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Autore: l y r a _    18/06/2017    2 recensioni
Il secondo anno di liceo di Tooru Oikawa è un gran macello. Lo dice Hajime Iwaizumi, il suo migliore amico da una vita, e precisa che lo sarebbe stato un po’ meno se non avessero incontrato Sakurai e subìto tutte le sue complicazioni patologiche.
Il primo anno di liceo di Megumi Sakurai è un fallimento annunciato e lei è arrogante, ambiziosa e ha scrupoli quanti gli spiccioli nel suo portafogli: nessuno. Lo dice tutta Sendai ed è tutta la verità.
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[Oikawa/OC | UshiShira | Accenni OC/Ushijima | Perpetrato reato di canon/OC ]
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 3

La porta sbagliata

La disavventura del secondo giorno ai preliminari degli interscolastici era iniziata così, con il guasto al motore del minibus del liceo Aoba Johsai. Ne erano ridiscesi tutti innervositi alla prospettiva di non poter tornare a casa per il pranzo e trascorrere il resto del pomeriggio ad oziare dopo le due partite della mattinata. Con il mezzo in panne, dovettero rassegnarsi a consumare il pranzo in una pessima bettola a pochi passi dal City Gymnasium, qualcuno si lamentava di essersi perso la puntata di un varietà televisivo all’insegna del trash più estremo, altri di annoiarsi da morire. Tooru, per conto suo, si lamentava un po’ di tutto: il cibo che avevano mangiato faceva schifo, non si sarebbe sorpreso se fosse d’improvviso stato colto un attacco di dissenteria fulminante, aveva caldo, sonno ed urgente bisogno di spalmarsi sul ginocchio la pomata analgesica che aveva dimenticato sulla propria scrivania. Aveva giocato bene ed aveva perciò tutto il diritto di sprofondare nel futon della sua cameretta e spararsi in faccia il getto del ventilatore a velocità massima, ma alla fine tutti quanti avevano dovuto riportare i propri effetti personali nella stanza degli spogliatoi che era stata assegnata loro in mattinata. Era l’unica ancora occupata da una squadra maschile, dal momento che tutte le altre erano già ripartite alla volta delle proprie scuole ed il tardo pomeriggio era dedicato esclusivamente agli ultimi match del girone B femminile. Il minibus era stato portato via da un meccanico ed i due coach, prima di seguirlo, avevano raccomandato ai ragazzi di non separarsi per nessun motivo dal capitano Fujiwara, attualmente in carica.
La trovata geniale fu di Hanamaki, che balzò in piedi appena un istante dopo essersi abbandonato su una delle panche dello spogliatoio, gli occhi luccicanti di rinnovato entusiasmo.
«Andiamo a vedere qualche partita del girone femminile!»
«Eh? Ma se le nostre sono nel girone C!» osservò Watari incerto.
«Shinji, che te ne frega della nostra squadra femminile? Le conosciamo già!» lo rimbeccò Hanamaki urtandogli appena il braccio col gomito «Andiamo a vedere se fra le ragazze degli altri licei ce n’è qualcuna di interessante! Non so se mi spiego … Pantaloncini inguinali e aderenti, capelli legati, canotte attillate … » prospettò elettrizzato «Si sa che tutti guardano il volley femminile per la tecnica
Un brusio di assenso si diffuse fra i compagni di squadra, specie fra i kohai del primo anno. Tooru non condivideva l’entusiasmo generale, a dirla tutta: di ragazze fra i piedi ne aveva comunque abbastanza e la pallavolo femminile non era secondo lui competitiva e coinvolgente quanto quella maschile. Avrebbe di gran lunga preferito studiare i video dei prossimi avversari come proposto da Fujiwara, o continuare a sonnecchiare sulla spalla di Iwaizumi, nonostante l’amico non avesse alcuna intenzione di star fermo e la sua disumana temperatura corporea gli facesse sentire ancora più caldo. Quando tuttavia la votazione democratica si espresse a favore degli ormoni adolescenziali del resto della squadra, dovette arrendersi a rialzarsi e a seguire il gruppo fuori dagli spogliatoi, barcollando sul ginocchio buono. Forse sarebbe stato il caso di fare controllare l’altro, ma aveva il sentore che il medico lo avrebbe messo a riposo per qualche tempo e non era affatto sicuro che ciò si conciliasse bene con il raggiungimento dei suoi obiettivi.
«Sì Oikulo[1], dovresti far vedere a qualcuno il ginocchio destro.»
Iwaizumi lo avvicinò non appena imboccarono il corridoio che sbucava fra le tribune, dalle quali provenivano i cori della tifoseria intervallati a tratti quasi regolari dai fischi degli arbitri. Hanamaki e Matsukawa li seguivano in coda al gruppo, conversando concitati con Yahaba, il nuovo alzatore del primo anno.
«Non fa poi così male.» mentì per rassicurarlo. In parte era la verità: ad essere precisi, una volta che iniziava a camminare, il dolore si alleviava gradualmente fin quasi a scomparire, la difficoltà stava solamente nell’iniziare «Al momento ho solo un gran sonno.»
«Allora siediti accanto a Issei, non ti lascerò sbavare sulla mia maglietta anche sugli spalti.»
«Non ho sbavato sulla tua maglietta! Io non sbavo quando dormo!»
«Ah sì?» obiettò l’altro indicandosi la spalla sinistra, dove spiccava una chiazza di colore più scuro sul tessuto turchese della maglia «Quindi questa roba disgustosa di chi è?»
«D’accordo, ti ho sbavato la maglietta. Ma è saliva preziosa! Preziosa! Sai quante ragazze  pagherebbero oro per farsi macchiare la spalla di saliva da me?»
«Che schifo.»
«Sei solo invidioso perché io non ho bisogno di imbucarmi fra gli spettatori degli ottavi di finale femminili per trovarmi una bella ragazza.» replicò indispettito.
«Ah! Quindi è questo il problema? Non volevi venire con noi?» ridacchiò Iwaizumi «Non essere egoista, Oikulo. Solo perché tu hai figa in abbondanza non significa che debba negare ai tuoi compagni di squadra la possibilità di rimorchiare.»
«Quanto sei volgare, Iwa-chan!» protestò con tono volutamente infantile «Tanto non riusciresti ad abbordare una ragazza nemmeno se fossi l’ultimo maschio rimasto sulla faccia della Terra. E sai perché? Perché in tutte sarebbe vivo il ricordo del tuo splendido migliore amico, che poi sarei io, e sarebbero tristi per la mia assenza!»
«Un sacrificio che farei volentieri, con la garanzia di vivere in quello scenario.»
«Iwa-chan, sei cattivo!»
«E tu sei un deficiente che continua a farsi mollare dalle ragazze con cui si mette!»
«Come, come?» s’intromise tutto interessato Hanamaki, interrompendo la conversazione che stava svolgendo con Yahaba «Ci sono cose che non so?»
Tooru avrebbe voluto mettersi a gridare per la vergogna. Aveva detto e ripetuto più di una volta ad Iwaizumi di non far menzione a nessuno di quello che gli raccontava riguardo le fortunate con le quali si metteva insieme. Ultimamente era perfino riuscito qualche volta – per usare la metafora pallavolistica che adoperavano nello spogliatoio – a fare ace, solo che poi lo piantavano dopo qualche tempo, senza che lui sapesse esattamente dove aveva sbagliato. La cosa lo turbava poco, alla fine, perché non era mai serio con nessuna di loro e le avrebbe comunque mollate lui quando se ne fosse stancato; dopotutto aveva così tanta scelta da non correre mai il rischio di rimanere solo. Tuttavia sentirsi prendere in giro dal suo migliore amico che – teoricamente – sarebbe dovuto rimanere un confidente discreto, lo innervosiva ogni volta.
«Tutte le ragazze con cui si mette lo piantano dopo un paio di settimane.» ammise infatti Iwaizumi, tirando su le spalle con un candore decisamente fuori luogo.
«Stai scherzando, Iwaizumi-san?» domandò Yahaba sconcertato.
«Ovvio che no, lo vedi mai con la stessa ragazza per più di due settimane?»
«No, ma pensavo che le lasciasse lui …» si giustificò il più giovane, confuso.
Tooru sperò che tutti si fossero fatti la stessa idea di Yahaba: aveva lavorato tanto sulla sua dignitosa facciata di ragazzo popolare con l’altro sesso, non voleva che fosse lesa dalle indiscrezioni di Iwaizumi. Alla fine dei conti era un bel ragazzo e se la meritava.
«Infatti è come dici tu! Iwa-chan inventa storie perché è geloso della mia popolarità!» concordò dunque cogliendo immediatamente la palla al balzo, ma nessuno ormai sembrava accordare alla sua parola un’affidabilità maggiore di quelle di dell’amico.
«Andiamo, Hajime … e perché lo mollano?» domandò Hanamaki incuriosito «Scopa male?»
«Questo non lo escluderei.» convenne Iwaizumi rivolgendogli un’occhiata divertita in tralice.
«Io scopo da dio!» protestò il palleggiatore offeso «Puoi chiedere a chiunque fra quelle con cui sono stato! Soddisfatte alla perfezione
«Ma se lo hai fatto sì o no tre volte … Avranno finto … » commentò provocatorio l’altro.
«Comunque scopo di sicuro più di te!» precisò Tooru deciso a ribadire la propria condizione di superiorità.
Matsukawa e Hanamaki dovettero trattenere Iwaizumi per le braccia per evitare che lo pestasse di botte, ricordandogli che il giorno dopo si sarebbe disputata la finale ed avrebbero preferito avere il palleggiatore ancora tutto intero. Con sollievo di Tooru l’amico desistette dall’intento omicida e fu convinto dagli altri a prendere posto pacificamente accanto a lui, a patto che non tentasse nuovamente di appisolarsi sulla sua spalla.
«La voce che gira è che tu sia troppo concentrato sulla pallavolo.» spiegò a sorpresa Matsukawa, che fino ad allora era stato ad ascoltare in silenzio «All’inizio le ragazze pensano di poter chiudere un occhio, ma poi si rendono conto che sei continuamente assente e dai buca agli appuntamenti all’ultimo momento, perciò preferiscono rompere.»
«E, quando c’è, le ossessiona con la pallavolo.» concluse Hanamaki «Sì, direi che ha senso.»
«Makki!» si lamentò Tooru «Non è vero!»
«Sì, che lo è!» lo ammonì Iwaizumi mentre il gruppo si fermava davanti alla bacheca con gli incontri del giorno «Quando stavi con Nagase, quella poveretta per ottenere di uscire finalmente con te dopo una settimana di bidoni è stata costretta a vedersi una partita di V.challenge League
«Decisamente più emozionante del film romantico che voleva propinarmi al cinema.» si giustificò il palleggiatore tutto imbronciato «Dovrebbe ringraziarmi.»
«Oikulo, tutte le ragazze amano i film romantici, se fai così continuerai a farti lasciare!» commentò Hanamaki divertito.
«Va bene così, non ho mai detto di avere intenzione di mettere la testa a posto per ora. E poi, caro il mio Makki, ne ho mollate parecchie anche io, d’accordo? Sono tutte uguali: stessi gusti, stessi discorsi, stessi interessi stereotipati. Una volta che è riuscito a limonare un po’ o a  fare ace, è inevitabile che uno si stanchi.»
«Giuro che ti ammazzo, Oikulo. Uno di questi giorni, davvero.» grugnì Iwaizumi innervosito.
Il povero Iwa-chan, a dirla tutta, fuori dal campo non aveva mai fatto ace o anche solo baciato qualcuna, e non era molto popolare fra le ragazze, che dedicavano costantemente più attenzione a lui che al suo amico. Tooru non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma non capiva quelle ingrate: trovava che Iwaizumi avesse tutte le carte in regola per essere il migliore dei fidanzati. Nonostante l’apparenza burbera, sapeva essere gentile e premuroso, oltre che affidabile e leale. Era quel genere di ragazzo corretto e spontaneo su cui una donna avrebbe sempre potuto contare. Per di più, fisicamente non era affatto messo male, quando si ricordava di curarsi. Perché non interessasse a nessuna rimaneva dunque un mistero.
«Non essere così invidioso, se vuoi inzuppare il biscotto ti combino un appuntamento con qualcuna che ci sta, ne ho conosciute un paio che … »
«Sei davvero depravato … » commentò Iwaizumi disgustato.
«C’è differenza fra l’essere depravato ed il divertirsi mentre si aspetta di trovare quella che si commuova guardando la League come le altre si commuovono guardando i film d’amore.»
«Allora aspetterai per sempre …» cantilenò Hanamaki.
«Vorrà dire che mi divertirò per sempre.» concluse compiaciuto.
Nel campo, intanto, erano iniziati i riscaldamenti delle due squadre. Una di esse, lo appresero da un tifoso seduto qualche fila più in basso, era quella del liceo femminile Sekigawa che – a quanto pare – l’anno prima era perfino arrivata alle finali. La vivace divisa oro e rosso cremisi che le sue giocatrici indossavano contrastava fortemente con il bianco, il nero ed i viola tenui predominanti su quella delle avversarie. Con una fastidiosa stretta allo stomaco riconobbe le uniformi scolastiche che portavano i supporter sistematisi dal lato opposto, dietro lo striscione color malva che recitava “Più in alto di tutte!
«La Shiratorizawa ha una squadra femminile?» domandò ad alta voce prima ancora di rendersene conto. La tifoseria era decisamente ridotta rispetto al solito, ma li avrebbe riconosciuti ovunque.
«Una scuola grande così, cretino … ti pareva che non avesse una squadra femminile?»
«Iwa-chan, sai com’è? Quando penso all’accademia Shiratorizawa la prima cosa che mi viene in mente non è di certo l’eventualità che la frequentino anche studentesse che giocano a pallavolo.»
Il senpai Guda, uno schiacciatore laterale dall’indole scherzosa e vivace prese posto proprio davanti a loro appena riconobbe le squadre in campo. Da quello che Tooru sapeva di lui, era appassionato di pallavolo femminile, perché sua sorella era iscritta al primo anno nel loro liceo e giocava nel club delle ragazze come libero. «Quindi hanno vinto contro l’istituto Shimaoka, stamattina? Questa non me la perdo nemmeno per sogno!» esclamò inforcando un paio di occhiali da vista.
«Guda, le conosci? Sono brave?» intervenne Hanamaki, tutto preso. «No, perché fra quelle della Shiratorizawa ce ne sono un paio che sono davvero una benedizione per gli occhi.»
«Ad essere sinceri, anche fra quelle del liceo Sekigawa c’è qualche gioiellino.» aggiunse stancamente Matsukawa.
«Entrambe fanno parte delle migliori otto squadre femminili della prefettura. Il liceo Sekigawa spacca, sono due anni che arrivano ai quarti di finale. La Shiratorizawa invece è da un pezzo nella fase discendente della sua parabola di successi, fino a qualche tempo fa arrivavano puntualmente alle finali di tutti i tornei della prefettura, spesso si qualificavano per i tornei nazionali. Cambiano allenatore di continuo, non riescono a trovarne uno che voglia tenersi il posto. Adesso hanno Isao Hattori, quello che giocava negli Akagi Union, chissà se va meglio.»
«Ma chi, quell’energumeno che aggredì l’arbitro per avergli fischiato invasione?» domandò Hanamaki perplesso «Insegna alle sue ragazze come farsi ammonire efficacemente?»
«Riformulo: non credo che vada affatto meglio.» ritentò Guda «È un gran peccato perché ci sono alcune giocatrici di quella squadra che sono davvero valide, farebbero la festa perfino a qualche giocatore delle squadre maschili.»
«Vuoi esagerare … » ridacchiò Tooru scettico.
«No, sono serio. Vedi quella lì? Quella con i capelli corti, che sta in coppia con la bionda riccia.»
La ragazza in questione era probabilmente la più alta che Tooru avesse mai visto in vita propria. A giudicare dalla tonalità ambrata della pelle, era verosimile che non fosse totalmente giapponese.
«La numero 7?» chiese conferma Iwaizumi.
«Quella è Asami Yoshida, ben 190 cm, gioca da centrale ed è stata convocata già due volte in nazionale under-18. È incredibile già così ma aggiungeteci che ha la vostra stessa età.»
«Quindi gioca in nazionale da quando aveva sedici anni?» intervenne Matsukawa per la prima volta realmente stupito di qualcosa.
«Esatto, Mattsun.» concordò Guda sistemandosi gli occhiali con l’indice, prima di continuare indicando la compagna bionda con cui Yoshida stava palleggiando. «Furumi Hoshino, stesso anno, banda. Ha delle gran belle diagonali in repertorio, anche se non brilla per la tecnica. In questo torneo è stata sostituita nel sestetto iniziale e francamente non so se mi dispiaccia o meno.»
«Non è alta come l’altra.» osservò Hanamaki.
«Sì, ma salta parecchio in alto. Spero la facciano entrare almeno un per un po’, così potrai vedere.»
Il senpai puntò quindi il dito su una figurina minuscola in fondo al campo, i cui capelli rosa pastello arrangiati in un codino spettinato cozzavano fortemente con il nero prevalente della divisa. «Arisu Hiromi, detta lo Scoiattolo. È stata compagna di scuola e di squadra di mia sorella alle medie, perciò posso dirvi che è straordinaria. Mia sorella l’ammira tanto per le sue difese al limite dell’incolumità fisica, lei non è in grado di lanciarsi in quel modo sul pallone. Hiromi è capace di tuffarsi nel pubblico per salvare una palla, di ricevere una schiacciata in faccia pur di non far segnare le avversarie, ha una resistenza che la maggior parte di chi gioca può solo sognarsi. L’anno scorso ha avuto un momento di crisi, pensavano che avrebbe lasciato la pallavolo, ma poi è ricomparsa nelle fila della Shiratorizawa. È sempre bello rivederla in campo.» spiegò mentre entrambe le squadre si mettevano in fila per i riscaldamenti dell’attacco che l’arbitro aveva appena fischiato.
«Però è proprio minuscola. Una battuta forte potrebbe spezzarle le braccia.» considerò Watari prendendo parte alla conversazione.
«Piccola ma resistente, infatti ha giocato contro … e qui viene il bello … quella lì! Numero 12!»
Il rumore della palla rimbombò due volte nel palazzetto. La prima, quando con uno schiocco secco la mano destra della ragazza a cui Guda accennava la colpì bruscamente, la seconda quasi immediatamente dopo, quando si schiantò, con un boato chiaramente distinguibile perfino sul chiacchiericcio degli spettatori, entro la linea dei tre metri del campo avversario, per poi rimbalzare in alto e finire fra le mani di un ragazzo comodamente seduto fra gli spettatori. Tooru udì chiaramente Iwaizumi lasciarsi sfuggire qualcosa a metà fra un apprezzamento ed un’imprecazione e suo malgrado si ritrovò d’accordo con quello che Guda aveva sostenuto qualche minuto prima: con quel braccio avrebbe potuto facilmente rivaleggiare con qualche suo collega di una squadra maschile.
La numero dodici atterrò pesantemente sui talloni e si allontanò per rimettersi in fila, controllando con le dita che la treccia in cui aveva raccolto i capelli mogano fosse rimasta ferma sulla sommità della testa e non fosse scesa durante il salto. Ma non era solo il suo attacco a renderla speciale e a distinguerla dalle sue compagne: non era alta quanto Yoshida, ma svettava ugualmente sulle altre compagne di squadra, per merito certo delle gambe lunghe e tornite, toniche come quelle di una statua greca che aveva visto sul suo libro di arte a scuola. Altrettanto muscolose erano le braccia e le spalle ampie e robuste. Ciò giustificava la potenza della schiacciata a cui avevano assistito poco prima. Quando si voltò verso il lato dove si erano sistemati, poté intravederne da lontano i lineamenti del viso, gli occhi grandi e appena allungati, il naso sottile e leggermente appuntito, le labbra carnose arrossate per il caldo. Si trattava di un tipo di bellezza poco convenzionale che poteva soggettivamente piacere o non piacere, ma ne rimase colpito così tanto da non riuscire a levarle gli occhi di dosso.
«Megumi Sakurai, primo anno. Come avete visto, una bestia.»
«Primo anno?» ripeté Iwaizumi sconvolto «Schiaccia in quel modo?»
«Ha distrutto la squadra di mia sorella alle finali dello scorso anno. Poverina, Miyu è terrorizzata da lei e non ha nemmeno provato ad entrare in campo, pensate che è riuscita a sfiancare Hiromi e ad avere la meglio in partita.»
Il fischio dell’arbitro segnalò l’inizio della partita. Sakurai era schierata sotto rete, in zona 2, proprio di fronte alla palleggiatrice, già pronta al servizio. Ne ricavò che giocasse nel ruolo di prima banda, anche se non sembrava affatto felice di trovarsi dov’era. Rimase piuttosto deluso del vederla giocare: l’altezza, l’elevazione e la potenza di braccio che la schiacciatrice aveva esibito poco prima durante i riscaldamenti latitavano invece nelle azioni vere e proprie. Era raro che la palleggiatrice, che peraltro non eccelleva affatto nella tecnica, le servisse la palla e – quando lo faceva –  sembrava che la numero 12 avesse sempre da ridire qualcosa, anche quando riusciva a completare un attacco invidiabile e a guadagnarsi un punto. Concluse non solo che quello schema di gioco, che consisteva soprattutto in un gran numero di fast eseguite da Yoshida, la penalizzava fortemente ma anche che lei non faceva assolutamente nulla per migliorare la propria condizione: si trovava di fronte ad un vero spreco.
«È brava ma è sfruttata male.» considerò ad alta voce senza nemmeno accorgersene.
«Cosa intendi, senpai?»  domandò Yahaba incuriosito. Nel frattempo Sakurai ottenne di mettere a terra un’altra palla impeccabile, permettendo alla propria squadra di raggiungere per prima la soglia dei 20 punti.
«Ti piace il cinema, Yahaba?»
La riserva annuì, non nascondendo un briciolo di confusione.
«Ed eccolo che comincia … » sospirò Iwaizumi.
«Spesso nel gergo sportivo ci si riferisce all’alzatore come al regista, ho sempre trovato che non ci fosse termine più azzeccato. Hai mai la sensazione che da un film all’altro la performance di un attore migliori o peggiori drasticamente? Capita più spesso di quanto immagini che la colpa sia da addossare alla regia: l’attore recita sottostando alle indicazioni del regista e può accadere che fra i due vi siano delle tensioni quando il primo non condivide per un motivo o per l’altro le dritte del secondo. Qualcuno riduce tutto alla vaga scusante delle “divergenze artistiche”: ebbene, esistono anche nella pallavolo. Nel caso di questa squadra, le divergenze artistiche sono evidenti: la regista è mediocre e nel cast c’è un talento grezzo quanto immodesto, che smania di poter essere una primadonna, ma si ritrova la strada bloccata sia dalla regia.»
«Comunque presa da sola rimane brava e non ci piove, poi è anche una bella ragazza … » cambiò argomento Iwaizumi.
«Direi che di viso è carina, però il fisico proprio non mi piace. Troppo alta e troppo corpulenta.» commentò invece Yahaba.
«Perché lamentarsi del fatto che sia piazzata? Io penso che abbia delle belle curve!»
«Iwa-chan, quindi ti piacciono le ragazze curvy?»
«Cosa dovrei farmene di una tavola? Mangiarci sopra?»
«Potrebbe essere una buona idea … » intervenne Matsukawa.
Con enorme disappunto degli spettatori, Sakurai sbagliò clamorosamente una battuta. Tooru osservò che era chiaramente troppo tesa. Di cosa aveva paura? La risposta giunse quando un secondo dopo la Shiratorizawa chiamò il time-out e l’allenatore la prese da parte per rimproverarla. Il coach Hattori, così lo aveva chiamato Guda poco prima, non urlava, né sembrava aggredirla. Le si rivolgeva con un calma melliflua ma allo stesso tempo appariva vagamente inquietante, tanto che la ragazza sembrava terrorizzata da lui. Tooru non si sarebbe sorpreso se fosse scoppiata a piangere di punto in bianco. Al termine del tempo concessogli, la spinse in campo con una pacca … sul sedere? Aveva visto bene? Cercò lo sguardo di qualche suo compagno per trovare conferma ma nessuno stava guardando cosa accadeva ai bordi del campo, tutti presi da un nuovo capriccio.
Hanamaki aveva tirato fuori il cellulare ed aveva ricercato con successo il profilo Twitter[2] di Sakurai, perciò i suoi compagni di squadra si erano lanciati in un acceso dibattito su quanto fosse o non fosse interessante come ragazza. Guda ridacchiava con l’aria di uno che la sapeva lunga, ma non sembrava avere alcuna intenzione di interromperli. A quel punto anche Tooru si incuriosì e si sporse meglio per dare un’occhiata allo schermo del telefono, sgomitando su Iwaizumi.
«Oikulo, arrivi al momento giusto. Stavamo giusto dicendo che sembra il tuo Twitter
«In che senso, Makki?»
Da un primissimo esame dei post, la sproporzione tematica era ad assoluto favore della pallavolo: foto di lei in azione, del campo, delle sue nuove scarpe da ginnastica, della maglia numero 12 appena ricevuta, delle tute che provava davanti allo specchio, di un Molten da beach volley rosa pastello che aveva trovato per caso in un negozio di articoli sportivi. C’era anche un selfie con Johannes Schneider, il palleggiatore titolare dei Mitsubishi Aces, che – a giudicare dalla didascalia della foto – dovevano essere la sua squadra di V.Premium League preferita.
«Io ho più selfie.» giudicò indispettito «Non sono così monotematico.»
«Non vedo molta differenza, a lei piace la pallavolo e basta, a te piace la pallavolo e te stesso.»
«Ci sto facendo un pensierino, davvero!» dichiarò sinceramente intrigato.
«Non stai uscendo con Kobe della sezione 3?» chiese Matsukawa perplesso.
«Sì, ma ho già fatto ace
«Fai schifo.» bofonchiò Iwaizumi «Sei davvero un pervertito.»
«Allora la acchiapperò per te, Iwa-chan. Sono o non sono un amico magnanimo?»
«Non la voglio una se è come te, come piaga tu basti e avanzi.»
«Allora la terrò tutta per me, sta’ a vedere … aspettate la fine della partita!»
Osservò il resto della partita con attenzione lodevole e lo sguardo fisso su Sakurai, che attendeva invano palle che non le venivano quasi mai servite. Ancora una volta si ritrovò ad interrogarsi sul tipo di rapporto che intrattenesse con il coach che continuava ad occhieggiare in sua direzione mettendole ansia. La sua fantasia galoppò rapidamente senza che riuscisse ad impedirlo: che la molestasse? Forse si augurava che sbagliasse qualcosa per avere un pretesto per punirla. No, troppo cliché, troppo trama da filmetto porno anni novanta. La schiacciatrice recuperò un minimo di compostezza verso la fine e fu la protagonista indiscussa delle azioni che determinarono gli ultimi spettacolari cinque punti a favore della propria squadra nel secondo set, tuttavia vanificati da una serie di ace del capitano della squadra avversaria che chiuse infine la partita 2-0.
Mentre gli spettatori iniziavano a defluire dagli spalti, alcuni scendevano in campo per congratularsi con le vincitrici o rincuorare le sconfitte. Qualche giocatrice conversava ai bordi del campo con chi era venuto a fare il tifo per loro, altre si affrettavano alla volta degli spogliatoi.
Tooru e gli altri scesero fino alla gradinata più in basso, impazienti di scoprire in che modo il palleggiatore sarebbe riuscito ad attaccar bottone con Sakurai. L’occasione giunse presto, quando la ragazza, con il borsone in spalla e la felpa legata in vita, passò davanti a loro sistemandosi la treccia ormai sfatta. Era stanca e provata, le guance erano arrossate per la fatica, i capelli sudati e appiccicosi e forse prima di entrare in campo aveva messo dell’eye-liner che le si era prevedibilmente sbavato durante i due set, ma vista da vicino per qualche motivo gli sembrava anche più carina che nelle poche foto di tutto punto che avevano trovato su Twitter.
«Gumi-chan!» gridò per attirare la sua attenzione. La ragazza però non colse l’appello oppure finse di non udirlo, perciò ripeté a voce più alta «Gumi-chan!».
Solo allora Sakurai si voltò a guardarlo, piuttosto perplessa «Dici a me?»
«Certo che sì, ci sono altre Gumi-chan?» domandò gioviale.
«In realtà non ce n’è nemmeno una, Gumi-chan ci chiami tua sorella.» replicò infastidita.
Sentì Iwaizumi e gli altri trattenere le risate. Non si aspettava affatto un’uscita simile: di solito le ragazze a cui rivolgeva la parola arrossivano e iniziavano a balbettare, tutte lusingate. Certo, qualche volta qualcuna l’aveva ignorato, ma nessuna gli aveva mai risposto in maniera scortese.
«Megumi-chan va bene?» ritentò allora.
«Chi non mi conosce mi chiama Sakurai-san e tu non mi conosci.»
Ma quanto poteva essere indisponente? Se la tirava come la locomotiva di uno shinkansen! Si era già pentito di averci provato, ma ormai non poteva più demordere: lo avrebbero preso in giro a vita. Se doveva affondare, tanto valeva farlo con dignità.
«D’accordo, Sakurai-san. Se mi presento ci conosceremo no? Potrò chiamarti per nome? Tu puoi usare il mio. Io sono …»
«Tooru Oikawa, so chi sei.» tagliò corto lei.
A quel punto qualcuno cominciò a tossire vigorosamente, sospettava fosse il senpai Guda.
«Magari sei una mia fan?» dedusse speranzoso.
«Niente affatto, ma conosco qualcuno che parla costantemente di te.» ribatté infastidita «Per quello che mi riguarda, quelli come te mi stanno sulle palle.» aggiunse poi.
«Come sarebbero quelli come me?»
«Palloni gonfiati, narcisisti, vanitosi, superficiali e sessisti.» rispose sollevando un sopracciglio con aria di sufficienza. Il resto del gruppo esplose in un applauso di pura ammirazione, eccezione fatta per Yahaba che ancora non riusciva – come Tooru – a capacitarsi di cosa fosse precisamente accaduto. Sakurai abbozzò un vago sorriso compiaciuto e si allontanò a grandi passi verso l’altro lato del campo.
«Ti ha fregato, caro il mio Oikulo!» annunciò Iwaizumi allegro come non mai «Questo giorno sarà scritto negli annali della storia!»
«Sono stato rifiutato?»
«Brutalmente!» confermò Matsukawa battendogli un sonoro colpo sulla spalla.
«Pare che anche tu sia umano, dopotutto!» considerò Hanamaki «Don’t mind, don’t mind! Dopo un po’ passa … »
«O forse è lei che ha dei gusti disumani … » obiettò Tooru offeso.
«Okay, ma per respingere Oikawa-senpai, deve avere degli standard altissimi! » osservò Yahaba.
«Sapete» s’intromise finalmente Guda, manifestando finalmente la sua posizione ambigua «Credo che altissimi sia proprio l’aggettivo giusto per indicare gli standard di Sakurai.»
Tooru intercettò la direzione che il dito del senpai indicava e la trovò intenta a conversare amorevolmente al bordo del campo con nientedimeno che Wakatoshi Ushijima, probabilmente rimasto ad assistere al torneo femminile. Si sorridevano e lui le teneva disinvoltamente una mano sulla spalla, parlandole di chissà che cosa. Sembravano in assoluta confidenza.
«Sta con Ushiwaka?» esclamò sconvolto il palleggiatore «E tu lo sapevi, brutto … »
«Ehi! Ehi!» si giustificò il senpai «Eri così infiammato che mi dispiaceva fermarti. E comunque non so se stanno insieme veramente, a dire la verità non lo sa nessuno. Si sa solo che passano molto tempo insieme e si conoscono da prima di iscriversi all’Accademia.»
«Bene, sono perfetti: il signore e la signora Antipatia.» si lamentò Tooru «E comunque l’avete decisamente sopravvalutata, non è niente di che.» proseguì stizzito.
«Ah, certo.» replicò sarcastico Iwaizumi «Si vedeva da come l’hai fissata per tutto il tempo che pensi che sia niente di che
D’accordo – rimuginava qualche minuto più tardi mentre si allontanavano a grandi passi in direzione del complesso degli spogliatoi per recuperare le loro cose e caricarle sul pullmino rimesso a nuovo – forse all’inizio l’aveva giudicata appetibile, ma adesso che si proponeva di essere obiettivo si rendeva conto di essere stato troppo avventato del giudizio. Poteva avere dei bei lineamenti, certo, ma le ragazze erano carine se basse e magroline, così che ai ragazzi venisse voglia di difenderle e a loro di farsi difendere. Una come Megumi Sakurai era invece alta e sgraziata, e con quei bicipiti probabilmente avrebbe steso anche il proprio fidanzato. E poi, quei capelli mogano erano sicuramente tinti, non era per niente naturale. Per non parlare di tutte quelle lentiggini: la pelle di una bella ragazza deve essere candida ed uniforme, non costellata di macchioline antiestetiche. E Iwaizumi avrebbe dovuto piantarla di urlargli contro mentre si stava sforzando di fare opera di auto-convincimento, cosa aveva da sbraitare tanto? E per quale motivo non lo stavano seguendo nella stanza che era stata assegnata loro? In quello stato di confusione generale, ruotò verso il basso la maniglia e spalancò la porta, mentre il resto dei compagni di squadra gridava all’unisono: «Oikawa, no!»
Che avesse aperto la porta sbagliata, lo elaborò un instante dopo, o forse un’ora, anche se non escludeva che fosse rimasto lì imbambolato con la bocca aperta per metà giornata. Il senso del tempo lo aveva dimenticato certamente a casa come la pomata per il ginocchio.
Lo spogliatoio sarebbe stato felicemente vuoto se non fosse stato per una sola persona, pietrificata nell’angolo sinistro accanto al suo borsone. Megumi Sakurai lo fissava agghiacciata stare impalato sulla soglia della stanza, con indosso solo l’intimo. I capelli mogano, che fino a poco prima aveva reputato troppo tinti, erano bagnati e le ricadevano in onde leggere oltre le scapole. Tooru la contemplò paralizzato, come assistesse in estasi ad una visione celestiale, e tutti i suoi buoni propositi di levarsela dalla testa crollarono ridicolmente su loro stessi. Ammirò la larghezza delle spalle, l’incavo delle clavicole, la robustezza dei bicipiti disseminati delle lentiggini che tanto aveva disprezzato, la perfezione petto inaspettatamente prosperoso per la sua età. Ancora indugiò sulla sagoma degli addominali, sui tre nei bizzarri a sinistra dell’ombelico, sui fianchi sinuosi e ampi e in seguito, oltre gli infantili slip bianchi a cuoricini rossi, sulla curva formata dai glutei gonfi e sodi, sulle cosce tornite e piene. Sentiva il cuore battere a mille e le orecchie in fiamme, suo malgrado si rese conto di non aver mai apprezzato più di così un corpo femminile e si scoprì a formulare una quantità indicibile di pensieri tutt’altro che casti.
«Da che pianeta vieni … ?» si ritrovò a sussurrare con la bocca secca.
Strillando improperi che non si addicevano affatto ad una signorina, Sakurai sollevò il proprio borsone pieno con un solo braccio e glielo scagliò addosso con tutta la forza. Tooru ebbe appena il tempo – grazie all’istinto di conservazione – di richiudere rapidamente la porta metallica, sulla quale rimbombò il tonfo del colpo. Ancora scosso e con le guance rosse, si riavvicinò barcollante ai compagni, visibilmente preoccupati. Iwaizumi si stava già arrotolando le maniche per riempirlo di botte, Tooru gli piazzò una mano sulla spalla e ansimò con serietà: «Su Sakurai … hai ragione tu …» commentò ancora con voce rauca «Lei è … non ho parole.»
«Oikawa, stai bene?» si preoccupò Matsukawa.
«Hai beccato Sakurai nuda?» domandò Hanamaki entusiasmato.
«Il solito bastardo fortunato … » borbottò Iwaizumi assestandogli un forte colpo sul petto che gli strappò un uggiolio di dolore «Sei proprio una faccia di bronzo, Oikulo
«Non l’ho fatto volontariamente! Ho sbagliato porta!» si giustificò il palleggiatore imbarazzato «Pensavo che fosse da quella parte!»
«Ti stavo avvisando da mezz’ora, deficiente!»
«Non ho sentito!»
«Ed invece hai sentito benissimo, volevi solo spiare! Oggi le prendi sicuro!»
Prima che l’amico potesse provvedere personalmente a punirlo per la sua distrazione, la porta che aveva appena richiuso si riaprì di scatto. Megumi Sakurai ne uscì schiumante di rabbia e vergogna, con i capelli ancora umidi, la t-shirt di ricambio infilata al contrario ed i pugni stretti così tanto che le nocche erano sbiancate e le spalle le tremavano. Una scintilla allarmante le balenò negli occhi marroni quando appurò che Tooru era ancora lì, sul punto di prendersi una testata da Iwaizumi, il quale però, come il resto della squadra, al momento la guardava impietrito avanzare a grandi passi verso di loro.
«Tu, schifoso maiale pervertito!»
«Non l’ho fatto apposta!» si difese spaventato «Mi sono sbagliato, lo giuro!»
Con un gesto brusco e forte spinse Tooru indietro ed il ragazzo si ritrovò dolorosamente seduto per terra prima che lui o i suoi compagni si rendessero conto di cosa stesse accadendo. Poi si chinò ad afferrarlo per il bavero della tuta con la mano sinistra, mentre stringeva la destra in un pugno pronto a colpirlo sul viso.
«La faccia no, la faccia no!» la supplicò terrorizzato mentre lei si avventava su di lui come una belva, immune ad ogni suo appello. Per fortuna Iwaizumi si riscosse subito dalla sorpresa e riuscì a fermarla prima che lo colpisse sul naso, bloccandole i polsi a fatica. Hanamaki e Watari riuscirono, unendo i proprio sforzi a quelli di Iwaizumi, a tirarla nuovamente in piedi, credendo di fare cosa giusta, mentre invece la nuova posizione le permise di sferrare un dolorosissimo pestone sullo zigomo del palleggiatore. Guda e Matsukawa lo trascinarono più lontano da lei, mentre Fujiwara si frapponeva fra i due con le braccia spalancate.
«Basta così!» gridò in direzione di Sakurai, che ancora tentava di divincolarsi dai suoi tre compagni di squadra, mettendone a dura prova la resistenza «Non l’ha fatto apposta, hai sentito?»
Con uno scalpiccio di scarpe da ginnastica ed un gran vociare la squadra di Sakurai, che proprio allora ritornava dal campo e aveva sentito le urla, circondò il capannello di ragazzi. La loro capitana, scorgendo la propria schiacciatrice immobilizzata da ben tre ragazzi fece una smorfia inorridita e corse subito in suo soccorso, seguita dal libero coi capelli rosa. Riportata alla realtà dal suo intervento, Sakurai si rilassò e smise finalmente di attentare alla vita di Tooru.
«Cosa diamine le state facendo?» urlò allarmata cercando di sottrarre la compagna di squadra alla stretta di Iwaizumi, Hanamaki e Watari. La ragazzina coi capelli rosa cercò senza successo di costringere Iwaizumi a mollare la presa e sembrava pronta a mordergli un avambraccio.
«Non è come sembra!» intervenne Fujiwara mortificato «C’è stato un malinteso e lei ha aggredito il nostro palleggiatore!»
Le tredici ragazze che componevano la squadra femminile di pallavolo della Shiratorizawa rivolsero tutte lo sguardo a Tooru, ancora seduto a terra con una mano sulla guancia dolente, che si stava già gonfiando. Era abituato ad essere sottoposto all’attenzione delle ragazze, ma in genere erano adoranti ed entusiaste e non lo guardavano dubbiose dall’alto verso il basso. Si sentiva in imbarazzo come non mai, quella scena avrebbe macchiato la sua reputazione per secoli! Sakurai gliel’avrebbe pagata cara!
«Sakurai, lo hai picchiato veramente?» domandò sfiduciata la capitana.
«È entrato nel nostro spogliatoio! Mi ha visto praticamente nuda!» sbraitò l’interessata. «Sei impazzita? Potrebbero prendere dei provvedimenti seri! Dio mio, se dovesse saperlo Hattori-sensei …»
Attratti da tutto quel baccano, dagli spogliatoi si radunarono gruppetti di molte altre ragazze e alcuni dei loro accompagnatori. Alle spalle del club femminile, apparve Ushijima, che – per la prima volta da quando conosceva – sembrava turbato.
«Non eri nuda!» sbottò Tooru in risposta «Avevi addosso reggiseno e quelle mutandine a cuoricini rossi che – a proposito – avresti dovuto smettere di indossare quando hai finito le elementari!»
Sakurai divenne paonazza fra le risatine generali e, cercò con un forte strattone, di liberarsi di Iwaizumi e degli altri. La ragazzina coi capelli rosa accennò innervosita qualche passo verso di loro, ma la capitana la fermò prendendole un polso. Fujiwara gli scoccò uno sguardo di rimprovero, ma Tooru era contento di aver avuto la sua personale vendetta. O almeno lo fu finché Ushijima non si fu avvicinato alla sua amica ed ebbe ottenuto dai ragazzi che fosse lasciata stare. Sakurai rimase a testa bassa a fissarsi i lacci ancora sciolti delle scarpe e lui le accarezzò appena una spalla con fare rassicurante. La capitana tirò un sospiro di sollievo con una mano sul petto.
«Chiedile scusa e finiamola qui.» gli ordinò con tono piatto.
«Prima deve scusarsi lei con me!» piagnucolò Tooru indicandosi la guancia tumefatta col pollice.
«Megumi-chan, chiedi scusa ad Oikawa.» mormorò allora in direzione dell’amica, stupendolo.
«Non voglio, Waka-nii … mi ha messa in ridicolo!»
«Megumi-chan.» ripeté Ushiwaka con tranquillità.
«Non le voglio le sue scuse, e lui non merita le mie!»
A quel punto l’altro le scoccò un’occhiata seccata e vagamente bieca, come un fratello maggiore ridotto al limite della pazienza dai capricci della sorellina testarda. Sembrava che la stesse minacciando di dirlo alla mamma.
«D’accordo, scusa! Va bene così?» si arrese la ragazza alla fine.
Ushijima parve soddisfatto anche da quelle scuse di evidente sola facciata. «Adesso tocca a te.» lo esortò poi.
Tooru si morse un labbro e inspirò profondamente, non aveva alcuna intenzione di scusarsi con una che lo aveva aggredito in quel modo, ma dopo aver incrociato lo sguardo preoccupato di Iwaizumi, recitò riluttante: «Mi dispiace.»
«Perfetto, perfetto … »  concluse Fujiwara cogliendo la palla al balzo «Adesso che ci abbiamo messo una pietra sopra, andiamo via perché ci staranno sicuramente aspettando!»
Guda e Matsukawa aiutarono Tooru a rimettersi in piedi e fu rapidamente raggiunto da Iwaizumi, confuso e preoccupato. Il capitano li spinse via verso la loro stanza, dove avevano lasciato i borsoni, salutando in fretta e furia Ushijima e la sua collega del club femminile.
Mentre si allontanavano, Tooru diede un’occhiata furtiva alle proprie spalle, dove Sakurai si era avviluppata come una cozza attorno alle spalle dell’amico, frignando capricciosa. L’altro, dal canto suo, Tooru avrebbe potuto giurare che mantenesse la sua solita flemma impassibile, se non fosse stato che accarezzasse la schiena dell’amica con affetto. Da lontano, distinse il labiale della domanda «Hai freddo?» che le stava rivolgendo e lo vide sfilarsi la felpa per appoggiarla premurosamente sulle sue spalle. Lei se la strinse addosso con le guance rosse e si ributtò nuovamente fra le braccia dell’altro, esigendo ulteriori attenzioni. Che ufficialmente fossero solo amici non contava molto, era palese che Sakurai fosse cotta di Ushijima e non facesse nulla per nasconderlo, nemmeno in presenza degli altri membri della sua squadra. Quanto all’oggetto del desiderio della schiacciatrice, non gli era chiaro se ricambiasse o meno, ma se lui gliela dava vinta a quel modo sui capricci, non escludeva che potesse farlo.
Poco importava, entro l’indomani se la sarebbe tolta dalla testa, giusto in tempo per polverizzare Ushijima nelle finali del torneo e prendersi la propria rivincita.
~
Ma poi come gli era venuto in mente di raccontarlo ad Iwaizumi? Gli era proprio sfuggito, la mattina seguente, quando l’amico gli aveva fatto notare che fra il grosso livido violaceo sulla guancia e occhiaie scavate, aveva davvero un aspetto orribile. Senza nemmeno fermarsi a riflettere sui pro e i contro della rivelazione, gli aveva confidato per quale motivo non fosse riuscito a dormire decentemente. Tooru avrebbe voluto sotterrarsi.
«Ti sei fatto un sega pensando a Sakurai!» continuava a ripetere febbrilmente Iwaizumi fra una risata e l’altra, con gli occhi pieni di lacrime.
Il palleggiatore gli fece cenno di abbassare la voce.
«Fosse bastato, avrei dormito di più.» ammise a mezza voce.
A questo punto il suo amico di infanzia era così paonazzo da rischiare di esplodere. Tooru detestava quando non lo prendeva sul serio: non aveva più avuto bisogno di toccarsi da quando aveva perso la verginità, questo improvviso istinto autoerotico non era affatto normale e si riaccendeva solo se pensava a Sakurai. Una sua coetanea, non una idol gravure che posava su playboy! Quell’incidente nello spogliatoio gli era stato fatale, perfino il ricordo delle mutandine a fantasia infantile bastava a ridestare irrazionalmente in lui il desiderio.
«Ridi perché non hai visto quello che ho visto io, altrimenti una sega te la saresti fatta anche tu.»
«Una forse sì, ma io non ho uno stuolo di fan che sbavano per me, quindi sarei giustificato.» rettificò Iwaizumi asciugandosi le lacrime «E comunque con me non attacca, sai Oikulo? Te la stavi mangiando con gli occhi anche prima di vederla mezza nuda, quello è stato il colpo di grazia.»
«Non riesco a pensare ad altro, e tra un’ora c’è la finale con Ushiwaka!»
«Pensa se Ushiwaka sapesse che ti sei segato sulla sua amichetta …»
«Non riesco a capire cosa mi sia preso, mi ha anche picchiato … non dovrei reagire così!»
«Forse ti sei semplicemente fissato … »
«Quindi dici che passerà?» domandò arrossendo.
Sulla soglia dello spogliatoio apparvero i suoi compagni di squadra, freschi come delle rose.
«Cosa dovrebbe passare?» domandò Watari pensoso «Oikawa-senpai sta male? Non può stare male prima di una finale!»
«Porca miseria, Oikawa che ti è successo alla faccia?» esclamò Hanamaki appena entrato «Capisco il livido di ieri, ma le occhiaie sono un capolavoro!»
Bastò questo perché Iwaizumi ricominciasse a ridere tenendosi lo stomaco.
«Cosa sai che io non so, Iwaizumi?»
Oikawa sperò almeno che il suo migliore amico avesse la decenza di non raccontarlo a tutti, ed invece …
«Oikulo ha passato la notte a segarsi pensando a Sakurai della Shiratorizawa!» cantilenò.
«Dai, a questa non ci credo, Iwaizumi … » replicò Yahaba «Si fosse trattato di qualcun altro …»
«Ed invece lo è, si preoccupa del fatto che gli si rizzi ogni volta che si ricorda di averla vista mezza nuda! Mi stava giusto chiedendo se pensavo che gli sarebbe passata …»
«Oikawa, sei arrossito? Non ti avevo mai visto arrossire.» fece notare Matsukawa.
A quel punto tutti presero a ridere a crepapelle, compreso addirittura Fujiwara, che notoriamente non aveva tutto questo senso dell’umorismo. Hanamaki sembrava sul punto di morire per quanto rantolava. «Ma come!» commentò cercando di prendere aria «Dicevi che non era tutto questo granché, e che l’avevamo sopravvalutata!»
«Quello lo diceva perché lo ha rifiutato!» intervenne Iwaizumi «Ma in realtà lo attizza proprio perché non gli dà gioco facile e lo ha respinto. E poi stimola la sua competizione con Ushiwaka …»
«Ohh! E Oikulo … cosa pensavi mentre lo facevi? “Ah, sì! Gumi-chan, picchiami di nuovo! Più forte …  Ohhh sì, così!”» infierì Hanamaki imitando eccelsamente il suo modo di parlare.
«Non c’è che dire, Iwa-chan, sei un vero amico.»
«E tu sei la parodia di te stesso! Con tutte le ragazze che puoi avere … »
«Dovreste aiutarmi a scordarla, non prendermi in giro!» si lagnò Tooru.
«Smetterò solo se riesci a abbordarla!» annunciò Iwaizumi.
«Ma lei è Ushiwakasessuale.» replicò depresso «Hai visto come gli si appiccica?»
«Anche tu ti appiccichi così ad Iwaizumi, dunque sei Iwaizumisessuale?» intervenne Matsukawa.
«Per favore, non dipingetemi questo quadro apocalittico, per me è una disgrazia già da etero!» protestò atterrito il diretto interessato mentre gli altri ridevano della battuta.
«Ma si vede che gli va dietro … è proprio irrecuperabile … » continuò a lamentarsi scoraggiato.
I ragazzi smisero di ridere e presero a guardarlo con la preoccupazione scritta a chiare lettere sul volto. Tooru si chiese cosa avesse detto o fatto di sbagliato perché reagissero così e fu Watari a chiarirgli il dubbio prima che avesse il tempo di chiederlo.
«Non ha colto la provocazione.» constatò scioccato.
«Non infierisci su Iwaizumi?» aggiunse incredulo Hanamaki.
«Senpai, sei depresso davvero?» domandò Yahaba scettico.
«Oikulo, credo che tu ti sia preso una bella sbandata!»
Tooru non se la sentì di obiettare, perché non escludeva che Iwaizumi potesse avere ragione. Non si era mai fissato così su una ragazza, neanche su quelle con cui era andato fino in fondo. Sakurai invece era onnipresente e ripensare a lei gli faceva venire la tachicardia. Voleva illudersi che fosse solo per via del suo bel fisico o solo perché la vedeva come l’ennesima sfida da vincere contro Ushijima, ma sentiva che c’entrava solo in parte.
«Che destino crudele, siete come Romeo e Giulietta!» ironizzò Matsukawa richiudendo il suo armadietto, dove aveva spinto goffamente il proprio borsone.
«Con la sola differenza che almeno Giulietta era collaborativa!» si sentì in dovere di aggiungere Guda prima di sfilarsi le scarpe. Fujiwara gli tirò un pizzicottò nel fianco.
«Qualcun altro vuole girare il dito nella piaga?» brontolò seccato voltandosi dall’altra parte «Sì, Makki?» proseguì, notando il laterale che stendeva la mano verso l’alto come gli studenti con la domanda pronta per il professore.
«Vuoi consigli d’amore?»
«No, ragazzi … questo è davvero troppo!»
«E perché? Gli amici servono a questo!»
«Già, Oikulo … secondo me abbiamo appurato che le tue battute ignoranti sono controproducenti con lei, dovresti tentare un approccio più naturale … »
«Iwa-chan, ma se tu non hai mai battuto chiodo in vita tua?»
«Visto che trovi piacevole farti pestare, se vuoi ti pesto.»
«Ma a lui piace farsi pestare solo dalle belle ragazze!» lo fermò Hanamaki.
«Già … da quelle alte …» rincarò la dose Matsukawa.
«Allenate … » continuò Iwaizumi.
«Capelli lunghi e umidi … » proseguì ancora Matsukawa con aria sognante, fingendo di passare le dita in un’immaginaria chioma.
«Due poppe così!» fece cenno Iwaizumi mimando la misura davanti al petto come lui stesso aveva fatto il giorno prima cercando di descrivere cosa aveva visto nello spogliatoio delle ragazze.
«Ed un marmoreo e tondeggiante capolavoro realizzato a suon di squat giornalieri fasciato in un paio di mutandine bianche a cuoricini rossi.» concluse Hanamaki riprendendo anche lui con estrema diligenza le stesse parole della sua descrizione del sedere di Sakurai.
«Ragazzi se continuate così, Oikawa avrà bisogno di farsi una doccia fredda prima di giocare … » li rimproverò il capitano, che pure si stava sforzando di non sorridere. Si vedeva chiaramente da come gli tremasse l’angolo destro della bocca.
«Non ha bisogno della doccia, Naoto …» lo corresse Guda «Ormai ci ha preso la mano …»
Si ricompose, mal sopportando tutte quelle umiliazioni. Sakurai, ne era certo, prima o poi avrebbe ceduto come tutte le altre. Era solo questione di conoscerla meglio, prenderci un po’ di confidenza e in men che non si dicesse se la sarebbe trovata legata al dito. Prima di tutto, però, aveva bisogno di dimostrarle di essere migliore di Ushijima, ed era fiducioso che ci sarebbe riuscito subito, mettendolo a tacere una volta per tutte durante la finale di quel giorno.
«Certo, certo … ridete pure di me!» obiettò Tooru alzando la voce per sovrastare l’ennesimo scoppio di risate sguaiate dei suoi compagni «Ma quando Sakurai cadrà ai miei piedi vi pentirete tutti di esservi presi gioco di me! Vedrete, ci vorrà pochissimo!»
~
Quando Megumi scorse Oikawa davanti all’ingresso del palazzetto, le mani iniziarono già a pruderle dalla voglia di picchiarlo a sangue. Quella mattina, per quanto le riguardava, faceva già schifo così com’era, anche senza il suo contributo: la sconfitta cocente del giorno prima le era costata una violenta discussione con il resto della squadra, al termine della quale – come aveva già deciso – aveva annunciato di lasciare il club, con sommo sollievo di Kurihara, che si era detta sospettosa dei metodi con cui la ragazza si era fatta ammettere nel sestetto titolare. Bella ironia della sorte che fosse proprio la palleggiatrice, la regina delle raccomandazioni, ad accusarla di essersi comprata il posto con qualche trucchetto. Ma, alla fine dei conti, non la si poteva biasimare: Kurihara ci aveva visto giusto e Megumi non era affatto fiera di quello che aveva fatto, anzi, continuava a provare disgusto per se stessa. Erano poi seguite, per tutta la notte, decine e decine di chiamate di Hattori, che erano cessate solo quando aveva spento il telefono, che la mattina dopo aveva trovato intasato da un centinaio di suoi messaggini, dapprima lusinghieri e melensi poi pian piano sempre più minacciosi, tanto da farle iniziare a temere della propria incolumità.
Tooru Oikawa, dunque, era solo la ciliegina su una torta fatta di fregature, per giunta resa ancora più amara dal fatto che Wakatoshi le avesse proibito di alzare le mani su quel maiale, d’altronde l’amico non aveva lodi che per lui da almeno tre anni! Con una bella scazzottata, avrebbe dissipato certamente il nervosismo che aveva accumulato in quei mesi e gli avrebbe fatto pagare di averla vista nuda e di aver messo mezza Sendai a parte della fantasia dei suoi slip. Ecco perché nel momento in cui quel bastardo aprì la bocca, lei desiderò scomparire dal mondo.
«Buongiorno Gumi-chan!» cinguettò provocatorio «Di che colore sono i cuoricini, oggi?»
Tutto intorno alcuni ragazzi che erano presenti alla penosa scena del pomeriggio precedente scoppiarono a ridere fragorosamente. Ciò che era strano era che l’amico che il giorno prima le aveva impedito di spaccargli il naso, e che – se non ricordava male – doveva chiamarsi Iwaizumi, non si era unito al riso generale, ma guardava Oikawa amareggiato.
«Levati di torno.»
«Andiamo, perché sei sempre così nervosa? Le belle ragazze come te dovrebbero sorridere.»
Iwaizumi a quel punto si piantò una mano sulla fronte, disperato.
Con piacere Megumi notò che sul volto del palleggiatore dell’Aoba Johsai si era formato un grosso livido in corrispondenza di dove l’aveva colpito col piede. A giudicare poi dalle occhiaie profonde che gli marcavano gli occhi, non era riuscito a dormire molto. Distese le labbra in un ghigno vittorioso.
«Che brutte occhiaie, Oikawa-kun!» osservò ad alta voce, così che sentissero tutti «Non dirmi che la bua ti ha fatto tanto male da non farti chiudere occhio questa notte! Povero cucciolo … »
Accadde l’inspiegabile: Iwaizumi scoppiò solo allora a ridere di gran gusto, seguito dal resto dei compagni di squadra, mentre la faccia di Oikawa si colorava di un rosso scarlatto. Il tipo con i capelli quasi rosa si era perfino accucciato per terra asciugandosi le lacrime. Probabilmente dovevano aver passato la giornata precedente a prenderlo in giro per essersi fatto picchiare da una ragazza.
Ben gli stava, si ripeté soddisfatta girando sui tacchi. Certamente tra qualche minuto Waka-nii gliel’avrebbe fatta pagare come promesso, stracciando la loro squadra alle finali. Colta da un colpo di genio improvviso e pronta a sferrare il colpo di grazia a quel montato di Oikawa, si voltò nuovamente per un attimo verso il capannello di ragazzi e sventolò la mano in direzione di uno di loro.
«Ciao, Iwaizumi-kun!» lo salutò con un sorriso sornione.
 
[1] C’è una cosa che non ho capito delle traduzioni amatoriali italiane: perché dobbiamo usare le traduzioni inglesi dei soprannomi che Iwaizumi affibbia ad Oikawa quando si possono riadattare con efficacia? Prendete la pregnanza e l’ignoranza di “Oikulo”, sento quasi la poesia riverberare fra le sillabe!
[2] Twitter è il social network più utilizzato in Giappone, seguito da Instagram. Entrambi sono superati per numero di utenti da LINE.

NOTE FINALI

Questo capitolo è stato faticosissimo da stendere, tant'è che a volte nel rileggerlo mi domando se non sia scritto in uno stile troppo sempliciotto in alcune sue parti. Per questo ho due piccoli appunti da fare, uno riguarda i contenuti, l'altro il lessico. In questo capitolo, i ragazzi sono ... ragazzi comuni di età compresa fra i 16 ed i 18 anni, perciò, insomma hanno un chiodo fisso ed un sistema di valori piuttosto semplice. Da ciò discende un linguaggio piuttosto semplice e colorito, come è normale che sia. Ho, insomma, sacrificato la formalità ed il politically correct all'altare del realismo, o almeno credo di averlo fatto. Spero di non aver fatto storcere il naso a nessuno con i "discorsi da spogliatoio" di questi adolescenti!
Come al solito siate buoni e se vi va lasciatemi una recensione! (E fatemi notare le sviste, che la vecchiaia è una carogna.)

Un bacio e alla prossima! ♥
   
 
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