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Autore: Shine     12/06/2009    3 recensioni
Spesso si ha la convinzione che il destino non esiste, perchè la vita è quasi sempre condizionata dalle nostre scelte. Tuttavia, esistono delle forze sovrannaturali che sono in grado di controllare determinate situazioni. Per esempio, in un'estate che si prospetta calda e afosa come sempre, può succedere qualcosa che modifichi l'esistenza di una diciottenne come tante. Può presentarsi un'occasione così improvvisa e di tale portata da sconvolgere le basi delle più profonde convinzioni umane. Perchè è solo il destino che ci fa sapere che esiste qualcos'altro, al di là del cielo...
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beyond the sky

7

Beyond the sky

Immaginavo mani perfette, lunghe e morbide, che si muovessero rapide e sinuose sui tasti di un enorme e bellissimo pianoforte. Ascoltavo, come se realmente qualcuno la suonasse, una melodia dolce e leggera, coinvolgente e rilassante allo stesso tempo, familiare e distante. Era splendida. Meravigliosa come la voce che intonava parole angeliche, cantava seguendo le note della canzone, con uno sguardo d’amore infinito, di dolcezza ineguagliabile. Era  strano come quella scena, di eterna serenità, mi balenasse più volte nella mente, come se chissà quale recondita parte della mia memoria l’avesse richiamata. Come se davvero l’avessi vista e ora mi stessi abbandonando ai piaceri del ricordo. Il fatto che, razionalizzando, era chiaro che non avessi mai potuto ammirare tale impareggiabile leggiadria, non scalfiva in alcun modo l’incanto in cui ero piacevolmente immersa. Mi sentivo lontana dal mio corpo, abbandonato sulla consueta panchina, in una realtà strana e serena.

Sospirai.

Da quando Matt era entrato nella mia vita, avevo iniziato a desiderare di più. Molto più di quanto fosse lecito, molto più di quanto non dovessi. Mi ero concessa di spingermi oltre limiti, faticosamente costruiti, che non riuscivo più a ricomporre. Ed ora avevo la certezza che non avrei mai più raggiunto una felicità completa, in quella realtà. O almeno, non senza i suoi occhi, che mi proiettavano in una dimensione parallela.

Sebbene non fossi affatto giunta ad una conclusione su alcune cose che lo riguardavano, sebbene non sapessi dove avessi potuto già vedere degli occhi così belli, così profondi, un viso così perfetto, così dolce e deciso, un corpo così statuario, senz’ombra d’una imprecisione, ero, però, arrivata a decifrare le emozioni che più risaltavano nei suoi occhi. E, seppur avessi scorto un accenno, con radici non poco profonde, di dolore, c’era una fortissima volontà a non lasciarsi andare all’angoscia, una determinazione ad amare di nuovo. Non potevo allontanare completamente da me la speranza, sebbene cercassi di farla desistere. Sapevo che questa volta l’illusione sarebbe stata troppo dura da sopportare. Non ero affatto sicura che il peso del dolore non mi avrebbe fatta crollare. Provavo qualcosa di nuovo, di diverso, di meraviglioso e terribile assieme. La speranza e la paura combattevano ora in me un’aspra battaglia, di cui più d’ogni cosa temevo il verdetto.

Cercai disperatamente di non pensarci e mi concentrai sulla linea d’orizzonte, sul profilo delle colline in lontananza, dei rami, ricoperti di foglie, che mi pareva di scorgere, ma più d’ogni altra cosa, studiai i raggi del sole, che serpeggiavano fra i tronchi e i cespugli, fra le distesa d’erba verde ed i campi biondi di grano, nel terriccio e sull’asfalto, creando mille, splendidi effetti. La varietà del panorama mi distrasse un po’, mentre, ispirando profondamente, cercavo di non associare ogni sfumatura al colore dei suoi occhi.

Ma, poco dopo, sospirai, sconfitta. Tutto mi ricordava lui, ogni cosa mi riportava in mente la sua immagine. Ed il mio unico desiderio era di rivederlo, di contemplare la sua figura, di seguire con gli occhi il suo profilo, di perdermi nel suo mare di sensazioni e di crogiolami, duro ammetterlo, nelle mie speranze.

Strano come, a volte, veniamo presi in parola.

Non ho mai creduto nel destino, in realtà. Mi è sempre piaciuto pensare che la vita si costruisse in base alle nostre scelte. Ma, come molte volte ci viene dimostrato, esiste qualche forza, una certa, strana forza soprannaturale che in qualche modo interviene per unire e disgiungere. O forse è solo il caso, una coincidenza. Ma non è importante. Ciò che in realtà fu di rilievo, è il fatto che, proprio quando ero immersa nel disperato anelito di rivederlo,  lui spuntò fra gli alberi, in un fruscio che quasi non udii e si avvicinò a me, sereno.

Allora capii che non mi sbagliavo. Quando lo rividi, per la prima volta dopo essermi resa conto di desiderare qualcos’altro da lui, compresi che ne ero davvero innamorata. Ma non fu né la strana capovolta che fece il mio stomaco, né l’eccitazione che immediatamente sentii dentro di me, a farmelo capire. Fu il totale appagamento che provai, fu una felicità che mi avvolse e che avrei trovato, allora come per sempre, solo in lui.

“Ciao.”, salutò calmo, anche se sembrava lievemente imbarazzato.

Ero preparata ad avere un’espressione contrariata, fissarlo severa e chiedergli perentoriamente spiegazioni. Fui solo in grado di fissarlo, sbalordita da quanto fosse molto più bello ora, che lo guardavo diversamente, che non c’era l’ostacolo Robert ad impedire il mio indugiare nella contemplazione della sua perfezione.

“Ciao.”, ricambiai, riuscendo a stento a parlare.

Lui mi fissò, tranquillo.

“Sei arrabbiata con me?”, domandò, studiandomi.

Aveva una voce fantastica, ogni sua parola sembrava seguire una sinfonia dolce e travolgente.

Lo osservai negli occhi e risposi, ignorando le mille emozioni che si affollavano in me: “No. Dovrei esserlo, ma … non lo sono.”

L’avevo colto di sorpresa. Lo squadrai attentamente, in attesa che riprendesse.

Sorrise.

“Credo che sia giusto che io mi scusi lo stesso. È stato molto maleducato sparire a quel modo.”, esordì, sincero.

Distolsi lo sguardo dal suo, cercando di riprendere i contatti con la realtà e soddisfare la mia curiosità, che seppur adesso non si faceva sentire, mi avrebbe tormentata poi.

“Perché?”, chiesi semplicemente, cercando di controllare il mio respiro.

Inesplicabilmente, lui sorrise, divertito.

“Credevo te lo avesse già spiegato Charlie.”

Io sollevai le sopracciglia, scrutandolo con un’espressione di severo scetticismo.

Lui non perse il suo sorriso, ma si fece più serio.

“Preferirei … scusa, ma preferirei non dirtelo. So che non è giusto, che mi sono comportato malissimo, ma, per favore, non mi chiedere altro.”, mi pregò, attento all’effetto delle sue parole su di me.

Non feci una piega. La mia volontà di sapere ogni cosa era crollata. Potevo mai farmi ulteriori domande, se il mio cuore mi spingeva a catturare, sfruttando ogni possibile occasione, la bellezza dei suoi lineamenti? Sapevo che dopo, lontano da lui, mi sarei tormentata, ma mi sembrava poco importante, ora.

“Capisco.”, dissi solo.

Lui sorrise, felice che avessi compreso. Non se lo aspettava, era evidente.

“In programma qualche altra misteriosa fuga, o hai voglia di passeggiare con me?”, domandai, chiedendomi da dove venisse fuori tutto quel coraggio.

Il suo volto si dipinse d’un’espressione di scusa, ma s’illuminò e replicò: “La seconda opzione è decisamente quella che preferisco.”

Io ricambiai e mi alzai dalla panchina.

Inaspettatamente, facendo balzare il mio cuore ad una velocità sovrannaturale, mi sfiorò la mano e la prese, stringendola nella sua.

Arrossii all’istante, la speranza che iniziava a germogliare, incontrollata. Sorrisi, sopprimendola dentro di me, con forza.

Ci avviammo insieme, accompagnati da uno scenario bellissimo. Camminavamo lenti sul lungomare, mentre le onde si abbattevano sulla spiaggia, con un moto continuo e rilassante, e la spiaggia luccicava sotto il sole pomeridiano. Ma sapevo era lui a rendere ogni cosa perfetta. Provai l’incontrollato desiderio di farmi stringere tra le sue braccia, di poter incontrare le sue labbra.

Immediatamente mi rimproverai. Stavo andando troppo oltre. Troppo.

“Ti va di raccontarmi qualcosa di te?”, mi chiese, curioso. “Vorrei conoscerti meglio.”

Presa alla sprovvista, arrossii, ma cercai di riprendermi subito.

“Ok.”, assentii, poi soggiunsi: “Però, poi … lo farai anche tu!”

Accettò la mia condizione, con un sorriso.

“Allora … che dire …”, iniziai, cercando di non pensare a quanto fossi banalmente normale. “Sono una quasi diciottenne con la testa fra le nuvole, caotica, amante della vita, della natura e dei libri. Mi piace correre a perdifiato, fino ad avere la sensazione di volare e il mio più grande desiderio, ma non ridere, per favore, è fare un giro in cielo su una nuvola.”

Matt, che era stato tutto il tempo concentrato ad ascoltarmi, s’illuminò con un grandissimo sorriso. “Ti credevo una ragazza con i piedi per terra.”, commentò, divertito.

Io risi.

“Invece, a quanto pare …”

Lui s’illuminò ancor di più. M’immersi di nuovo nei suoi occhi, sommersa dalla sua espressione felice.

“Be’, tocca a te.”, ordinai, guardandolo.

Lui mi fissò. “Non sono interessante come te.”, dichiarò.

Io alzai gli occhi al cielo. Un ragazzo come lui, meno interessante di me? Si, certo, in un altro mondo.

Parve capire ciò che pensavo dalla mia espressione d’incredulità, e sorrise.

“D’accordo, d’accordo. Però ti avevo avvertita.”, affermò, poi si fece un po’ più serio. “Sono un quasi ventunenne, a cui piace cogliere gli aspetti più strani ed innocenti della vita. Detesto valutare gli oggetti solo per come sono, insomma … non sopporto la razionalità.”

Fece una pausa, mi sorrise e poi riprese: “Adoro la musica e la poesia, mi piace associare ad ogni cosa una melodia. Il mio sogno più grande è...”

Si fermò, gli occhi pieni di tristezza.

Attesi che parlasse, la curiosità e il timore alle stelle. Il silenzio si protrasse per un po’, ma non lo interruppi.

“Il mio sogno più grande,”, spiegò, fissando il vuoto dinanzi a sé, il viso animato dal dolore, “è quello di rivedere la persona più bella che io abbia mai conosciuto.”

Io sorrisi, cercando di placare la mille sensazioni che mi si agitavano dentro. Sapevo, ovviamente, a chi si riferiva. E c’era una cosa che avevo bisogno di chiedergli. Qualcosa che avrebbe dato il via libera o, al contrario, avrebbe frenato le mie speranze.

Inspirai.

“Matt …”, iniziai.

Lui mi fissò,riscuotendosi e recuperando quell’espressione che gli avevo visto sul viso i primi giorni della nostra conoscenza. Una maschera indecifrabile, perfetta.

“Sei ancora innamorato di Anne?”, chiesi, trattenendo il respiro.

 

 

“La distanza fra di noi mi toglie il respiro. Ma solo io sento la mancanza dell’aria. Tu sei la mia aria, ma io non sono la tua. Sono un ornamento senza importanza, un gingillo di cui puoi fare a meno. Ma, nonostante tutto, sei sempre tu la fonte delle mie idee, dei miei sentimenti. Le mie emozioni ti appartengono, sebbene tu non desideri averle. Con la tua indifferenza, di cui però non posso accusarti, mi hai conquistato. Sono intrappolata in te e nei ricordi di una speranza mai terminata, nel desiderio non ancora spento, troppo morboso per cessare di tormentarmi, troppo vero, troppo illusorio. Sei la mia attesa senza fine, sei un ricordo che non riesco ad accantonare. Sei ignaro di quanta sofferenza provochi, non conosci il turbamento che ogni tuo sorriso, sguardo o parola arrecano al mio cuore. Non conosci me. Sei distante, troppo. Sei la persona che amo, ma da cui non sono amata”

Respirai. Rilessi attentamente ciò che avevo scritto. Non potevo credere di essere arrivata a quel punto. Non riuscivo a capacitarmi di provare qualcosa del genere. Ora capivo. Capivo ogni cosa. Ero stata cieca, sciocca, infantile. Avevo osato definire amore ciò che provavo per Robert. Ma adesso, quell’emozione che rivoltava il mio cuore come un uragano, la mia anima come una tempesta, con le onde che s’infrangevano violente dentro di me, colpendomi, facendomi vacillare, cupe, aggressiva, ma meravigliose, spettacolari, mi apriva finalmente gli occhi. No, non bastavano cinque lettere a definirla. Amore? Era solo una parola. Un insulso lemma del dizionario italiano, che riportava una definizione a dir poco inconcepibile. Chiamarla amore era riduttivo. Ma non riuscivo ad esprimermi. Sapevo solo che adesso non mi interessava più nulla. Né Robert, né la mia famiglia, i miei amici. Nulla. Solo lui.

Il fatto che ora fossi consapevole di ciò che insorgeva in me era sollevante, sebbene non mi confortasse. Gli attimi in cui non respiravo, in cui girovagavo per la casa senza una meta, con una strana sensazione ad attanagliarmi lo stomaco avevano dunque una spiegazione.

Sospirai.

Per calmarmi avevo scritto ciò che mi sembrava di provare. Ma non ero stata io a prendere la penna in mano e a tracciare quei segni, indelebili sul mio quaderno e nel mio cuore. Era stata una forza, di cui non conoscevo l’entità, di cui non sapevo accertare la provenienza. La mia mano si era mossa, ma non ero io a controllarla.

Adesso ero tornata a respirare e la sensazione di nausea si andava affievolendo. Ma al suo posto, insidioso, c’era il dolore. L’angoscia per essermi resa conto che ogni mio attimo di vita dipendeva da lui, la tristezza nel vederlo nella mia mente, il suo volto, il suo sguardo, il suo sorriso e la cupa certezza che lui non ricambiava. Aveva già donato la sua anima. Non mi aspettavo nulla da lui, ma la prospettiva di speranze su speranze, che non riuscivo a cancellare completamente e che sarebbero state certamente deluse, mi faceva sprofondare nello sconforto più totale.

Sentii gocce fredde cadermi sulle mani e mi toccai le guance. Credevo di aver sofferto per Robert? No, non era nulla a confronto.

Matt.

Matt era l’unico in grado di colmare il mio vuoto, completamente, meravigliosamente. Era tutto.

Ripresi la penna.

Le lacrime mi scorrevano copiose sulle guance, i miei occhi verdi vagavano attorno, tutto era sfocato.

La posai sul foglio che avevo davanti a me.

 

Scivoli di me …

come pioggia.

Sento i capelli bagnati,

il corpo invaso d’acqua fredda,

i vestiti fradici …

Vorrei avere un ombrello,

per proteggermi da te.

 

Il dolore che m’infliggeva l’idea che lui non mi avrebbe mai, mai, amato era indescrivibile. Il mio stato era di prostrazione totale. Il germe della speranza che era spuntato veniva soffocato con forza dalla mia ragione, e la realtà opprimeva ogni spiraglio d’immaginazione, ogni confuso fotogramma della mia fantasia.

Mi sentivo in trappola, il cuore riarso d’angoscia, le pareti che mi si stringevano attorno.

Di nuovo presi la penna. Non riuscivo a capire cosa mi succedesse, ma avevo il bisogno disperato di svelare le mie emozioni, anche se solo ad un foglio, umido delle mie lacrime, macchiato d’inchiostro.

La mano mi tremava, mentre premevo con forza sulla pagina e tracciavo quei segni che avrebbero formato le parole.

 

Dimenticai il respiro,

brame d’oscurità,

attorno,

m’avvolgevano.

E caddi.

L’anima mia,

e le emozioni,

tra di esse m’ero persa.

 

Ma cosa stavo facendo? Cosa volevano dire quei versi che avevo scritto? Mi ero data alla poesia? Che cosa avrebbero risolto?

Nulla.

Non ero lucida.

Mi distesi per terra, tutto mi roteava attorno.

Sentii il freddo del pavimento. Rabbrividii.

Per la prima volta comprendevo il significato della parola amore.

Per la prima volta ero convinta di aver trovato l’unica persona che potesse farmi amare davvero.

Per la prima volta sperimentavo cosa si prova ad avere nel cuore un sentimento simile, sapendo che non verrà mai condiviso.

Io amavo lui.

Era banale, era semplice, era terribile. Lui non amava me.

 

 

Sorrisi, sperando di sembrare convincente.

“Che piacere vederti, Sophie.”

Lei mi studiò attentamente e capì.

“Che cosa è successo?”, mi domandò, senza nascondere la sua preoccupazione.

Sospirai e mi sedetti sul letto.

“Nulla d’importante, te lo assicuro.”, risposi, sforzandomi di far sembrare sincera la mia affermazione.

Lei non mi diede ascolto. “Hai pianto?”, domandò, studiando i miei occhi.

Annuii.

“Preferirei che parlassimo d’altro.”, annunciai, pacata, ricacciando la disperazione dentro di me.

Moriva di curiosità, era evidente, ma non mi fece altre domande.

“Mi spiace di essere venuta a trovarti in un momento così poco opportuno.”, si scusò, scuotendo la testa e facendo volteggiare elegantemente i suoi capelli scuri.

“Non ti scusare, Sophie.”, ribattei decisa. “Ho bisogno di distrarmi, quindi sei assolutamente gradita.”

Lei sorrise. Era bella quanto il fratello, aveva lo stesso colore dei suoi occhi, ma assomigliava più a sua madre. I lineamenti del suo volto era impeccabili, i suoi capelli scendevano lisci sulle spalle, perfetti anch’essi.

“Ero venuta per invitarti alla mia festa di compleanno, tra due settimane. Lo so, è un po’ in anticipo, ma vorrei assicurarmi che tu non abbia altri impegni.”, dichiarò allegra, con gli occhi che dardeggiavano d’eccitazione.

“Che bello!”, esclamai, mentendo magistralmente. Sperai che non se accorgesse.

Rivedere Matt non mi avrebbe fatto bene, ma, pensai, in ogni caso ci saremmo incontrati comunque.

“Lo so.”, rispose Sophie. “Non vedo l’ora che arrivi quel giorno. Ti rendi conto? 16 anni!”

Io risi. “Lo so. Per me invece incombe la vecchiaia.”

Lei mi lanciò un’occhiataccia, rimproverandomi.

“Ma se ne devi compiere solo 18! Ma tu guarda, già vecchia!”,  protestò, infervorandosi.

Scoppiamo entrambe in una risata fragorosa.

“Richie dice che ha una sorpresa per me …”, annunciò, evidentemente soddisfatta.

“Sarà sicuramente qualcosa di meraviglioso.”, profetizzai, fingendomi allegra.

La fugace immagine di Matt al posto di Richard, di una sorpresa dedicata solo a me, mi aveva trafitto ed il dolore era tornato insopportabile.

“Quel romanticone …”, sospirò Sophie, pensando al suo ragazzo con affetto.

Cercai di sorridere.

Non riuscivo a riprendermi, ma non volevo che s’accorgesse si nulla.

Lei alzo lo sguardo e parve sorpresa. Poi prese a guardarmi negli occhi, senza batter ciglio. Quando distolse lo sguardo, sembrò sconvolta.

Mi chiesi che cosa fosse successo. Era strano. Possibile che gli Elliot fossero tutti così indecifrabili?

“Tutto bene?”, domandai, stupita, respirando a fondo per calmarmi.

Lei guardava verso la finestra, senza vederla veramente.

Fuori la luce s’era affievolita e appena uno spiraglio di biondo chiarore trapelava dalle tende, che coprivano i vetri.

Rimasi a fissarla, in attesa.

“Sei innamorata di mio fratello?”, chiese in un sussurro, triste.

Io rimasi sconcertata, senza parole.

Com’era possibile che avesse capito tutto quanto? Solo guardandomi! Cercai di riprendermi, ma quando parlai la mia voce suonò rauca.

“Cosa te lo fa credere?”, domandai.

Lei si voltò nuovamente verso la finestra, preoccupata.

Ignorò la mia domanda, ma soggiunse: “Emily, lui …”, cercò di spiegare cauta, attenta a non ferire i miei sentimenti.

“Lo so.”, sospirai, rinunciando a fingere che non fosse vero.

La mia amica si voltò verso di me, sorpresa.

“Lui non mi ama.”, affermai, cercando di suonare calma, sebbene la ferita nel mio cuore mi gridasse di piangere, di urlare, di sfogare il mio dolore.

Sophie sospirò.

“Mi spiace.”, dichiarò,sincera.

“Non preoccuparti.”, la incitai, sorridendo. “Passerà.”

Un silenzio glaciale invase la stanza. Sapevo che avrebbe voluto consolarmi, ma non sarebbe bastato. Capivo perché non sapesse come comportarsi e mi rimproverai per averla messa in quella situazione. Volevo riattizzare la conversazione, ma non sapevo come fare. Cercai d’ignorare la sensazione di nausea che mi avvolgeva, sospirai e decisi d’infliggermi volontariamente dolore.

“Parlami di lui.”

Lei si voltò, mi fissò di nuovo, attentamente, come per capire quanto fosse intenso il mio desiderio.

“Matt è sempre stato un fratello meraviglioso, presente quando ho avuto bisogno di lui, affettuoso, sensibile. Mi assecondava sempre quando facevo pazzie adolescenziali, mi copriva con i miei, che però poi scoprivano sempre tutto, mi rendeva allegra con il suo modo di fare.”

Si fermò, riprese fiato e valutò il mio umore. Fui abbastanza convincente, così riprese a raccontare.

“Tu l’hai conosciuto come un ragazzo taciturno e introverso, ma lui non è mai stato così. Quando due anni fa Anne morì, cambiò completamente. Costruì un muro attorno a se stesso e si rinchiuse nel suo guscio. Non sorrideva più. Gli ci volle molto tempo per ritornare a farlo. Non è mai più stato lo stesso, ma si è sforzato di essere un bravo fratello. Ci è riuscito, naturalmente. Ma con gli altri non è così. Non si rapporta più a nessuno con facilità, teme di affezionarsi a qualcuno, di soffrire ancora. Il colpo è stato troppo duro per lui.”

Sophie sospirò, pensosa.

Ripensai al Matt dei primi tempi, quello silenzioso, freddo, giudicato da tutti altezzoso. Ricordai il ragazzo che poi si era rivelato, la sua passione per ogni cosa, la sua dolcezza, la sua comprensione.

“Si è sentito per moltissimo tempo in colpa.”, proseguì la mia amica ed io la guardai, attenta. Pendevo letteralmente dalle sue labbra. “Non credo che sia ancora riuscito a superarlo.”

Ciò che aveva detto parve rattristarla grandemente.

“Però da quando ti conosce è cambiato, almeno in parte. Sorride di più ed è più allegro.”, rifletté, sorridendo.

Sentii un tuffo al cuore, ma lo misi prepotentemente a tacere.

“Solo che …”, soggiunse la ragazza, di nuovo seria. “Non per essere cattiva, ma non credo sia una buona idea che tu t’illuda. Non so se lui prova quel tipo d’affetto per te.”

Io, inaspettatamente, sorrisi. “Lo so.”

“L’amava tanto?”, domandai, dopo un istante di riflessione, con l’evidente intento di farmi del male da sola.

Sophie mi guardò, alzando gli occhi al cielo.

“Sei masochista o cosa?”, domandò, esasperata.

Incurvai le labbra, cercando di apparire sufficientemente tranquilla.

“Dai, parla.”, la incitai.

Lei sospirò.

“Moltissimo.”, esclamò, mentre gli occhi le si colmavano di dolcezza. “Pensa che, per il giorno del suo compleanno, scrisse nel cielo una frase bellissima, che luccicò per tutta la notte. Era bellissima!”, ricordò, con una dolce nostalgia nello sguardo.

Io rimasi senza parole.

“Scrisse nel cielo?”, domandai, sicura di aver sentito male.

“Non so come abbia fatto.”, rispose, evasiva, guardando altrove.

Decisi di non indagare.

“Cosa scrisse?”, chiesi, curiosa.

“… Le stelle decisero un giorno di scrivere il nome della più bella ragazza nel cielo, affinché potesse essere ammirato da tutti. Scelsero il tuo … E sotto c’era scritto Anne.”, citò, sorridendo.

Io rimasi in silenzio.

Quella frase. Io avevo già sentito quella frase.  Quelle parole, così belle, così dolci. Com’era possibile?

“Tutto bene?”, mi domandò Sophie, preoccupata.

La guardai, riprendendomi e sorrisi.

“Si, tutto ok.”, replicai, pensosa.

Sì, l’avevo già sentita. Ma dove? Non riuscivo proprio a ricordarlo. E poi, come facevo a rammentare una frase, di cui non potevo essere a conoscenza?  E gli occhi di Matt …

Fu coma una fulmine improvviso. Un’illuminazione istantanea. Ma certo! Io sapevo esattamente dove li avevo già visti. Dove avevo sentito quella frase. Solo che non era possibile. Era contro ogni legge di natura.

 

 

Rovistavo nel baule in soffitta, alla sua disperata ricerca. Doveva esserci, per forza! Non m’interessava mettere in disordine, non m’importava della polvere che mi ricopriva i vestiti. Desideravo solo una conferma, che avrebbe fatto cedere le impalcature che tenevano in piedi le mie convinzioni di sempre.

Finalmente la trovai. Era un quaderno, impolverato, con una copertina bellissima, che ospitava un panorama fantastico, quasi sovrannaturale, abbandonato lì da chissà quando.

Era la storia che avevo creato due anni prima, che avevo scritto con passione, che avevo dimenticato.

Sfogliai le pagine velocemente, cercando di trovare quel passo preciso, mentre mi tormentavo incessantemente. Non era possibile, non poteva essere, mi ripetevo incessantemente. Individuatolo, mi fermai ed iniziai a leggere.

 

Le stelle decisero un giorno di scrivere il nome della più bella ragazza nel cielo, affinché potesse essere ammirato da tutti. Scelsero il tuo … ANNE …

Sorrise.

Era sicuro che lei avrebbe gradito la sorpresa. Fissava il cielo, contemplando il suo bel lavoro. Quanto l’amava. E quant’era fortunato ad essere amato da lei. Una ragazza così meritava questo ed altro. Si appoggiò alla corteccia dell’albero, stremato. La scritta luccicava nel cielo, brillava del suo amore, esprimeva il suo cuore. Rimase a lungo fermò, pensando a lei. La sua immagine si rifletteva nel lago. Il suo profilo tremulo, i suoi occhi scuri, i lineamenti perfetti, illuminati da un grande sorriso. Se la sua bellezza era sempre evidente, quella sera lo era ancor di più. Risplendeva d’amore, un amore indissolubile, d’una felicità aldilà di ogni sua aspettativa.”

 

Alzai gli occhi da quelle pagine. Avevo scritto quella storia due anni prima. Come potevo conoscere la sua vita? Narravo di un mondo lontano, come diceva il titolo stesso ‘Beyond the sky’, aldilà del cielo. Raccontavo di battaglie, di magia, d’amore, d’amicizie. Decretavo la vita e la morte dei miei personaggi. Com’era possibile? Lui proveniva da un altro mondo? Io avevo deciso il suo destino?

Ridicolo. Era solo una coincidenza. Come potevo pensare una cosa del genere?

Confusa ed agitata, con le lacrime che minacciavano di straripare sulle mia guance da un momento all’altro, cercai un’altra parte del mio libro. Tornai alle prima pagine, fermandomi sulla seconda.

Osservai per un istante la mia scrittura, stretta e sinuosa, poi lessi con avidità.

 

“Osservò la figura della persona amata, riflessa sul vetro della finestra. Era bellissima. I capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle, incorniciandole il viso angelico. Gli occhi, celesti, limpidi come l’acqua di fonte, erano allegri e sereni, affascinanti, come non sarebbero mai potuto essere gli altri. Il corpo, magro e perfetto, la pelle chiara, la dolcezza che emanava. Quanto l’amava. Era la sua Anne. La sua meravigliosa, stupenda, Anne.

Lei gli sorrise.

A sua volta studio il profilo di lui. Il viso calmo, ma gli occhi, color topazio, animati da una grande ammirazione, che sconfinava quasi in adorazione, per lei , la ragazza che amava. Come poteva meritare un ragazzo così? Leale, coraggioso, allegro e dolce? Non riusciva veramente a spiegarselo.”

 

Smisi di leggere. Le lacrime m’inondavano ormai il viso, senza ch’io potessi fermarle. Io conoscevo tutto di Matt. La sua storia d’amore, le sue amicizie, le sue imprese.  Ma era inconcepibile che fosse così. Inconcepibile.

 

 

Il cuore batteva forte ed io riuscivo a malapena a catturarne i singulti, tenendo la mano ferma sul petto. Non avevo mai provato una sensazione simile. Era qualcosa d’indescrivibilmente perfetto.

Seduta sulla sabbia morbida e fresca, che scorreva fra le mie dita inerti, osservavo l’enorme distesa blu, immensa, affascinante, senza poter esprimere in parole la mia ammirazione. Guardavo il cielo, con la sua luna, alta e candida, luminosa come non mai e le nuvole, sbuffi di vapore azzurro, nell’infinito blu, brillante, sereno, tranquillizzante.

Udivo il fruscio lento e continuo delle onde, il soffio del vento, che m’avvolgeva, con un suono sinuoso ed elegante, morbido e avvolgente. Ascoltavo il silenzio profondo, l’assenza di parole, l’assenza di risate, l’assenza di tristezza. Un profondo, ineguagliabile riposo d’ogni voce, piacevole, ininterrotto.

Respiravo l’aria salmastra, l’odore delicato e invadente del sale, della sabbia, il profumo degli alberi in lontananza. La scia d’intenso profumo di rose mi penetrava dolcemente nei polmoni, calda, dolce, meravigliosamente intensa e magica.

Sfioravo i granelli, lasciando che mi scivolassero sopra, che penetrassero del candido vestito che indossavo, quasi fosse polvere d’oro. Accarezzavo i petali del fiore che avevo accanto, il blu profondo della sua corona, i teneri rametti e le piccole spine, come se fossero un gran tesoro. Le mie mani affondavano nell’acqua, tiepida, lasciando che scorresse lungo le braccia, in minuscole goccioline serene.

Assaporavo il sapore dolce e allegro d’una mora, ne godevo il gusto morbido e delizioso, con un’attenzione mai provata.

I miei sensi erano completamente appagati, uniti in una strana e magnifica sintonia, nel blu della sera. Non serbavo più alcun ricordo di quello che era accaduto, ma la mia mente ed il mio cuore erano lontani dalla realtà che mi apparteneva. Per quei magici, perfetti, fantastici istanti, dimenticai tutto quello che mi aveva angosciato e mi abbandonai alla più completa felicità.

 Zalve a tutti i miei lettori!

Innanzitutto vorrei ringraziare ancora una volta tutti quelli che hanno deciso di leggere la mia storia e le mie due più assidue lettrici: Padme Undomiel e Mistery Anakin! Il vostro appoggio è veramente importante per me, quindi vi prego di continuare a darmelo con severe e critiche recensioni! XDXD 

Quest'ultimo cap. segna una svolta fondamentale per la storia, poichè finalmente si spiega la strana familiarità di Matt per Emily. Questa svolta rapppresenta uno dei punti cardine di tutto il racconto, quindi ci terrei molto a sentire i vostri pareri a riguardo.

Grazie in anticipo e alla prossima...

Shine

  
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