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Autore: Vagabonda    12/06/2009    3 recensioni
Mentre si chinava su di me, sussurrò, in modo che potessi sentirlo solo io: -Perdonami-, poi mi baciò.
Mi ero figurata tantissime volte come sarebbe stato baciarlo, poggiare le mie labbra sulle sue, assaporarne il sapore… ma quando succedeva ci trovavamo in luoghi appartati e romantici, come una radura vicino a un fiume o seduti all’ombra di un grande albero, soprattutto poi eravamo completamente, assolutamente SOLI. Non mi sarei mai immaginata che accadesse dentro un’affollatissima classe con tutti gli occhi puntati su di noi!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua, con il penultimo capitolo!
Eh già, la storia è quasi giunta al termine, ma credetemi, il finale non vi deluderà...
Questo chappy parla dell'ultimo giorno di scuola dei nostri quattro amici...ho deciso di scriverlo ieri perché è stato proprio il mio ultimo giorno, ma non sono riuscita a postarlo in tempo!
Mi è parso di capire che la maggior parte di voi preferisca che Edoardo e Alice restino insieme...perciò, non temete, sarà così.
Ma concedetemi almeno un ultimo divertimento...(poi vi lascerò al vostro lieto fine!)
...Leggete e capirete!
*muahmuahmuah*








Guardai l'orologio con la coda dell'occhio.
Le 10.37 minuti.
Mi mossi a disagio sulla sedia. Meno di due ore, forza Alice, puoi resistere! mi dissi, illudendomi.
-Lombardi, se vuoi l'anno prossimo facciamo una colletta per comprare un orologio da appendere in classe, così non sarai costretta a sbirciare l'ora dal tuo ogni due minuti- disse la prof., gelida.
Sbuffai -Ma prof., perché fa ancora lezione?-
-Perché è il mio lavoro- rispose, facendo finta di ignorare il vero significato della mia domanda.
Alzai gli occhi al cielo, frustrata -Nessuno spiega più niente, andiamo, sia buona, è o non è l'ultimo giorno di scuola?!-
Alle ultime quattro parole i miei compagni parvero risvegliarsi e cominciarono a lamentarsi a gran voce.
La prof. mi guardò furiosa "Sempre colpa sua!" pareva dire il suo sguardo. Trattenni un ghigno.
-Silenzio!- tuonò lei -altrimenti vi riempio di compiti per le vacanze!-
A quella terribile minaccia la classe si zittì all'istante. Poi la prof. si rivolse a me.
-Lombardi, possibile che quando parli tu succede sempre il finimondo?-
-Eh prof., il mondo si imbarazza davanti alla mia bellezza- dissi io, scuotendo la mia folta chioma e sbattendo le ciglia.
Una sonora risata rimbombò nell'aula, mentre la prof. mi guardava livida.
-Questa replica ti costerà cara, innanzitutto ti becchi subito una nota sul registro, e se continui finisci dritta dal preside!-
-Che palle- mi lamentai, sprofondando nella sedia -mamma mi ammazza se scopre che ho avuto un'altra nota-
-Questa dovrebbe essere la diciannovesima, se non sbaglio- affermò Elisabetta, seduta di fianco a me.
La guardai scocciata -Non c'è bisogno che me lo ricordi-
Lei per tutta risposta mi sorrise -Dai, ancora una e vai a venti, un record!-
-Certo, ti confesso che quello è proprio il mio obbiettivo!- dissi ironica -ma mi sa che in due minuti non ce la faccio, accidenti-
-Oh, ma hai ancora l'ora di spagnolo-
-Ah, allora ok...-
Il tanto atteso suono della campanella interruppe il nostro discorso.
L'intera classe si alzò in piedi, tra urli e schiamazzi. La prof. non cercò nemmeno di riportare l'ordine, ma si dileguò, lasciando quel putiferio nelle mani della povera collega di spagnolo.
La piccola prof. Gonzales entrò in classe -Por favor, haceis silencio...- chiese con la sua vocina.
Sè, buona notte! pensai, mentre intorno a me il caos infuriava. Avevano persino cominciato a girare dei gavettoni pieni d'acqua, saltati fuori da non so dove, che venivano lanciati dai maschi in direzione delle femmine. Alcune malcapitate erano già fradice, altre cercavano freneticamente un riparo, correndo di qua e di la e gettandosi sotto i banchi.
Bzzzzz!
Il cellulare mi vibrò in tasca.
Bzzzzzzzzz!
Lo tirai fuori. C'era un messaggio:
"Stiamo per giocare la finale contro quelle merde del Don Manzoni, venite a vederci?"
Sorrisi, mi stavo quasi dimenticando che oggi c'era la finalissima di rugby. Don Milani contro Don Manzoni. Noi contro loro. E Edoardo sarebbe stato in prima fila, pronto a sbaragliare gli avversari. Non me lo sarei persa per nulla al mondo, anche perché con i pantaloncini aderenti della divisa era davvero uno schianto...
-Sentaos...- tentò ancora la Gonzales, per poi lanciare un urletto quando un palloncino strapieno d'acqua scoppiò a pochi centimetri da lei, e rifugiarsi dietro alla cattedra.
-Uff, se non faccio qualcosa qua va a finire davvero che becco la ventesima nota!- borbottai, chinandomi per evitare un micidiale proiettile.
Corsi verso la prof. e agilmente saltai sulla cattedra -Raga, ascoltatemi!- dissi forte.
Il putiferio continuò, imperterrito.
Stavo proprio perdendo la pazienza, se fossi tornata a casa con ben due note mi sarei potuta scordare il motorino per la promozione.
-CAZZO, MA VOLETE STARE ZITTI E FERMI PER UN ATTIMO?!?- strillai.
Ventinove facce mi fissarono, in attesa.
Mi schiarii la voce -La nostra squadra di rugby sta per disputare la finale, chi vuole andare a fare il tifo?-
Un coro di "Io!" risuonò nell'aula.
Sogghignai, voltandomi verso la prof. che mi squadrava terrorizzata -Prof, possiamo andare in palestra?-
-S-si, claro que si, pero no haceis confusion...- disse, incerta.
Ma io mi ero già girata per annunciare la lieta novella ai miei compagni, che subito si accalcarono verso la porta, in direzione della palestra.
-La solita sagoma eh?- commentò la mia amica, schiacciata come me in mezzo alla mandria.
-Sarà, ma grazie a me potrai vedere il tuo fidanzato giocare! Non è quello che volevi?-
Mi fissò, combattuta tra il suo istinto da secchiona e la voglia di rivedere finalmente Jacopo. Subito dopo la mia disastrosa festa di compleanno, lui e suo fratello erano partiti con la squadra di rugby per partecipare a un torneo di un mese che si sarebbe tenuto a Strasburgo. Sia io che Elisabetta eravamo rimaste scioccate dalla notizia: in primo luogo, Strasburgo ci pareva lontanissimo, e inoltre saremmo restate lontane da loro per trenta lunghissimi giorni!
Ma sapevamo che ci tenevamo, perciò non avevamo protestato ed avevamo tenuto i nostri pensieri per noi.
Ma ora i nostri eroi erano ritornati, e entrambe eravamo in fibrillazione all'idea di riabbracciarli.
Sospirò, probabilmente assorta nei miei stessi pensieri -E va bene, mi hai convinta- si arrese.
Sfoderai un sorriso sornione e la presi per mano, diretta verso gli spalti della grande palestra.
Ci sedemmo, attendendo impazienti l'arrivo dei due ragazzi. Quando la nostra squadra entrò in campo, fu accolta da un grande applauso. Mentre battevo forte le mani, aguzzai la vista: ciò nonostante non riuscii a distinguere Edoardo in mezzo a quel miscuglio di divise.
Poi una mano si alzò, agitandosi verso di me. Il mio cuore fece una capriola quando mi accorsi che era proprio il mio ragazzo che mi stava salutando.
Alzai anche io la mano, ormai scorticata a forza di applaudire, e gli mandai un bacio. Buona fortuna! gli augurai, mentre il fischio dell'arbitro segnava l'inizio della partita.
Sia Edoardo che Jacopo giocarono benissimo, non si lasciarono sfuggire neanche un'occasione e segnarono ciascuno diverse mete. Alla fine del primo tempo li vidi correre in spogliatoio per rinfrescarsi, esausti ma soddisfatti dell'andamento positivo del match.
-Jacopo è stato fantastico- esclamò Elisabetta, saltellando sul posto. Non era rimasta ferma nemmeno un secondo, agitata com'era.
-Anche Edoardo- aggiunsi io.
Mi guardò, decisa -Però ammettilo: ha giocato meglio Jacopo questa volta-
Per tutta risposta la fissai corrucciata -Assolutamente no! Si sa che Edoardo è il migliore-
-Ammetto che normalmente è più bravo, ma non oggi. Jacopo era davvero in grande forma!-
-Perchè, Edo no?-
-Sì ma...non come suo fratello-
Cominciavo a innervosirmi -E invece ti sbagli, il mio è il più bravo, come sempre-
Anche lei si accigliò -Alice, non fare la testarda, non puoi negare l'evidenza!-
-Ma quale evidenza! Qui la straordinaria bravura di Jacopo la vedi solo tu- ribattei, alzando leggermente la voce.
Ma lei, tranquilla come sempre, rispose -Benissimo, c'è una soluzione a questo dilemma-
-Ah sì? Illuminami- sbottai, ancora arrabbiata.
-Io scommetto che oggi il migliore in campo sarà Jacopo, mentre tu Edoardo- stabilì.
-Ok, ci sto- accettai d’impulso -qual'è la posta in gioco?-
-Quella di noi due che perderà la scommessa, sarà costretta a fare la cosa che più odia- sancì -tu per esempio dovrai stare buona in classe e prestare attenzione alla lezione-
Storsi il naso -E tu invece?-
-Non saprei, so fare tutto!- si pavoneggiò.
Dici? Vedremo pensai ferocemente, arrovellandomi il cervello in cerca di un’adeguata penitenza.
Guardai il campo dove i giocatori stavano rientrando. Edoardo si girò a salutarmi, e per una frazione di secondo vidi il suo sguardo spostarsi verso la mia amica al mio fianco.
Fu allora che un'idea assurda mi passò per la mente. Era così impossibile, stravagante e paradossale...che avrebbe potuto funzionare.
Mi girai verso Elisabetta, con un sorrisetto stampato in faccia. E con quell'espressione divertita emisi la sua condanna:
-Se perdi la scommessa, dovrai baciare in bocca Edoardo-

   
 
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