Film > Sherlock Holmes
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Autore: DjalyKiss94    15/06/2017    1 recensioni
Ambientata durante e subito dopo la caduta dalle cascate di Reichenbach, Sherlock Holmes sarà alle prese con un nuovo mistero:
Chi è Sherlock Holmes?
Senza memoria e senza il suo fedele Watson, che lo crede morto, il detective dovrà affrontare i suoi fantasmi e raccogliere tutti gli indizi, per riuscire a ricordare chi è veramente.
Ci riuscirà?
Ps. Storia ancora da scrivere e quindi potrebbe rimanere incompleta.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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CAPITOLO 7                                     INCUBO IN BIANCO
 
 
POV HOLMES
 
 
 
Bianco.
Bianco ovunque.
Accecante.
 
Porto le mani dietro la schiena, guardandomi attorno: non vedo né un inizio, né una fine.
Inspiro forte dal naso.
Dove sono capitato?
Comincio a camminare, verso una meta non definita, per andarmene via da qui, ma il paesaggio non cambia.
 
In sottofondo il fastidioso ticchettio di un orologio.
 
Ad un certo punto il bianco attorno a me acquista una sua consistenza.
Quattro pareti mi circondano, come se fossi in una grande stanza.
 
Bizzarro.
 
Continuo a marciare.
Mi sento pedinato.
Guardo indietro: il muro alle mie spalle mi sta seguendo.
 
Aumento il passo ma questo non accenna ad allontanarsi.
Mi volto a destra e a sinistra: ora anche le pareti laterali avanzano.
 
Eh no!
Così non vale!
 
Mi blocco.
Guardo in alto e sospiro.
Ho capito: devo correre!
 
Comincio a scappare puntando la parete davanti a me, l’unica che non avanza verso il sottoscritto.
Vedo una porta nera posta al centro del muro.
Una via d’uscita!
Strano.
Prima non c’era, ne sono certo!
 
Continuo a correre.
 
Un momento.
Qualcosa non va!
 
Le mie gambe sono pesanti, non riesco a muoverle come vorrei.
 
Panico!
Avanti, avanti!
Cerco di mettere più forza, inutilmente; non collaborano.
 
Mi volto indietro.
Le pareti avanzano imperterrite.
 
Il mio piede urta qualcosa.
Inciampo e cado.
 
Ma che?!
 
Sotto le mie mani non il duro pavimento, ma lenzuola e bende.
Bianche.
Bagnate.
Inspiro.
Un odore forte arriva alle mie narici.
 
Disinfettante.
 
Faccio leva sulla braccia, mi rialzo e ricomincio a correre.
Ma quel groviglio di stoffa ai miei piedi impedisce i miei movimenti.
Inciampo più volte; cerco di non cadere nuovamente.
 
Ad ogni passo il livello di questo mare aumenta, arrivandomi in poco tempo alle ginocchia.
 
L’odore è nauseante, diventa sempre più forte.
 
Pochi secondi e mi ritrovo a nuotare tra lenzuola e bende.
 
Muovo le braccia per rimanere a galla.
Il fiato è corto.
I muscoli doloranti per lo sforzo.
 
Il ticchettio sempre più forte.
 
La porta, davanti a me, ancora troppo distante.
 
Ad un certo punto in lontananza sento le ruote di un carrello che si avvicina.
 
-Signore dove va?-
 
Mi blocco.
                          Tic.
Oh no.
                          Tac.
Quella voce.
                          Tic.
Mi volto.
 
-Non può andarsene. È ora dell’iniezione!- esclama il dottor Bianchi con un ghigno sul volto.
Un’enorme siringa appare davanti alla mia visuale.
L’ago è lungo quanto il mio braccio.
 
Se lo può scordare!
 
Ricomincio ad agitarmi e a nuotare.
 
-Aspetti! Deve mangiare la sua minestra!- esclama una voce femminile.
Un’infermiera.
 
Minestra?
Quell’intruglio insipido, incolore e limoso, con la pasta che galleggia in modo sinistro e dall’odore rivoltante, lo chiama minestra?
 
Che non osi avvicinarsi a me con quella cosa!
 
L’aria è irrespirabile.
Le gambe e le braccia non collaborano e le pareti si fanno sempre più strette.
 
Le bende e le lenzuola si legano intorno al mio corpo intrappolandolo e trascinandolo verso il basso.
 
Mi volto.
Annaspo.
Ormai sono vicini.
 
Mi agito ancora di più.
Respiro con la bocca per lo sforzo e, senza volerlo, ingerisco del disinfettante.
Il suo gusto amaro esplode in gola.
Brucia e mi affoga.
Comincio a tossire e sono costretto a rallentare l’andatura.
 
Vengo afferrato per una gamba e trascinato indietro.
Cerco di dimenarmi, inutilmente.
Delle braccia mi sollevano di peso.
Vengo posto a pancia in su, su una brandina, mentre pian piano i colpi di tosse si fanno più lievi.
 
Stringo gli occhi e li riapro.
Com’è possibile?
Non c’è solo un Dottor Bianchi.
È raddoppiato, triplicato; sono circondato!
 
Le siringhe pure.
Il dottore torreggia su di me, dietro di lui l’infermiera.
 
Le mani delle altre copie dell’uomo mi immobilizzano braccia e gambe.
Li guardo impotente.
Sono in trappola.
Prendo un profondo respiro.
 
-Sentite ne possiamo parlare con calma- comincio cercando di sorridere -non è necessaria tutta questa veemenza e, soprattutto,- lo sguardo mi cade sugli aghi delle siringhe che mi occhieggiano in modo sinistro -l’uso di oggetti così… appuntiti.-
-Shhh. Si calmi.-
 
Guardo in viso il medico.
C’è qualcosa di diverso in lui.
Gli occhi non sono i suoi, non sono scuri come ricordo.
Sono azzurri, tendenti al grigio.
Sono in contrasto col ghigno divertito presente sul suo volto.
Non esprimono ilarità, anzi mi accusano, sono delusi.
 
Quegli occhi…
 
-Non si preoccupi.- sobbalzo e vengo riportato bruscamente alla realtà guardandomi attorno -Non sentirà nulla!- dicono i medici all’unisono con un riso sarcastico sul volto, avvicinandosi ulteriormente con le siringhe.
-Faccia il bravo. Apra la bocca… aaaahm.- esclama l’infermiera.
-No, vi prego.- tento di dire.
 
Stanno per pungermi.
 
Le pareti per travolgermi.
 
Il disinfettante e anche la minestra per affogarmi.
 
Urlo.
 
 
-NO!-
Apro di scatto gli occhi.
Il cuore che batte furioso nelle tempie.
 
Tic. Plic. Tac. Plic.
Odore di disinfettante.
Lenzuola bianche.
Pareti bianche.
Sembra che si stiano stringendo.
 
PANICO!
 
Mi sollevo di scatto.
 
Ahi!
Tiro l’ago della flebo.
Lo guardo.
 
L’hai voluto tu!
 
Con un gesto secco me lo strappo dal braccio.
 
Mugugno infastidito.
 
Strappo un lembo del lenzuolo e me lo lego intorno all’arto per fermare la fuoriuscita di sangue.
 
Non rimarrò qui dentro un secondo di più.
Guardo fuori dalle finestre.
Fuori è buio, un’ottima occasione.
 
Provo a muovermi, mi sento ancora debole.
Sposto le gambe in modo che cadano penzoloni dal letto.
Raddrizzo la schiena.
 
Uhm.
Gira tutto.
Sembra di strare su una barca.
 
Barca…
 
-È sicuro che non esiste un mezzo di trasporto acquatico alternativo a questo?-
 
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo.
 
Con fatica scendo dal letto.
Inspiro tra i denti, il pavimento sotto i miei piedi nudi è freddo.
Le gambe cedono.
Mi aggrappo al materasso.
Per poco non crollo a terra.
Mugugno.
Un forte senso di nausea si fa strada nel mio stomaco.
Stringo le palpebre e inspiro profondamente un paio di volte.
Dopo qualche secondo mi sento meglio.
 
Bene, facciamo il punto della situazione.
 
Primo: non fare rumore.
 
Secondo: creare una copertura.
 
Prendo il cuscino mettendolo sotto le coperte.
Afferro il tubicino dell’ago e lo metto affianco al guanciale.
Inclino la testa osservando il risultato.
Perfetto!
 
Terzo: cercare dei vestiti.
 
Non posso andare in giro a torso nudo e in mutande.
Con queste temperature congelerei in pochi minuti.
E poi non passerei inosservato e sicuramente verrei arrestato per offesa alla pubblica decenza.
 
Noto davanti a me, sotto la finestra, una sedia con degli abiti.
Probabilmente quelli che indossavo quando venni portato qua.
Sono molto eleganti.
Adatti per un evento di grande rilevanza.
 
Che io sia una persona agiata?
Ma come sono arrivato qui?
 
La mia curiosità preme per cercare più informazioni, ma non c’è tempo.
 
Devo uscire di qui prima che mi scoprano.
 
Non posso indossare quegli indumenti, indubbiamente troppo vistosi.
 
Mi serve un’idea.
Mi guardo intorno.
Stringo il materasso sotto le mie dita.
 
Usare un lenzuolo e far finta di essere un fantasma?
No.
 
Con calma mi stacco dal letto, le gambe fortunatamente reggono il peso.
 
Mi avvicino alla sedia, prendo i vestiti e mi dirigo verso la porta socchiusa.
 
Mi affaccio cauto in corridoio: è buio ma non del tutto, nessuno in vista.
Tutti dormono.
 
Esco dalla stanza, camminando all’indietro, e mi guardo intorno, sempre in allerta.
Sento il battito frenetico del cuore nelle orecchie.
Assordante nel silenzio della notte.
 
Vedo in lontananza delle scale, illuminate dalla luce della luna che entra dalle finestre.
Quatto, quatto, mi avvicino in quella direzione, i piedi nudi sul pavimento freddo.
 
Ad un certo punto un rumore di passi.
Si sta avvicinando qualcuno.
 
Mi guardo attorno valutando la situazione.
 
Tornare in camera?
No.
Troppo lontana.
 
Entrare in una delle stanze di degenza circostanti?
Urla, panico generale.
No.
 
I passi sono sempre più vicini.
 
Poco distante da me, sulla destra, noto una lieve luce ambrata che si proietta sul pavimento del corridoio.
Frettolosamente ma in silenzio entro nella suddetta stanza, la schiena appoggiata al muro freddo, vicino all’uscio.
L’ombra proiettata sul lastricato passa davanti alla camera e si ferma.
 
Trattengo il respiro.
 
Vedo la sagoma sul pavimento che alza il braccio destro verso la testa, sul petto, poi si tocca le spalle e poi le riporta sul torace.
Terminato il gesto torna a camminare.
Mi affaccio: era un’infermiera.
Non si è accorta della mia presenza.
 
Inclino la testa confuso.
Perché quel gesto?
Testa, petto, spalla sinistra, spalla destra…
Oh!
A meno che…
Mi volto.
Davanti a me la conferma alle mie conclusioni.
 
Una cappella.
 
È piccola, ora illuminata solamente da qualche cero e dalla luce argentea che entra dalle finestre.
Un altare di fronte all’entrata.
Sopra di esso una grande croce di legno appesa al muro.
Due banchi a destra e a sinistra.
Al mio fianco un confessionale.
Noto sulla destra vicino all’altare una rientranza occupata da un armadio.
 
Le campane della chiesa iniziano a suonare.
 
Inchino il capo in segno di rispetto.
 
Silenziosamente mi avvicino al guardaroba.
Lo apro.
 
Nove rintocchi.
 
Sorrido.
Bingo!
 
 
______________________________
 
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO         22 GIUGNO
TERMINE MASSIMO      29 GIUGNO
 
 
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti!!! =D
Questa volta non sono molto in ritardo! =)
Nonostante gli impegni e le comunioni dei miei cugini (con cui ho parlato di film della Marvel, Sherlock Holmes e King Arthur -SUPER FELICEEEE!!! Amo i miei cugini!!!-) ho trovato un pochino di tempo per revisionare il capitolo.
Non posso promettere nulla per il n°8 : le prossime due settimane sarò impegnata con i preparativi per le feste del Santo Patrono e di San Pietro…
Vediamo un po’ cosa posso fare!
Comunque siamo tornati ad Holmes che è alle prese con i suoi incubi! XD
Poverino.
Ma una cosa è comparsa nei suoi sogni…
Esatto: gli occhi di Watson.
Comunque che dite Holmes riuscirà a fuggire?
Che cosa avrà visto?
 
Ringrazio tutti voi che state leggendo e grazie a chi lascia e lascerà una recensione!
Mi scuso per eventuali errori presenti nel capitolo.
 
Alla prossima!
Baci baci Djaly! :*
 
Ps. Lo so. Pensate che le 9 siano un po’ presto per dormire. Ma contando che è inverno e che in ospedale si cena prestissimo… 
  
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