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Autore: Chiisana19    18/06/2017    3 recensioni
“Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va’ dove lui ti porta”.
Kagome, giovane ragazza che vive tutti i giorni la propria vita, si ritroverà catapultata in un luogo da sempre ritenuto leggendario, con un importante compito da portare a termine. Per farlo, dovrà contare sulla bontà del proprio cuore, fiducia verso nuovi amici e la protezione di un ragazzo dagli occhi color ambra che, diversi anni prima, era protagonista dei suoi sogni, o meglio.. incubi.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 – Incubi

 


Quando Kagome si risvegliò, scoprì di giacere a terra. Confusa, si portò una mano sulla testa, costatando che fuori dalla finestra aveva cominciato a sorgere il sole. Si mise in piedi con difficoltà e si guardò attorno. Si trovava in camera sua e indossava ancora i vestiti del giorno precedente.

Oh, Kami era svenuta? Solo in quel momento si ricordò del suo stato fisico: il tremore, il sudore, il dolore al fianco... velocemente si guardò allo specchio, alzandosi agitata la maglia e scoprendo l’intera pancia, osservando la parte laterale.

Sembrava tutto normale, la strana luce non c’era più, così come quegli strani sintomi... che si fosse immaginata tutto?

“Ma sì... forse è stato un momento di delirio perché non stavo molto bene” si auto convinse. Dopo essere rimasta ad osservare a lungo il ventre piatto e bianco riabbassò la maglietta, aprendo l’armadio e afferrando un cambio pulito.

Uscì dalla camera e raggiunse il bagno, cercando di fare il meno rumore possibile; sicuramente la sua famiglia stava ancora dormendo. Iniziò a spogliarsi dei vestiti appiccicosi e madidi di sudore, buttandoli a terra, per poi aprire il getto della doccia.

Una volta arrivata l’acqua calda si fiondò dentro, facendole tirare un sospiro di sollievo, non appena la sua pelle fu bagnata da quel tepore ardente. Non c’era niente di meglio di una calda e rilassante doccia!

Dopo una quarantina di minuti uscì dal bagno pulita e vestita, con in testa un asciugamano. Iniziò a scendere le scale e raggiunse la cucina, dove trovò sua madre con ancora il pigiama e i capelli spettinati.

«Kagome, cosa ci fai sveglia a quest’ora?» domandò confusa la donna, non appena la figlia varcò la soglia della cucina.

«Ieri sera mi sono addormentata presto» spiegò brevemente, tralasciando il fatto che in realtà era svenuta e aveva dormito tutto il tempo per terra; non a caso aveva un po’ di torcicollo.

La signora Higurashi si avvicinò a lei, posando lievemente preoccupata la mano sulla fronte «Ti senti meglio?» domandò premurosa, corrugando leggermente la fronte.
Kagome annuì, raggiante, mentre un ciuffo bagnato sfuggì dall’asciugamano, sfiorandole la tempia, fino a solleticarle il collo «Benissimo»

«Allora ti preparo la colazione. Sarai affamata...» sorrise, rassicurata, iniziando senza problemi a preparare quello che lei definiva ‘il pasto più importante della giornata’. Kagome si mise a sedere, sistemandosi l’asciugamano che minacciava di cadere.

Si, quella mattina stava proprio bene! Chissà cosa era successo la sera prima... beh, poco importava, ormai era passato. Niente avrebbe rovinato quella nuova e magnifica giornata!



 

«Maledetta pioggia!» borbottò Kagome, cercando inutilmente di coprirsi col cappotto. Quel giorno era uscita di casa puntuale e, arrivata a metà percorso, aveva iniziato lievemente a piovigginare fino a diventare una vera e propria tormenta!

Tremante come un pulcino entrò dentro il market, sotto lo sguardo soddisfatto del signor Hayashi. Sicuramente se la stava spassando nel vederla in quello stato, ma almeno era in anticipo di dieci minuti.

Scuotendo il cappotto completamente fradicio entrò dentro la porta dedicata solo al personale, trovando una raggiante Eri indossare il proprio grembiule verde del supermercato.

«Buongiorno Kagome!» la salutò, sistemandosi la fascia gialla sulla testa, mentre la mora ricambiò il saluto, aprendo il proprio armadietto.

«Hai visto che tempaccio? Per fortuna sono arrivata in tempo... lo stesso non vale per te» mormorò, osservando le scarpe bagnate della collega e i capelli umidi. E pensare che quella mattina li aveva pure puliti!

«Già, sono proprio sfortunata, ma almeno non sono arrivata tardi» scherzò, legandosi la lunga chioma da una coda sbarazzina, mentre diversi ciuffi caddero lungo le sue guance leggermente arrossate. Entrambe le ragazze uscirono dalla stanza, dirigendosi nei rispettivi posti.

Per tutto il pomeriggio Kagome rimase dietro la cassa. A forza di stare a sedere non sentiva più il fondoschiena, mentre le braccia le dolevano.

Kagome nel reparto 12

Una voce metallica la risvegliò dal suo trans. Senza pensarci si mise in piedi, sotto lo sguardo confuso della signora anziana, che stava mettendo la spesa dentro la busta.
La mora si girò alla sua sinistra, osservando la sua ‘vicina’ di cassa che in quel momento aveva appena chiuso «Aiko, prenderesti un attimo il mio posto?» la ragazza dai capelli ricci, che in quel momento era intenta a sistemarsi le unghie con la lima la guardò annoiata, senza smettere di masticare rumorosamente la gomma che teneva in bocca. Si alzò dal proprio posto, esattamente la cassa numero 2, per poi sostituire Kagome e continuare il suo lavoro.

Riconoscente Kagome si allontanò, raggiungendo il reparto numero 12: cucina. Finalmente poteva sgranchirsi le gambe, non ne poteva più di stare a sedere, peccato che, una volta arrivata, il sorriso le morì all’istante; il pavimento era interamente ricoperto di farina. La busta era letteralmente rotta a metà, mentre vicino questa stava un lago fatto interamente di olio, con la bottiglia di vetro frantumata, mentre diversi pezzi di vetro erano sparsi da tutte le parti.

Portò disperata la testa all’indietro, tirando un sospiro contrariato e rimangiando quello che aveva appena pensato; molto meglio rimanere a sedere... togliere l’olio era una seccatura!

Dopo aver preso tutti i materiali per la pulizia cominciò il lavoro. La farina fu facile da levare, mentre l’olio no. Seccata si mise in ginocchio, iniziando ad assorbire con uno straccio tutto il liquido appiccicoso.

“Mi sento come quella tipa del cartone americano... mancano i topini e sono a posto!” si prese in giro.
Improvvisamente si bloccò. Un forte brivido le colpì la colonna vertebrale e una strana sensazione attanagliò tutto il suo corpo. Si sentiva osservata...

Lentamente, sempre rimanendo in ginocchio e stringendo con entrambe le mani lo straccio sporco di olio, si voltò e...incrociò uno sguardo. 

Quegli occhi la bloccarono sul posto, senza neanche darle modo di capire cosa stesse accadendo. Le sue labbra si socchiusero appena, mentre quel ragazzo, infondo al corridoio, continuava ad osservarla senza timore.

Tremò appena quando i loro occhi si incrociarono. Quelli di lui sicuri e duri, mentre quelli di lei tremanti e timidi. Il colore era così strano, sembrava... ambra. Bellissimi. Si, non poteva fare a meno di pensare che fossero affascinanti.. però, perché continuava a scrutarla a quel modo?

«Higurashi, non hai ancora finito di pulire?» la voce sgradevole del signor Hayashi la fece saltare sul posto, obbligandola a staccare gli occhi da quello sguardo magnetico. Il piccolo uomo si avvicinò minaccioso, osservandola scocciato e le braccia incrociate.

Guardò dietro di lei, lungo il corridoio, per poi riportare la sua attenzione sulla piccola figura della ragazza che giaceva ancora a terra «Cosa stavi guardando?» sputò.

«Ecco io...» Kagome si voltò, dubbiosa se dire al suo capo che un tipo non stava smettendo di fissarla, ma... dov’era finito? Rimase a guardare scioccata il fondo del corridoio dove, fino ad un attimo prima, si trovava la figura del ragazzo.

Il signor Hayashi scosse il capo, sconsolato «Torna a lavoro e non appena hai finito recati al reparto 9, sono finiti i detersivi!» e senza aggiungere altro si allontanò, calpestando fortemente i piedi sul pavimento, sotto lo sguardo spaventato di una povera vecchietta.

Kagome, che era rimasta ancora a guardare lo stesso punto sospirò, portandosi una mano sulla fronte. Accidenti, ma cosa era successo, chi era quel tipo?.. Che si fosse immaginata tutto? Stava iniziando seriamente a preoccuparsi!

Dopo una decina di minuti buoni Kagome finì finalmente di pulire il pavimento bianco, recandosi successivamente al reparto 6, dedicato ai prodotti della casa. A metà si trovava un piccolo scaleo e una scatola, piena di detersivi. Lo scaffale era completamente vuoto; le toccava riempirlo tutto, che seccatura..

Con estrema fatica cominciò il lavoro, riempiendo il più possibile i primi scaffali in cui arrivava senza problemi, ma sfortunatamente per gli ultimi due le serviva l‘aiuto dello scaleo. Prese tra le mani due detersivi, che, pesavano quasi più di lei, iniziando a salire lentamente sugli scalini, per poi poggiarli in alto. Seguì lo stesso procedimento una decina di volte, fino a quando, per sua fortuna, non ne rimase uno.

Col braccio indolenzito, iniziò a salire, incastrando tra gli altri il contenuto di plastica, peccato che questo scivolò, rischiando di cadere. Kagome, per evitare di fare un gran pasticcio, lo afferrò al volo, ma il movimento brusco la fece sbilanciare, facendola cadere all’indietro, mentre la sua mano mollava la presa di quel pesante oggetto.

Istintivamente strinse gli occhi, pronta a colpire testa, schiena e sedere sul freddo pavimento, ma questo, non accadde. Si sentì prendere da una presa forte, decisa e... protettiva. Un calore mai provato prima circondò la sua vita e quando aprì gli occhi per poco non morì.

«Fai più attenzione ragazzina» una voce roca, vigorosa, sensuale colpì le sue orecchie, incantandola, come i suoi occhi, che la scrutavano magnetici. Kagome vide se stessa riflessa in quello sguardo scuro...

“Aspetta, scuro?” pensò. 

Solo in quel momento Kagome si accorse di essere letteralmente tra le braccia di uno sconosciuto che stringeva possessivamente e senza alcuna fatica la sua vita, mentre l’altra mano teneva il detersivo. Imbarazzata arrossì, mentre il ragazzo allentò la presa e le fece toccare nuovamente terra, per poi porgerle gentilmente quel dannato aggeggio.

«Grazie» balbettò Kagome, prendendolo tra le mani. Solo in quel momento realizzò di avere davanti a sé lo stesso ragazzo di prima. Che strano... eppure aveva giurato di aver visto il colore dei suoi occhi differente...

Kagome cominciò a scrutarlo timida e in difficoltà, senza sapere cosa dire. Lo sconosciuto invece pareva tranquillo. I lunghi capelli neri come la notte ricadevano dietro la schiena mentre qualche ciuffo ribelle solleticava le sue guance lisce e rosee. Le labbra, invitanti e carnose, si socchiusero appena, mostrando una dentatura perfetta.

Tutto di lui sembrava perfetto eppure, dentro lei, qualcosa le diceva che quel tipo, oltre a quel giorno, l’aveva già visto, ma dove?

«Higurashi!» per poco il detersivo non le cadde tra le mani. Si voltò alla sua destra, trovando il suo adorato capo osservarla in cagnesco, mentre lei le mostrò, agitandolo appena, il prodotto per la lavatrice.

«Questo è l’ultimo signore» sorrise appena, mentre lui, dopo aver assottigliato gli occhi poco convinto, si allontanò. Kagome tirò un sospiro di sollievo, pronta a riaffrontare quell’imbarazzante silenzio con lo sconosciuto, ma, per la seconda volta, si trovò nuovamente sola.

Si guardò attorno scioccata, cercando di capire dove fosse andato. Impossibile, non poteva essere sparito nel nulla in quel modo, eppure, quella era la seconda volta che accadeva... ma ne era certa: non si era immaginata tutto!

«Kagome tutto bene?» la voce preoccupata di Eri la risvegliò, e senza guardarla, annuì lentamente.

«Si... tutto bene»
 



***
 



Kagome colpì stancamente col piede un piccolo sassolino che affondò all’interno di una profonda pozzanghera. Fortunatamente la pioggia aveva cessato di cadere pochi minuti prima che uscisse da lavoro, peccato che adesso l’aria era molto più fresca del giorno precedente.

Si strinse appena il cappotto leggero lungo fino alle ginocchia, nascondendo bocca e naso dietro la sciarpa sottile. Meno male che quella doveva essere una magnifica giornata!

Tirò un sospiro, quando i suoi occhi intravidero da lontano la biblioteca. Affrettò il passo; non vedeva l’ora di scaldarsi. Le porte, una volta avvicinata, si aprirono, mentre un piacevole calduccio colpì il suo volto freddo.

Si pulì i piedi sul tappetino per poi raggiungere uno degli sportelli dove si trovava una signora sulla mezza età, con i capelli corti biondi e gli occhiali da vista.

«Buonasera» la salutò educatamente la ragazza, attirando l’attenzione della donna, che alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo «Sono qui per riconsegnare un libro in prestito» spiegò, tirando fuori dalla borsa l’oggetto interessato.

La bibliotecaria poggiò il libro aperto sulla scrivania e abbassò leggermente gli occhiali sul naso, prendendo il volume tra le mani. Digitò qualcosa sul computer poi, posò nuovamente gli occhi sulla ragazza «Doveva essere consegnato ieri» tuonò a bassa voce.

Kagome arrossì appena, stringendosi nelle spalle «Mi spiace, sono stata poco bene» spiegò.

La donna alzò un sopracciglio, dubbiosa «Come no...» commentò, sotto lo sguardo stupito di Kagome. Sicuramente non le credeva... «Chiuderò un occhio, dato che si tratta solo di un giorno» ammise annoiata, per poi riprendere a leggere il proprio libro.

Kagome sorrise riconoscente «Grazie mille» e senza aggiungere altro si allontanò, peccato che, attraverso l’entrata fatta interamente di vetro, scoprì che aveva ricominciato a piovere, e anche forte.

Sbuffò, dato che non aveva neanche l’ombrello e a piedi le ci volevano almeno quindici minuti per tornare a casa. Il giorno precedente era stata poco bene quindi era meglio aspettare che finisse di piovere.

Iniziò a gironzolare per i lunghi corridoi, ognuno dedicato ad un genere differente, trovando altre persone immerse nella propria lettura. Senza volerlo, Kagome si ritrovò nel reparto dedicato alla Mitologia. La maggior parte dei libri trattavano molto quella greca e latina, che aveva studiato alle superiori. Era molto diversa dalla loro.

In realtà non le erano mai interessati questi argomenti, forse perché suo nonno, fin da piccola, l’aveva sempre tartassata di leggende e storie assolutamente irreali. Ad un certo punto il suo sguardo cadde su un libro per terra che prontamente raccolse, osservando la sua copertina. Raffigurava una donna giapponese con indosso un kimono rosa, che osservava con amore degli uomini che giacevano ai suoi piedi. Dietro di lei, spuntavano quelli che sembravano i raggi del sole. Il libro si intitolava “Amaterasu”.

Amaterasu... dov’è che l’aveva già sentito? Forse era il nome di quella donna. Incuriosita cominciò a sfogliarlo, constatando che era un libro molto vecchio, infatti, le pagine erano leggermente strappate e ingiallite. 

«Amaterasu, letteralmente "grande Dea che splende nei cieli", è la dea del Sole, divinità da cui discendono tutte le cose. È considerata la mitica antenata diretta della famiglia imperiale giapponese..» iniziò a leggere a bassa voce.

Ad un certo punto alzò lo sguardo e per poco il cuore non scoppiò fuori dal suo petto. Lo stesso ragazzo... era lì, e la guardava, proprio come quel pomeriggio, quando stava pulendo il pavimento. Dato lo spavento il libro le era accidentalmente caduto tra le mani così decise di raccattarlo velocemente, ma una volta fatto, lui era nuovamente sparito nel nulla.

Spaventata, Kagome mise il libro al suo posto e, a passo svelto, uscì dalla biblioteca, fregandosene della pioggia. Iniziò a correre, coprendosi la testa con la borsa, mentre preoccupata si guardava attorno. Che la stesse seguendo?

“Oh Kami, e se fosse uno stalker?” pensò nel panico.

Fortunatamente raggiunse in tempo record la lunga scalinata che portava alla sua casa, iniziando a salire e stando ben attenta a non scivolare.
«Sono a casa» sbuffò stanca, poggiando la testa completamente bagnata sulla porta. 

«Bentornata sorellona! La mamma è a cena fuori» spiegò Sota, riportando subito la propria attenzione sul videogioco. Kagome si avvicinò a lui, piegando il capo di lato.
«E il nonno?» domandò, mentre lui, concentrato e con la lingua di fuori, rispose, senza staccare gli occhi dal piccolo schermo.

«Sta dormendo in camera»

Kagome alzò un sopracciglio, per poi tirare un sospiro «Prima o poi ti sciuperai gli occhi con quei cosi!» lo riproverò, iniziando a salire le scale, ma Sota non rispose, anzi, forse non l’aveva neppure sentita. I bambini e le loro fissazioni....

Raggiunse la porta del bagno e, senza neanche chiuderla, accese la luce, aprendo il rubinetto dell’acqua per sciacquarsi il volto con l’acqua tiepida. Alzò nuovamente il viso, guardandosi nel piccolo specchio e, attraverso questo, le sembrò ancora di vedere quel ragazzo, tanto da costringerla a voltarsi, però, come sospettava, non c’era nessuno.

Velocemente entrò in camera sua, sedendosi sul letto e afferrando la testa tra le mani «Che mi sta succedendo?» si domandò con tono spaventato.

Quegli occhi... la stavano torturando; perché all’inizio li aveva visti color ambra?.. e perché le sembravano così familiari? La sua testa stava per scoppiare. Doveva darsi una calmata. Sicuramente era un ragazzo che aveva incontrato quando andava ancora a scuola e, dato che aveva qualcosa di affascinante e magnetico, la sua mente si divertiva a farlo apparire in qualsiasi parte dove lei si trovasse. Si, non c’era altra spiegazione!

Cercando di auto convincersi si rimise in piedi, iniziando a spogliarsi e afferrando il pigiama. Visto che sua mamma era fuori toccava a lei cucinare per la famiglia, che seccatura... non vedeva l’ora di farsi una bella dormita. Si avvicinò alla lampada, che poco prima aveva accesso, ma qualcosa attirò la sua attenzione.

Fuori dalla finestra, esattamente dove si trovava il giardino col maestoso albero, le parve di vedere una grande ombra muoversi... che strano, forse si era sbagliata, anche perché fuori era buio e non era in grado di vedere bene. Scrollò le spalle, cercando di non pensarci e, dopo aver spento la luce, uscì dalla camera.
 



***
 



Non smetteva di piangere. Le alte chiome degli alberi l’avevano interamente circondata, così come l’oscurità; era in trappola.

Una dolorosa fitta colpì il suo fianco sinistro e solo in quel momento si rese conto che sanguinava. L’odore metallico del sangue era talmente forte da provocarle un conato di vomito. Ad un certo punto la terra tremò e il suo pianto divenne più forte.

Strinse con le braccia le gambe al petto e vi nascose il viso sporco di terra. Dov’era la sua mamma? 

«Mamma!... Mamma!» gridò, tra le lacrime, ma nessuno rispose. Ad un certo punto un albero venne abbattuto e un’ombra si fece avanti. La bambina non vide nulla, solo il luccichio di quelle che sembravano zanne e occhi rossi color sangue, che la guardavano minacciosi e divertiti.

Chiuse gli occhi. No, non voleva guardare, aveva troppo paura.

«Non l’avrai mai!» il grido di una donna la risvegliò e la bambina si voltò, trovando una giovane ragazza ferita puntare una freccia col proprio arco verso il bosco dove si trovava l’imponente ombra. Il braccio della nuova arrivata era gravemente lacerato, da cui fuoriusciva quello che sembrava un lago di sangue, macchiando con innocenti goccioline l’erba di un rosso scarlatto.

La bambina, sollevata, si alzò per raggiungerla, ma una volta fatto, si rese conto che non era in grado di toccarla, come se fosse un fantasma.

«Dove la nascondi?» la voce minacciosa e allo stesso tempo mostruosa dell’ombra la fece tremare, mentre la ragazza dai lunghi capelli non mostrò il minimo timore.

«Dovrai uccidermi» gridò questa, puntando ancora di più decisa l’arma che teneva tra le mani. La bambina si portò disperata le mani sulle orecchie nel momento in cui l’ombra prese le sembianze di un mostro. Questo alzò la zampa e, poco prima che la bambina capì cosa fosse successo, uno schizzo di sangue sporcò il suo volto, mentre un tenue bagliore rosa chiaro raggiunse il suo petto, scaldandola lentamente.

Stanca, si accasciò al suolo, trovando vicino al suo viso la mano pallida della ragazza che teneva l’arco, poi improvvisamente, vide una nuova figura arrivare. L’immagine era sfocata... era un ragazzo, dai lunghi capelli d’argento e gli occhi color... oro.

La bambina, stanca, chiuse gli occhi, non prima di aver udito il grido disperato del ragazzo: «Kikyo, no!»
 
Kagome si svegliò di soprassalto, gridando e mettendosi a sedere. Stava respirando affannosamente, mentre il suo cuore minacciava di uscirle fuori dal petto. Si guardò attorno con le lacrime agli occhi, costatando che si trovava in camera sua.

«Kagome che succede?» la voce preoccupata di sua madre le arrivò dritta nelle orecchie. Subito dopo, la porta fu spalancata dove la signora Higurashi e suo nonno entrarono preoccupati.

Kagome tremò, nonostante il suo corpo fosse coperto interamente di sudore. Alzò lo sguardo verso la donna, che si era avvicinata a lei e sedendosi sul suo letto «Mamma...» tremò, cercando di capire se quello che aveva davanti fosse reale o meno «L’ho sognato, ho sognato tutto di nuovo!» gridò terrorizzata, scoppiando in un pianto disperato, mentre la signora Higurashi la strinse tra le braccia, accarezzandole i suoi lunghi e setosi capelli scuri.

Proprio come quando era piccola, aveva rifatto lo stesso incubo. Lei, ferita, si trovava in mezzo ad un bosco dove un mostro attaccava una donna quasi morente e, poco prima di svenire arrivava un ragazzo che uccideva con le proprie mani il mostro, per poi osservarla intensamente.

«Che mi sta succedendo mamma?» sussurrò, con ancora il volto nascosto. Il nonno, sentendosi invadente, decise di uscire dalla camera, lasciandole sole.

«Tranquilla, è tutto a posto. Sei al sicuro adesso» tentò di aiutarla, posandole un delicato bacio sul capo.

Kagome, con ancora il fiatone inspirò, tentando di calmarsi. Alzò lo sguardo, osservando la sua camera da letto semibuia, immaginandosi il bosco, l’ombra e quegli occhi... color oro, ambra. Ecco dove li aveva già visti! Perché? Perché quel ragazzo aveva lo stesso sguardo di colui che aveva infestato i suoi incubi quando era bambina?

Cominciò nuovamente a piangere, questa volta silenziosamente, mentre la signora Higurashi asciugò con i pollici quelle gocce salate «Stanotte dormirò qui con te, non ti lascio sola» mormorò, accennando un sorriso, per poi infilarsi sotto le coperte e stringendo possessivamente sua figlia al petto.

«Non ti lascerò mai sola Kagome, ricordatelo» a quelle dolci parole, Kagome si calmò del tutto, e senza che se ne rendesse conto, si addormentò e questa volta in un sonno senza incubi.






Angolo Autrice: 


Cof, cof..
Salve a tutti gente! Eh si, per vostra sfortuna sono tornata. Sarò sincera: il capitolo e tanti altri sono pronti da una vita, ma sfortunatamente, compresi anche gli innumerevoli impegni, la mia stramaledettissima insicurezza è tornata a galla, bloccandomi completamente.
Fortunatamente è arrivata in mio soccorso la mia carissima beta e amica Miyu87, ormai è diventata la mia eroina♥
Spero che in futuro non ritardi così ridicolosamente, ma soprattutto che il capitolo non vi abbia deluso. Francamente la parte di Inuyasha versione tenebroso che scompare e riappare mi fa impazzire eheh.
*me pazza, lo so*.
Bene carissimi, spero di ritornare presto e statemi bene, un bacione :*
Marty♥


 
  
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