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Autore: Akane Rosenrot    23/06/2017    0 recensioni
Tutti conoscono bene la mitologia greca o quella nordica, ma se vi dicessi che anche la mitologia egizia sa essere in egual modo affascinante, coinvolgente e divertente? Anche qui ci saranno storie d'amore, intrighi di corte, tradimenti, omicidi e imprese eroiche. Per esempio: vi siete mai chiesti come fossero nati cielo e terra? Oppure se anche nel pantheon egizio ci fossero scappatelle dei mariti e vendette delle mogli? Beh, se volete scoprire la meravigliosa storia nascosta nei geroglifici, continuate la lettura...
Genere: Sentimentale, Storico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Storico
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Invidioso del loro amore, Ra aveva ordinato a Shu di dividere Geb e Nut proibendo loro di vedersi in qualsiasi giorno dell’anno. Non c’è bisogno di raccontare quanto dolore avesse provocato questa imposizione nel cuore dei due amanti. Eppure, nonostante si trovassero confinati in due luoghi differenti, uno nel palazzo e l’altra nel tempio, trovarono il modo di comunicare fra di loro; beh, certo, non ce l’avrebbero mai fatta senza l’aiuto di un amico…
«Grazie infinite Thot!» la giovane donna fece scivolare un foglio di papiro sotto la porta dalla quale non le era permesso uscire. L’uomo raccolse la lettera e la nascose fra le sue pergamene, come ormai era solito fare per permettere ai due innamorati di parlarsi, seppur solo in forma epistolare.
«Di nulla Nut, sai che sono dalla vostra parte» sussurrò lui «ci vediamo fra un mese» fece per andarsene, ma la voce della dea lo fermò.
«A-aspetta…» innervosito accostò l’orecchio alla tavola di legno.
«Nut, le altre sacerdotesse potrebbero arrivare da un momento all’altro, cosa c’è?»
«Vorremmo vederci!» esclamò la donna dalla stanza adiacente e subito si zittì, impaurita.
«V-vedervi?! Ma sei uscita di senno? Sai benissimo quali sono gli ordini di Ra!»
«Sì, lo so: “… e non vi sarà giorno dell’anno che sarà testimone dei vostri incontri, d’ora innanzi vi è proibito avere contatti l’uno con l’altra”» recitò lei con malinconia, come fosse una litania che si ripeteva la sera prima di coricarsi cosa che, in effetti, faceva. Le ci volle un attimo per riprendersi e non abbandonarsi a pensieri dolorosi così facili da raggiungere «So quali sono gli ordini, ma so anche che tu sei famoso per la tua sapienza ed il tuo ingegno, sono sicura tu sia in grado di trovare una soluzione, sei… l’unica nostra speranza.» Non c’era bisogno di vederla in volto per capire quanta fiducia riponesse nell’amico. Thot si schiarì un attimo la voce e, dopo un veloce segno d’assenso, si allontanò dal tempio, soffocato da esagerate e disperate aspettative. Come poteva soddisfare una richiesta così assurda? Non c’erano clausole a cui appellarsi, postille da giocare a proprio favore; l’ordine era chiaro e inequivocabile: Geb e Nut non potevano vedersi in nessun giorno dell’anno. Chiuso nel suo disordinato studio, fra papiri, inchiostri e molta polvere, Thot stette giorni a rimuginare su quelle parole. Da una parte, se si fosse rifiutato di aiutare i due eredi, avrebbe tradito la fiducia di due cari amici e si sa, l’amicizia è cosa sacra. Dall’altra parte rischiava di finire vittima della rabbia del dio del Sole in caso egli lo avesse scoperto coinvolto in tutto ciò. Cosa molto spiacevole. Non avrebbe di certo infranto le regole, lui non infrangeva mai le regole –Pensa Thot, pensa! Devi trovare una soluzione-
Il die della scrittura era così immerso nei suoi ragionamenti che non si accorse del tempo che passava. Solo la sbadataggine del suo babbuino domestico ed il conseguente rumore di un vaso in frantumi riuscirono a fargli riprendere coscienza.
«Già notte? Eppure c’è ancora un sacco di luc-…» L’uomo spalancò gli occhi, scattò alla finestra e si guardò intorno. La luna piena risplendeva alta nel cielo, illuminando a giorno le strade deserte di Eliopoli. Trovato! Entusiasta Thot indossò i sandali, uscì e sparì fra i vicoli in cerca della persona che l’avrebbe aiutato a realizzare il sogno di Geb e Nut.
«Khonsu!!» il dio ibis irruppe impudente nella stanza dell’uomo urlando il suo nome
«Shh…» sembrava si fosse appena coricato «sono qui Thot, non serve urlare, ma che ti prende? Lo sai che è mezzanotte passata?»
«Sì lo so, scusa, ma ho proprio bisogno del tuo aiuto. Inoltre… tu non dormi la notte, quindi sapevo di non disturbarti» rispose affannato, non era mai stato particolarmente atletico. Khonsu alzò un sopracciglio incuriosito.
«Il mio aiuto? Perché mai il grande dio protettore degli scriba, inventore della scrittura, segretario del faraone avrebbe bisogno di una semplice divinità “minore” come il sottoscritto?» chiese ironico avanzando verso l’ospite. –Oh perfetto- pensò Thot –ce l’ha ancora con me perché il faraone preferisce me a lui, sarà più complicato del previsto- Lo scriba chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
«Ho bisogno che tu mi regali la luce della luna»
Silenzio. Poi il suo interlocutore scoppiò in una grossa risata che si protrasse fino a diventare irritante. Una volta esaurito il riso lo sguardo superbo di Khonsu suggerì al povero scriba che non avrebbe ottenuto una risposta affermativa come aveva sperato. 
«Che richiesta pretenziosa… e, se posso permettermi di chiedere, a cosa ti servirebbe?»
Thot sapeva di non poter dire la verità, se l’avesse fatto sicuramente Khonsu si sarebbe rifiutato di aiutarlo, troppo spaventato dalle possibili conseguenze. Rimase zitto, incapace di dare una risposta soddisfacente. Visto l’ospite in difficoltà il signore della luna si diresse verso la terrazza che si affacciava sul grande giardino privato. Volse gli occhi al cielo, lasciandosi illuminare dal bianco satellite a dalle sue mille compagne. Quella fredda luce si rifletteva sulla sua pallida pelle facendole assumere sfumature argentate.
«Nulla si dà gratis, mio caro Thot, e quello che tu mi chiedi non è cosa da poco. Sono molto tentato a lasciarti risolvere le tue questioni da solo, ho il presentimento che tu ti stia mettendo nei guai con Ra e, capiscimi, vorrei evitare di inimicarmi il dio del Sole. Tuttavia...» lo guardò di sottecchi «mi hai davvero stuzzicato, muoio dalla voglia di sapere a cosa ti servano i raggi della mia luna, anche se so che, conoscendoti, non me lo dirai. Quindi: cosa facciamo?»
Thot era troppo occupato a mettere insieme tutte le sue conoscenze, che non erano poche, per trovare una soluzione e non sentì nemmeno la domanda.
«Giochiamocela!» esclamò di punto in bianco risvegliandosi dalla trance.
«Prego?»
«Giochiamo a dadi e scommettiamo: se vinco io mi darai un po’ di luce e…»
«E se invece vinco io?»
«Se vinci tu… sei libero di chiedermi tutto ciò che desideri e io te lo darò» sospirò l’uomo dopo averci pensato un attimo. L’altro sorrise soddisfatto, intrigato da quella situazione inaspettata. Quella serata stava prendendo una piega decisamente interessante, chissà se ne avrebbe davvero tratto profitto.
 
Si decise di sfidarsi al gioco del Senet. Uno dei giochi più comuni fra gli egiziani, tutti conoscevano le regole: il piano di gioco era diviso in 30 caselle (15 bianche e 15 nere), ogni giocatore aveva a disposizione 10 pedine. Lo scopo del gioco era riuscire, in un tempo stabilito, a far uscire dalla tavola più pedine possibili dopo aver fatto fare a ciascuna un giro completo. Su una singola casella poteva sostare una sola pedina per volta, se un giocatore capitava in una casella già occupata la pedina dell’avversario veniva “mangiata” e rimandata indietro. Ci si muoveva in modo bustrofedico di tante caselle quanto indicava il numero ottenuto dal lancio degli astrugali. Gli astrugali, conosciuti anche come dadi, erano quattro sezioni cilindriche di legno con un latto pitturato di bianco e uno di nero. La parte nera valeva due punti, quella bianca zero. Se quindi il giocatore lanciava i dadi le combinazioni non erano molte: uno nero e tre bianchi, due punti; due neri due bianchi, quattro punti e così via… Per rendere il tutto ancora più dinamico, in ordine sparso sul tavolo di gioco, erano presenti cinque caselle “speciali”, contrassegnate da determinati geroglifici, che potevano avvantaggiare, ma anche portare in svantaggio chi ci finiva sopra. Il tempo che avevano concordato era segnato dal sorgere del sole: all’alba la sfida sarebbe terminata.
Il primo a lanciare gli astrugali fu Thot: sei. –Molto bene- pensò –comincio subito con numeri alti- e spostò la prima pedina dando ufficialmente inizio al gioco. Purtroppo la sfida non si basava su abilità personali, ma sulla mera fortuna dei partecipanti, per questo il vantaggio era altalenante. Il tempo trascorreva troppo velocemente e all’approssimarsi dell’ora stabilita Thot, a furia di “stai fermo” “torna indietro” “cambia posto”, aveva solo tre pedine su dieci fuori dalla scacchiera e il suo avversario pure. Non poteva concludersi in parità, entrambi lo sapevano; avevano il tempo di un ultimo, decisivo giro: la pedina che per prima sarebbe uscita avrebbe decretato il vincitore. Due, quattro. Quattro, sei. Otto, zero. Le due figurine di legno si superavano, arretravano, cambiavano posizione senza mai distanziarsi troppo l’una dall’altra, come fosse una danza. Ultime mosse. Thot era in vantaggio sì, ma di sole due caselle, ne mancavano sei. Tirò. Tutti i bastoncini erano bianchi, lo scriba cominciò ad innervosirsi davvero, bastava che il suo opponente facesse otto per vincere. Khonsu, cosciente di ciò, prese in mano i bastoncini con un’espressione beffarda. Non tirò subito, con estremo sadismo riuscì a creare un’atmosfera così tesa da far sudare freddo l’uomo di fronte a lui.
«Sicuro di non volermi dire a cosa ti serve? Forse mi faresti cambiare ide-…»
«Tira e basta!»
Sei. Seccato Khonsu digrignò i denti passando gli astrugali. Era la sua occasione, in quel momento Thot aveva il potere di salvare due giovani innamorati da un’eterna esistenza vuota e priva di scopo.  Aveva la possibilità di aiutare due amici, i suoi primi veri amici e ce l’avrebbe fatta, oh sì che ce l’avrebbe fatta. Chiuse gli occhi, contò fino a tre, il sole sorse.
«Peccato…» sospirò il dio della luna sorridendo. Thot aprì gli occhi, senza il coraggio di guardare il risultato «Eh, vabbè, la mia curiosità dovrà aspettare, oggi la sorte era dalla tua dio della scrittura» Incredulo Thot cercò con lo sguardo i bastoncini: tutti e quattro neri il che significava…
«Otto! Ho vinto!» saltò in piedi esultando «ora mi darai la luce?»
Khonsu su alzò a sua volta, ma con molta più calma.
«Ma quanta fretta, non aspetti un attimo eh? Dato che non hai specificato di quanta luce avevi bisogno…» girò intorno al tavolo rimettendo a posto i pezzi del gioco «vediamo, tu hai tirato fuori quattro pedine… ti darò l’equivalente di quattro notti di luna piena, d’accordo?»
Thot non la smetteva di sorridere, era esattamente quello di cui aveva bisogno.
Fu così che grazie ad una scommessa, il dio della sapienza, padre della scrittura, creò con la bianca luce della luna, quattro giorni che non facevano parte dell’anno e che non rientravano perciò in quei famosi giorni nei quali Ra aveva impedito ai due amanti di vedersi. E i due si incontrarono e amarono più ardentemente e intensamente che mai. Prima che quei giorni finissero trovarono un modo per restare uniti nella lontananza, qualsiasi cosa sarebbe successa.
 
«Grazie mille Thot» la giovane donna fece scivolare un foglio di papiro sotto la porta dalla quale non le era permesso uscire. L’uomo raccolse la lettera e la nascose fra le sue pergamene, poi dolce le chiese «Voi come state?» Nut sorrise
«Bene, stiamo molto bene»
«E hai già deciso il nome?» la dea appoggiò una mano sul ventre gonfio di vita.
«Osiride, si chiamerà Osiride, “il potente”. Siederà sul trono d’Egitto come uno dei più grandi faraoni, verrà acclamato dalle genti, lui simbolo dell’unione fra Cielo e Terra, e governerà il nostro paese con saggezza e bontà. Sì, nostro figlio si chiamerà Osiride e sarà il prossimo faraone d’Egitto»


Ciao a tutti qui Spritz, l'autrice. :)
Ah, cosa non si fa per gli amici? Pensate che quello che noi potremmo definire oggi come il "secchione della classe" ha trovato il coraggio per ingannare il dio del Sole! Questo capitolo aveva un'accezione un po' più didattica (vedrete che nei prossimi ci saranno di nuovo tragiche storie d'amore e simili) perchè volevo far conoscere qualche usanza del nostro caro popolo egizio. Come passavano il tempo? Con i giochi da tavolo! Ne esistevano di vari tipi, uno era tale e quale all'odierno gioco dell'oca con l'unica differenza che il percorso aveva la forma di un serpente attorcigliato su se stesso; quello che ho voluto presentare qui era il più comune. Pensate: il Senet è uno dei primi giochi da tavola al mondo! La prossima volta quando non sapete come passare il pomeriggio, provate a fare una partitina a Senet e fatemi sapere cosa ne pensate (creare il gioco è davvero semplice, basta disegnare pedine e scacchiera su un foglio e utilizzare quattro cannucce come astrugali). Spero che il capitolo vi sia piaciuto, aspetto recensioni (recensiteeee). Cosa succederà nel prossimo capitolo? Beh, non so se ve ne siete accorti ma... Nut è incinta! E non di un dio qualunque, ma di Osiride che, credetemi, non era il faraone perfetto che raccontano i geroglifici...
Alla prossima leggenda!
   
 
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