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Autore: Lucius Etruscus    16/06/2017    1 recensioni
Boyka e il maggiore Dunja, dopo la disfatta dell'ultima missione, accettano l'accoglienza della Casata Yutani, offerta non certo per bontà di cuore. C'è un importante torneo da vincere, il DOA (Dead Or Alive), dal cui esito dipende il futuro della vasta famiglia. Molti sono i contendenti, molte sono le prove, ma Boyka e Dunja hanno un asso nella manica, anzi... una Regina! Eloise, la xeno-ginoide creata in laboratorio da DNA alieno: è in tutto e per tutto una donna, ma con la forza e la violenza di uno xenomorfo.
Genere: Azione, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi di Boyka e del Predator si fissavano in modo marziale, quello sguardo privo di astio o di furia che contraddistingue due combattenti che si studiano. Ognuno dei due lottatori portava la propria storia negli occhi, per chi fosse in grado di leggerla: ogni vittoria, ogni sconfitta, ogni paura e ogni determinazione, tutto era inciso a fuoco nel loro sguardo. E i due si studiavano senza voltare gli occhi, neanche quando era chiaro che c’era qualcosa che non andava.

La sala era agitata sin dall’incidente di cui era stata vittima Eloise, ma ora sembrava esserci altro, ma i due lottatori avevano escluso tutto ciò che non fosse compreso dai quattro lati del ring: in quel momento esistevano solo loro, il loro tempo e la loro dimensione. Il resto era solo rumore di fondo, una distrazione da ignorare. Compresi i versi che facevano chiaramente capire come degli xenomorfi fossero entrati in sala...

Lo Yautja si fece leggermente avanti, e Boyka capì che era un trattamento di favore. Si vedeva che si stava trattenendo, e il lottatore era più che convinto che quella creatura fosse solita gettarsi di peso addosso agli avversari, per assestare subito un colpo potente che avrebbe fiaccato loro fiato e resistenza, ma era chiaro che ora non stava per attaccare in quel modo. Voleva un combattimento più pulito.

Urla umane si fondevano con grida aliene, rumori inquietanti di carne strappata facevano da sfondo a schiocchi secchi che quasi sicuramente erano da imputare alle bocche aliene che si chiudevano addosso alle loro vittime. Tutto questo andava ignorato, perché stava avvenendo fuori dal ring.

Il Predator tentò un pugno dritto davanti a sé, a testare l’avversario: Boyka non si mosse. Era immobile a guardare l’avversario, senza che un solo muscolo vibrasse. In realtà stava raccogliendo ogni briciola di energia vitale e di concentrazione.

Il Predator tentò un pugno a spazzata non troppo convinto, troppo distante perché potesse essere davvero una minaccia, e anche stavolta Boyka non si mosse. Quando partecipava ai combattimenti clandestini trasmessi in diretta, allora sì che sapeva come intrattenere il proprio pubblico, soprattutto con tecniche inutili ma di grande effetto. Ora no, ora doveva combattere per... sopravvivere? No, un campione non pensa mai alla sopravvivenza, sarebbe un impedimento: un campione lotta perché è un campione. Perché l’energia che gli arde dentro ha bisogno di essere veicolata e di essere riversata all’esterno.

Lo Yautja gracchiava e pronunciava parole incomprensibili. Lo stava spronando, magari essere molto più alto e muscoloso di lui credeva fosse un deterrente per l’avversario. Come se nei lunghi anni nel carcere di Gorgon per Boyka non ci fossero mai stati giganti da atterrare...

La sala era ormai nera di carne chitinosa e di versi alieni. L’invasione stava per essere completa, e forse fu questo a distrarre lo Yautja. Un oceano di xenomorfi che dilania decine di corpi umani non è uno spettacolo da lasciare indifferenti, eppure sembrava che il Predator ignorasse ciò che stava accadendo. Lo stesso commise un grave errore: pensò che Boyka fosse fermo. Invece si stava solo caricando.

Ripetere due volte la stessa tecnica è da sciocchi. Ripeterla tre volte è da folli. Farlo sul ring con Boyka è da morti. Il Predator per la terza volta provò un pugno, stavolta diretto al volto, per spingere l’avversario ad iniziare a combattere. Ma mentre il pugno era ancora in volo Boyka fece scattare la spalla e in un attimo il suo gomito colpì le nocche della creatura. La convinzione di essere fisicamente superiore aveva impedito allo Yautja di caricare più di tanto il colpo, così anche un piccolo gomito umano fu in grado di provocargli danni alle nocche.

Il tempo di gridare per il dolore fu troppo lungo, perché lasciò la mano sospesa. E in pochi attimi di secondo Boyka gliela crivellò di pugni. L’incontro era appena iniziato e lo Yautja aveva già la mano destra ferita. Gli xenomorfi forse erano il nemico meno pericoloso in sala...

~

Lucas frenò così di colpo che a momenti Eve veniva sbalzata fuori dall’abitacolo. L’auto cominciò a sbandare e gli avversari che erano alle calcagna in un attimo la superarono. Lucas continuò ad accelerare e frenare per fare in modo di non trovarsi mai parallelo ad alcuna auto, perché c’era il rischio che l’autista gli sparasse dal finestrino. E già così stava rischiando parecchio.

Eve reputò inutile chiedere quale fosse il piano, anche perché quell’oceano di xenomorfi rendeva qualsiasi piano molto debole. Lucas finalmente stabilizzò l’auto solo quando riuscì a mettersi in scia dietro uno dei concorrenti, dall’enorme auto corazzata. Nel giro di pochi secondi dai contorni del retro dell’auto cominciarono a volare via alieni: quel concorrente stava letteralmente aprendosi un varco nel mare xenomorfo.

«Non durerà, lo sai?» chiese Eve, che intanto aveva ricaricato entrambi i fucili. Li guardava e le sembravano dannatamente inutili in quella situazione.

Ai lati della Ford Mustang sfrecciavano orde di teste oblunghe, artigli frementi e zanne luccicanti. Tutti troppo lontani per poterli colpire, grazie all’enorme auto che stava aprendo il varco. «Fin qui tutto bene...» bofonchiò Lucas.

«Sarebbe questo il piano?» gridò d’un tratto Eve. «“Fin qui tutto bene”?»

Lucas non rispose ma guardò per alcuni secondi il tachimetro: era innegabile che stavano rallentando. Forse il pilota davanti stava diminuendo la velocità perché si stava avvicinando una curva, ma la paura di Lucas era un’altra: anche quelle auto così blindate non potevano nulla contro un’invasione aliena di quelle proporzioni.

Il pilota si voltò di scatto a guardare la donna. «Ti fidi di me?»

Eve lo guardò stupita. Come poteva farle quella domanda? «Ma certo che non mi fido di te», rispose.

Lucas sbottò in una risata poi con la mano destra premette un pulsante invisibile alla base della leva del cambio. Senza guardare infilò la mano nel pertugio che si era aperto, sempre invisibile, e ne tirò fuori una granata, che porse ad Eve. «Io invece mi fido di te, perché se muoio nessuno saprà più farti provare certe emozioni.»

Eve aveva spalancato la bocca. In un’altra situazione avrebbe fatto pagar cara quella mancanza di rispetto, quel modo tronfio di rivolgersi a lei da parte di chi stava esagerando di molto l’importanza che aveva, ma tutto era cancellato davanti a quella granata.

«Perché avevi una granata nascosta?» sibilò la donna, afferrandola.

«Perché vicino al traguardo avrei fatto esplodere l’auto simulando la mia morte, così da poter avere abbastanza vantaggio per scappare il più lontano possibile da te.» Lucas disse tutto sorridendo. «Quella roba è potente, l’auto si sarebbe trasformata in un cumulo di metallo contorto e non avresti mai avuto la certezza che io non c’ero, dentro.»

Eve era allibita. «È un piano folle. Ci sono telecamere ovunque, come pensavi di uscire dall’auto non visto?»

«Avrei agito nel tratto di strada con il percorso alberato. Non dico che era un piano sicuro, ma qualcosa dovevo provare. Ora però non ha più importanza.»

«Dopo tutto quello che...»

«Dopo tutto quello che, sì» si sbrigò a chiudere il discorso Lucas. «Se volevi un pilota onesto e leale non dovevi venire a cercare nella fogna di paese dove mi hai trovato. Io non ho mai eseguito gli ordini di qualcuno, non fa parte del mio organismo. Se mi costringi, io fuggirò sempre. Sta a te, ora decidere...»

Eve lo fissava, sempre più allibita. «Decidere cosa

Lucas la fissò, sorridendo. «Se fuggire con me.»

~

Il Predator era potente, aveva una massa muscolare come una montagna: per questo non aveva alcuna possibilità con Boyka. Era lento, era massiccio, ogni suo colpo era prevedibile perché muoveva un gran numero di muscoli per caricarlo. Un solo suo pugno avrebbe spaccato la testa dell’avversario, e molti suoi incontri li aveva vinti perché aveva letteralmente spezzato in due l’altro lottatore, facendogli scrocchiare la schiena come un fuscello di legno, ma per far questo doveva prenderlo, l’avversario.

Boyka era carico e scattante, e dal primo colpo di gomito non si stava più fermando. Le sue mani callose erano durissime, per gli standard umani, ma non potevano nulla contro i potenti muscoli della razza Yautja: per questo stava attento a non colpire muscoli ma solo nervi e cartilagini.

Mentre ancora il Predator gridava per il dolore alle dita gli aveva preso a pugni polso ed attaccatura del bicipite, assicurandosi maggior lentezza nel braccio destro dell’avversario. Mentre la creatura cercava di spazzar via Boyka con la sinistra, questi si scansò velocemente per colpire a mano aperta l’ascella dell’avversario: non poteva provocare danni permanenti, ma dolore accecante sì.

Le grida del Predator quasi coprivano l’ululato dei mille xenomorfi che avevano invaso la sala. Boyka con rapidi gesti si arrampicò sul corpo dell’avversario fino ad incastrare la propria gamba con la sua grande testa: seduto sulle spalle del gigante, iniziò a riversargli su nuca e faccia una gragnola di colpi a pugni chiusi, con le nocche dell’indice esposte. Un’antica tecnica cinese per provocare più dolore possibile.

Quella posizione era troppo instabile per durare, e quando vide che il Predator alzava le braccia per afferrarlo, Boyka si lasciò cadere all’indietro, così che quando lo Yautja si trovò a braccia alzate poté infilarsi sotto le sue gambe e fare leva: la montagna cadde a terra con un tonfo sordo.

Rialzatosi d’un lampo, il Predator era furioso e totalmente fuori controllo: esattamente come lo voleva Boyka. Il lottatore non aveva la forza sufficiente per affrontare un avversario del genere, così ora poteva contare sulla forza che l’avversario stesso gli forniva, involontariamente.

Lo Yautja partì alla carica per schiacciare l’uomo con il suo peso, quindi a Boyka bastò lasciarsi cadere all’indietro alzando le gambe, così da fare da “rampa di lancio” per l’avversario, che volò dall’altra parte del ring, cadendo addosso alle corde. Quando si rese conto che aveva le gambe a penzoloni fuori dal ring, dove era pieno di xenomorfi, lo Yautja si sbrigò a ritirarle dentro. Ma nessun alieno lo aveva degnato di attenzione.

«Nessuno ci attaccherà» disse Boyka, sapendo che la creatura lo capiva. «Sono tutti controllati da una mia amica.» Questa l’avrebbe capita, lo Yautja?

Quest’ultimo partì di nuovo alla carica, a riprova che non era un campione così capace come credeva: probabilmente aveva vinto tutti gli incontri con gli umani sfruttando semplicemente la forza fisica. Meritava una lezione, così Boyka aspettò che fosse vicino e fece scattare in avanti la mano, afferrandogli una delle zanne che, nel grido di battaglia, il Predator aveva esposte all’aria. Il lottatore strattonò giù così forte che l’avversario, costretto a seguire la sua mano, cadde rovinosamente a terra con un rumore sinistro. Il rumore della sua zanna che si spezzava, sotto il peso del suo stesso corpo.

Una capriola, e Boyka cadde a peso morto sull’avversario, assicurandosi che il proprio tallone finisse su un’altra zanna, rompendogliela. Il Predator gridava e fendeva l’aria coi suoi potenti pugni, ma i riflessi di Boyka li evitavano accuratamente.

Quando lo Yautja si rialzò era una maschera di sangue verde luminescente. I suoi occhi non erano più sicuri, il suo corpo non più così dritto. Boyka continuava invece ad essere immobile: era inutile attaccare quella montagna, bastava aspettare che si sgretolasse da sola.

~

«E dove potremmo fuggire, io e te?» chiese Eve con tono sarcastico.

«Non lo so, sei una donna capace e sono sicuro che hai mille risorse. Fra pochi secondi c’è una curva, dovremo rallentare e gli alieni ci prenderanno. Oppure lanci quella granata in modo da colpire più macchine avversarie, creiamo un botto di quelli potenti che si porta via qualche creatura e attira l’attenzione degli altri, e invece della curva andiamo dritti. In qualsiasi altro posto.»

«I tuoi piani mi sembrano uno peggio dell’altro...»

«Stiamo rallentando sempre di più, Eve, da un momento all’altro saremo sommersi da mostri. A te non frega niente, tanto non puoi morire, ma perderai me. Perderai l’unico uomo che...»

«Ma piantala!» gridò Eve, «e preparati a mancare quella curva.»

Lucas sorrise. Eve si sporse e lanciò la granata in un punto preciso. Rientrò e guardò il pilota. «Vediamo quanto fa schifo il tuo piano...»

~

Con il braccio destro rattrappito dal dolore e i muscoli frementi, gli attacchi del Predator si erano fatti molto meno temibili. Era una montagna di carne tremula che combatteva ciecamente, che non voleva ammettere che Boyka era diverso da tutti gli avversari umani che aveva incontrato finora. Che gli altri erano semplici lottatori: lui era un campione.

Lo Yautja cercò di afferrare l’uomo con le due mani in avanti, ma quando strinse l’aria poté vedere Boyka sferrargli una gomitata in pieno volto, proprio doveva aveva già colpito prima con i gomiti. Un occhio dello Yautja si chiuse definitivamente e il sangue continuava a sgorgare.

Era inutile continuare. Approfittando che il Predator era chino a gemere di dolore, Boyka gli afferrò una delle zanne ancora sane e tirò in avanti, seguito dal corpo dolorante dello Yautja, fino a scagliarlo fuori dal ring. La montagna cadde nel fiume chitinoso sotto di lui, scomparendo per sempre.

~

L’esplosione fece il suo dovere. Coinvolse almeno due auto, che a loro volta esplosero, e decine di xenomorfi vennero spazzati via, attirando l’attenzione di tutti gli altri. Lucas sterzò violentemente un attimo prima dell’esplosione, così da non essere colpito e di essere già lanciato quando gli alieni cominciavano a volare via. Corpi di xenomorfi ammaccarono pesantemente l’auto, ma dopo alcuni attimi tesi in cui non era chiaro se le lamiere avrebbero resistito, Lucas ed Eve si ritrovarono in un tratto desertico, viaggiando a tutta velocità lontano dal tracciato del DOA.

Lucas non aveva tempo di esultare, perché guidare quell’auto su un terreno ancora più impervio non era uno scherzo, con il rischio che l’ondata di xenomorfi li seguisse e il rischio, tutt’altro che sventato, che uno pneumatico forato dal sangue alieno li lasciasse fermi nel nulla. L’esplosione era un diversivo perfetto, tutte le creature stavano circondando la zona mentre le auto dei partecipanti si ammassavano. Sarebbe stata una strage, ma questo non lo riguardava. Tutte le persone di cui gli importava erano in quell’auto che stava guidando verso la salvezza. Anche se la salvezza era una enorme incognita.

Si voltò giusto un attimo per sorridere ad Eve e fargli capire quanto fosse importante per lui... e fu allora che la vide sanguinare...

~

Quanto poteva fidarsi Boyka a scendere dal ring? Quanto poteva essere sicuro che gli xenomorfi erano davvero guidati da Eloise? In fondo nessuno aveva provato a salire sul ring, quindi era quasi sicuro. Ma scendere tra loro era tutto un altro discorso.

Mentre si guardava intorno per decidere il da farsi, Boyka vide Eloise. O meglio, vide il suo corpo. Un gruppo di xenomorfi lo stava trascinando con cura, probabilmente per farne la propria Regina.

Boyka guardò impotente lo spettacolo della sua ex allieva, ridotta quasi ad un involucro, che veniva trascinata come una bambola senza vita. Forse sarebbe stato meglio per lei rimanere nella casa del suo creatore, forse sarebbe stato meglio per lei non averlo mai incontrato... Di sicuro non l’aspettava un bel futuro, come Regina Aliena, ma forse lei preferiva così.

Boyka non sapeva cosa pensare, né comunque aveva potere di intervenire. Guardava tristemente il corpo della ginoide che aveva sperato di poter forgiare a propria immagine... Era uno spettacolo penoso, quindi Boyka prese come consolazione la potente luce che invase la sala.

~

«Che ti prende, Eve, perché stai sanguinando così tanto?» continuava a chiedere Lucas, sentendosi d’un tratto in colpa: che fosse per via delle coltellate che le aveva inferto prima? In effetti aveva sanguinato più del solito.

Eve tossiva e non rispondeva, limitandosi ad accasciarsi sul sedile. «Ora mi fermo», disse il pilota. «Questi sobbalzi non ti fanno bene.»

«Non... fermarti...» sussurrò la donna, sforzandosi. Una volta assicuratasi che Lucas andasse alla massima velocità, così da abbandonare la zona dell’invasione aliena, parlò con le ultime energie che le rimanevano. «Sono stata spietata, con te... perché dal DOA Race dipendeva tutto... per me. Il mio corpo appartiene alla Yutani, e per assicurarsi che dessi il massimo... l’hanno impostato perché collassasse se mi fossi allontanata... dal percorso della gara...»

«Cosa?» gridò Lucas. «Perché non me l’hai detto? Maledizione, forse ce la facciamo ancora. Dietro quelle colline c’è il traguardo, se mi sbrigo possiamo...»

«No», bisbigliò la donna. «Non servirebbe a niente, sono già compromessa... Servirebbe solo a farti uccidere.»

«Ma che bisogno c’era?» si lamentava Lucas. «È solo una fottuta gara!»

«E io... sono solo un fottuto corpo potenziato...» rispose Eve. «Per loro, trovare un’altra ragazza che si lasci trasformare in Lazarus è semplicissimo. Si richiede solo fedeltà totale... Ne trovano a frotte...»

Lucas stringeva il volante fino a sentirsi esplodere le mani. «Perché l’hai fatto?» chiese rabbioso. «Potevi... maledizione, sei un’abile pilota, potevi prendere la macchina e arrivare al traguardo.»

«Ma senza di te...» sussurrò Eve. «Purtroppo avevi ragione, non posso stare senza di te, senza il tuo odio nei miei confronti... senza la morte che mi davi... Piuttosto che vivere perdendoti... ho preferito...» Un violento colpo di tosse inondò il cruscotto di sangue. Il corpo di Eve stava cedendo, e Lucas cominciò a prendere a pugni il volante, urlando.

«Non... sprecare quella rabbia...» mormorò la donna. «E uccidimi... per l’ultima volta...»

Lucas non sentiva più le sue urla, non sentiva più il piede sull’acceleratore, non vedeva più la strada desertica e ignota che gli sfrecciava davanti. Sentiva solo la mano che afferrava il corpo esangue di Eve e se lo stringeva al petto. Sentiva solo il suo braccio che cingeva il collo della donna. Sentiva solo le sue labbra che le davano l’ultimo bacio. Sentiva solo che la stringeva con ogni briciola di forza. Sentiva solo la morte che le dava. Il gesto d’amore più grande...

~

Il corpo di Eloise scomparve, come scomparvero in poco tempo i corpi degli xenomorfi che la trasportavano. Seguiti subito dopo dai corpi degli alieni che avevano inondato la sala. Quell’arma era potente, dannatamente potente, pensò Boyka.

L’astronave yautja aveva sfondato una parete dell’edificio, e a essa erano fuoriuscite decine di Predator armati di tutto punto che cominciarono a bonificare la zona. Man mano che i corpi degli xenomorfi andavano in fumo sotto i colpi delle armi yautja, venne alla luce il cadavere dell’avversario di Boyka: non ne rimaneva un gran che, ma bastava per indisporre i nuovi venuti.

Boyka rimase immobile sul ring mentre i Predator si avvicinarono e cominciarono a parlarsi l’un l’altro, indicando il loro campione a terra. Il lottatore era sicuro che mancava poco prima che mandassero in fumo anche lui, e forse dopo quello in cui aveva coinvolto Eloise se lo meritava anche. Dopo una vita passata a fare il re in una fogna, pestando chiunque gli si fosse messo davanti, aveva viaggiato per l’universo e vissuto più avventure di quante mai avesse potuto immaginare. Dalla vita aveva ottenuto molto più di quanto una nullità come lui potesse sperare.

Boyka era sereno, quando i due Predator alzarono i fucili verso di lui.

Un grido li fermò. I due Yautja si voltarono di scatto e attesero che le due figure che per ultime erano scese dalla nave si avvicinassero. Al che Boyka ne riconobbe almeno una.

«Dunja?» gridò. «Che cazzo ci fai lì?»

La donna indossava un’armatura Yautja e camminava impettita al fianco di un Predator molto vecchio, che evidentemente doveva essere il capo. «Scusa se ti ho un po’ trascurato, straniero», disse la donna, sorridendo, «ma ho avuto un po’ da fare. Ti va di aiutarmi nella mia nuova missione?»

Boyka era allibito. «Sai che mi stai facendo rimpiangere la tranquillità della mia vecchia prigione?»

Dunja rise. «Devo prenderlo come un sì?»

«E questa tua “missione”», disse Boyka in tono sarcastico, «in cosa consisterebbe?»

Dunja mostrò il grande fucile che imbracciava. «Dobbiamo aiutare i nostri amici Yautja a ripulire la Casata Yutani dagli insetti che la abitano. No, non intendo gli xenomorfi: intendo gli umani che l’hanno usurpata e che in questi anni l’hanno trasformata in una dittatura. Ti prometto che dopo ci ritiriamo in una casetta in campagna.»

Boyka storse la bocca in un sorriso. Per la prima volta nella sua vita era stanco. Ma per la prima volta era contento di non essere solo.

FINE

Alla prossima con le FONTI del racconto

   
 
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