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Autore: Rebecca_Daniels    16/06/2017    1 recensioni
*DISCLAIMER: i nomi sono cambiati, ma i personaggi sono chiaramente appartenenti ai One Direction"
E' il 20 Agosto 2013 quando Lexi Golder, ventiduenne londinese per adozione, quasi dottoressa in Storia e fan sfegatata dei The Rush, vede la sua vita cambiare radicalmente. Che cosa potrebbe accadere se una pazza decidesse di sparare al suo grande amore risalente alle scuole medie, nonché cantante della band di cui è innamorata, durante il red carpet per il loro docu-film? Che cosa potrebbe riservarle il destino se per una volta decidesse di fare davvero qualcosa della sua vita? - Un viaggio ironico e introspettivo nella vita di una ragazza più o meno normale che forse capirà come non basta respirare per vivere. Buona lettura & Grazie xx
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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24th March 2014



Ormai Lexi l'aveva capito: nella vita, le cose non erano destinate a durare.
Mai.
O almeno non per le persone come lei, che della vita avevano sempre avuto paura e non c'erano mai uscite a bere una birra assieme.
A Lexi nemmeno piaceva la birra.
Quindi non si era stupita più di tanto quando il suo cellulare era letteralmente impazzito a causa delle notifiche di qualsiasi social network a cui fosse iscritta, tutte per metterle sotto il naso il cartello con la scritta “fine” sotto forma di fotografie e un articolo di giornale del The Sun. Non aveva importanza se Mia avesse fatto irruzione dentro camera sua dicendole che non doveva credere a nulla di ciò che stava circolando in quel momento, ancora prima che lei potesse chiederle qualcosa.
Non aveva importanza che persino Ellie e Sophia avessero provato a mandarle almeno cinque messaggi a testa per convincerla che tutta quella era una bufala, che loro lo sapevano perché c'erano già passate.
Non le interessava neanche il fatto che David avesse telefonato per chiedere a Mia se fosse il caso che andasse a prendere quel “coglione irlandese senza palle e con le orecchie a punta” a calci in culo.
Ma soprattutto, non voleva nemmeno sapere che la persona che era rimasta attaccata al campanello per circa un'ora, quella mattina, era il coglione in questione, che supplicava di poter salire per spiegare come stessero davvero le cose.
A Lexi bastavano le parole di quella modella che sosteneva di essere “l'attuale ragazza di Nate Hanson”, ma ancora di più le erano bastate le mani di lui sulla sua schiena candida e longilinea mentre l'accompagnava in quella che sapeva per certo essere la sua stanza d'albergo. Perché se lo sentiva che quelle foto non erano modificate, che le sue labbra che fino alla sera prima avevano lasciato dolci baci sulla sua testa si erano posate chissà dove sul corpo perfetto di quella ragazza. Lo sentiva dentro di lei, così come percepiva chiaramente di avere un enorme voragine al posto del cuore.
D'altra parte, a che cosa le serviva continuare a provare emozioni se l'unica cosa che le era concesso sentire era rammarico, rabbia, delusione ed un costante, lancinante dolore? Era stanca.
Dannatamente e irreparabilmente stanca.
Quella battaglia con la vita lei non l'avrebbe mai vinta. Con un po' di fortuna, forse, sarebbe riuscita a sopravvivere ed arrivare alla fine della corsa, ma il podio non l'avrebbe mai nemmeno visto con il binocolo.
Il fatto che fosse capace di formulare pensieri vagamente sarcastici, nonostante fosse avvolta nella sua coperta pelosa, con ancora il pigiama addosso, da quella mattina e fossero ormai le cinque del pomeriggio, le diede la certezza di essere per lo meno ancora viva.
“Non posso crederci....”.
Con ogni probabilità era la ventimilionesima volta che lo pensava eppure, mentre fissava la sua lampada fluorescente cambiare colore ogni quindici secondi, non le sembrava possibile formulare nessun altro tipo di frase nella sua testa.
Si era lasciata fregare un'altra volta.
Anzi, forse quest'ultima era stata anche peggio, perché se con Lucas aveva solo sprecato undici anni della sua vita, con lui c'aveva impiegato un mese per fidarsi ma aveva messo in gioco praticamente tutto quello che le era rimasto. Si era ripromessa di non perdersi più per qualcuno che sapeva già non avrebbe ricambiato, ma lui si era impuntato. Aveva fatto di tutto per conquistarsi la sua fiducia, per farle abbattere tutte le barriere che aveva precariamente costruito pur di salvaguardare gli ultimi frammenti di cuore che le erano rimasti e che erano ancora capaci di amare. Lui l'aveva braccata con i suoi sorrisi falsamente sinceri, la sua risata dannatamente contagiosa, con quegli occhi che le avevano promesso quelle attenzioni di cui aveva sempre sentito bisogno e quando le spalle di Lexi avevano sfiorato il muro, lui l'aveva colpita.
Senza pietà.
A sangue freddo.
E continuando a sorriderle.
Aveva aspettato tutto il giorno che le sue care amiche arrivassero a farle visita e quando, infine, sentì le sue guance bagnarsi ed il cuscino inumidirsi sotto il peso delle lacrime, le parve quasi di sentirsi meglio. Ma durò giusto un istante, perché poi, con il loro significato, la portarono ancora più giù, inghiottendola in un turbine di singhiozzi da cui non credeva di aver più la forza di uscire.
Quella sensazione le era così familiare che Lexi non si accorse nemmeno di essere finita di nuovo nel turbine del tunnel dei flashback, dove tutto divenne nero, stretto, troppo stretto, quasi soffocante, voci indistinte che arrivavano da lontano e l'incapacità di dargli un volto, perché che senso aveva ricordare a chi appartenessero se nessuna di loro sarebbe stata la sua?
Se solo non fosse stata troppo intontita dal dolore dell'ennesima rottura del proprio cuore, si sarebbe resa conto di come la memoria di quei cinque mesi stesse bussando alle porte della sua mente, per ricomporre quel puzzle che per troppo tempo aveva cercato di completare, non riuscendo a trovare il pezzo mancante. Era lì, a portata di mano, il nome, ma soprattutto, il viso di quell'unica persona che avrebbe dato senso a tutto, ma Lexi non aveva più le forze per inseguire altre chimere, altri sogni dalle ali fragili che si sarebbero spezzate dopo poche sferzate nell'aria gelida che l'attorniava da una vita. Non era stata una bambina infelice, sua madre non le aveva mai fatto mancare niente e suo padre, tutto sommato, le aveva dato un primo assaggio di come l'amore delle persone non fosse da dare mai per scontato. Persino il fatto di poter considerare solo Mia come vera e propria amica non le era mai sembrato un limite, perché l'aveva sempre fatta sentire protetta. E ad essere sinceri, nemmeno il rapporto di odio-amore che aveva sviluppato con David poteva definirsi catastrofico.
Eppure, Lexi non era mai stata felice.
Ora che ci pensava, neanche quando si era lanciata per salvare Lucas da quel proiettile e si era sentita utile, poteva dire di essere stata felice.
Non dopo aver provato la sensazione di avere la mano di Nate a sfiorarle il braccio, per poi intrecciarsi con la sua.
Non dopo aver impresso il calore dei suoi baci sulla fronte come un marchio indelebile nella sua memoria.
Non dopo aver ballato con lui, misurando i suoi respiri con i battiti del cuore di Nate, scoprendoli sincronizzati.
Quella era stata la felicità.
Ora lo sapeva e non poteva credere che fosse tutto finto, ma soprattutto che fosse destinato a finire da sempre.
Dannatamente effimero.
Un po' come le esistenze di tutti quegli esseri umani che lei aveva studiato sui manuali di storia solo come numeri del grado di migliaia o addirittura milioni: chi si ricordava davvero chi fossero stati, quali fossero state le loro frasi più famose, chi avessero amato? Nessuno. Avevano solcato il suolo terrestre giusto il tempo di diventare cifra e poi erano spariti. Effimeri anche loro come Lexi, come le sue possibilità di essere felice, come l'amore che aveva rincorso per tutta una vita e che non aveva mai nemmeno sfiorato con un dito.
E dopo le lacrime, mentre il sole tramontava al di là della finestra di camera sua, lasciando Londra in una dolce e tiepida notte di primavera, arrivò la certezza di essere stata una stupida per averci anche solo sperato, per aver dato fiducia all'ennesimo ragazzo che era semplicemente troppo per lei, per aver messo a rischio tutto pur di sentirsi speciale. Come poteva avere ventidue anni suonati e non aver ancora capito che certe persone nascono normali e lo rimangono fino alla fine dei loro giorni, mentre altre vengono al mondo per essere speciali ed essere ricordate anche quando il loro tempo sulla terra sarà finito?
Così, infine, sopraggiunse anche la sensazione di sentirsi inutile e la pervase da capo a piedi, costringendola a rannicchiarsi su sé stessa e coprirsi il viso con le mani, perché almeno il suo riflesso sullo specchio alla parete non potesse rigettarle in faccia tutto quello che pensava di lei.
Alla fine tutto si fermò: la sua testa, il turbinio di pensieri che la riempiva, persino le lacrime si seccarono sulla pelle delle guance, tendendola all'inverosimile.
Ed eccolo: il vuoto.
Non era rimasto nulla di lei se non un organo che pulsava dentro la sua gabbia toracica, mantenendola in vita, ma non facendola vivere davvero, perché quella battaglia Lexi sapeva di averla persa ed aveva deciso di alzare bandiera bianca.




24th March 2014 Evening



Mia si lasciò cadere pesantemente sul divano arancione a cui Lexi era inspiegabilmente affezionata e trasse un lungo e profondo sospiro.
Era sfinita.
Il suo cellulare non aveva smesso un solo secondo di suonare, per non parlare di quello di Lexi che era stata costretta a spegnere a metà pomeriggio, rischiando altrimenti di impazzire. Aveva passato l'intera giornata a rassicurare tutti che Lexi stava bene, che era semplicemente stanca e non voleva vedere nessuno. Ma tutti sapevano e nessuno si era davvero fatto fregare dalle frasi di circostanza che lei aveva tentato di rifilare a chiunque chiedesse qualcosa: lei, le bugie, non era mai stata capace di dirle.
Così alla fine c'aveva rinunciato ed era scoppiata al telefono, camminando sue e giù per le scale della loro palazzina per non farsi sentire da Lexi, con l'ultima persona con cui avrebbe mai pensato di poterlo fare e fu grata del peso che fece piegare il divano già precario al suo fianco, offrendole poi una birra ghiacciata: Hugh sapeva perfettamente di che cosa avesse bisogno in quel momento.
-Come stai?
-Lei sta malissimo, Hugh... Non l'ho mai vista in questo stato, sembra quasi sia catatonica e...
-Mia... Ho chiesto come stai tu.
-Oh, scusa...
Si ritrovò a fissare il vetro verde della bottiglia, rigirandosela tra le dita, rendendosi conto che non lo sapeva: negli ultimi otto mesi tutta la sua vita era sostanzialmente ruotata attorno a Lexi.
-Io... Io non lo so ad essere sincera. Credo di essere stanca Hugh, davvero stanca...
Lo vide prendere un sorso della sua birra e si ritrovò a pensare che chiunque avrebbe potuto definire come “sue” quelle labbra rosee e carnose, sarebbe stata una persona fortunata.
-Lo so Mia e penso tu ne abbia tutto il diritto. Non hai fatto altro che prenderti cura di Lexi da quando tutta questa storia è iniziata...
-Sai cos'è che mi fa più rabbia?
Non aveva importanza se i loro discorsi non seguissero un filo logico, perché tra loro era sempre stato così: spontaneità allo stato puro.
-No, cosa?
-Che ho come l'impressione di non sapere chi sia davvero Lexi, cazzo! La conosco da sedici fottutissimi anni ed ora non ho la più pallida idea del perché in quella stanza ci sia un'ameba invece che la mia migliore amica!!
Aveva provato a tenere la voce ferma, ma che senso aveva quando la rabbia, la frustrazione e il senso di colpa la stavano travolgendo da dentro? Scacciò con un gesto stizzito le lacrime che le rigarono il viso, ma le sue braccia furono bloccate da un abbraccio avvolgente e pieno di comprensione che solo persone come Hugh potevano dare. Si ritrovò stretta al suo petto lasciato scoperto dalla camicia bianca troppo aperta, le catenine a schiacciarsi sui bizzarri tatuaggi e il profumo di tea verde dei suoi capelli decisamente troppo lunghi a riempirle le narici.
-Va tutto bene... Shhh... Ci sono qui io...
Mia sapeva che a dire quelle parole e a stringerla in quel modo ci sarebbe dovuto essere David, ma non riusciva a sentirsi in colpa, perché aveva bisogno di Hugh in quel momento e niente l'avrebbe fatta allontanare dal suo abbraccio confortante. Cercò di calmarsi, facendo qualche respiro profondo e lasciando che la sua mente si concentrasse solo sulla mano grande e premurosa di Hugh che stava  scorrendo lungo tutta la sua schiena.
-Come va?
Si allontanò dal suo petto, giusto per creare lo spazio necessario per guardarlo in quegli occhi verdi che erano sempre stati la sua debolezza e si asciugò il viso, sorridendo leggermente: si sentiva meglio.
-Un po' meglio...Grazie Hugh...
-La vuoi sapere una cosa divertente Mia?
-Se servirà a farmi sentire meno uno schifo, allora sì.
Hugh le regalò uno di quei delicati sorrisi con le fossette che le facevano ricordare come anche lei, segretamente, avesse un debole per le cose dolci.  
-Sono gay.
La mandibola di Mia si spiaccicò a terra, o per lo meno, rischiò davvero di sfiorare il suolo tanto si aprì per lo stupore: il suo ex, che tra l'altro era anche uno dei ventunenni più desiderati del pianeta, le aveva appena dichiarato di essere gay. E non era certo un problema, solo che Mia non se lo aspettava. No, quella era una  bugia: i sentori sul fatto che non fosse proprio etero le erano venuti eccome, specialmente quando si ritrovavano a parlare ore e ore di notte come se fossero due amiche più che una coppia. -Wow...
-Già, è stata la stessa identica cosa che ha detto Lucas quando lo ha scoperto... Mentre Zach si è limitato ad un “lo sapevo già” e Lewis ha sostanzialmente dato di matto e si è incazzato...
-Si è incazzato?!
Non riusciva a vedere una valida motivazione per cui una persona come Lewis dovesse aver perso la testa perché il suo migliore amico gli avesse confessato la sua omosessualità.
-Non perché sono gay, ma perché non l'aveva capito da solo e si è sentito esattamente come te: un pessimo amico.
Ed era davvero così: Mia non era riuscita a dirlo ad alta voce ma aveva pensato di essere esattamente quello, una pessima amica che non conosceva fino in fondo una delle persone che considerava più importanti nella sua vita.
-Ma, come ho detto anche a lui, siete tutto fuorché dei pessimi amici... Anzi. Siete le persone che più ci sono state affianco e che per questo motivo volevamo proteggere... E parlo anche per Lexi, perché so che pensa la stessa identica cosa... Alle volte capita di voler preservare quelli a cui teniamo di più dai nostri demoni interiori... Non che il mio essere gay sia mai stato un problema, ma volevo esserne completamente sicuro io, prima di dirlo a tutti... E penso che anche Lexi abbia le sue ombre da affrontare e che non voglia farti preoccupare... Ma credimi quando ti dico che mai come ora ha bisogno di te.
Se doveva essere completamente sincera, sarebbe bastato anche solo il suo sorriso rassicurante per farla calmare, ma quel discorso stava aiutando notevolmente. Così si ritrovò a sorridere a sua volta e una domanda sorse spontanea sulle sue labbra, dopo aver bevuto un lungo sorso di birra.
-Non è che sono stata io a farti scoprire di essere gay, vero?
La risata cristallina che ricevette in risposta le confermò di non essere stata lei la causa di quella scoperta esistenziale. Almeno quello.
Era mezzanotte passata quando Mia chiuse la porta alle spalle di Hugh, ringraziandolo ancora per tutto quello che aveva fatto per lei. Spense le luci del salotto e si diresse verso camera sua, ma un silenzio inquietante proveniente dalla stanza di Lexi la fece bloccare a metà corridoio. Se la sua migliore amica aveva lottato per tutto quel tempo contro qualcosa di cui lei non aveva nemmeno sospettato, ora che lo sapeva non l'avrebbe più lasciata sola in quella battaglia.
Aprì la porta e vide il corpo di Lexi rannicchiato su un lato del letto, completamente immobile, rivolto verso la finestra socchiusa. Senza dire una parola, si distese sul materasso troppo rigido per i suoi gusti, si mise su un fianco vicino a Lexi e coprì entrambe con la coperta.
Per la prima volta da quando era entrata in quella stanza sentì Lexi respirare.




Hi sweethearts!
Eh lo so... Le cose belle non durano per sempre (semicit di Love You Goodbye che è stata scritta molto dopo la creazione di questo capitolo ^^). Così i problemi sono tornati ed i Nexi non erano abbastanza forti per sopravvivere a tutto questo. Prevedibile? Forse. Inevitabile? Anche no. Però credo serva a Lexi per comprendere come abbia ancora molto su cui lavorare e a chi le sta attorno che ci sono ancora molte parti di lei che non conoscono.
Fatemi sapere che ne pensate, perché la fine è molto vicina.
A presto
Lots Of Love xx
  
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