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Autore: ELIOTbynight    16/06/2017    1 recensioni
Haikyuu Final Quest!AU: Tobio si rende conto a sue spese che nessuno è in grado di sconfiggere Tooru, il re demone.
(L'avvertimento non-con è per precauzione e per favore, non ridete per il titolo. La canzone degli Eiffel 65 c'entra poco, il titolo suonava bene per questa storia e basta. xD)
*
Il demone fu abile e non lasciò tornare la distanza tra i loro corpi, non permise a quel giovane di respirare. La mano che si era liberata dell’arco scivolò dietro la schiena di Tobio e fece forza per attirarlo a sé. Nell’altra vi era ancora la freccia, quella che avrebbe dovuto macchiarsi del suo sangue, ma la cui punta ora si stava sollevando pericolosamente verso il viso del moretto.
- Sei così puro ed innocente da darmi la nausea, Tobio.- sibilò Tooru, con gli occhi socchiusi e le labbra che si mossero appena nel pronunciare quelle inquietanti parole. - Non ti vergogni?-
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Non-con
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Una notte e forse mai più



Si specchiò nella luce del tramonto come se non fosse in grado di comprenderne la bellezza. Era indefinibile il colore dei suoi occhi solitamente blu, mescolato con il calore scarlatto del sole che lasciava quel mondo per l’ennesima volta. Quello sguardo avrebbe potuto incantare chiunque con facilità disarmante da quanta profondità nascondeva, ma nessuno meritava la sua attenzione se non il demone più amato, odiato e temuto che avesse mai regnato in quelle terre.
Il giovane si voltò lentamente verso il viale porticato che conduceva all’entrata del castello. Anche da quella postazione riparata dietro la siepe più alta ed esterna del giardino reale, poteva udire senza alcuna difficoltà il rumore metallico delle armature dei soldati, in uscita verso la loro abituale dimora nelle vicinanze. Era risaputo che lasciavano il castello completamente in mano al loro signore ogni giorno a quell’ora, ma nessuno dei ribelli che si opponevano alla supremazia del demone aveva mai osato approfittarne per sottrarlo al trono: il re era troppo potente.
Nessuno aveva mai osato sfidarlo o attentare alla sua vita … fino a quel giorno.

Tobio era il miglior arciere della sua generazione e non ne aveva mai fatto mistero. Il destino era stato tanto ironico con lui, da permettere che anche il re demone stesso ne fosse a conoscenza ed avesse più volte invitato il ragazzo a trasferirsi nella sua corte, offrendogli una vita agiata in cambio dei suoi servigi come guardia del corpo. Il rifiuto da parte del più giovane era stato duro agli occhi del sovrano più di quanto non fosse stato veramente. “Tirerò le mie frecce solo per chi lo merita davvero,” aveva risposto con una sincerità che aveva ridotto in cenere il suo orgoglio in un attimo. Da quel momento, i due non avevano più sopportato la reciproca presenza alle cerimonie ufficiali o anche solo nella loro memoria.
Quando era scoppiato il conflitto tra i fedeli alla corona e i ribelli rivoluzionari, il re era rimasto a guardare con compiacimento, mentre Tobio aveva meditato e si era allenato con l’arco a lungo, prima di giungere alla conclusione che era pronto a fare il grande passo. Avrebbe ucciso il re demone con le sue stesse mani, proprio grazie al talento con l’arco per cui aveva attirato la sua attenzione la prima volta.

Presto il cielo si tinse di viola e di blu, preparandosi a dare il benvenuto alla notte. Tutto taceva da diversi minuti nel giardino e l’arciere uscì dal suo nascondiglio, dopo aver controllato che l’arco e le frecce nella faretra fossero intatti. A passo sicuro, attraversò il portico e scomparve dentro il castello senza emettere un fiato, nascondendosi dagli ultimi deboli raggi di sole che sembravano persino volerlo trattenere dall’impresa che stava per compiere.
Non era mai entrato in quell’enorme casa, ma non si sorprese dinanzi al lusso che lo circondò. Il re era frivolo, elegante e di stile; il luogo in cui viveva lo rispecchiava perfettamente. Era anche bello, quel malefico demone, dallo sguardo ammaliatore che era solito far inginocchiare anche il più ostico dei suoi oppositori, ma Tobio aveva rifiutato di farsene intimidire ed aveva sempre tentato di tenersene lontano. Pensare che stavolta era lui stesso a cercarlo, seppur per la meno pacifica delle ragioni, era ironico e fastidioso.
“È per la mia gente.” si ripeteva spesso nella testa, per non cedere alla tentazione di tornare indietro.
Perché uccidere Tooru era necessario, se voleva una vita migliore per la sua patria, ma anche terribilmente spaventoso … e se si fosse concentrato su questo aspetto, non ci sarebbe mai riuscito.

Fu facile trovare gli appartamenti del re e raggiungerli senza essere visto. La servitù era ormai sparita e il ragazzo si muoveva silenzioso e circospetto come un topo. Si appiattì contro il muro accanto alla porta e prese un respiro profondo.
Da quando aveva rifiutato l’iniziale interesse genuino di quel viscido sovrano, Tobio aveva sempre convissuto con sentimenti contrastanti nei suoi confronti. Disprezzo, ma anche ammirazione. Era un re potente che conquistava con strategia qualsiasi cosa desiderasse e questo gli attribuiva un certo charme, oltre al fatto che Tooru fosse un giovane demone di bell’aspetto. Tutto ciò aveva rischiato di distrarre l’arciere dal suo obiettivo più di una volta, ma era arrivato il momento di mettere un punto fermo alla fine di quella storia e ciò era possibile solo eliminando la fonte del problema.
La porta era socchiusa. Tobio sbirciò dalla fessura e cercò con gli occhi attenti una fonte di luce come riferimento, ma senza successo. Strinse le labbra dalla tensione e con più fermezza possibile spinse la porta per entrare. Fortunatamente, senza fare nessun rumore.
Prima di mettere piede in quella camera già impregnata in qualche modo della malignità demoniaca del sovrano, il ragazzo prese lentamente in mano l’arco dalla schiena, ripetendo il gesto con una delle sue frecce. Deglutì e mosse il primo passo nel covo del nemico, attraversando l’anticamera. Si bloccò e trattenendo il fiato incoccò la freccia, tenendola ancora puntata verso il basso.
Dinanzi a sé si estendeva la stanza reale. Mobili preziosi, specchi, quadri e candelabri l’arredavano, ma l’attenzione di Tobio era tutta per il grande letto a baldacchino al centro. Al bagliore della luna, già alta nel cielo scuro, una sagoma era distinguibile e lui la fissò col cuore in gola, le mani scosse da un tremito.
Era lì. Il suo acerrimo nemico era lì, apparentemente indifeso. Era senza scorta in quel momento e non c’erano possibili guardie del corpo nelle vicinanze che potessero impedire a Tobio di avvicinarsi e nuocergli. Tutto era avvolto da una calma pungente che non aiutò il giovane a tranquillizzarsi. Sapeva bene che un inganno poteva celarsi in quell’accogliente oscurità e il pensiero fece rallentare ogni suo movimento per prudenza. Camminò sul tappeto a fatica, tentando inutilmente di trattenere l’accelerazione del proprio respiro, simbolo di paura.
Paura, sì, anche se aveva cercato in tutti i modi di non provarne. Era insopportabile, ma già conosceva il modo di sbarazzarsene.
Con tutti i muscoli del corpo rigidi dalla tensione, si affiancò al letto del re dopo un lungo minuto di inquietante silenzio. Brevi ed affrettati sospiri ansiosi erano percepibili e il bagliore tenue della luna si rifletteva tremante nei suoi occhi. Quando Tobio ebbe la certezza di essere fermo e stabile sulle proprie gambe, sollevò l’arco e puntò alla testa; il fiato sospeso e lo sguardo tagliente.
Era fatta. Ancora un impercettibile movimento dell’indice che si alzava e i tormenti vissuti dalla povertà del luogo sarebbero cessati, così come gli inspiegabili moti tumultuosi del suo cuore.
- Addio, mostro.- furono le ultime parole appena mormorate che poté dedicare alla causa dei suoi timori.
Un sibilo spietato fendette l’aria, seguito da un silenzio tombale.

- Bel tiro, Tobio-chan. Degno di te.-

Sì, se l’aspettava quella voce. La sua mente l’aveva preceduta come un’eco che riaffiorava dalle profondità del suo animo all’improvviso. L’aveva capito nel momento in cui aveva udito il rumore sordo della freccia che si conficcava nella stoffa.
Già, stoffa e basta.
Perché Tooru, il malefico Re Demone, era alle sue spalle.

L’arco cadde a terra e per un lungo momento il corpo di Tobio fu come congelato; non seppe dire se il suo cuore avesse smesso di battere del tutto o avesse invece cominciato a martellare all’impazzata. Realizzare di essere stato fregato e di aver lanciato una freccia a vuoto era stato inaspettatamente facile, ma a quel punto non sapeva con quale atteggiamento avrebbe dovuto voltarsi e fronteggiare il nemico.
Se si concentrava, poteva persino sentire il suo caldo respiro sulla nuca.
Era infernale e paradisiaco al tempo stesso e non sapeva se sentirsene attratto o disgustato.
Aggrappandosi a quel briciolo di orgoglio che ancora si ostinava a voler tenere intatto, strinse il pugno che si era disperatamente liberato dall’arco e la sua schiena si irrigidì. Il giovane arciere si sentì dilaniare dalla fatica con cui voltò lo sguardo oltre la propria spalla, gli occhi blu che tremavano nonostante i lineamenti duri che aveva spontaneamente assunto il suo viso.
Al contrario, gli occhi di Tooru erano fermi e sicuri. Le belle labbra erano incurvate in un sorriso estatico e intriso di vittoria, mentre i capelli appena riccioluti creavano macabri giochi d’ombra sulla sua pelle chiara alla luce della candela che reggeva in mano. Il suo aspetto non differiva neanche di un particolare rispetto all’immagine che aveva avuto Tobio nella sua memoria per tanto tempo. Un’affascinante incarnazione del potere … il giovane avvertì tutta la propria sicurezza vacillare ed ebbe la sola forza di definirsi, dinanzi a lui, insignificante.

- Speravo solo che fossi un po’ più educato nel farmi visita.- ruppe ancora il silenzio Tooru, cantilenando con la sua voce sottile e penetrante, che diede i brividi all’altro. - Ti avrei riservato un’accoglienza migliore.-
Facendo uno sforzo immane per non far cedere le proprie gambe, il ragazzo si girò del tutto verso di lui e puntò gli occhi nei suoi. Non per sua volontà; fu un riflesso incondizionato che in tempo reale non era in grado di interpretare, ma che presto avrebbe decifrato come attrazione fatale.
Con una maschera di odio sul volto gli parlò, sussultando per come innaturale suonò la propria voce:
- Non darti arie, sudicio demone.-
Quest’ultimo non si scompose. Aveva di fronte la più interessante preda con cui avesse mai avuto a che fare.
Allungò un braccio per appoggiare la candela al davanzale della finestra e fece per dire qualcos’altro di malizioso e provocatorio, quando Tobio forzò se stesso a svegliarsi da quel tumulto di pensieri contrastanti e incomprensibili per raccogliere l’arco in fretta, afferrare una nuova freccia e puntargliela al petto nel giro di due secondi. Seguì l’immobilità assoluta, incrinata soltanto dal suo respiro agitato, sintomo del fatto che si era già pentito del suo gesto.
- Diretto, come hai sempre fatto.- osservò Tooru senza lasciar andare il proprio ghigno, che però si trasformò e divenne presto una smorfia di disprezzo. - Non ti smentisci mai, moccioso.-
- Di’ le tue ultime preghiere.- si sforzò di dire l’altro, stringendo la presa sull’arco e cercando di convincersi a tirare quella dannata freccia il più presto possibile.
Tooru sollevò una mano lentamente ed avvolse a sua volta le dita intorno all’arma elegante padroneggiata dal fanciullo che aveva di fronte. Si fece serio quando lo guardò nuovamente negli occhi.
- Sarai tu a pregare me, Tobio. Di lasciarti andare via o di rimanere, lo deciderai soltanto tu.-
Il ragazzo non comprese le sue parole. Perché mai avrebbe dovuto considerare l’eventualità di pregarlo per poter rimanere? Era una follia! Sì, doveva essere pura follia!
Lo fissò confuso e in quell’istante la sua presa sull’arco si alleggerì; Tooru ne approfittò e glielo sfilò dalla mano senza il minimo sforzo.
- Vedi, mio caro Tobio-chan, io ho un modo del tutto personale per punire chi osa mettere in pericolo la mia vita … - spiegò con voce languida, mentre annullava la distanza tra loro e la sua mano libera si muoveva leggera come una serpe per privarlo anche della freccia. - Decidere se goderne o soffrirne è una scelta che affido alle mie vittime.-
Quelle insidiose parole furono seguite dal breve movimento della lingua di Tooru che lucidava le proprie labbra, come in preparazione per la tortura di cui parlava. Un’idea perversa punse la mente di Tobio, che spalancò le orbite e si sentì mancare il respiro.
Ora aveva perso del tutto ogni possibilità di opporsi al suo nemico.
Era troppo tardi. Il viso di Tooru era a pochi centimetri dal suo e quando si accorse di doverlo in qualche modo allontanare, constatò che non voleva farlo.

Non aveva mai nemmeno avuto il coraggio di ammetterlo a se stesso o anche solo considerare che potesse pensare una cosa simile, ma ora stava accadendo. Sì, l’aveva immaginato a lungo mentre si dava del codardo e provava schifo nei confronti di se stesso, ma ora stava accadendo.
Si diede del folle come pochi momenti prima aveva fatto con Tooru, ma stavolta quell’appellativo era meritato.
Quel demone era a un soffio dal suo viso. E lui non voleva allontanarlo.

- No … - mormorò con un filo di voce, sconvolto dalla sua stessa idea. - No, non succederà!-
Fece un passo indietro e scosse piano il capo, come se ciò potesse salvarlo. Aveva il più puro sbigottimento e la più profonda angoscia negli occhi sbarrati, in quelle iridi che contenevano un mare in tempesta. Tooru se ne sentì attratto, ma a differenza di Tobio che rifiutava quel pensiero e lo palesava inconsciamente, lui ne era consapevole e lo nascondeva a regola d’arte.
Il demone fu abile e non lasciò tornare la distanza tra i loro corpi, non permise a quel giovane di respirare. La mano che si era liberata dell’arco scivolò dietro la schiena di Tobio e fece forza per attirarlo a sé. Nell’altra vi era ancora la freccia, quella che avrebbe dovuto macchiarsi del suo sangue, ma la cui punta ora si stava sollevando pericolosamente verso il viso del moretto.
- Sei così puro ed innocente da darmi la nausea, Tobio.- sibilò Tooru, con gli occhi socchiusi e le labbra che si mossero appena nel pronunciare quelle inquietanti parole. - Non ti vergogni?-
I loro addomi si toccavano e quel contatto fu più doloroso che mai per l’orgoglio ormai infranto in mille pezzi dell’arciere, ma allo stesso tempo fu in grado di destare un desiderio di cui lui non avrebbe mai accettato l’esistenza dentro di sé.
Tuttavia, più si affacciava in quegli occhi scuri, profondi e penetranti, più velocemente si sentiva abbandonare da ogni forza d’animo.
Sì, Tobio si vergognava eccome. Ma non della propria innocenza, al contrario: al pensiero di assecondare la volontà perversa di quel demone, si sentiva il peggiore dei criminali.

Non seppe con quale forza fisica riuscì a sollevare le braccia e spingere via il corpo caldo di Tooru. Era gelida l’aria intorno a lui dopo che l’ebbe fatto ed era pesante il respiro, disperato il battito del cuore e palpabile la paura.
Doveva andarsene. Doveva assolutamente andarsene.
Ancora un minuto in presenza di quella seducente e diabolica creatura e avrebbe perso il lume della ragione.
Barcollò fino ad inciampare nel suo stesso arco e trasalì, mentre cadeva seduto sul pavimento con la schiena che batté bruscamente contro il comodino. La vista gli si annebbiò, una coltre nera parve avvolgere ogni cosa, lasciando regnare nell’oscurità soltanto quei due occhi impossibili da affrontare.
Prima che potessero però avvicinarsi tanto da specchiarsi nei due oceani di terrore di Tobio, la punta metallica della freccia andata persa sfiorò la sua gola da un lato, in una muta ed elegante minaccia.
Tooru parlò ancora con voce bassa e grave, ma essa riempì il silenzio come un frastuono assordante alle orecchie del ragazzo:
- Non hai mai avuto alcun potere su di me, né nel desiderio, né nella morte. E tu lo sai, non è vero?-
Era l’unica consapevolezza a cui ormai Tobio riusciva a credere, specie se ora aveva il calore del corpo del demone a sovrastare il suo.
- Ma puoi considerarti fortunato ad avere una scelta.- aggiunse Tooru, mentre gli angoli della sua bocca si sollevavano maliziosamente. - Sii abbastanza intelligente da fare quella giusta.-
E lui non era mai arrivato a odiarlo così tanto, perché entrambi sapevano che era una bugia: la scelta giusta non sarebbe mai stata quella che Tobio avrebbe compiuto.
- Maledetto … - disse l’arciere con astio estremo, senza scostarsi dalla freccia pronta a conficcarsi nella carne e lasciando che si sostituisse alle labbra tiepide e screpolate del demone.
Proprio così, il demone aveva cominciato a vezzeggiare il suo collo con lievi e continue carezze della sua elegante bocca, trascinando la sua vittima in quell’abisso di peccato sul quale l’aveva costretto ad affacciarsi.
Tobio serrò gli occhi e lasciò andare nei riguardi di se stesso tutto il disgusto e l’indignazione che potesse provare … perché verso quell’attraente demone, sapeva che non avrebbe potuto provarne mai.

*

L’aveva capito fin dalla prima volta che i suoi occhi si erano imbattuti improvvisamente in quelli limpidi ed orgogliosi del più giovane: Tobio non avrebbe mai potuto essergli indifferente.
Non era mai entrato in contatto con una tale onestà di spirito e di cuore e lo odiava, lo odiava tantissimo per questo. La ragione stava nel sentirsi ancora più corrotto, sporco e crudele al confronto, ma non era necessario ammetterlo, né che Tobio stesso lo sapesse.
No, sarebbe stato molto più divertente manovrare a suo piacimento quell’anima libera ed ingenua, trasformandola in una maschera d’illusione per vedere se sotto si nascondeva la stessa malizia e lo stesso sadismo che lui, il Re Demone Tooru, covava nelle profondità di se stesso come un tesoro prezioso.
Non avrebbe mai pensato di dover spingere quel ragazzo su un letto e mettersi a cavalcioni su di lui per riuscirvi, ma poco male: quel gioco lo stava appagando parecchio.

Tooru non aveva mentito sulla parte che riguardava la tortura riservata a chi minacciava i suoi affari o la sua incolumità: se le sue vittime erano interessanti, poteva anche decidere di non ucciderle e prendersi la loro dignità – e molto spesso anche la loro verginità – per poi lasciarle alle sue guardie in modo che decidessero la loro sorte. Tobio era stata la sua vittima preferita dopo molto tempo ed avrebbe goduto fino in fondo nel spogliarlo della sua innocenza.
La luce nella stanza non era cambiata; era solo quella debole candela ad illuminare l’ambiente, non che Tooru avesse bisogno della vista per togliere i vestiti di dosso a quel ragazzo.
- L-Lasciami andare …!- lo pregò Tobio, tenendo ostinatamente gli occhi chiusi e i denti stretti.
Intorno a sé poteva avvertire la morbidezza del materasso e delle coperte su cui prima aveva puntato minacciosamente lo sguardo. Il cuore era come se si dimenasse stretto in una morsa al contatto delle mani del demone che lo tenevano fermo, mentre veniva privato di mantello, casacca e pantaloni. Al pensiero che quelle stesse mani l’avrebbero costretto ancora più duramente su quel letto, se avesse cercato di ribellarsi, rinunciò a qualsiasi tentativo ed accettò quell’immensa vergogna da cui si era sentito travolto.
Da parte sua, Tooru non faceva altro che sorridergli in modo diabolico e oscuro.
- Rilassati, Tobio … - mormorò suadente mentre si slacciava il mantello a sua volta. - Alla fine mi ringrazierai.-
“Preferisco morire,” pensò il ragazzo sul momento, ma quando quelle mani così grandi e disinvolte toccarono il suo petto e cominciarono a strisciarvi sopra, non ne fu più tanto sicuro. Deglutì e fissò gli occhi spalancati verso le pieghe del baldacchino, ma la vista gli fu presto oscurata da quegli occhi maligni che tutto volevano e conquistavano.

E ad un tratto, qualcosa cambiò.
Era tutto nell’espressione di Tobio. Bastò un battito di ciglia e lo spavento fu sostituito da una rassegnazione strana ed improvvisa, che Tooru percepì e gli procurò un brivido rapido che percorse in un attimo la sua spina dorsale. I suoi sensi di demone parvero risvegliarsi e il suo sguardo fu trafitto da una scintilla di desiderio che neanche lui stesso però si aspettava.
“Perché?”
Ad ogni centimetro della pelle liscia di Tobio che veniva scoperta, il demone fremeva un po’ di più dall’impazienza e muoveva le sue dita ruvide più velocemente, con lo sguardo famelico di un predatore che sta per affondare i denti nella carne della sua vittima.
“Perché lo sto facendo?”
Le palpebre del più giovane si abbassarono con una lentezza straziante, accompagnate da un respiro che sapeva più di consenso che di repulsione. Quella era la sua resa, la sua decisione finale, e Tooru se ne stava impadronendo, anche se non sapeva più se lo stesse facendo con la forza o con dolcezza.
“Perché lo desidero?”
L’aria circostante non era nemmeno fredda. Nessuno di loro rabbrividì quando restarono senza alcun vestito addosso e non interruppero neanche quel sofferto e pesante contatto visivo – e nessuno dei due seppe spiegarsi quel fenomeno. Era come se i ruoli della preda e del carnefice non appartenessero più ad una sola persona tra le due e la confusione di quel fatto li fece sprofondare in uno strano ed inquietante silenzio.

Il rifugio che trovarono da quei pensieri scomodi fu nel solo senso del tatto. Tooru sfiorò con le labbra e con il naso la pelle di Tobio a partire dal collo e a finire sul petto e sull’addome, in un lento susseguirsi di sospiri. Ad essi si confusero gli ansimi dell’altro, ormai ridotti a reazioni involontarie più che a manifestazioni dei suoi timori.
Perché per Tobio era troppo tardi. Aveva rinunciato ad afferrare la luce di qualsiasi ragione o sentimento e si era donato a quella strana frenesia che il contatto fisico con Tooru gli procurava.
Almeno finché non sarebbe tutto finito. Almeno finché sarebbe sopravvissuto.

Le mani del demone seguirono languidamente il percorso che le sue labbra avevano tracciato un istante prima, arrivando con una lentezza pericolosa verso la zona più sensibile del corpo di Tobio. Di solito non si prendeva tutto quel tempo, di solito era spietato e rude per il solo gusto di poterselo permettere. Eppure ora, dinanzi alla vittima forse più vulnerabile che avesse mai avuto, preferiva procedere con calma, perdendosi in ogni dettaglio, un assaggio alla volta.
Persino a lui era difficile immaginare il perché. Lo fece e basta, guidato dal semplice senso del potere.
Sotto il suo tocco, Tobio sussultò e strizzò gli occhi con il fiato sospeso. Tooru pensò che gli sarebbe stato più facile torturare quel bocconcino se fosse stato lui ad andargli un minimo incontro, così si mosse fino ad essergli a un soffio dalla sua bocca. Si convinse che lo stesse facendo per rilassarlo, pur di soffocare l’idea che invece lo facesse perché era lui a volerlo.
Lo baciò. E fu una morbida, dolce fiamma di luce in mezzo al buio.

Tobio accompagnò il languido movimento delle labbra di Tooru naturalmente, senza nemmeno il bisogno di pensarci. Era più dolce di quanto avrebbe potuto mai aspettarsi; era più rassicurante avere la sua morbida bocca addosso invece delle sue mani ruvide.
Il demone lo baciò ancora e ancora, succhiando le sue labbra tra i denti e accarezzandole con la lingua, finché non fu il ragazzo stesso a tirare fuori la sua e far loro intraprendere una danza fatale. Era una passione che forse non aveva alcun vero sentimento alla base, ma dava così tanto piacere da essere inarrestabile.
Solo quando la mancanza di aria nei loro polmoni fu insopportabile, Tooru ansimò sulla sua pelle mentre viziava le parti intime di Tobio con le dita. L’unica risposta di quest’ultimo fu un sussulto ad occhi chiusi, ma il labbro inferiore stretto tra i denti era un segno inequivocabile del suo appagamento.
In un momento di lucidità, Tooru pensò che quello fosse ormai impazzito e non aveva torto.
Pensò che non sarebbe stato male impazzire a sua volta per un po’ ed abbassò quindi la bocca dove il piacere di Tobio sarebbe stato più intenso. Voleva vederlo delirare.
Eppure il giovane arciere non delirò.
Egli godette, godette intensamente. Aprì la bocca ed emise tanti quei lamenti e gemiti da produrre brividi e brividi lungo la schiena del demone, che si convinse quindi a continuare la sua tortura.
Il ragazzo lacrimava, ma la sua espressione non era più sofferente e neanche la sua voce rotta tra un gemito e l’altro era più pregna di disperazione.
- Tooru … Tooru …!-
Il demone si separò dalla sua erezione e si leccò l’angolo della bocca. Sentirsi chiamare in quel modo era così piacevole … una scintilla comparve nel suo sguardo quando infilò due dita tra le labbra di Tobio e lasciò che si bagnassero della sua saliva. Il giovane allora aprì appena un occhio.
“Avanti, prendimi.” diceva il suo sguardo.
E mentre abbassava le dita verso il punto in cui presto i loro corpi si sarebbero fusi l’uno all’altro, Tooru pensò di averlo in pugno completamente.


*


Il mattino dopo, il re demone si risvegliò con il calore di un raggio di sole sulla pelle. Ogni traccia di corruzione e oscurità era svanita nel momento in cui il cielo si era illuminato della gentile luce del giorno.
Non osò aprire gli occhi, non ancora. La sua mente ribolliva al ricordo della sera precedente e più dettagli scabrosi e languidi riapparivano davanti ai suoi occhi, meno lui aveva voglia di aprirli ed accettare che fosse tutto finito.
Tooru non avrebbe saputo dire quante altre notti di piacere intenso aveva vissuto prima di quella, ma era certo che l’ultima non l’avrebbe dimenticata facilmente. Il suo corpo statuario si era armonizzato alla perfezione con quello acerbo ma attraente della sua vittima. Ogni sospiro, ogni gemito, ogni impulso avevano avuto un grande valore quella notte e il demone ne aveva tratto piacere più di quanto potesse mai ammettere.
Ma quando sollevò le palpebre e vide il volto addormentato del giovane accanto a lui, fu come se dimenticasse tutto per un secondo.

Tobio si era concesso a lui come nessun altro aveva fatto prima. Tanto aveva resistito, ugualmente tanto aveva abbracciato la sua sconfitta. Da parole aspre e piene di odio, quel ragazzo dall’innocenza così fastidiosa aveva riempito le orecchie del suo carnefice con frasi di passione, facendosi ancora più succube di quanto già non lo fosse. Aveva obbedito al suo demone ciecamente, aveva seguito i suoi gesti e i suoi movimenti come se la sua vita dipendesse da ciò. Era annegato nel piacere più devastante dopo che vi si era tuffato dentro.
Tooru guardò quel viso disteso e senza più alcuna traccia di peccato. Di fronte ad una visione simile, sentì persino la sua stessa anima purificarsi un po’ e ne fu preso talmente alla sprovvista che dovette distogliere lo sguardo.
Continuava a odiarlo.

- Tobio-chan.- lo chiamò, sbuffando e smuovendolo per una spalla. - Vattene, non dovresti essere qui.-
Il giovane arciere ci mise alcuni secondi per tornare alla realtà e quando vide il volto di Tooru corrucciato in quel modo, ricordò tutto e rimase immobile con gli occhi sbarrati e le guance rosse.
- Dai, che aspetti?- aggiunse il demone stizzito, girandosi dall’altro lato del letto per evitare di guardarlo.
Gli occhi di Tobio rimasero puntati su di lui e sulla sua seducente schiena. Deglutì e si mise a sedere lentamente, realizzando ciò che era accaduto. Sentì il disgusto e il disprezzo verso se stesso riaffiorare dal suo animo tormentato e si passò una mano tra i capelli sospirando.
- Che cosa ho fatto … - mormorò tra sé.
Rivolse un’altra occhiata a Tooru, stavolta piena di risentimento, e si liberò delle lenzuola per alzarsi e vestirsi.
Su una cosa erano d’accordo in quel momento: Tobio doveva lasciare quel posto il prima possibile, prima che le loro menti partorissero più pensieri del dovuto e sprofondassero in un tremendo imbarazzo.

- Hai vinto questa volta.- ammise il ragazzo senza voltarsi a guardarlo, sistemandosi la casacca. - Ma non la prossima.-
Stentava a riconoscersi, indossando i suoi vestiti da arciere, così come Tooru avrebbe faticato a riconoscersi nelle sue vesti di re demone una volta uscito da quella stanza per adempiere ai suoi doveri. Nessuno dei due aveva il coraggio di ammetterlo, ma quella notte sarebbe stata indelebile per entrambi.
Senza più un gesto o una parola nei riguardi del sovrano, Tobio lasciò la stanza e fece in modo che non lo vedesse nessuno mentre lasciava il castello. Tentava di reprimere ogni pensiero, ogni emozione di troppo, e si chiese fin quando avrebbe retto. Cercò di concentrarsi sul motivo ufficiale per cui si era incoscientemente intrufolato nella dimora del re demone, cioè la sua lotta per la libertà del popolo, ma ciò non lo aiutò a superare la sconfitta appena subita, anzi era ancora più dura superarla. Avrebbe dovuto pensare ad un’alternativa insieme ai suoi compaesani, un metodo che non mettesse in pericolo le sue emozioni.

Tooru, da parte sua, restò immobile a lungo sul suo lato di letto. Con il labbro inferiore tra i denti e la fronte corrugata, si interrogò a lungo sul vero significato che quella notte aveva avuto per lui.
Non era affatto sembrata una tortura nei confronti dell’ennesima vittima. Anzi, ora quello che si sentiva torturato da sensi di colpa e sentimenti nuovi era lui stesso. Tobio si era lasciato andare tra le sue braccia come lo schiavo più umile al servizio del diavolo, eppure ora, alla luce candida del sole del mattino, aveva riacquistato la sua purezza senza che fosse rimasta alcuna macchia della “tortura” subita quella notte.
Lo odiava, sì, lo odiava davvero tanto.
Non si mosse da quella posizione finché non ebbe la forza di pensare che una cosa del genere non si sarebbe ripetuta mai più e che non c’era motivo di sentirsi così in conflitto con se stesso. Il demone adesso poteva, anzi doveva ritrovare la sua aura di potere incontrastato, doveva nascondere la ferita che il suo orgoglio aveva subito.
Era stata solo una notte. Niente di più.

*

Entrambi si ricredettero delle loro convinzioni, nel momento in cui Tobio si presentò giorni dopo davanti al portone del castello. Il giovane alzò gli occhi e Tooru, dalla sua finestra, gli sorrise.




~ Fine ~




Allora, credo di avere un problema con l'OiKage. Non so, sarà il modo in cui li vedo, sarà che proprio non riesco a fare a meno di vederli così... sta di fatto che quando si tratta di loro cerco di impegnarmi il più possibile nella scrittura e finisco per sfornare queste cose. E' già la seconda volta che succede: già tempo fa questa coppia mi ha fatto scrivere qualcosa di un po' più spinto rispetto ai miei standard (di solito sono fluffosissima al limite del sopportabile) e ora lo faccio di nuovo. Ma giuro, ho una giustificazione! La prima volta era per una challenge e avevo un prompt... questa volta è un regalo di compleanno.
Ma non succederà più! Io sono fedele alla KageHina, uffa! *mette il broncio*

A parte gli scherzi, ci ho messo molto impegno in questa one shot e spero che vi piaccia. Grazie anche solo per averla letta, dedico un bacino a tutti voi. :*
Eliot ;D

   
 
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