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Autore: xla    21/06/2017    1 recensioni
[Reboot | Spirk]
"Ricordava perfettamente quando aveva realizzato di amare il suo Primo Ufficiale… non ci aveva messo nulla ad abbracciare la sola idea di poter passare il resto della sua vita con lui. Sapeva che i vulcaniani erano compagni fedeli e che prendevano un solo compagno nella loro vita… un posto a cui far ritorno, una calma stabilità scelta in totale libertà…
Sorrise. Oh, quanto era stato stupido e ingenuo…
"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Readme,please!
Siamo nel giorno. Siamo nel giorno.
Dicevo che ho questo progetto in cantiere, il che è vero… è questa storia è arrivata a massima velocità curvatura e non ho potuto fare altro che lasciarla correre… ed ero tornata alla prima… poi si vede che stavano costruendo un motore più potente su qualche altra nave, perché mi ritrovo a lavorare su una terza (?) storia. Vediamo il positivo: non m’illudo che possa essere una one-shot, non ci penso nemmeno.
Manco a dire che ho un modo di operare lineare… semplicemente non ne ho uno. Arrivano immagini, idee, roba vista qua e là che mi fa arrivare ad altro, poi mi documento e prendo appunti ovunque e iniziano a esserci pezzi sparsi che poi metto assieme. Io m’impegno nel lavorare in modo ordinato e preciso… è che poi le cose mi scoppiano in faccia… felicemente. Quindi sì, inizialmente qui ero nella stessa situazione di Jim. Però, come sappiamo, lo spettacolo deve continuare e noi continueremo a mandare avanti la baracca <3.
Ringrazio ancora infinitamente Logan Way per aver preso il suo tempo prezioso e usato per star dietro agli orrori che le ho passato. Se è rimasto qualcosa si tratta di una mia svista.
Vi auguro una piacevole lettura e molte buone vibrazione al cioccolato <3
 
 
 
 
 
 
 
 
“Stars can’t shine without darkness.”
“Yeah they can! The sun is a star and it’s always shining!”
 
 
Seconda Parte
 
“I would take a whisper if that’s all you have to give but it isn’t, isn’t.”
(Echo – Jason Walker)
 
 
 
 
Jim fece fatica a dormire. Si sentiva sfinito quindi credeva che sarebbe crollato, invece si prospettava una lunga notte insonne perché ovviamente lui non aveva capito un cazzo di niente, e appunto per questo, in un momento non ben definito della nottata, la testa smise di fare male, come avvolta in un abbraccio. E lui ne aveva così bisogno…
Illudendosi che fosse Spock, si lasciò cadere nel sonno.
E in effetti dormì molto bene, poche ore, ma erano state ore di profondo sonno, senza svegliarsi neanche una volta e privo anche d’incubi. Cercò di conservare questa sensazione quando si svegliò completamente e si ricordò tutto: dello sbarco, della festa, di Dluonno e delle parole di Spock… ancora non gli era chiaro come lo aveva tradito, e poi quel discorso dal nulla delle mutazioni aiutate dalla medicina… forse Spock gli stava dando la possibilità di riscattarsi. Possibile che fosse un suo modo per dirgli qualcosa?
L’Ambasciatore Xobillty gli aveva più volte fatto i complimenti, stupito da ciò che riusciva a fare senza essere in possesso di alcuna capacità sovraumana… e se non fosse stato umano?
Questa domanda era come una rivelazione che sembrava aprirgli la strada verso Spock. Come telapate poteva fondersi con Spock e fargli capire quanto lo amava, poteva fargli vedere e sentire ogni cosa che provava nei suoi confronti, poteva unire le loro menti e ottenere così quel senso di appartenenza completa e reciproca. La sola idea gli mise i brividi… si osservò allo specchio e gli uscì un sorriso stupido: gli si era presentata davanti un’opportunità, per una volta le cose sarebbero andate per il meglio: se non era davvero il degno compagno per quel dannato vulcaniano poteva diventarlo. E quando James Kirk si metteva in testa una cosa, niente poteva deviarlo dal suo obbiettivo.
Con un caldo vento che gli soffiava nella mente, in divisa regolamentare, Jim uscì di corsa diretto verso la cabina affianco, per istinto: Kirk era un uomo di istinto. Doveva assolutamente parlare con Bones, ma prima sentiva l’esigenza di vedere Spock. Sparargli in faccia il sorriso di chi aveva la soluzione a ogni cosa. Ma Spock non rispose. Non c’era. Va bene, si disse, poteva dirgli dopo che il suo compagno era un genio!
In infermeria trovò Leonard seduto alla scrivania mentre mangiucchiava un toast replicato, intento ad osservare dei parametri anatomici sullo schermo medico.
“Bones!” Salutò allegrò. “Non mi aspettavo di trovarti in piedi, ma tra le braccia della bella Atna!” Kirk era appena volgare di prima mattina… dal giorno in cui aveva imparato a parlare.
L’amico però non ci diede tanto peso, infondo Bones aveva un filtro speciale placcato in dilitio per le sue cazzate. “Non dovresti essere a fare colazione col tuo bel compagno goblin che fa finta di non volerti? Saranno tutti quei romanzi che mi racconta Chapel, ma sono certo che un giorno esploderà e scoprirai che sotto la superficie si nasconde un piccolo e tenero vulcaniano a cui piacciono le coccole-” si bloccò, fissando il toast e posandolo. “Cosa c’hanno messo qui dentro?”
Jim rise: se la immaginava la Chapel ronzare attorno a Leonard aggiornandolo su tutte quelle storie fin troppo romanzate che continuava a leggere. E Len che credeva di non sentirla e invece si ritrova interessato anche lui.
“Oh, Bones, come sei romantico. Sposami!” Allungò un braccio verso di lui.
Bones incrociò le braccia al petto facendo una sinfonia di smorfie- sì, perché Jim sentiva in sottofondo un rumore diverso per ogni faccia che faceva l’altro, un poco come quei vecchi cartoni animati…
“Jim, te l’ho detto mille volte: non ti farò mai il baciamano!”
“Mi spezzi il cuore, tesoro…” fece svolazzare quella mano, “non dovresti essere un gentiluomo del sud?”
Bones sospirò. “Non sono dell’umore adatto, ragazzo, scusa.”
Jim lo studiò, scordandosi il motivo per cui era andato in infermeria: non erano sotto attacco, non era una missione pericolosa e non c’erano Klingon o navi nemiche nelle vicinanze, non c’era stato alcun Allarme Rosso da quando erano in orbita attorno al pianeta Knein V. Certo, le questioni diplomatiche non erano la prima scelta su come passare il primo giorno di sbarco dopo molto, però gli sembrava che l’amico avesse passato una buona serata…
“Non ci sono stati attacchi o chiamate di emergenza,” iniziò il Capitano, “quindi, a meno che Scotty non stia di nuovo senza voce come quella volta che ha urlato contro Kevin e Giotto per quasi un’ora per averli sorpresi a fare la lotta libera vicino la stanza nel Nucleo di Curvatura… e siccome non hai le mani in qualche torace aperto, né feriti, dovresti essere sollevato, Bones. Va tutto alla grande!” Si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla.
“Per adesso…” mormorò tetro.
 “Un po’ di ottimismo pensi che ti ucciderà?” Alzò le sopracciglia. Sul serio: comprendeva che Bones non facesse i salti di gioia all’idea della missione quinquennale, che odiasse il teletrasporto e che anche un sasso apparentemente inanimato su un qualche pianeta appena scoperto potesse mangiarli vivi… a Kirk questo piaceva: l’esplorazione, arrivare là dove nessuno è mai stato prima… avrebbe trovato divertente anche quel sasso perché chissà, poteva essere lo scriba di qualcuno, essere una popolazione del tutto sconosciuta con cui entrare a contatto… sì, va bene: Prima Direttiva! E’ che tutto era così meraviglioso che troppo spesso si scordava della Prima Dannatissima Direttiva. Sperava di riuscire a far vedere questa faccia della medaglia al buon medico, un giorno.
Bones emise uno dei suoi suoni di faccia e Jim sapeva che aveva preso una tremenda decisione. Era lo stesso rumore che aveva fatto quando aveva scelto di aiutarlo a salire sull’Enterprise mentre era ancora sotto accusa, seguito da quando gli aveva detto che sì, avrebbe prestato servizio per cinque anni sulla stessa come Ufficiale Capo Medico di Bordo. Quella che emetteva quando vedeva che Kevin non si decideva ancora a portare i pantaloni era diversa…
“Devo farti vedere una cosa. A dire il vero non so se è giusto il termine dovere. Dovere? Come medico sì, soprattutto visto che sei il mio Paziente Numero Uno, e per la cronaca, Jimmy, lo saresti anche se non fossi il Capitano di questa barcarola-“ Jim gli sorrise con enorme affetto: Bones sapeva farlo sentire apprezzato e amato come mai nessuno prima. Forse l’Ambasciatore Spock poteva fare di più, ma ancora: Spock era un caso diverso, era unico. Esattamente come Bones. “Però voglio che tu sappia, che tu sia messo al corrente di ciò che possono essere le possibilità. In bene e in male.”
Jim girò la testa allo schermo azzurrino; aveva a che fare con quelle immagini? “Ho qualche malattia che si è scatenata con l’esposizione a qualcosa sul pianeta?” Lui si sentiva benissimo, aperto e sanguinante: benissimo.
Bones digitò qualcosa. “Questa che vedi, è l’anatomia e la biologia kneiniana.”
“Non sembrano tanto diversi da noi umani.”
“Infatti.” Suonava dispiaciuto, continuò e con le dita portò una seconda immagine quasi identica accanto alla prima. “Questa invece, è… beh, ti riconosci?”
Jim sorrise. “Bones,” soffiò sensuale, “se volevi foto sexy di me bastava chiedere…” in realtà si riconosceva solo per i parametri che oramai sapeva a memoria, altrimenti senza conoscere, avrebbe potuto confondere i due corpi.
“Risparmiami! Cerca di restare serio per un attimo e ascoltami. A quanto-”
Ma Jim non lo ascoltava; la sua mente viaggiava a una curvatura che gli ingegneri della Flotta Stellare non avevano ancora raggiunto. Non era un medico, ma poteva arrivarci e il motivo della sua visita tornò più forte e la sua scelta più determinata.
“I kneiniani sono creature con doti naturali innate. Per noi hanno i superpoteri!” Prese a parlare Jim, osservando quelle foto davanti a lui con sguardo luminoso, “Bones,” si leccò le labbra, “L’Ambasciatore Xobillty mi ha detto che potrei avere anche io- essere anche io come un kneiniano. So che non mentiva, era convinto di quello che diceva.”
“Il Dottor Atna mi ha detto la stessa cosa, inoltre l’Ambasciatore Xobillty è un telepatico di ramo empatico… dubito che volesse dirti cavolate, anzi credo che abbia una cotta per te. Ehy, ragazzino, sei una calamita per i vecchi ambasciatori da riti voodoo mentali.” Provò a scherzare e Jim si lasciò trascinare dal momento, perché anche il Dottor Atna aveva forse sentito qualcosa, come detto da Xobillty.
“Se così fosse--- Bones, quante possibilità ci sono che io sia come… un empatico dormiente?” Aveva il fiatone dall’aspettativa.
McCoy scrutò ancora i dati sullo schermo medico, corrucciato. Esattamente come l’aveva trovato appena entrato. Bones era il migliore!
“Uh… non lo so, Jim. Davvero. Atna mi ha spiegato che non tutti i kneiniani manifestano naturalmente i loro poteri, che possono tardare e che questo non è così strano… loro hanno questo metodo per svegliare il gene che permette lo sviluppo del potere… ma è una pratica pericolosa per un umano. Siamo abbastanza simili, ma non così tanto.”
“Questo già lo so. Spock mi ha già riferito quando loro siano perfetti e quanto invece io non lo sia. Per favore, non ripetermi le stesse cose, voglio solo sapere: ci sono test o simili per capire se nascondo del DNA rassomigliante a quello kneiniano?”
Leonard non aveva preso bene la notizia che già sapeva e soprattutto, chi gliel’avesse detta. “Solo uno. E non è un leggero placebo. È il vero liquido che può renderti empatico o… morire…”
Jim prese un respiro profondo, provando a riordinare le nozioni appena ottenute: “Quindi… solo facendolo, potrò saperlo, giusto? E le alternative sono due: o ne esco vivo con dei poteri, o morto.”
“O potresti rimanere in coma come un vegetale per il resto dei tuoi giorni.”
Questo voleva dire niente più viaggi nello spazio. Niente più poltrona. Sapeva che in questo scenario eventuale, Spock non era neanche da calcolare. E non gli piaceva… suonava troppo come uno scenario senza via d’uscita. Non da James T. Kirk.
“Aspetta un attimo,” Bones abbassò la luminosità dello schermo azzurrino, e adesso gli occhi determinati e malinconici di Jim erano ancora più luminosi, “non vorrai mica correre un rischio del genere per quel vulcaniano, vero?”
Jim non voleva mentire a Bones, non aveva senso e, anche se tutti i vulcaniani si fossero riuniti per stilare un elenco dei motivi per cui sarebbe stato logico omettere alcune cose a Leonard, Jim non lo avrebbe fatto comunque.
“Mi ha accusato d’infedeltà…” biascicò, vergognandosi, eppure era la verità… anche meno dolorosa di come gli era apparsa quando l’aveva detta Spock. Perché non aveva fatto supposizioni, no… Spock ne aveva la certezza.
“Quindi Spock si sente giustificato a comportarsi come un bastardo?” La rabbia iniziava a montare nella voce e nel volto di McCoy. Non esisteva abbastanza calmante sulla nave in quel momento.
“Dice che non è colpa mia, che capisce che ho una… una predisposizione, al tradimento.”
Leonard spalancò la bocca, inorridito: “Ti ha dato della puttana? Brutto bastardo dal sangue verde!”
“Io non mi sento una puttana! Non l’ho tradito, Bones!” Jim era tranquillo, perché aveva trovato uno scenario vincente. Più o meno…
Il ricordo degli occhi di Spock gli faceva male, però.
“Ehy, ragazzo, io ti credo. Ma non sono io il tuo fidanzato… forse lui non ti merita, sai? Non fa per te, Jim…” gli puntò gli occhi dritti nei suoi, “vuoi rischiare davvero di morire, per avere una possibilità di essere quello che lui chiama degno compagno? Lo sei già. Più che degno.” Provò a fargli capire, ma se Spock era cieco, Jim oramai era sordo.
“Da piccolo…” sussurrò Jim, “ero solito dire che non avevo un’anima. Perché se l’avessi avuta… mi sarei già ammazzato… Spock mi ha fatto capire che non solo ne possiedo una, ma che posso amare. Ho conosciuto la felicità… solo per sentirmi dire che non fa per me.” Non aveva lacrime da piangere, Kirk, solo altro sangue da sputare a terra. “Capisci perché devo almeno tentare? E’ una possibilità su mille. Un cinquanta e cinquanta. Ma c’è, e non intendo farmela scappare.”
“Sembra quello che si dice uno scenario senza via d’uscita, lo sai?”
“Lui ne vale la pena.”
Leonard non era d’accordo, guardava uscire Jim dalla propria infermeria, e mentre continuava a fissare tutti quei dati che si sarebbe sognato per le prossime notti a venire, schiacciò il pulsante del comunicatore sulla scrivania: “Infermeria al Signor Spock.”
“Qui Spock.” Rispose subito il vulcaniano.
Bones si trattenne, almeno per il momento. “Può venire in infermeria?”
“Sì. Spock chiudo.”
Non gli era mai piaciuto che Jim saltasse da un letto a un altro per i primi tempi dell’Accademia e durante le primissime licenze di sbarco, sperava che mettesse la testa a posto, che incontrasse una persona per bene e tranquilla… non un maledetto folletto privo di emozioni! Che poi Bones sapeva che ne aveva oh, eccome se ne aveva, di emozioni, ma proprio il fatto che le reprimesse, che facesse il possibile per non esternare alcunché… lo mandava su tutte le furie.
Fosse stata una cotta, qualcosa di passeggero… no, Jim era totalmente perso, quanto lucido al limite della razionalità tanto da sembrare spaventoso. Jim si era approcciato in questa cosa chiamata relazione a lungo termine che non aveva mai sperimentato, esattamente come faceva per ogni altra cosa: buttandosi senza pensarci due volte. Era talmente preso e così concentrato nel dare tutto se stesso a Spock, cercando in tutti i modi di capirlo e far funzionare il rapporto… che Spock se ne approfittasse? Leonard era più che certo che dietro tutto questo, ci fossero le parole di Spock. Era sua la colpa, il motivo per cui Jim si sentiva un rottame incapace. Al punto da rischiare la propria carriera e vita in un laboratorio su un pianeta del Quadrante Beta, nella speranza di poter essere come il suo compagno voleva. No, questo non lo tollerava.
La porta si aprì e Spock entrò composto. “Voleva vedermi, Dottore?”
“Proprio lei, sì.” Sbottò, McCoy cercò di ricordarsi di stare calmo. Ma al diavolo i protocolli e la calma: si trattava della vita di Kirk! Del suo migliore amico, di suo fratello minore.
“Le chiedo di essere sintetico, Dottore. Ho molto lavoro da fare, nei laboratori.”
Sorrise. “Oh, tranquillo, lo sarò.” Puntò un dito verso lo schermo medico, alzando la luminosità. “Adesso lei mi dirà quello che ha detto a Jim.”
Spock alzò appena un sopracciglio. “Può essere più specifico?”
“Le è andato a dire che deve cambiare, per caso? Gli ha detto dei test kneiniani per le cellule dormienti e gentilmente invitato a farli con qualcosa come: se lei Capitano fosse un telepatico allora sarebbe adatto come compagno? No, perché se davvero ha osato dire una cosa simile, posso fare in modo che lei sia portato su un’altra nave. Non vedrà mai più Jim!” Si zittò, mettendo su un ghigno. “Ma questo non la preoccupa, vero? A lei non importa di quel ragazzo. Per lei è solo… solo un pezzo di carne da calpestare! Lei non proverà vergogna, Spock, ma posso assicurarle che la provo io per lei.”
Spock non parlò, ma si avvicinò agli schermi: “Interessante.” Proclamò. “Lei sostiene che il Capitano può superare il test?”
McCoy lo guardò schifato. “Mi ha sentito, ottuso goblin dalle orecchie a punta? Jim può morire. E per cosa? Solo perché vorrebbe un poco di amore. Da lei! Gliene basterebbe anche un goccio, Jim se lo farebbe bastare per anni… anche se si meriterebbe di più che amore qualcuno che non capisce quanto prezioso sia ciò che ha tra le mani…”
“Non sono responsabile delle scelte personali del Capitano. Adesso, devo tornare ai laboratori. E ah, Dottore, le sarei grato se mi potesse inviare queste ricerche che ha condotto sulla somiglianza della biologia a livello cellulare tra kneiniani e umani. Intendo studiarla in modo approfondito.”
Bones non capiva se era un modo tutto di Spock per preoccuparsi di Jim, ma continuava a non piacergli.
“Lei fa parte della vita personale del Capitano.” Gli ricordò. “Capitano che non ci sarà più, se continuerà a dare ascolto alle sue parole.”
A porte aperte e di spalle, Spock rispose. “Non è mia intenzione nuocere al Capitano.”
“Non fa altro da mesi, Spock.”
 
 
 
Senza turni in plancia o minaccia imminente c’era davvero poco che Kirk potesse fare: oltre che verificare ogni quattro ore come procedevano i rifornimenti e le riparazioni varie e gli scambi, aveva fin troppo tempo libero, non si era mai reso conto di quanto Spock riempisse le sue giornate… beh, non era proprio così, Jim era più che consapevole di quello che sentiva verso Spock. Era il suo primo pensiero al mattino e l’ultimo prima di addormentarsi. Con Spock accanto e in sottofondo i rumori dell’Enterprise… Jim si sentiva a casa. Non aveva neanche bisogno di chiudere gli occhi, era in automatico cullato da quella sensazione di appartenenza che lo completava.
Ricordava perfettamente quando aveva realizzato di amare il suo Primo Ufficiale… non ci aveva messo nulla ad abbracciare la sola idea di poter passare il resto della sua vita con lui. Sapeva che i vulcaniani erano compagni fedeli e che prendevano un solo compagno nella loro vita… un posto a cui far ritorno, una calma stabilità scelta in totale libertà…
Sorrise. Oh, quanto era stato stupido e ingenuo… avrebbe dovuto capire che Spock non ricambiava… gli era sembrato troppo strano che Spock accettasse il loro legame spuntato come dal nulla. Quando aveva domandato a se Spock fosse d’accordo con tutto questo, non avendolo scelto, Spock aveva risposto che le loro menti erano compatibili e che rinunciare al legame sarebbe stato altamente illogico.
Jim alzò l’inclinazione del tapis roulant, regolando la respirazione. Dopo un’ora e quaranta di corsa la sua mente era ancora al ricordo di quel momento e di come lui, all’epoca, fosse convinto che quello era il modo di Spock per dichiararsi.
Come faceva quel Kirk a capire sempre e comunque il suo Spock? E, se erano una costante universale… perché doveva essere proprio lui la versione difettosa? Era troppo giovane per comprendere davvero il legame T’hy’la? Per quanto ancora doveva soffrire prima di avere della pace nella propria vita?
Aumentò la velocità provando a levare un po’ di tensione e di tenere a mente che presto la missione sarebbe finita e con essa, il suo rapporto con Spock. Forse, questo significava dare una possibilità ad entrambi… ma anche sottoporsi a quei test su Knein V lo era.
Non aveva mai avuto problemi a buttarsi di testa, in ogni occasione. Ma questa volta comprendeva da solo la situazione.
“Capitano.” Spock gli si parò davanti. “Una parola.”
Jim cercò di mettere a fuoco la sua figura e per un poco rimasero così… Jim che correva veloce, Spock davanti a lui. Sembrava raggiungibile, ma non lo sarebbe mai stato, non lo avrebbe mai raggiunto… pensò che qualcosa del genere doveva esserci nei romanzi rosa della Capo Infermiera Chapel.
Ansimò appena a corto di ossigeno. Non era davvero intenzionato a fermarsi. Voleva parlare a Spock, informarlo della sua scelta. Ma Spock sarebbe stato disposto a ascoltarlo e prenderlo sul serio? Qualunque sarebbe stata la reazione di Spock, Jim avrebbe comunque avuto una risposta… e sentiva che non avrebbe cambiato la propria scelta. Anche se ancora non ne aveva una. Forse.
Spock abbassò la velocità, fino a quando il macchinario si fermò. Jim respirava pesantemente nonostante fosse allenato e quello facesse parte della routine dei suoi allenamenti. Il cuore invece batteva forte per altri motivi.
Scese dall’attrezzo e prese l’asciugamano che aveva messo sulla panca accanto.
“Spock,” iniziò, mentre prese a tamponarsi il volto e i capelli. Aveva davvero bisogno di una doccia, Spock sembrava non gradire l’odore del suo sudore e sapeva quanto i sensi dei vulcaniani fossero più sviluppati, “necessito di una doccia sonica. Urgente.” Provò a sorridere.
“Infatti.”
Cercò di asciugarsi alla meglio, poi si posò il panno sulle spalle. “Se mi vuole seguire… può parlarmi durante la strada.”
Spock lo squadrò attentamente senza proferire parola, ma solo annuendo con la testa.
Jim fece solo spallucce, chiedendosi cosa volesse… a dire il vero poteva benissimo lavarsi nelle docce della palestra. Non riusciva a capire se il fatto che Spock avesse accettato di andare nella sua cabina per lavarsi fosse un buon segno o meno.
“Mi scusi,” continuò, “mi trovo costretto a fare una deviazione nei miei alloggi. Non sono solito portarmi un cambio, quando vengo a fare la mia sessione di allenamenti.” Forse Spock non si ricordava di questo. “Se però è così urgente, posso farmi la doccia sonica qui. Per una volta non succederà niente.”
“Preferisco gli alloggi, Capitano.”
Jim sbatté gli occhi azzurri mentre si leccava le labbra, sentendo il sapore salato… aveva la tuta appiccicata alla pelle. Il logo della NASA più scuro per il sudore. Affrettò il passo verso il turboascensore, perché immaginava fosse una tortura per il naso vulcaniano.
“Come mi ha trovato, comunque?” Tentò di fare conversazione nell’inutile tentativo di distrarlo dall’odore, avvertiva Spock irrigidirsi mano a mano che i minuti passavano.
“L’ho localizzata col computer, ovviamente.” Si guardava attorno, guardingo, e a Jim sembrava come alla ricerca di qualcosa. Una scusa per andarsene, chissà.
“Logico.” Non correva, ma l’aria continuava a non arrivargli ai polmoni in modo corretto. Che cosa si aspettava… che Spock rispondesse: mi è bastato seguire la tua mente, che chiama la mia? No, non era plausibile. In altre vite sì, ma non in questa. Ma poteva renderlo possibile, giusto? Percepire una connessione, dividere uno spazio solo loro… un sogno. Già… un sogno.
Dal turboascensore uscì Giotto, che fu come sorpreso di trovarsi davanti il suo Capitano in leggings rossi attillati e una vecchia maglietta della Nasa. Jim si permise di provare un lieve imbarazzo dovuto all’attenta osservazione da parte dell’uomo.
“Signor Giotto.” Non poteva di certo chiamarlo Cupcake… dopotutto era il Capo della Sicurezza! “Immagino che siano giorni noiosi per voi della Sicurezza.” Scherzò.
“Sempre meglio la noia, Signore.”
Jim si ricordò delle proprie pessime condizioni e cercò di darsi un tono. “Mi aspetto comunque che i suoi ragazzi siano pronti a ogni evenienza.”
“Senz’altro, Signore. Il Reparto Sicurezza è sempre pronto per lei. Ogni volta che vuole.”
Kirk avrebbe voluto rispondere che non chiamava la Sicurezza per volere, ma per necessità di protezione verso i propri uomini o verso gli abitanti di un pianeta, ma Spock non gliene diede il tempo.
“Capitano...” mormorò, ma a Jim quel tono diede i brividi. Era minaccioso.
“Buon proseguimento, Signor Giotto.”
Cupcake non ebbe il tempo di salutare che Spock proclamò: “Ponte Cinque.” E le porte si chiusero.
Quelli che seguirono furono i sette secondi più lunghi della vita di James T. Kirk, passati nel pesante silenzio del suo Primo Ufficiale.
Doveva essere per il suo odore che in un ambiente chiuso è più concentrato, si disse, ma Spock era visivamente a disagio, a Jim dispiaceva, anche se ci aveva fatto l’abitudine negli ultimi mesi a vederlo così… restavano sette secondi d’inferno.
Ma nonostante questo, una volta nei propri alloggi, come una protezione dall’universo esterno… il solo fatto di avere Spock lì, lo rasserenava… iniziava a chiedersi di che disturbo soffrisse. O aveva a che vedere con le notizie che gli aveva dato Bones? Una chiacchierata, di qualunque tipo di natura, con il medico o l’essersi sfogato in palestra doveva sicuramente aver aiutato ad alleviare la tensione dentro di sé.
“Ci metterò un minuto.” Disse, alzando in automatico come al solito i riscaldamenti, sparendo nel bagno singolo e facendosi velocemente la doccia sonica. Fu la più rapida da quando andava all’Accademia. Si mise il pigiama della Flotta e tornò nella zona giorno, dove Spock non si era mosso di un millimetro.
Pensò che forse era questo l’inferno per Spock. Il suo profumo ovunque. Non era stata una buona idea…
“Mi dica.” Lo invitò con un gesto della mano ad iniziare.
Spock lo scrutò ancora, ma in modo diverso da prima. “Il Dottor McCoy mi ha informato che sta prendendo in considerazione di sottoporsi ai test su Knein V, di cui le avevo parlato io stesso.”
Jim si pietrificò. “E quindi, cosa vuoi sapere?” Qualcosa a cui neanche lui aveva ancora una risposta.
“Ho ottenuto una copia del lavoro del Dottore, in modo da studiarla. Trovo l’esperimento davvero affascinante…” inclinò il capo e Jim capì il motivo di tutti quegli sguardi: lo stava studiando. Aveva l’attenzione del suo ragazzo perché per lui ora era diventato come un topo da laboratorio? Preferiva di gran lunga essere una pila di libri con le gambe!
“Lei è un soggetto singolare, Capitano, lo dimostra ancora una volta.” Complimenti? Aveva capito di non essere un esperto di modi vulcaniani.
“Il Dottor McCoy le ha anche riferito che il soggetto ha il cinquanta per centro di possibilità di morire o finire come un vegetale?” Sollevò le sopracciglia, davvero curioso di sapere la risposta.
“Le percentuali non l’hanno mai fermata. Anzi… a memoria direi che il cinquanta per cento è la percentuale più alta che ho riscontrato per lei da quando ho preso servizio sull’Enterprise. Il restante cinquanta consisterebbe nel renderla per metà kneiniano.”
Posò una mano allo schienale della sedia della scrivania: Spock aveva ragione. Aveva preso decisioni più critiche in minor tempo e con minime possibilità dalla propria parte. Ma ogni volta, al proprio fianco, aveva avuto lui.
“L’ambasciatore Xobillty insiste che potrei essere come lui. Un telepatico di ramo empatico.” Tamburellò le dita, “sarebbe… utile, no? Per la nave, intendo… esattamente come dicevi tu, Spock, mi renderebbe… migliore. Mi renderebbe degno. Qualcosa di buono.”
“La nave?” Spock guardò le sue dita e Kirk smise di far rumore, annuendo.
“Ci sarebbe poi un regalo.” Continuò sorridendo e parlando con voce morbida. “Ai Vulcaniani piacciono i regali?”
“I Vulcaniani non hanno questi concetti e usi comuni terrestri, Capitano. I regali sono illogici.”
Però a Uhura aveva regalato la collana di vokaya della madre. In segno di affetto e rispetto. C’era comunque coerenza in Spock, Jim si ritrovò a pensare che sì, anche lui provava questo per il Tenente delle Comunicazioni. Sì, ma il Tenente non era la sua ex ragazza… Spock non aveva neanche voluto che Nyota gli ridesse il gioiello. Usi Vulcaniani. E dopotutto, Spock non provava affetto per Kirk. Tantomeno rispetto. Era strano, perché pensava di avere almeno questo in ambito del loro lavoro.
“Il mio è un regalo logico.” Allargò gli occhi senza lasciare che il sorriso andasse via.
Kirk era lì in pigiama davanti a Spock, mesi prima Jim avrebbe almeno avanzato un passo verso il compagno, alla ricerca di un abbraccio, adesso non ci pensava nemmeno. Non voleva che quegli occhi diventassero arrabbiati, oltre che addolorati come lo erano adesso. Quindi cambiò argomento all’istante: “Sta per essere ora di pranzo! Anche se ignoro se i kneiniani lo chiamano così e che ora sia sul pianeta… che ne dici di andare a mangiare qualcosa?” Domando, con quel tono dolce che servava solo per il suo Primo Ufficiale e giusto quando erano soli. “Ti va di vagare senza meta finché non troviamo un ristorante vegetariano?”
Spock puntò lo sguardo alla parete. “Sono occupato per il pranzo. Ho appuntamento con il Dottor Dluonno.”
Jim non si lasciò scoraggiare. “Beh, possiamo mangiare tutti e tre assieme. Me lo presenti. E ti proverò che non sono lo stronzo sleale che pensi io sia.”
Spock si rifiutò con fermezza. “Kaiidth, Jim.”
“Perché?” Assottigliò gli occhi. Se avesse avuto la vista calorifica lo avrebbe incenerito. Conosceva il significato del termine, ma non la scelta di Spock di usarlo.
“C’ho che chiedi è illogico: ciò che è, è. Non si può cambiare.”
“Come osi…” il cicalino della porta trillò. “Chi è?”
“Uhura, Signore.”
Jim fissò Spock, che sembrava valutare scrupolosamente la sua figura. Era lì, a due passi scarsi da lui, ancora… aveva davanti la sua oasi da cui non poteva bere. Spock non era quasi neanche più la roccia cui poteva aggrapparsi…
“Avanti, Tenente.”
Nyota aveva in mano un PADD e non appena si accorse che c’era anche il vulcaniano, sbatté un paio di volte gli occhi cercando di capire cosa stesse succedendo- ah, auguri Uhura…
“Non sapevo fosse già impegnato con il Signor Spock. Scusate l’intrusione.”
Jim si mise le mani sui fianchi. “Alcuna intrusione,” neanche alcun impegno, se è per questo… “il Signor Spock se ne stava giusto andando.”
Il moro salutò con un cenno la donna. “Corretto. Arrivederci, Capitano. Tenente Uhura.”
“Buon divertimento Spock.” Girò attorno la scrivania e allargò le braccia in segno di aperta accoglienza: lei non c’entrava nulla con quello che riguardavano i problemi di non-coppia tra lui e Spock, si sedette: “Lei non è in servizio, dovrebbe essere su Knein V.”
Nyota consegnò il PADD. “Sì, ma prima ho passato in rassegna i turni e i messaggi ricevuti e ho trovato questo per lei, Capitano.”
“Grazie, Tenente.” Doveva davvero inserire nella sua scheda più di qualche nota di merito…
“E’ da parte dell’Ambasciatore Xobillty.” Nyota chiuse un attimo gli occhi e poi, con voce ferma e chiara. “Permesso di parlare liberamente, Signore?”
Kirk lasciò un attimo da parte il PADD. Se il suo Tenente delle Comunicazioni aveva un problema, era suo dovere ascoltare e risolverlo. “Certo.” Rispose sorridendo, dandogli tutta la propria attenzione. “Qualche problema?” intrecciò le dita tra loro, osservandola in silenzio e dandole tutto il tempo.
Uhura sembrava quasi incerta su come iniziare: “Mi rendo conto che si tratta della vostra vita personale.” Jim aggrottò le sopracciglia… non gli piaceva quel termine; vostra! “Ma Capitano… forse posso aiutarla in qualcosa in tutto questo. Se ha bisogno di una spalla amica, vorrei sapesse che sarei felice di poter essere quella spalla.”
Kirk non aveva mai avuto una madre, ma poteva giurare che quello della ragazza fosse uno sguardo materno. D’improvviso, gli appariva molto più grande della sua giovane età. Forse in quella nave erano cresciuti tutti troppo in fretta… Jim iniziò a percepirla più come una possibile amica, che non l’ex partner del suo attuale compagno.
Ma aveva la situazione sotto controllo, posò gli avambracci sulla scrivania, rilassandosi. “La ringrazio, Tenente Uhura. La terrò presente.” Al momento non se la sentiva di respingere una persona che gli offriva una mano. Il suo equipaggio si preoccupava per lui… era una sensazione strana e piacevole. Ma il Capitano era lui, non poteva farsi vedere vulnerabile dai suoi uomini. “A patto-” continuò, prima che lei potesse parlare, sfoderando uno dei suoi sorrisi che aveva usato per anni per rimorchiare ogni razza aliena nei peggiori bar e che non utilizzava più da moltissimo tempo, “che lei adesso si conceda la miglior licenza che sia mai esistita, va bene? Guardi che poi dovrà presentare rapporto.” Scherzò.
Nyota sorrise, forse sollevata di vedere quel lato scanzonato di lui che mancava da troppo fuori dai turni che condividevano in plancia. “Agli ordini, Capitano. Le auguro una buona giornata.”
“A lei Tenente Uhura.” Non appena lei uscì dalla cabina, Jim aprì velocemente il messaggio. Xobillty lo invitava a pranzo in un locale del Centro Aulico di Knein V, e in caso di risposta positiva, di contattarlo. Senza perdere tempo, Jim lo chiamò in videochiamata dal proprio computer. Subito l’immagine dell’assistente Tigunk apparve.
“Capitano Kirk,” salutò muovendo le ali, “ero in attesa per l’Ambasciatore.”
“Scusi il ritardo.”
Scosse il capo come se non fosse importante. “Cosa devo riferire?”
“Posso scendere anche adesso, datemi solo le coordinate.” Che girò subito ai tecnici della Sala Teletrasporto.
Il kneiniano sorrise. “L’Ambasciatore ne sarà estasiato, Capitano.”
Kirk chiuse il computer e premette il pulsante del comunicatore. “Sala Teletrasporto. Qui Kirk, sto arrivando.” Si cambiò velocemente con la divisa oro e uscì.
 
 
 
Lo trovò sotto una veranda. Era così pacifico e sereno…
“Capitano Kirk,” Lo salutò, camminando verso di lui, “l’oro dell’uniforme le fa risaltare gli occhi.”
Il ragazzo decise che doveva solo accettare i complimenti dell’anziano, qualche parola dolce infondo non poteva che fargli bene. Soprattutto in quei giorni. Esattamente come aveva fatto la prima volta, allungò una mano. Non aveva più verificato se avesse un qualche significato per i kneiniani. Xobillty non l’aveva presa come un’offesa o una minaccia, e si trattava di un vecchietto simpatico e pacato, quindi davvero, dov’era il problema?
Infatti, l’altro prese subito la mano tra le sue.
“Ambasciatore,” rispose al saluto, “troppo gentile. La prego, mi chiami Jim.” E il sorriso che gli donò fece fermare un paio di kneiniani, che presero a fissarlo cercando di non farsi vedere.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?” Chiese Jim a bassa voce. Ripassandosi a memoria il database che aveva letto dal PADD su Knein V.
L’anziano gli rivolse un’espressione quasi paterna e gli carezzò la mano. “La sua anima ha un raggio molto ampio e potente, ricorda?”
“Oh.” Abbassò gli occhi sulle punte degli stivali, “è un problema? Io purtroppo non so come-”
Venne fermato, “No, Jim. Non è un problema. Devi solo ricordarti che è come se chiamassi ogni telepatico che ti passa accanto. Chiunque incontrerai su Knein V non farà niente, a meno che non sia tu a volerlo. Abbiamo molto a cuore il rispetto reciproco.” Iniziò a camminare e Jim lo seguì. “Anzi, permettermi di aggiungere… sei come un nuovo sole, per il nostro popolo. Questo può solo che essere un bene.”
Kirk non risposte a parole, ma con un dolce sorriso misto a qualche pennellata di malinconia; non sapeva dove stessero andando e non gli interessava. D’improvviso, gli venne in mente una cosa davvero divertente.
“Ambasciatore…”
“Sì, Jim?”
“Mi chiedevo… per caso conosce l’Ambasciatore Spock di Nuova Vulcano?”
“Qualche volta ci sentiamo… per scopi puramente diplomatici, ovviamente.”
Xobillty rispose con nonchalance, e questo fece scoppiare a ridere Kirk: ora si spiegavano molte cose.
E così passò diverso tempo, contattando ogni due ore l’Enterprise per essere aggiornato sulla situazione, e conoscendo un sacco di cose della cultura del posto che non poteva davvero imparare tramite un file digitale in 3D: il vivere una cultura che non conosceva era un qualcosa che Kirk amava fare, uno dei mille e più motivi per cui amava il proprio lavoro. E che forse poteva fare ancora più come potenziato. Sempre se sopravviveva…
L’Ambasciatore non mentiva: veniva notato, o perché Capitano dell’Enterprise o da qualche telepatico, ma nessuno gli aveva rivolto la parola, tranne quei kneniani del mercato a cui Xobillty lo aveva trascinato per fargli vedere i prodotti d’artigianato locale. Kirk era un tipo molto tattile e gli abitanti non erano infastiditi da questo, al contrario.
Anche il cibo era ottimo, e aveva il sospetto che il suo nuovo amico avesse fatto sapere a tutti delle proprie intolleranze e allergie- altrimenti non si spiegava il motivo per cui dopo tutta la roba che aveva toccato e i piatti che aveva mangiato non avvertiva la gola gonfia o qualche altra molto chiara sensazione dello scatenarsi di una delle sue intolleranze. Compresi tutti gli animali che aveva coccolato! E non era portato a pensare che ci fossero quasi solo animali ipoallergenici su quel pianeta… Sarebbe stato strano quando, al suo ritorno sulla nave, Bones non gli avrebbe potuto lanciare le sue hypos.
Poteva dire di amare i kneiniani. Erano aperti, disponibili e gentili. Un bambino blu gli aveva chiesto se poteva farsi una foto con lui in modo così timido che Kirk decise che sì, li amava!
Avevano appena lasciato andare in pace per la loro strada un kneiniano con la coda che stava portando a spasso quello che a Kirk ricordava molto un incrocio tra un polipo e un lemure terrestre che si era praticamente lanciato addosso a Jim per chiedere di essere carezzato, che era arrivato il momento dell’aggiornamento dalla nave e stava ancora sorridendo, così preso, e felice di aver accettato la richiesta dell’Ambasciatore, che parlò;
“Sono lieto che ti stai divertendo, Jim.”
“La ringrazio, Signore. Qui è tutto così stupendo… sapevo che aveva piacevoli sorprese questo pianeta!” Prese il comunicatore. “Mi scusi, ma devo chiedere degli aggiornamenti.” Fece con un tono di voce ancora leggero e allegro.
“Prego.” Chinò la testa l’altro, mentre continuavano a camminare.
Kirk fece scattare il polso nel consueto gesto, con già sulla punta della lingua le parole, quando sollevò lo sguardo e notò un locale con grandi vetrate che davano una chiara visuale dell’interno del posto: vedeva benissimo Spock e Dluonno seduti l’uno davanti all’altro in un piccolo tavolino. Era un ristorante vegetariano. Quello in cui Jim avrebbe sicuramente portato il suo Primo Ufficiale… invece adesso questo stava annuendo al kneiniano che allungò la forchetta e prese qualcosa dal piatto di Spock. La stessa persona che gli diceva che dividere il cibo non era consuetudine per un vulcaniano e che poteva farlo solo col proprio compagno di vita.
Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma i suoi occhi erano incollati al punto del polso di Spock su cui posava la mano di Dluonno.
La cosa più dolorosa era notare quanto Spock si sentisse a proprio agio… Le spalle rigide erano rilassate e permetteva a Dluonno di toccarlo. Il sorriso di Spock… quel sorriso che non gli aveva mai rivolto… non si sentiva tradito: non ti senti così quando per primo vorresti solo il meglio per chi ami al punto di capire quando non sei abbastanza. E soprattutto quanto non sei abbastanza.
Spock non mentiva come lui. Non tradiva. Spock si sentiva umiliato ogni giorno per lui… per non essere il degno compagno T’hy’la che si supponeva Kirk doveva essere.
“Capitano. Le chiedo di non giungere a conclusioni affrettate,” proferì l’anziano accanto a lui, capendo perfettamente lo stato di Jim, “il Signor Dluonno ha la particolarità di rilasciare feromoni al solo scopo di rilassare. Come anche un meccanismo di difesa. È molto utile verso piante e animali.” E vulcaniani, pensò Jim, “Sa del legame tra voi e non si permetterebbe mai di avanzare un approccio al fine di corteggiare il compagno di un altro. Non si fermi alle apparenze…”
Purtroppo, quella era solo l’ultima goccia per Jim. Il chiaro messaggio visivo che si era sempre rifiutato di leggere davvero. Avvertì subito l’emicrania tornare e martellargli la nuca.
“Certamente.” Disse. “Kirk a Enterprise.”
La voce di Sulu non gli arrivò, come se fosse dall’altra parte del quadrante. Erano solo le sue orecchie che fischiavano.
Non era Dluonno il problema, e Jim lo sapeva bene.
 
 
 
 
Fine seconda parte-
Prossimo aggiornamento: mercoledì 28
 
           
   
 
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