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Autore: KiarettaScrittrice92    17/06/2017    2 recensioni
Juliette e Arno sono i due portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero. Lei è una nobildonna di buone origini, lui il capitano dei moschettieri del re.
Durante la loro battaglia contro Comt Ténèbre e l'imminente rivoluzione francese, scopriranno il loro folle e passionale amore.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Il maggiore
 
14 Maggio 1789

Arno aprì gli occhi ancora insonnoliti, dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di riuscire a mettere a fuoco la stupenda ragazza di fianco a lui. I suoi capelli castani e fluenti, che la sera prima aveva sciolto lui stesso, erano sparsi sul cuscino bianco e, ora che il sole mattutino entrava dalle finestre e illuminava in modo particolare la stanza, notava dei riflessi rossicci in essi. Riusciva a vedere distintamente le sagome piene e sinuose del suo corpo nudo sotto le lenzuola candide e dovette trattenersi con tutte le sue forze dal desiderio di svegliarla ricoprendola di baci, per poi riprendere ciò che aveva fatto la sera prima e rifarla così sua, ma non poteva. 
Non poteva rimanere lì, nonostante il suo cuore lo volesse disperatamente. Sentiva il peso e il fastidio della maschera di Chat Noir che, sorretta dal potere di Plagg, gli copriva ancora il viso e che aveva tenuto praticamente tutta la notte. Doveva assolutamente tornare al più presto a Sèvres, non solo perché doveva presentarsi alla sede per avere gli ordini della giornata, come ogni mattina, ma anche per Plagg, aveva bisogno di riposarsi e recuperare le energie, perché pur non avendo usato il suo potere speciale, sapeva che tenere attiva la trasformazione per tutta la notte era stancante comunque per il piccolo kwami.
Si diresse verso la piccola zona lettura e studio, ancora privo di vestiti e cercò un pezzo di pergamena sul tavolo che si trovava quasi di fronte alla libreria degli ampi appartamenti della giovane donna. Dopo averlo trovato afferrò una piuma d’oca, la intinse nella boccetta d'’nchiostro e con mano sicura e veloce, scrisse un paio di righe firmandosi.
Quando ebbe finito poggiò il foglietto sul comodino della ragazza e recuperò i suoi vestiti scuri, indossandoli velocemente. Non appena fu di nuovo completamente vestito di tutto punto le dedicò un ultimo sguardo, mentre lei, probabilmente in preda a qualche dolce sogno si muoveva un po’ sotto le lenzuola. A quei movimenti innocenti l’eroe del gatto nero sorrise, quasi soddisfatto, come se fosse sicuro che stesse sognando proprio lui. Dopodiché si diresse verso il balconcino, aprì le ante e con un balzo, tipico dei felini, si appollaiò sulla ringhiera.
La sera prima aveva legato il suo cavallo proprio sotto quel balcone in modo che se ne sarebbe potuto andare in qualsiasi momento. Saltò giù finendo perfettamente in sella al destriero, poi slegò velocemente la fune che lo teneva ancora legato al palo e con due colpi decisi di tacco gli ordinò di partire. 
Arrivò a Sèvres in perfetto orario e, dopo aver lasciato il cavallo ad abbeverarsi e riposarsi nelle stalle, entrò nell’edificio, non prima di rilasciare la trasformazione di Chat Noir e tornare ad essere solamente il capitano dei moschettieri del re.
«Questo si chiama sfruttamento di kwami...» brontolò il piccolo gatto nero, rifugiandosi nella sua giacca rossa.
«Perdonami Plagg, – chiese scusa lui – ti prometto che più tardi ti farò avere una razione doppia di camembert.»
«È il minimo.» lo sentì rispondere all’altezza del suo petto, facendogli scappare un sorriso divertito.
Forse aveva offeso il piccolo spirito della sfortuna che lo accompagnava da ormai tre mesi, ma sapeva esattamente come imbonirlo, inoltre era troppo contento di quello che era accaduto quella notte per potersi infastidire o preoccupare di qualsiasi altra cosa. Era più che sicuro che quel giorno nulla e nessuno gli avrebbe tolto quel sorriso soddisfatto dalle labbra.
Si accorse ben presto, però, di quanto si sbagliava: non ebbe nemmeno il tempo di dirigersi nel suo alloggio e lasciare Plagg libero di riposarsi e rifocillarsi, che vide uno dei suoi sottoposti correre verso di lui trafelato. Gli si fermò davanti, porgendogli rispettosamente il saluto militare.
«Capitano.»
«Qual è il problema Johan?» chiese.
«Il maggiore Pierre è rientrato ieri sera e vuole vederla.» disse tutto d’un fiato il soldato.
A quella notizia Arno impallidì, quasi sapesse già quale sonora ramanzina lo aspettava nel presentarsi davanti al maggiore. Fosse stato un qualsiasi suo superiore non avrebbe avuto problemi: perché, in fin dei conti, nessun membro della guardia era obbligato a rivelare i suoi fatti privati, come d’altro canto nessun membro aveva il diritto di saperli, ma lui era suo padre.
Arno fece un grosso respiro, riprese una postura il più seria e autoritaria possibile e, superando il soldato che l’aveva avvisato, si diresse nella stanza in cui era sicuro l’avrebbe trovato.
Bussò educatamente alla porta, per poi aprirla.
«Voleva vedermi, maggiore?»
Era di spalle, le mani dietro la schiena , intento ad osservare la mappa che rappresentava tutta la loro giurisdizione, cioè da Versailles fino a Parigi.
«Chiudi la porta.» disse perentorio e il ragazzo ubbidì all’istante.
Ci fu ancora qualche secondo di silenzio, poi l’uomo riprese a parlare.
«Dove sei stato questa notte?» chiese con quel suo irritante tono autoritario.
«Ieri, dopo che ho lasciato sua maestà, è sorta un emergenza a Parigi e...»
«Non dire idiozie! Vuoi dirmi che questa emergenza è durata tutta la notte?» chiese voltandosi e Arno fu trafitto da quello sguardo: gli occhi del padre erano molto simili ai suoi, ma più freddi e severi.
«Io...»
«Arno, sono stanco delle tue bravate. Sei un capitano ormai, da più di un anno, eppure ti comporti ancora come se fossi un semplice soldato, ignorando le tue responsabilità.»
«Non è affatto vero, – cercò di replicare lui – io ero...»
«Ti rendi conto che in tutta la Francia ti è stato dato il soprannome del donnaiolo di Versialles?»
«Ma padre... – iniziò, ricevendo uno sguardo furioso e se possibile ancora più autoritario – maggiore... Sono solo voci.»
«No, non è vero. Lo sai bene e lo sanno anche i tuoi sottoposti. Con quale criterio pensi che ti prenderanno seriamente quando sono a conoscenza del fatto che ogni festa a Versailles, invece di fare il tuo lavoro o comportarti a modo, ti scopi una donna diversa?»
Per un attimo gli sembrò che il cuore avesse smesso di battere: sentirsi dire quelle cose da suo padre, nonostante non l’avesse mai sopportato, lo feriva profondamente.
«Ha altro da dirmi, maggiore?» chiese cercando di controllare un minimo la voce.
«No... puoi andare.» lo congedò lui, tornando ad osservare la mappa.
Dopo quella discussione con il padre il giovane capitano andò direttamente nel suo alloggio senza rivolgere nemmeno uno sguardo a chiunque lo incrociasse. Non appena fu dentro si chiuse la porta alle spalle e Plagg uscì dal suo nascondiglio, sotto la giacca rossa, per poi tuffarsi verso il solito vassoio sulla cassapanca, sempre ben fornito del suo adorato formaggio maleodorante.
«Tuo padre non è cambiato di una virgola, – disse prendendo un triangolino di camembert e ficcandoselo tutto in bocca – un mese e mezzo che non lo vedo e mi sta sulle scatole come allora.»
Il ragazzo sospirò, buttandosi sul letto.
«Già... Poi da quando non c’è più mia madre che lo riesce a calmare, sembra sempre più irascibile.»
Il piccolo spirito nero mangiò un altro pezzo di formaggio, prima di riprendere a parlare.
«Ma è possibile che nessuno di voi due è mai andato a trovarla? Insomma, fa la domestica a Parigi, non è mica morta.»
«Già peccato che solo mio padre sa per quale famiglia lavora e dove, e si dà il caso che non me l’ha mai voluto dire.»
«Perché?» chiese curioso il kwami, guardandolo con i suoi occhi verdi e felini.
«Dice che il mio rapporto con lei m’intenerisce troppo...» rispose lui, andando con la mente a sua madre: la vide quasi distintamente davanti a lui, con i suoi fluenti capelli corvini e gli occhi color del cioccolato.

  
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