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Autore: Emmastory    20/06/2017    4 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo IV

Criminale del passato

Un altro giorno volava via libero come un uccello, e con il diario fra le mani leggevo. Frasi, pensieri e parole che avevo messo su carta nel tentativo di tenerne viva la memoria, a cui ora davo un nuovo sguardo colmo di gioia. Pagine su pagine di ricordi felici, di ciò che la nostra vita era stata fino a questo momento. Tutto, ogni cosa, dal principio fino ad oggi. Sentimenti, emozioni e avvenimenti distinti, tutti raccolti in quelle bianche e immacolate pagine saltuariamente macchiate di nero come le mie mani, testimonianza di dure e a volte tristi verità. Come sempre, il tempo scorre, e almeno oggi sono tranquilla. Mia sorella ha passato una notte a casa mia, e così anche i suoi tre angioletti. Lienard, Erin e Cecilia. Miei nipoti di rispettivamente cinque e quattro anni, che sono ora seduti sul tappeto del salotto a giocare innocentemente. La finestra è aperta, e con una gentile aria che entra lambendomi i polmoni e riuscendo in qualche modo a salvarmi dalla canicola di un’estate appena iniziata, guardo Alisia. Seduta a leggere, appare calma, ma conoscendola come il palmo delle mie stesse mani, so che non lo è. I bambini sono tutti qui, sta fingendo, e ora non posso parlarle. So bene che qualcosa di grosso l’affligge, ma i piccoli sentirebbero, e forse avrebbero anche paura, e ad essere sincera, in qualità di loro zia vorrei proteggere le loro orecchie e le loro giovani menti almeno per ora. Con un gesto della mano e uno sguardo, comunico mutamente, e capendo al volo, lei si alza. “Dove vai, mamma? Diamo fastidio?” Chiede Cecilia, più fragile e dolce della sorella, tenera ma coraggiosa. “No, tesoro mio, ho solo finito il mio libro.” Spiega mia sorella, comportandosi come sempre da brava madre. Rinfrancata da quelle parole, la piccola sorride, e sedendosi di nuovo sul tappeto, torna a giocare con la sorellina. A quella vista, sorrido anch’io, e appena un attimo dopo, Alisia ed io ci ritiriamo nella mia stanza. Una volta lì, lei si siede sul letto, e con la voce spezzata, inizia a singhiozzare. Nasconde a fatica le lacrime, ma io la conosco, e non riesco a restare impassibile. Cosa c’è?” non posso evitare di chiedere, con una vena di preoccupazione nella voce. “È successo giorni fa. Sulla via di ritorno a casa dal bosco, c’era…. C’era un’ombra, e ho portato subito via i bambini, ma credo che lui mi abbia vista, e… e…” biascicò, singhiozzando sonoramente a causa di un pianto che aveva ormai avuto inizio. “Ti sta cercando, non è vero?” incalzandola e forse spingendola un pò troppo a parlare. “Credo proprio di sì, ed è questo il problema!” Come farò con Lienard? E le gemelle? Non possono sapere la verità, non ora almeno!” gridò fra le lacrime, che intanto scorrevano veloci e inarrestabili, quasi come se facessero parte di un fiume in piena. “Alisia, ti prego, ora sta calma. Troveremo una soluzione. Ilmion è con te, no?” provai a dire, tentando di offrirle conforto. “Sì, e potrebbe proteggermi, ma…” rispose lei, non avendo tempo né modo di finire quella frase, che rimase inevitabilmente in sospeso. “Niente ma. Rimarrete tutti al sicuro con noi, e lo troveremo.” Dichiarai, con voce ferma e solenne, scattando in piedi come una molla. “Aspetta, lo faresti per me?” chiese, confusa e stranita da quel mio così repentino slancio di generosità. “Cosa? Ma certo!” fu la mia risposta, che diedi con un sorriso a dir poco smagliante e capace di restituirle la fiducia e il coraggio che le mancavano. “Grazie, Rain. Sei la migliore, come sempre.” Mi disse, alzandosi dal letto a sua volta per abbracciarmi. Lasciandola fare, non mossi foglia, ma non appena il nostro abbraccio ebbe fine, tornai con lei nel salotto di casa, facendo del mio meglio per apparire tranquilla di fronte ai piccoli. Ignari di tutto, giocavano ancora insieme, e a quanto vedevo, Lienard stava dividendo i suoi dinosauri di plastica con le sorelline. Tenere e innocenti, preferivano i peluche ricevuti in dono o quelli che già possedevano, e guardando quei piccoli angeli divertirsi, pensavo. Non proferivo parola, ma come era intuibile, avevo un solo desiderio. Vederli felici proprio come adesso, liberi di vivere e giocare come i bambini che ora sono. Un giorno cresceranno, e anche Alisia lo sa bene, ma ora che sono piccoli e indifesi, lei ha il compito di proteggerli. Da brava zia, l’aiuto anch’io, e più li guardo, più la capisco. Vuole davvero bene a quei bambini, e ricorda ancora il giorno della nascita di tutti e tre. Lienard venne al mondo fra la paura e il dolore di sua madre, venendo amato soltanto da lei, e in seguito dal padre adottivo, mentre le gemelle erano fortunatamente nate con un vero tetto sotto le testoline bionde, e un padre che le aveva amate sin dal primo istante a differenza di quel mostro, che portava e vantava un nome che ancora oggi, a quattro di distanza mi lascia l’amaro in bocca. Ashton. Uno sporco e orribile essere spregevole, che ha derubato mia sorella della sua purezza e della sua felicità per anni, e che ora, stando al mio pensiero, non merita che la morte. Volendo restare ottimista, Alisia ricorda con gioia la nascita delle piccole, arrivando a volte perfino a descriverla in ogni dettaglio. Conoscendola, so bene che per lei è stata un’esperienza davvero bellissima, e i suoi racconti a riguardo non ne sono che la prova. Nonostante lo scorrere ininterrotto del tempo, lei ricorda tutto. Il freddo provato in quella notte che Ilmion aveva subito trasformato in calore, i dolci ma roventi baci che l’avevano unita a lui, le carezze che le aveva fatto tremare il corpo e sciogliere il cuore, e infine, il momento in cui si era lentamente lasciata andare. Il sonno fu veloce ad arrivare, e ancora più velocemente, l’insicurezza legata al dover dire la verità al suo lui. Verità che inizialmente aveva confessato solo a me, ma che poi aveva rivelato  anche ad Ilmion, felicissimo all’idea di diventare padre non di uno, ma di due bambini. Anche se lentamente, la gravidanza era andata avanti, e poi, finalmente, eccole. Erin e Cecilia. Bellissime e perfettamente in salute, graziarono il mondo con la loro presenza. Essendo stato informato della cosa, anche Lienard era ben contento all’idea di diventare fratello maggiore, e a riprova di questo, non faceva che ripetere una singola frase. “Aiuterò la mamma in tutto, e le proteggerò.” Diceva sempre, mentre sua madre ancora le portava in grembo. Quando arrivarono, crescerle nei primi tempi non fu affatto facile, tanto che in un giorno di pioggia e calma piatta, mi rivolse una frase che ricorderò finchè avrò vita. Era triste e sconsolata, quasi piangeva, ma guardando le figlie dormire beate nei loro lettini, aveva sentito un vero moto d’amore invaderle il cuore. “Vorrei essere come te.” Mi disse, spiazzandomi e cogliendomi alla sprovvista. “Cosa? Come?” mi affrettai a chiedere, interdetta e confusa. “Mi hai sentita bene, Rain. Sei una madre stupenda, praticamente perfetta. Hai avuto tre figli, e tutti sono cresciuti splendidamente, mentre io qui ho paura per ciò che accadrà ai miei.” Questa fu poi la sua risposta, colma del dolore e dell’agitazione che la vista di quello schifoso verme le aveva fatto rinascere nell’anima. Ad essere sincera, temevo per lei, ma non dicevo nulla, se non qualche parola d’incoraggiamento. Data la situazione, cercare di aiutarla era davvero il minimo che potessi fare, e solo in momenti del genere capivo davvero le parole rivoltemi tempo prima da Rachel. Mia grande amica sin dal giorno in cui ci eravamo conosciute, mi giudicava resiliente, ovvero forte e capace di adattarmi positivamente ad ogni situazione, perfino al pericolo più grande. In sostanza, un variopinto camaleonte, ora decisamente stanco di nascondersi. Certo, godermi la calma finalmente ritrovata era il mio principale obiettivo, ma dopo quanto mia sorella mi aveva rivelato, nel mio mirino c’era ben altro. La missione era semplice. Supportandola, avrei trovato quello schifoso individuo, macchiatosi della colpa di averle rovinato la vita, e apparendo ai nostri occhi come un criminale del passato.  
   
 
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