolore e parli di cose non vere» sentenziò Adrien, facendo un passo indietro e sorridendo gentilmente: «Sono certo che, appena sarà di nuovo capace di pensare lucidamente si renderà conto di quello che ha detto…»
«Adrikins!»
«Marinette, dobbiamo andare a scuola» sentenziò il biondo, prendendo per le spalle la moretta e sospingendola nella direzione dell’istituto: «Spero di incontrarla nuovamente, signorina Tikki!»
Tikki li salutò con la mano e un sorriso sulle labbra, voltandosi poi verso la bionda che sembrava essersi pietrificata sul posto: le agitò una mano davanti agli occhi, vedendola sobbalzare e fissarla astiosa.
Ahia.
«Io non mi lascio ingannare» sentenziò la bionda, indicandola e fissandola malevola: «Se Marie dice che sei la causa della morte di suo padre, allora ha ragione. Sei solo un’estranea e gli estranei sono sempre il male!» dichiarò, quasi sibilando ogni parola e andandosene poi a testa alta.
Tikki rimase sola, osservando le persone attorno a sé, notando come la maggior parte l’additava e la scansava, rendendosi conto che quello che Chloé aveva detto il vero: era estranea ed era veramente la causa della morte del padre di Marie.
Che cosa stava facendo ancora in quel posto?
Perché rimaneva lì e non scappava?
Le importava così tanto di dar retta alle parole del dottore?
Gliene doveva veramente importare se Plagg non prendeva i soldi per averle fatto la guardia?
Alzò la testa e mosse i piedi, diretta nell’unico posto dove, era certa, avrebbe trovato una qualche risposta alle domande che le affollavano la mente; attraversò velocemente il paese, raggiungendo la spiaggia e si avvicinò alla riva, allungando poi una mano sull’acqua e, stando ben attenta che questa non le bagnasse i piedi, la sfiorò appena con i polpastrelli: Perché sei così triste, bambina mia?, le domandò la voce del Padre nella sua mente, facendola sorridere e sentire immediatamente a casa: Che cosa ti turba?
La sirena rimase interdetta, cercando di capire cosa la potesse rendere triste: non era andata lì con quei pensieri ma, mentre si avvicinava al Padre, la sua mente aveva vagato e i suoi ricordi erano andati fino alla conversazione con Sabine; il suo genitore e sposo doveva aver seguito l’andamento della sua mente perché si agitò sotto le sue dita: Erano persone che non dovevano morire, sentenziò con quella nota di tristezza che lo caratterizzava sempre quando parlava di chi non era un suo tributo.
Un controsenso come lo stesso Mare era: fonte di vita e di morte, egli poteva donare e poteva togliere.
Amava gli uomini che vivevano sulla terra, eppure chiedeva la loro vita come pagamento per non scatenare la forza che teneva nascosta.
Loro stesse, le sirene, erano prese da quei tributi che lui richiedeva.
Erano state umane tutte loro.
Lo so, mormorò Tikki nella mente e alzando lo sguardo verso il cielo: perché queste morti non richieste?
Alle volte è la stupidità dell’uomo, altre solamente quella cosa che gli umani chiamano destino.
Esiste il destino?
Non so dirtelo, bambina. Ma ho visto succedere cose e non erano per una mera sequenza di avvenimenti…
Forse esiste qualcosa che…
Come esisto io, può esistere anche il destino. Non credi, bambina mia?
Quando sono sirena è tutto più semplice.
L’uomo è affascinante, non è vero? Si fa domande così complesse e a cui non troverà mai le risposte…
, mormorò il Mare e le sue acque gorgogliarono: Come sta andando?
Bene. Presto tutto si calmerà ed io potrò andarmene.
Sento qualcosa in te.
Le persone qui…
, Tikki si fermò, scacciando dalla sua mente Marie e Chloé, concentrandosi invece sui altri visi a lei più cari: sono gentili con me, penso mi dispiacerà andarmene.
Ti stai legando?

Quella domanda, Tikki rabbrividì mentre scacciava dalla sua mente i Dupain-Cheng e Plagg: No, bisbigliò e tirò via la mano dall’acqua, guardandosi i polpastrelli come se si fosse scottata: si stava davvero legando alle persone di quel posto?
No. Non poteva succedere così in fretta.
E lei non poteva legarsi a nessuno…
Era una creatura immortale e, prima o poi, avrebbe iniziato ad avere la freddezza delle altre sirene dentro di sé e i legami non erano una cosa che quelle come lei comprendevano: «Solo chi mi ama più del mare…» bisbigliò ad alta voce, portandosi veloce una mano alle labbra, meravigliata della sua stessa imprudenza: da quanto non sentiva il suono delle parole che pronunciava?
Da quanto non parlava?
Si morse il labbro, scuotendo la testa e alzando il viso, donandolo alla brezza marina: era la vicinanza con gli umani, era questo che le stava provocando tutti quei pensieri; strinse le palpebre ma qualche lacrima scivolò lungo le guance, solidificandosi e cadendole in grembo: perle.
Le sirene non piangevano, poiché le loro lacrime si tramutavano in perle.
Si asciugò velocemente gli occhi, prendendo le sfere bianche in grembo e contandone una decina: chissà, magari se le avesse vendute avrebbe potuto ripagare i Dupain-Cheng per l’ospitalità.
Però dove poteva portarle?
«Ehi, rossa!»  La voce di Plagg la fece trasalire e si voltò, osservando il giovane andare verso di lei con un’andatura appesantita dagli scarponi che affossavano nella sabbia: «Quando Sabine mi ha detto che sei venuta da queste parti, ho pensato volevi suicidarti» le dichiarò, con un ghigno in volto: «poi ho pensato che hai una mente troppo vuota per simili pensieri» si fermò, mentre lei scattava in piedi e lo fissava risentita: «Hai il cervello di un pesce, sì.»
Il cervello di un pesce? Lei?
Lei non era così stupida.
I pesci erano idioti e lei ne conosceva abbastanza per poterlo dire senza problemi!
Lo fissò, scuotendo il capo con un gesto stizzito e andandosene decisa, scivolando pochi passi dopo per colpa di un’alga: Tikki inspirò profondamente, osservando furiosa quel filamento verde e reputandolo l’artefice di tutti i mali del mondo; si voltò indietro, osservando il giovane che, piegato in due, se la rideva della grossa: «Dovevi vederti, rossa» le disse, cadendo a terra e continuando a ridere: «Sarebbe stata una bella uscita ma…»
Tikki si issò in piedi, guardandola furente e mosse un passo, scivolando per la seconda volta e aumentando così le risate da parte di Plagg: si rialzò, inspirando profondamente e stringendo i pugni, tenendo lo sguardo sul moro che, le mani sulla pancia, stava ridendo divertito delle sue sventure.
Avrebbe cantato.
Prima o poi avrebbe cantato e avrebbe donato quella vita al Mare, così da salvare il mondo da quella piaga che era Plagg.
Strinse i denti, rialzandosi lentamente e, dopo averlo fissato furente per un l’ultima volta, si voltò stizzita e cercò di imitare quelle donne che, aveva visto proprio la sera prima, camminavano a testa alta su delle cose che Marinette aveva chiamato scarpe con il tacco: «Ehi, rossa. Non dirmi che te la sei presa?» la voce divertita di Plagg la raggiunse e lei si voltò, il fuoco nello sguardo mentre lo fissava rialzarsi e raggiungerla, ghignando divertito: «Non è colpa mia se sei inciampata su quelle alghe, testa di pesce.»
Ok. Questo era troppo.
Tikki si mosse, alzando il braccio e calandolo sulla faccia di Plagg, venendo intercettata dal giovane: «Non ci provare, signor…» iniziò, facendo un passo verso di lei e Tikki sentì la presa sul suo polso tirarla giù, mentre Plagg scivolava a terra e lei fissava sorridente alcune alghe che, forse per puro senso del dovere, l’avevano aiutata.
Sorrise trionfante, muovendo gentilmente il polso e, una volta liberatasi dalla stretta del moro, gli fece l’occhiolino andandosene saltellante.
Uno a zero per lei.
Forse.

   
 
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