Need (you)
Well,
it's too late tonight
to
drag the past out into the light
We’re
one, but we’re not the same
We
get to carry each other. Carry each other
One
Un
urlo strozzato. Nient'altro. Eppure a Sherlock bastò per
saltare,
rapido, in piedi, ormai sveglio – non che stesse realmente
dormendo, comunque. Corse subito al piano superiore, sapendo
già
cosa avrebbe trovato.
Un
altro incubo, per l'appunto. John si contorceva tra le lenzuola,
boccheggiando alla ricerca di aria, la mano destra si alzò
debole
andando a posarsi sul collo in automatico; Rosie non si era accorta
di niente, per fortuna, era arrivato in tempo. Sherlock si
piegò
sulle ginocchia, avvicinandosi al letto del dottore, sussurrando il
suo nome nel tono più morbido di cui era capace. Non si
azzardò a
toccarlo, rischiava di peggiorare la situazione. Ma la sua voce, in
ogni caso, parve bastare: Watson cominciò a calmarsi,
tornando a
respirare normalmente.
Holmes
fece per andarsene, un'altra tempesta era stata calmata, un altro
annegamento era stato ormai scampato.
«Resta.»
Un
borbottio spezzato da un singhiozzo congelò Sherlock sul
posto, gli
parve naturale chiedersi se il ritrovato coinquilino stesse parlando
con lui o con i suoi spettri.
«Resta.»
Ripeté
una seconda volta, sveglio. Il detective si lasciò quindi
cadere sul
suo letto, al suo fianco. John si avvicinò appena, fino a
toccargli
il braccio sinistro con le spalle, in un silenzioso invito a stargli
vicino. Era una di quelle sere, pensò Sherlock, una di
quelle notti
in cui la solitudine diventava opprimente, come un soldato nemico, un
gigante spaventoso, troppo forte per poter essere sconfitto da un
solo uomo. Eppure, in due, con le loro solitudini ben distinte,
sembrava diventare un po' più accettabile; insieme si
sentivano
quasi invincibili, come lo erano stati un tempo, che sembrava adesso
abbastanza lontano.
Il
consulente investigativo si girò sul fianco, il petto contro
la
schiena del dottore. Allungò le braccia, stringendo il suo
dolore,
facendosene carico. John vi si aggrappò con tutta la sua
forza,
trovandovi riparo.
Era
una di quelle sere, dicevamo, in cui aveva un disperato bisogno di
lui. Quel misero contatto faceva sanguinare Holmes, ogni volta;
strinse i pugni e Watson lo portò più vicino. Ne
avevano parlato,
avevano deciso di aspettare.
Sherlock
lo avrebbe aspettato per settimane, per mesi, per anni. A denti
stretti avrebbe incassato e sopportato la lama invisibile che
sembrava piantarglisi nel cuore, ogni notte. Lo avrebbe fatto,
perché
per John ne valeva la pena.
Per
John sarebbe corso fino in capo al mondo, nel cuore della notte, solo
per tenerlo stretto a sé, per farlo sentire protetto. Se
John avesse
avuto bisogno, lui ci sarebbe stato, questa volta.
Stava
a lui, adesso, salvargli la vita.
Angolo
dell'autrice:
Scritta tutta in dieci minuti, ci credereste? Ero in macchina, la
radio ha mandato One e l'ispirazione è venuta da
sé. Doveva essere
una drabble, in partenza, ma come potete notare le parole hanno preso
il sopravvento. Ambientata subito dopo The Final Problem, non credo
ci sia bisogno di spiegare quello che volessi dire (anche
perché a
me piace leggere anche le diverse interpretazioni che danno i
lettori). Il risultato, comunque, non mi fa impazzire molto, quasi
per nulla a dire il vero, ma odio tenere le cose che scrivo per me,
quindi.
Fatemi
sapere :)
Sà