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Autore: Toujours Pur    21/06/2017    2 recensioni
Ci sono amori destinati a durare per sempre, nonostante gli errori.
Tratto dal primo capitolo
"Se solo fosse stata meno orgogliosa lo avrebbe rincorso."
"Ma c’era l’orgoglio di Benji, lui non l’avrebbe mai perdonata."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimasto solo Benji si lasciò cadere sul divano. Era stanco, aveva la sensazione di aver corso per chilometri, invece a logorarlo erano ancora una volta Charlotte e i suoi segreti, che a quanto sembrava voleva tenersi ben stretti. Nonostante volesse far finta di niente, il suo cervello elaborava i peggiori scenari, e ad ogni possibile evento corrispondeva un suo mutamento di umore. Capì che per evitare sentimenti negativi e potenzialmente distruttivi per la sua relazione, doveva parlare con lei, l’unica che poteva e doveva dargli delle spiegazioni.

Giunto a destinazione, bussò con insistenza al campanello ma nessuno apriva.

“Charlotte, apri. So che sei in casa, le luci sono accese. Non fare la bambina e apri questa dannatissima porta!” tuonò il portiere.

Dall’altra parte della porta, la ragazza era combattuta tra far finta di nulla e l’aprire. Alla fine dovette cedere altrimenti, l’insistenza dell’altro avrebbe svegliato l’intero palazzo. Quando la porta venne aperta, davanti al ragazzo comparve una Charlotte, che sembrava lo spettro di se stessa. Indossava un maglione extralarge con dei leggins che la facevano sembrare più piccola dei suoi quasi venticinque anni, ma fu il volto a far star male Benji. Infatti la ragazza aveva gli occhi e il naso rossi, sintomi evidenti di chi aveva pianto e anche tanto. Fu in quell’istante che il ragazzo comprese che Charlotte era soltanto una bambina cresciuta troppo in fretta, in un mondo di solitudine e che come lui aveva imparato a cavarsela da sola anche nei momenti più bui.

“Posso entrare?” chiese con più calma. La donna annuì e si spostò per farlo entrare. Lui si sedette sul divano in attesa che lei lo raggiungesse. Dopo un attimo di esitazione, si mise al suo fianco ma si trincerò in un fitto silenzio.

Benji si passò una mano sul volto stanco, poi sussurrò: “Char, per favore parlami. Cosa ti affligge? Cosa ti è successo a New York?”

La ragazza distolse lo sguardo dal fidanzato per iniziare a piangere di nuovo silenziosamente, poi si alzò e iniziò a camminare per il salone passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Il suo pellegrinare per la stanza venne interrotto dal ragazzo, che prendendola per mano la fece sedere nuovamente vicino a lui.

“Perché ti interessa tanto saperlo?” domandò a voce bassa, per poi riprendere “Sono cose successe più o meno quattro anni fa.”

“Mi interessa perché riguarda te. Mi importa perché è qualcosa che, evidentemente, ti logora e ti sfinisce. Per favore non escludermi” concluse il campione.
Charlotte prese un grosso respiro, consapevole che si era giunti alla resa dei conti. Se voleva che la sua relazione funzionasse e durasse, doveva raccontare almeno un po’ dei suoi segreti.

“Quando mi sono trasferita di nuovo in America, sapevo che non sarebbe stato facile” esordì a voce talmente bassa che Benji dovette fare un grande sforzo per sentirla, nonostante stesse a pochi centimetri da lei. “Ero anche consapevole di quale clima ci fosse nella mia famiglia. I miei genitori erano sempre impegnati in qualcosa e i miei fratelli non sarebbero stati contenti di avermi lì. Sai ho sempre pensato che per loro fosse una benedizione l’essermi innamorata di te. Nonostante tutto una parte di me, credo quella più infantile, sperava in un cambiamento anche piccolo, ma mi ero sbagliata. Infatti nel momento in cui arrivai a casa non c’erano i miei ad accogliermi, erano fuori, tuttavia c’erano i miei fratelli. L’accoglienza, come puoi ben immaginare, fu gelida. Mi sentivo un estranea nella mia stessa famiglia” dovette fermarsi perché le venne meno la voce.

Il portiere le strinse forte la mano per incoraggiarla, infatti Charlotte forte della vicinanza dell’uomo che amava, continuò il racconto. “Nel periodo successivo nulla migliorò, anzi se è possibile peggiorò. Per loro era come se non esistessi, non si interessavano a niente che mi riguardasse. Il vuoto. Gli unici erano i miei nonni, ma loro erano a Washington e non sarebbero tornati prima di natale. Mi sentivo tanto sola e a questa solitudine si aggiungeva anche il senso di colpa che provavo ogni volta che ti pensavo. Avevo lasciato te, il mio amore, per capire e trovare me stessa ma stavo fallendo. Ad un certo punto, mi fu chiaro che potevo comportarmi bene quanto volessi, loro comunque non avrebbero fatto caso a me. Trovai, almeno in quel momento mi sembrava un’idea geniale, un modo per farmi notare. Diventai, per così dire, ribelle. Andavo a qualsiasi festa mi invitavano, iniziai ad essere dissoluta. No, non facevo uso di droghe, nel caso te lo stessi chiedendo. Ma mi ubriacavo e anche tanto, con la speranza che vedendo il buon nome della famiglia sempre sulle copertine dei giornali scandalistici, mi dessero attenzione. Mi sbagliavo. Continuavo ad essere invisibile, e fu quando realizzati ciò, che intrapresi un pendio scivoloso” si fermò per bere un sorso d’acqua, perché stava per arrivare la parte più difficile. Benji la guardava e tratteneva il respiro.

“Per loro ero invisibile, e io inconsciamente feci di tutto per esserlo. Senza che me ne rendessi conto smisi di mangiare. In un certo senso volevo sparire. Fu mia nonna, che tornata in città si rese conto che qualcosa non andava. Ero sottopeso e depressa. Subito mi portò dal medico della nostra famiglia, e insieme mi ricoverarono in una clinica per disturbi alimentari. È stato allora che ho conosciuto Derek, era lo specializzando del medico. La sua amicizia è stata una boccata d’aria fresca, mi ha aiutata a tornare alla vita quando io non volevo più saperne nulla. Dopo le cure, sono giunta alla conclusione che non potevo annullarmi per cose che non potevo controllare, ma potevo impegnarmi per realizzare i miei sogni. Tornata a casa mi impegnai nello studio e nel lavoro, non m’importava di ciò che le persone dicevano e facevano, andavo dritta per la mia strada. L’anno scorso poi ho deciso di comprare le quote della squadra, Derek non voleva, aveva paura che potessi avere una ricaduta. Abbiamo litigato e anche tanto, alla fine siamo giunti ad un compromesso. Una volta al mese ci saremmo visti per una visita di controllo. Adesso sto bene.”

Alla fine del racconto Benji era stravolto, non sapeva cosa dire. L’unica cosa che gli era chiara era il voler prendere a pugni i fratelli e tutti quelli che l’avevano fatta soffrire.
“Se adesso stai bene, perché lui vuole tenerti sotto controllo?” domandò preoccupato.

“Il mio problema non scompare del tutto. C’è sempre una possibilità di ricaduta e ci vogliamo solo assicurare che tutto vada bene” spiegò. “Ora capisci perché non volevo dirti nulla? Adesso non potrai non preoccuparti, costantemente, per me.”

“Char, io mi preoccupo sempre per te. Mi preoccupavo quando eravamo piccoli e mi preoccupo ora. Quello che mi hai raccontato non cambia nulla, né il mio amore né nient’altro. Ti amo e voglio stare con te.”

Finalmente il peso sul cuore che gravava sui due si era alleggerito, e dopo essersi riconciliati con un dolce bacio passarono insieme la notte abbracciati.



Angolo autrice
Salve! Ho avuto del tempo libero e son riuscita ad aggiornare. Grazie mille alle ragazze che recensiscono. Grazie di cuore.
Un saluto, Anny

  
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