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Autore: koan_abyss    18/06/2017    3 recensioni
Il percorso di cinque giovani Serpeverde attraverso le influenze e le aspettative delle famiglie, della comunità magica, di alleati e rivali dai primi anni di scuola al culmine della II Guerra Magica.
Gli anni immediatamente precedenti e quelli narrati nei libri della Rowling visti dagli occhi di Severus Piton: le sue esperienze, i suoi legami, la sua promessa.
Mentre i suoi studenti sfogliano le canzoni dell'innocenza, si confrontano con le tradizioni, costruiscono a poco a poco la loro identità, Severus Piton, incastrato nel suo doppio ruolo di Direttore di Serpeverde ed ex-Mangiamorte, diventa suo malgrado una figura importante per loro e le loro scelte future.
La fanfiction non intende discostarsi dal canon, ma anzi seguire fedelemente la storia originale del punto di vista verde-argento.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 3

 

Alla fine, Euriale aveva avuto il permesso di andare a vedere la partita.

“Ma voglio che porti questa,” aveva detto Piton, estraendo dalla manica della veste una piccola ampolla. “È Pozione Inibente: se ti dovessi trovare in difficoltà ne prenderai un sorso. Ma cerca di tenere a mente quello che hai imparato e non perdere la testa.”

Euriale aveva messo l’ampolla nella tasca interna del suo mantello e non riusciva a smettere di controllare che fosse sempre lì, mentre scendevano al campo da quidditch.

Il cielo era grigio e coperto, ma almeno non c’era vento.

La scuola intera si era riunita per la prima partita della stagione, Tassorosso contro Corvonero, e l’atmosfera era decisamente elettrica.

Persino Madeline sembrava essere stata contagiata dall’entusiasmo di Will e Liam, e da quello della squadra di Serpeverde, che marciava compatta davanti a loro con addosso le tute da allenamento.

Euriale si guardava attorno freneticamente, chiedendosi quanto le cose sarebbero peggiorate con l’inizio della partita. Strinse la sua pozione, incerta se prenderne un sorso prima che le cose si mettessero al peggio. O forse era meglio tornare a scuola, nessuno la obbligava a stare lì e a mettersi nei guai: ricordava ancora troppo bene quando era piccola e non aveva il minimo controllo del suo potere. Non era piacevole.

Isabel la prese sottobraccio, sbuffando all’indirizzo dei tifosi: “Non credo che capirò mai che cos’hanno da agitarsi tanto. In fin dei conti, sono solo quattro palle, no?”

Euriale scoppiò a ridere. Si coprì la bocca con la mano, lasciando l’ampolla.

“Dai, vieni,” continuò Isabel, trascinandola con sé, “sediamoci vicino a Piton: i professori saranno mano agitati. Oh, si può essere più ridicoli?” esclamò inorridita, vedendo Will e Madeline mettersi a cantare con alcuni Tassorosso che passavano lì accanto. Persino Liam sembrava perplesso.

Euriale rise apertamente, ora, e seguì l’amica scuotendo la testa.

Era sopravvissuta alla partita. Quando l’eccitazione era salita al massimo, nel momento in cui le due squadre scendevano in campo annunciate dal cronista, e poi quando era esplosa col fischio di inizio, Euriale si era concentrata su Isabel, che osservava tutto quasi indifferente.

Quando la partita era entrata nel vivo anche loro si erano lasciate coinvolgere un po’, ma Euriale aveva notato che riusciva a concentrarsi sulla propria eccitazione e a ignorare abbastanza bene quella degli altri, come aveva fatto la prima sera a Hogwarts.

Un paio di volte si era girata e aveva notato Piton che la guardava.

“Ha paura che ti esploda la testa?” aveva chiesto Isabel, notandolo.

“Già. Credo che i miei pianterebbero un casino. Vorrà evitarlo,” replicò lei, facendo un timido cenno all’uomo.

“Ma tu stai bene, no?” la interrogò Isabel, “Stiamo bene assieme, non è vero?”

“Sì, certo,” le disse Euriale.

Isabel le sorrise.

Paradossalmente la fine della partita, che si concludeva 90 a 210 per Corvonero, fu molto più semplice da gestire per Euriale.

D’altronde, per loro era indifferente chi vincesse o perdesse e Isabel perse subito quel poco di interesse che le azioni più spettacolari avevano destato.

Per i ragazzi non fu affatto così: continuarono a parlare della partita e a raccontarsela a vicenda per ore. Madeline si stufò molto prima e si riunì alle ragazze, che giocavano a gobbiglie in sala comune.

 

“Com’è andata col professor Kettleburn?” chiese Euriale a Will, che si era appena seduto al tavolo. Aveva ancora il mantello coperto di neve ghiacciata.

Il soffitto della Sala Grande rifletteva la tormenta che stava cominciando a scatenarsi, e l’atmosfera sarebbe stata quasi lugubre, se non fosse stato per le decorazioni che erano apparse quella mattina. Mancava una settimana e mezzo alle vacanze di Natale.

“Bene!” riuscì a esalare Will, battendo i denti. Si versò della zuppa bollente e cominciò a mangiare. “È vecchissimo, sembra che abbia mille anni. Ha solo tre dita nella mano destra,” sollevò una mano abbassando mignolo e anulare, “e mentre eravamo sul sentiero gli si è bloccata una gamba: dal rumore che ha fatto quando le ha dato un paio di colpi, credo proprio che sia di legno!”

Le ragazze lo guardarono affascinate: il professore di Cura delle Creature Magiche si vedeva raramente il Sala Grande e loro non lo avrebbero avuto come insegnante prima del terzo anno, sempre che scegliessero la sua materia tra quelle facoltative.

“E quei cosi?” chiese Liam, mangiando una fetta di forest cake.

Era un po’ acido perché avrebbe voluto andare anche lui a vedere i Thestral, be’ a vedere dove li tenevano, ma Piton aveva chiesto il permesso solo per Will.

L’amico gli rivolse un’occhiata sognante: “Sono bellissimi! Le scaglie sono di questo colore strano nero-verde, quasi…cangianti, ecco!” e continuò per un pezzo.

“Mi sa che preferisco non vederli,” lo interruppe dopo un po’ Liam.

Si sentì subito in colpa, anche senza l’occhiataccia e il senso di indignazione che Euriale, seduta accanto a lui, gli scoccò.

“Be’, sì, anch’io preferirei, ma tanto è così,” fece Will.

Spinse via la sua zuppa e appoggiò i gomiti al tavolo.

“C’era anche il guardiacaccia?” domandò Madeline, dato che Hagrid stava entrando in quel momento.

Le sue mastodontiche pellicce erano coperte di neve e lo facevano sembrare un gigantesco orso polare.

Will annuì: “Non ha lasciato la balestra per tutto il tempo. ‘È più sicuro,’ ha detto. Ha anche aiutato Kettleburn a ricordare la strada: pare che cominci ad essere un po’ svampito.”

“C’è davvero qualcosa di anormale, in lui,” intervenne Isabel, accigliata. “Come fa ad essere così enorme?”

“E non ha una bacchetta. Non fa magie. L’unica cosa che l’ho visto portarsi dietro è uno stupido ombrello rosa,” aggiunse Liam.

Una serie di schiamazzi alle loro spalle li distrasse. Alcuni loro compagni di Casa avevano attaccato briga con un gruppo di Grifondoro, a proposito dell’ultima partita di quidditch. Prefetti di entrambe le Case intervennero presto per separarli.

“Godetevi gli ultimi immeritati trionfi, perché dall’anno prossimo entreremo in squadra noi.”

“E niente sarà più lo stesso!”

Fred e George Weasley si fermarono accanto a loro, mentre lasciavano la Sala Grande.

Liam rivolse loro un sorriso di derisione: “Neanche se foste due fenomeni riuscireste a migliorare abbastanza la squadra di Grifondoro. E a me non pare proprio che lo siate!”

“Ne riparleremo l’anno prossimo, Warrington. Per allora sarai sicuramente abbastanza grosso da non sfigurare accanto agli altri giocatori di Serpeverde.”

“Specie se continui così!”

Liam balzò in piedi, furioso, ma tutto il gruppo si beccò un urlaccio da un Prefetto di passaggio. Fecero i vaghi.

“Comunque,” riprese George Weasley, “perché non sei rimasta fino alla fine, Heartilly?”

“Ero troppo in imbarazzo per voi,” rispose Euriale, prima di alzarsi, seguita a ruota da Madeline e Isabel.

Liam e Will scoppiarono a ridere.

In realtà era Euriale a sentirsi in imbarazzo, ripensando alla partita. Vedere giocare i loro compagni di Casa era stato mille volte peggio che assistere alla prima partita: il senso di appartenenza e l’orgoglio erano fortissimi, e avevano aperto la porta a tutte le emozioni della folla verde-argento sulle tribune. Euriale aveva dovuto prendere la Pozione Inibente a venti minuti dall’inizio dell’incontro e poi aspettare che facesse effetto prima di arrischiarsi ad alzarsi in piedi e a tornare a scuola.

Isabel aveva avvertito Piton e il professore l’aveva raggiunta a metà strada verso il castello.

“Va in Infermeria, non in sala comune, hai capito?” le aveva detto.

E quando dopo la fine della partita e un’ora di festeggiamenti i suoi compagni l’avevano raggiunta, Euriale aveva capito perché: l’effetto della pozione cominciava appena a sfumare, ma lei percepiva con intensità il senso di vittoria e la gioia selvaggia di tutti e quattro. Senza contare il dolore del giocatore di Grifondoro colpito in faccia da un bolide perfettamente piazzato da Tyrell Plimmswood.

Quando la squadra di Grifondoro era venuta a trovare il compagno, Madama Chips l’aveva spostata all’estremità opposta dell’Infermeria e le aveva fatto bere un altro sorso di pozione.

L’infermiera aveva anche cacciato gli altri.

“Fuori, adesso! Heartilly resterà qui, stanotte. Avanti, le date solo fastidio, ha bisogno di pace!”

Piton era passato più tardi, quando ormai l’Infermeria era deserta. 

“Come sta, Poppy?”

“Bene,” fece la strega, brusca. “Quella pozione l’ha aiutata. Non ho ritenuto necessario darle anche un calmante.”

Piton si era affacciato nel cubicolo di Euriale.

“Gli effetti sono quasi svaniti?” le chiese.

“Per fortuna,” mugugnò lei in risposta.

Il professore inarcò un sopracciglio: “Perché dici così?”

Euriale tormentò un attimo il lenzuolo.

“È come…come se fossi sorda. E cieca. Non mi piace, preferisco mille volte l’Occlumanzia,” rispose.

“Eppure oggi non ti è servita.”

Euriale si strinse nelle spalle: “Mi impegnerò di più alle prossime lezioni.”

“Credo invece che sarebbe meglio sospendere gli incontri per qualche tempo,” ribatté Piton.

Euriale sgranò gli occhi.

“Non ci sono altre partite,” continuò Piton, “e le vacanze di Natale sono vicine. Stare un po’ tranquilla forse ti aiuterà a riprendere le forze.”

Euriale si sentì arrossire, mentre un bruciante senso di sconfitta le attanagliava lo stomaco.

“Heartilly!” la riprese Piton. “Non ho affatto detto che devi smettere di controllarti!”

“Oh! Mi scusi, professore…”

Euriale si vergognava ancora, se ci ripensava. Ma non si era più lasciata mettere in difficoltà, anche se l’esaltazione dei Serpeverde per la vittoria continuava.

 

Erano tutti contenti di tornare a casa per le vacanze.

Arrivarono alla stazione di Hogsmeade in carrozza. Will aveva indicato loro i cavalli invisibili e aveva accarezzato quelli che trainavano la loro carrozza mentre tutta la scuola lo fissava come se fosse pazzo.

“Qualcuno lo faccia smettere,” implorò Isabel.

Liam lo trascinò via di peso.

Il viaggio fu parecchio diverso che all’andata. Come gli altri studenti, i Serpeverde del primo anno approfittarono dell’ultima occasione di fare magie prima della pausa invernale.

Liam e Will inscenarono un duello, ma nel risicato spazio dello scompartimento Will finì per farsi male sul serio.

“Oh, scusa, amico! Ci penso io,” fece Liam, rialzandosi dal pavimento dopo essersi tuffato per schivare l’incantesimo di Will (bloccato poi da Madeline).

Quello di Liam era andato a segno e il ragazzino biondo sfoggiava una leggera bruciatura sulla mano destra.

“Statim Sanus!” pronunciò Liam e la ferita guarì quasi completamente.

“Forte!” esclamò Will.

“Dove lo hai imparato?” chiese Madeline, esaminando la mano del suo amico.

Liam si strinse nelle spalle: “Mia madre lo usa, quando ho qualche ferita o lividi…”

“Mia mamma è un disastro con quelle cose,” disse Will. “Preferisce sempre chiamare un elfo, quando mi faccio male. Si agita, capite? Preferisco non dirle nulla, il più delle volte,” e mostrò loro la cicatrice di una ferita sullo stinco sinistro che era guarita senza magia.

“Euuwh!”

 

Si salutarono una volta scesi dal treno. Isabel si affiancò al fratello maggiore.

“¿Que pasa, Isabella?” le chiese lui con noncuranza.

Lei gli scoccò un’occhiataccia: “¿Me hablas, ahora?”

Olivier sollevò le spalle: “Come preferisci.”

Si avviarono in silenzio.

“Perché mi hai ignorato tutto il quadrimestre?” chiese Isabel, dopo un po’.

Il fratello alzò gli occhi al cielo: “Non puoi starmi appiccicata come una bambina piccola. Se qualcuno dovesse darti fastidio lo affogherei nel lago, ma per il resto devi cavartela da sola. Così funziona a Serpeverde. E comunque, mi pareva di aver capito che sei la prima della classe in Pozioni, giusto?”

“Sì,” rispose Isabel, compiaciuta, “e allora?”

“Se qualcuno ti dà fastidio, tu…”

“Lo avveleno.”

“Piton approverebbe.”

Arrivarono in vista dei genitori e Isabel corse a gettarsi tra le braccia della madre.

 

Will e Madeline si avviarono insieme, dato che le loro madri stavano chiacchierando, dando un ultimo sguardo a Euriale che ascoltava la madre parlare fitto in francese.

“Non avrei mai pensato di sentirmi così sicura sapendo che i nostri figli sono affidati a Severus Piton,” stava dicendo a mezza voce Andromaca McIver alla signora AshenHurst. “Gli ho scritto per ringraziarlo di aver trovato qualcosa con cui tenere occupato William.”

“Non lo avrei mai detto neanch’io,” concordò la madre di Madeline. “Tutto pensavo sarebbe diventato tranne un insegnante, con Silente preside, poi. È venuto, quando Thomas è mancato, vero? È sempre solo?”

Andromaca McIver scosse la testa: “Non lo so, non ne abbiamo mai parlato. È molto discreto.”

I bambini erano ormai a portata d’orecchio e le due donne lasciarono cadere l’argomento.

Will raggiunse sua madre e lei si inginocchiò per abbracciarlo.

“Mi spiace che tu sia dovuta venire fin qui. La prossima volta possiamo trovarci a Hogsmeade e andare a casa da lì,” le disse Will.

Lei gli sorrise: “Non mi dispiace venire a Londra e cambiare aria, di tanto in tanto!”

“Allora possiamo fare un giro a Diagon Alley?”

“Sicuro.”

Madeline salutò l’amico e si incamminò a fianco della madre.

“Come ti senti? Ti piacciono i tuoi compagni?”

“Sì, sono…perfetti.”

“Tuo padre sarà orgoglioso di sentirlo!” gioì sua madre.

“Ogni tanto mi piace stare per conto mio, e loro lo capiscono. Anche Liam è abituato a stare per conto suo. Euriale non parla troppo, mentre Isabel e William, quando ci si mettono, invece…” gonfiò le guance. “Ma sono contenta. Sono proprio soddisfatta,” concluse sorridendo e alzando il mento.

“Bene. Sono persone che vale la pena frequentare. Vengono tutti da ottime famiglie. I Gascoyne-De Atienza hanno unito due ceppi antichissimi, e dalla parte di lei hanno talmente tanti possedimenti! I Warrington sono ricchissimi…anche se non spiega perché Damian Warrington si sia preso in casa anche la cognata. Sembra che non sia un uomo facile. E Heartilly, lei è parente del Ministro della Magia, lo sapevi?”

Madeline scosse il capo.

“La madre invece, da dove viene?”

“È francese. Euriale parla francese.”

“Vero, ma non sai il suo cognome?”

Madeline scosse di nuovo la testa. Cominciava ad annoiarsi, di quelle chiacchiere. Però a volte scopriva cose interessanti, quando sua madre parlava a ruota libera.

“E i McIver,” sua madre sospirò. “Si spera che ora che lui è morto li lasceranno in pace: vergognoso che si permettessero di tormentare quella povera donna e quel ragazzino. Oh, ma tu sei troppo piccola per questi discorsi!” tagliò corto, mentre la figlia le rivolgeva un’occhiata incuriosita.

Di che parlava? Will e sua madre erano già scomparsi, ma Madeline notò Liam, rigido e formale, che salutava sua madre e sua zia.

 

Liam rispose al saluto di Madeline con un cenno del capo, prima di prendere a braccetto sua madre e smaterializzarsi con lei. Riapparvero in vista di casa, nella piccola valle circondata da brulle collinette dove lui andava a volare.

“Vai a salutare tuo padre,” ordinò sua madre e lui si affrettò sulla salita ripida e coperta di neve farinosa.

Un elfo apparve per prendere il suo mantello appena entrò in casa e Liam si diresse immediatamente nello studio del padre. Damian Warrington lasciava raramente il suo studio durante il giorno e la famiglia sapeva che era saggio non disturbarlo, lì.

Per Liam era anche un sollievo sapere che non rischiava di incontrarlo in giro per casa, specie da quando si era ammalato.

Bussò alla porta. Quando udì la voce aspra e seccata del padre entrò.

“Buonasera, signore. Sono tornato.”

“Vedo,” rispose Damian Warrington da dietro il suo lussuoso scrittoio.

Aveva la pelle ingrigita come la barba non fatta. Sembrava non ritenere più necessario sprecare le sue poche forze per curare il suo aspetto.

“Ho un figlio Serpeverde,” disse, fissando Liam.

Lui gonfiò il petto: “Sì, signore.

“Almeno questo,” esalò l’uomo in un sospiro. “Spero che la Casa di Serpeverde sia sempre all’altezza delle sue origini…tua madre mi dice che sei in stanza con William McIver.”

Liam annuì.

“Bene. Spero sia un ragazzo di sani principi. I suoi nonni erano decisamente troppo tolleranti con i babbani. Permettergli di vivere così vicino a loro…” Fece un’espressione disgustata che Liam conosceva bene. “Suo padre d’altronde aveva ben altre idee su quale fosse il posto di quella feccia. Chi altro c’è?”

“AshenHurst,” suggerì pronto Liam.

“Bah, arrivisti. Almeno sono purosangue.”

“De Atienza.”

Gascoyne-De Atienza, sciocco! De Atienza è il nome di lei e non verrà trasmesso, nella linea di sangue. Ricordo di aver conosciuto il figlio maggiore e alcuni suoi amici. Giovani di cui andare orgogliosi.”

Di Heartilly suo padre non sapeva nulla e Liam si guardò bene dal dirgli qualcosa: il vecchio odiava essere corretto. A volte, accettava qualche suggerimento o qualche informazione dalla moglie. Sempre di più, con il passare degli anni.

“Il direttore della Casa è sempre Piton?”

“Sì, signore.”

“Quantomeno non siete nelle mani di uno stupido. Convincere Silente a permettergli di insegnare ad Hogwarts…ma Piton è sempre stato convincente,” meditò Damian Warrington. Poi si concentrò di nuovo sul figlio: “Gradirei che non fossi proprio tu l’elemento debole del gruppo.”

“No, signore. Affatto,” rispose Liam, irrigidendosi.

Suo padre fece un cenno con la mano, congedandolo: “Ci vedremo a cena.”

Liam uscì.

Sbuffò con irritazione una volta fuori, poi corse in camera sua. Forse poteva fare un rapido volo prima di cena.

 

Per Will le vacanze di Natale erano passate in un attimo. Non aveva indossato praticamente altro che i suoi abiti da equitazione: era uscito a cavalcare sulla neve e aveva iniziato a montare i puledri di tre anni.

Aveva suonato i dischi che i suoi parenti gli avevano regalato fino a impararli a memoria e aveva deciso di portare il suo giradischi a scuola. A vederlo così entusiasta sua madre aveva suggerito che prendesse lezioni di musica, quell’estate, e lui non vedeva l’ora.

Stava raccontando tutto a Euriale al binario.

Lei aveva passato le vacanze con la famiglia e il suo accento era di nuovo bello marcato.

Liam li raggiunse insieme a Isabel. Aveva l’aria patita e non raccontò nulla.

Isabel invece si lanciò a rievocare la splendida festa di Capodanno che i suoi avevano organizzato, ma che a suo dire era stata rovinata dalla presenza di suo fratello e dei suoi amici.

Anche Madeline era silenziosa, ma non era inusuale.

Liam riprese un po’ di spirito dopo aver scambiato qualche minaccia con un paio di Grifondoro verso l’ora di pranzo, e quando passò la strega con in carrello era ormai di buon umore.

Non sentendolo più arrabbiato, Euriale si accorse di respirare meglio, ma non dipendeva solo dal suo potere: anche gli altri si erano un po’ chiusi di fronte all’atteggiamento acido dell’amico.

Madeline non si aspettava che entrare nella sala comune di Serpeverde potesse metterla così di buon umore, anche se i divani davanti ai camini e tutte le poltrone erano occupate e quindi dovettero sistemarsi davanti alle vetrate e alla loro luce spettrale. Era talmente contenta all’idea di andare a lezione il giorno dopo che convinse Liam a ripassare tutti gli incantesimi di movimento che avevano appreso fino a quel momento.

Isabel sollevò la testa da una rivista: “Sapete, mio fratello mi ha insegnato un incantesimo. Lo volete vedere?”

“Certo!” rispose Will per tutti.

“D’accordo! Allora William sarà la nostra cavia…” fece Isabel, tirandosi su le maniche.

“Come, cavia? Che cosa fa questo incante…”

“Tarantallegra!” esclamò Isabel, puntando la bacchetta alle gambe di Will.

Il ragazzino schizzò via dalla sedia, le gambe che si muovevano impazzite in frenetici passi di danza. Tutti scoppiarono a ridere, sorpresi.

“Fallo smettere!” gridò Will.

Perse l’equilibrio e si aggrappò al tavolo di un gruppetto di studenti del terzo anno, mentre i suoi piedi affatturati cercavano di trascinarlo via.

“Locus Cessat!” disse Isabel, poi si coprì la bocca con le mani per trattenere le risate. “Oh, scusa, Will, non sapevo di preciso cosa sarebbe successo!”

Will la fulminò con lo sguardo.

I ragazzi del terzo anno alle sue spella erano piegati in due dal ridere. Uno aveva la faccia premuta sul tavolo e ci picchiava il pugno istericamente.

“Ehi, ragazzina, per provare i nuovi incantesimi è meglio trovare qualcuno che detesti, un pollo di un’altra Casa!” fece uno di loro. “Anche se tu sei stato parecchio pollo, a offrirti volontario,” aggiunse rivolto a Will.

Will tornò a sedersi, “Avete finito?”, e gli altri si zittirono.

“Comunque, eri molto aggraziato,” fece Euriale, seria.

Ricominciarono a ridere.

Concordarono tutti, persino Will, che si trattava di un incantesimo fantastico e che doveva essere sperimentato al più presto su qualche idiota di Grifondoro.

Euriale riprese le lezioni di Occlumanzia.

Come Piton aveva predetto la pausa natalizia le aveva fatto bene, e non ebbe difficoltà a concentrarsi e a chiudere la mente.

“Basta così. Direi che ho afferrato il concetto e fatto abbastanza pratica,” le disse il professore, un lunedì. “Il resto può farlo solo l’esperienza.”

“Pensa che riuscirò a sopportare la prossima partita di Serpeverde?” gli chiese Euriale.

Piton la scrutò socchiudendo gli occhi: “Potresti. Sarai avvantaggiata questa volta, sapendo già cosa ti metterà maggiormente in difficoltà…Naturalmente, non correrai rischi e porterai con te la Pozione Inibente.”

Euriale acconsentì controvoglia, decidendo tra sé e sé che non vi avrebbe fatto ricorso.

“Così, per compito Piton vuole che tu vada agli allenamenti?” le chiese Isabel con una smorfia. “Che noia!”

“Dessero a me dei compiti così,” si lamentò Liam.

“Che cosa cambierebbe?” gli chiese Madeline. “Tu e Will andate sempre a vedere gli allenamenti!”

“Non ha parlato solo degli allenamenti, mi ha detto di esercitarmi in posti affollati, come la Sala Grande e il campo, ma anche nelle aule dove si riuniscono i club,” spiegò Euriale.

Stavano passeggiando nel parco durante l’intervallo.

Nonostante il gelo di febbraio Will li aveva trascinati fuori, perché diceva che il castello buio lo deprimeva.

Will alzò le spalle: “Dubito che il club di gobbiglie o quello di scacchi magici siano così eccitanti da metterti in difficoltà.”

“Un club di gobbiglie?” esclamò Isabel, inorridita.  “Va bene una partita ogni tanto, ma l’idea di frequentare un club di gobbiglie è la cosa più da sfigati a cui riesco a pensare!”

Anche se agli altri aveva detto il contrario, Isabel si era divertita durante le vacanze di Natale con suo fratello e i suoi amici più grandi. Ma da quando erano tornati a scuola per Olivier aveva ripreso ad essere trasparente, tranne per quando decideva di punzecchiarla, e questo la metteva di pessimo umore.

“Non sei obbligata a venire, se non ti interessa,” le disse Will.

“Nemmeno io, vero?” chiese Liam con finta preoccupazione.

“Nessuno di voi è obbligato a venire,” rispose Euriale, fredda. “Mi avete chiesto com’è andata con Piton e io ho risposto. Non è scritto che dobbiamo fare tutto assieme.”

“Be’, certo, non siamo obbligati a frequentarci…” fece Madeline, distogliendo lo sguardo.

Euriale sentì che ci era rimasta male, ma prima che potesse risponderle, Isabel e Liam esclamarono in coro: “Certo che sì!”, poi si guardarono.

“Certo che sì,” ripeté Isabel, guardandoli tutti. “Il Cappello Parlante ci ha messi tutti assieme e dobbiamo restare uniti, visto che siamo così pochi. E poi, chi dovremmo frequentare, altrimenti? Quei vanagloriosi idioti dei Grifondoro? Quei so-tutto-io dei Corvonero?”

“I Tassorosso non sono male…” intervenne Will cautamente.

Liam borbottò che i Tassorosso gli davano l’orticaria, ma c’era di peggio.

“D’accordo, i Tassorosso frequentabili, anche se sono la personificazione della noia,” concesse Isabel scrollando i capelli. “Il punto è: io voglio stare con voi e fare cose con voi. Ci divertiamo, assieme. Solo, possiamo evitare di frequentare posti per cui i nostri compagni di Casa ci direderebbero in eterno?” concluse accorata.

Tutti guardarono Euriale.

“Per me va bene,” rispose lei tranquilla. “Posso solo farvi notare che il club di gobbiglie lo avete tirato fuori voi?”

“Sei stato tu Will,” precisò Liam.

“E voi mi siete venuti dietro!” replicò Will, piccato. “Ehi, ho un’idea!” esclamò poi. “Uno a lezione di Erbologia ha detto a me e Maddie che il sabato pomeriggio qualcuno si riunisce nelle aule al piano terra. Ci sono un po’ tutti, si mettono dei dischi…”

“Sembra carino,” fece Isabel.

“Lì potresti fare pratica,” disse Madeline a Euriale.

“E dato che ci vanno anche quelli più grandi, è meglio se ci andiamo tutti,” concluse Liam.

“Deciso,” chiuse la questione Euriale.

 

Il sabato successivo si teneva la prima partita dopo la pausa invernale, Corvonero-Grifondoro.

 I Serpeverde avrebbero ovviamente tifato per i nero-blu, che avendo già vinto una partita si sarebbero trovati in cima alla classifica, se fossero riusciti a replicare.

“Ma Serpeverde ha vinto con più punti, quindi se vinceremo la seconda partita…” stava spiegando Will.

“Quando! Quando vinceremo la seconda partita!” lo corresse Liam.

Euriale e Isabel alzarono entrambe gli occhi al cielo, divertite.

“…Quando vinceremo la seconda partita, saremo in testa noi!” concluse Will.

Ma a Corvonero non riuscì di conquistare nuovamente la vittoria.

I Serpeverde si unirono ai cori di fischi dei tifosi nero-blu e Euriale si ritrovò a sperimentare la delusione e la rabbia degli sconfitti.

“Cambia qualcosa, per noi?” domandò Isabel.

“No, rispose Liam, scontroso, “ma vedere vincere Grifondoro è rivoltante!”

“Come va, Euriale?” chiese Madeline.

“Abbastanza bene. Ma certo, non è che me ne importi molto, che Corvonero abbia perso…”

“I Grifondoro saranno insopportabili,” fecce Liam roteando gli occhi.

Euriale si strinse nelle spalle: “Non mi danno fastidio più di tanto.”

“A me sì,” borbottò il ragazzino, mentre tornavano al castello.

Nel pomeriggio salirono al piano terra per vedere dove si riunivano gli studenti. L’aula in questione era vicino alla Sala Grande, e una professoressa seduta vicino alla porta che i ragazzi non conoscevano tenevano d’occhio la situazione, alzando ogni tanto gli occhi dal libro che stava leggendo, ‘Grandi Speranze’, con l’aiuto di alcuni Prefetti.

I ragazzi la salutarono ed entrarono guardandosi attorno.

Ci saranno stati una quarantina di studenti, tutti più grandi. I Grifondoro erano probabilmente ancora presi dai festeggiamenti, perché non se ne vedevano in giro.

In fondo all’aula c’era un giradischi che suonava del rock magico. Lì accanto un ragazzo cambiava i dischi che gli altri studenti gli passavano: sembrava che ci fosse una fila da rispettare per le richieste.

Gli altri occupanti della stanza erano sparpagliati qua e là, a gruppetti. Le ragazze civettavano sedute sui banchi, qualche coppietta flirtava vicino alle finestre.

I ragazzi si fecero avanti intimiditi, a parte per Isabel, che scrollò i capelli e si sedette a gambe accavallate su un banco.

“Va bene, per te?” chiese a Euriale.

Lei annuì: “C’è un bel casino, per me. Mi sarà utile.”

C’erano anche diversi Serpeverde.

Isabel fece un cenno col mento a Morgan Throckmorton, un amico di suo fratello, dall’altro lato della stanza.

“Ehi! Quelli non sono i primini di Serpeverde?” domandò un Prefetto di Corvonero a Morgan.

“Già,” rispose lui, con un mezzo sorriso. “Olivier!” chiamò.

Olivier, che stava appoggiato al muro, tutto preso ad arrotolarsi tra le dita una ciocca di capelli di una ragazza sorridente, lo guardò infastidito: “Che c’è?”

“Prefetto, quella non è tua sorella con i suoi amichetti?” gli chiese Morgan, ghignando.

Olivier seguì il suo dito puntato e fece una smorfia irritata: “Che ci fanno qui?”

“Niente primo e secondo anno,” gli ricordò il Prefetto Corvonero.

Olivier lanciò uno sguardo penetrante alla sua amichetta, poi si diresse verso i ragazzini più giovani.

“Lo so,” fece, passando davanti all’altro Prefetto, “credi che io li voglia qui?”

“Oh-oh,” sfuggì a Euriale, sentendo Olivier avvicinarsi: non sembrava molto soddisfatto.

E Isabel di fronte a lei indossò una tale aria di sfida, alla vista del fratello, che tutti subodorarono guai.

“Che cosa ci fate qui?” li apostrofò Olivier, incrociando le braccia al petto.

“Diamo un’occhiata, ascoltiamo musica,” rispose Isabel alzando le spalle, ma con un tono di voce che pareva di marmo.

“Be’, bambini, andrete a giocare da un’altra parte. Non avete notato che non ci sono altri mocciosi?” le rispose lui, col medesimo tono.

“Non siamo mocciosi!” protestò Will.

Qualcuno cominciò a girarsi e ad osservare la scena.

“Non sono ammessi studenti del primo e del secondo anno. È così da sempre. Fuori,” fece Olivier fulminando il ragazzino biondo.

“La professoressa non ci ha detto nulla,” fece notare Madeline.

“Non è una regola scritta. Avanti, siete Serpeverde, dovreste essere svegli: non è posto per voi.”

“Magari per questa volta possono restare,” propose la ragazza con cui Olivier stava parlando, avvicinandosi.

Lui le fece cenno di tacere.

“Avanti, Isabel, tutti fuori di qui. O vuoi che la cosa diventi davvero umiliante?”

Euriale mise una mano sul braccio dell’amica, per impedire che perdesse il controllo e cominciasse a urlare.

Lei scosse via la sua mano e saltò giù dal banco, bellicosa.

A quel punto la professoressa si alzò e li raggiunse: “De Atienza, non ti sembra di esagerare? Non stanno creando fastidi a nessuno.” Sorrise gentilmente.

Olivier alzò gli occhi al cielo, prima di rispondere con un sorriso sprezzante: “Con tutto il rispetto,” Morgan sbuffò, poco distante, “professoressa Burbage, mi lasci fare. Non sto discriminando nessuno. Qui non sono ammessi studenti delle classi inferiori, di nessuna Casa e nessuna origine: purosangue, mezzosangue o mezzi troll. Non sono stato io il primo a lamentarmi della loro presenza, ma dato che sono un Prefetto di Serpeverde, dato che loro sono Serpeverde e dato che questa è mia sorella, sono io a dire loro di andarsene.”

“So che sei troppo furbo per dire o fare qualcosa di discriminatorio in mia presenza,” rispose la Burbage, “ma contesto ugualmente i tuoi modi e il tuo atteggiamento, De Atienza. 10 punti in meno a Serpeverde. Parlerò con Piton.”

Il sorriso di Olivier si allargò ancora di più. Fece un piccolo inchino alla donna, prima di voltarle le spalle.

“Dai, andiamocene,” sussurrò Liam.

Le ragazze afferrarono Isabel e filarono via.

“Be’, è stato interessante,” commentò Will, mentre si avviavano ai sotterranei.

“Certo che tuo fratello è proprio stronzo, quando ci si mette,” buttò lì Euriale, sperando che Isabel si sfogasse; i suoi occhi non avevano smesso un istante di mandare lampi.

“Certo che lo è!” strillò lei in risposta. “È praticamente tutto l’anno che ve lo ripeto…” si bloccò all’improvviso quando, voltato l’angolo, il gruppetto si ritrovò faccia a faccia con i gemelli Weasley, con le braccia stracariche di cibo.

“Che cavolo state facendo?” chiese Madeline.

“I festeggiamenti per una grande vittoria stancano, sapete? Fanno venire un certo languorino,” rispose George Weasley.

“Da dove viene quel cibo?” fece Liam.

“Voi, piuttosto,” indagò Fred Weasley, “che vi prende ad andarvene in giro a strillare da queste parti, rischiando di farci scoprire?”

“Già, quale immane torto vi hanno fatto?”

Isabel si rabbuiò e strinse le labbra, ma Will rispose: “Ci hanno cacciati dal ritrovo del piano terra.”

“Quello dei ragazzi più grandi?” 

I gemelli si scambiarono un’occhiata divertita: “È ovvio, no? Lo sanno tutti che quelli del primo anno non ci possono andare.”

“Ed è anche ovvio che loro non lo sappiano, George. Insomma, sono Serpeverde: letteralmente, vivono sotto una roccia!”

I due scoppiarono a ridere.

“Che idioti,” sibilò Madeline.

“No, sul serio: che ci siete andati a fare, nel posto in cui i più grandi vanno per pomiciare?” insisté George Weasley.

“Non è il posto dove vanno a pomiciare!”

“Ma certo che sì!”

“Noi ci siamo stati, e non stava pomiciando nessuno!” fece Liam.

“E a chi verrebbe voglia di farlo, con te nella stanza?” chiese Fred Weasley, insinuante.

Liam fece per saltargli addosso, e gli altri sfoderarono le bacchette, quando qualcuno si precipitò nel corridoio e tutti sobbalzarono.

“Muovetevi, sta arrivando gente!” gridò l’amico dei gemelli, Lee Jordan.

“Be’, dobbiamo salutarci!”

“Sì, scusate, ma abbiamo da fare, dobbiamo andare a una festa, sapete…”

Tutti e tre sparirono alla velocità della luce nel corridoio.

“Quando odio quei due pezzenti!”  gridò Liam con rabbia, ricacciando la bacchetta nella veste con foga.

Sembrava che il disgusto di Isabel non potesse essere espresso a parole.

Persino Euriale e Madeline erano arrabbiate.

Will, che invece si raffreddava subito, pensò freneticamente a un modo per distendere gli animi. Che poteva dire? Cosa poteva proporre di fare?

“Ehi!” esclamò all’improvviso, eccitato. “Ho un’idea! Isabel, vuoi far diventare matto tuo fratello?”

Tutti lo fissarono, curiosi.

Olivier rientrò nella sala comune di Serpeverde dall’ufficio della Burbage. La strega aveva convocato anche Piton, e il professore aveva fissato Olivier tutto il tempo, mentre quella scema li ammorbava di discorsi sul rispetto, e appena fuori gli aveva mollato uno scappellotto, probabilmente solo per essersi fatto togliere dei punti, perché davvero lui non aveva fatto detto nulla che Piton gli avrebbe rimproverato.

Sbuffò con irritazione al pensiero.

“Ehi, Olivier! Finalmente sei arrivato!” fece Morgan, con un’aria divertita che non presagiva nulla di buono.

Il suo amico, quell’idiota di Chudderley, ridacchiava.

“Che c’è?”

“Hai visto che combinano, tua sorella e gli altri?”

C’era un capannello di studenti, in fondo alla sala, riunito nei pressi di un giradischi portatile.

Sua sorella stava a gambe accavallate su un tavolo e chiacchierava radiosa con le sue amiche e altre ragazze. Gli altri erano studenti del secondo e del terzo anno che ciondolavano lì attorno o chiedevano canzoni a McIver e Warrington, vicini al giradischi.

Olivier incrociò lo sguardo di Ophelia e vide che sorrideva: “Mi piacciono quei ragazzini, sai?”

Olivier scosse la testa e sorrise a sua volta.

 

Il resto del fine settimana era stato ottimo. Ma dal lunedì mattina fu chiaro che la faida con i Grifondoro non era dimenticata: dopo la vittoria di quel sabato i leoni erano più tronfi che mai. Soprattutto la lezione di volo del mercoledì mise a dura prova la pazienza di Madama Bump, tanto che la donna minacciò di esonerare le due classi dalle sue ore.

Il resto della giornata trascorse senza incidenti, fino alla mezzanotte.

“Comincio ad abituarmi a questo orario,” stava dicendo Isabel, “non casco più dal sonno alla fine di Astronomia!”

Stavano ritornando dalla Torre Nord al dormitorio, letteralmente dall’altra parte della scuola. Era quasi la mezza e stavano attraversando il terzo piano, quando Euriale fece cenno a tutti di fermarsi.

“C’è qualcuno!” disse sottovoce.

Tutti si addossarono al muro e sbirciarono cautamente dietro l’angolo. Videro i gemelli Weasley e un altro Grifondoro, Kenneth Towler, che confabulavano, seminascosti all’ombra di una statua.

“Che combinano?” chiese Euriale, mentre uno dei ragazzi gettava nel mezzo del corridoio quello che sembrava un grumo di fango e tutti e tre gli puntavano contro le bacchette, mormorando un incantesimo.

“Dev’essere un incantesimo spandi-macchia,” fece Madeline. “Streghi una macchia e tutte le volte che qualcuno la calpesta, quella raddoppia, si espande e finisce per ricoprire tutto. Dev’essere uno scherzo per Gazza.”

“Sembra divertente!” ghignò Will.

Nessuno aveva particolare simpatia per Gazza.

“Al diavolo Gazza!” fece Liam. “Isabel, mi pare un’ottima occasione per provare quel tuo incantesimo…” le disse con un sorriso inquietante.

Isabel si illuminò: “Allora usciamo subito!” e balzò in mezzo al corridoio.

Gli altri si affrettarono a seguirla.

“Qualcuno sta violando il coprifuoco, eh?” chiese Isabel con voce dolce.

I Grifondoro sobbalzarono e si voltarono di scatto a fronteggiare i cinque Serpeverde.

“Be’, anche voi.”

“No, noi no!” lo contraddisse Liam. “Noi abbiamo il permesso. Ma potremmo anche decidere di non denunciarvi. E di lasciarvi andare.”

“Sempre che le gambe vi portino dove vogliate!” intervenne Isabel, estraendo la bacchetta. “Tarantallegra!” gridò, colpendo uno dei Weasley.

Subito le gambe del ragazzo con i capelli rossi cominciarono ad agitarsi, costringendolo a una ridicola danza.

“Whoooa!” strillò quello, cercando di aggrapparsi al gemello.

“George! Se è la guerra che volete…” gridò l’altro. “Forunculus!”

Scagliò la fattura in direzione di Liam, ma lui si tuffò e riuscì a schivarla. Non fu altrettanto fortunato subito dopo.

Anche Will aveva scagliato Tarantallegra contro Kenneth Towler, ma quello aveva risposto e i due incantesimi si erano scontrati a mezz’aria, rimbalzando in maniera imprevedibile.

Quello di Towler era finito oltre la testa di Fred Weasley, che aveva dovuto accucciarsi a terra, mentre l’incantesimo di Will costrinse Liam ad unirsi alla taranta di George Weasley, che nel frattempo aveva calpestato più e più volte la macchia stregata, attivando l’incanto spandi-macchia. Madeline e Euriale strillarono e si affrettarono a scostarsi quando il fango cominciò a gonfiare come un’onda.

“Fracasso, schiamazzo, che spasso, che spasso!” urlò all’improvviso una voce sopra di loro.

“Pix!”

Pix, il fantasma più dispettoso del castello, era apparso attraversando il muro.

Svolazzò sopra le loro testa, divertito dal caos: “Studenti fuori dai letti! Che fanno la lotta nel fango!”

“Vattene, Pix, o chiameremo il Barone Sanguinario,” lo minacciò Isabel.

“Oh, che venga! Dovrebbe venire tutta la scuola!” le rispose Pix, cominciando a raccogliere manate di fango e a lanciarlo a tutti.

Will e Fred Weasley furono colpiti in piena faccia.

Isabel e Towler si allearono inaspettatamente, scagliando incantesimi verso il poltergeist per scacciarlo. Ma in quel momento George Weasley, privo del controllo del suo corpo, finì addosso a Towler, facendogli lo sgambetto. Invece di Pix o del soffitto sopra di lui, il suo incantesimo colpì la catena del lampadario di cristallo sopra di loro.

Uno degli anelli si strappò di schianto.

“Wingardium Leviosa!” strillò Madeline, puntando la bacchetta sull’enorme lampadario.

Quello si bloccò, galleggiando a mezz’aria, mentre tutti trattenevano il respiro.

Euriale ebbe tutto il tempo di rendersi conto che qualcuno si stava avvicinando e di percepire il panico crescente in Madeline: il lampadario era troppo pesante.

“Siamo tutti morti,” esalò, mentre l’incanto di levitazione si spezzava e i pesanti bracci di ottone e gocce di cristallo precipitavano nel lago di fanghiglia che avevano provocato.


   
 
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