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Autore: queenjane    23/06/2017    2 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Nel gennaio 1905, la granduchessa Olga preferiva riflettere sulle  prodezze dell’attesissimo fratellino. Ed era in ansia, che molto spesso i dottori si affollavano intorno alla sua culla, alle volte piangeva per ore e ore,  e non era per la fame o il bisogno di essere cambiato o di essere preso in braccio.
Perché ? Che ha?
E tra un episodio e l’altro era un bambino delizioso, stupendo, il centro della famiglia imperiale, come scrisse poi il loro precettore svizzero Gilliard..


E comunque  capiva che l’atmosfera era tesa, irrequieta, per quanto le dicessero poco o  nulla sulla situazione.
I feriti erano tornati dalla guerra, pieni di rabbia e mutilazioni, scarseggiavano cibo e lavoro, gli operai adesso erano in sciopero perenne.



In quel mese, l'imperatore si apprestava a partecipare alla tradizionale cerimonia di benedizione delle acque del fiume Neva.
Era su un palco, lo zar, tutto impellicciato, mentre la famiglia e la corte imperiale osservano da dietro le finestre del Palazzo d’Inverno.
Il vescovo immerse la croce nel foro praticato nel ghiaccio, i cannoni tuonavano a salve dalla fortezza dei Santi Pietro e Paolo.
Un poliziotto accanto allo zar si accasciò a terra, la candida neve si colorò di scarlatto.. delle granate colpirono il palazzo, i vetri implosero, poliziotti e guardie sciamarono accanto a Nicola II, mentre io, la principessa Catherine, mi ero spostate davanti a Olga.
-Assassini! Traditori ..  i  cannoni caricati con proiettili veri e non a salve.. Dio Animali.. Assassini.- Le urla rotolavano come ferro..
I vetri impazziti dentro un caleidoscopio. Un eco infinito.
All’interno del palazzo ci ritrovammo con schegge su scarpe e vestiti, una finestra era esplosa, ma eravamo illesi, lo zar rimase fermo, segnandosi, altro sul momento non poteva fare.
Il 9 gennaio 1905 avvenne la cosiddetta domenica di sangue, i soldati spararono sulla folla di operai che chiedevano salari più equi, otto ore di lavoro al giorno, maggiore assistenza, un corteo non autorizzato che tuttavia si era svolto lo stesso.
.. quello che indignò i giornali stranieri fu la crudeltà della repressione, anziani e bambini feriti a colpi di sciabola, come criminali.
Lo zar era maledetto, sosteneva la gente, aveva impoverito il suo popolo, portato le campagne alla povertà più estrema. Fatto sconfiggere il paese dai giapponesi, era un mostro assetato di sangue, crudele e spietato.



Poco prima del mio decimo compleanno, ero nata il 27 gennaio 1895, i principi Raulov decisero di partire per un viaggio in Europa, sempre desiderato e mai svolto, con l'effetto  di dover dire addio.
-E te ne vai.
-Resto sola-  che dire, Olga, non avevo affatto compiuto la maggiore età, non potevo andare e venire come volevo e nemmeno potevo rimanere presso la famiglia dello zar a tempo indefinito, non ero orfana o disgraziata. Avevo dieci anni, ma fin a lì ci arrivavo pure io. E avevo inteso, non soffriva certo di mancanza di compagnia, aveva le sue sorelle, i genitori, Aleksej, tate e cameriere, tranne che io e lei ci capivamo sempre, alla prima, una specie di magica intesa che avevo solo con lei.
-Sono i miei genitori, mica posso lasciarli- ovvio, come che mi sarebbe mancata
-Come la risolviamo, Cat?- il nomignolo con cui mi chiamava nella prima infanzia, risorse, intatto e amaro.  Strinsi il mento contro il petto, chiedeva a me, non sapevo a quale banalità appellarmi.
-Consideralo un anticipo, Olga, abbiamo progettato di viaggiare per il mondo, io vado in avanscoperta e … ti scriverò. E tu a me.
-E mi mancherai, Olga, sei la persona più cara che lascio in Russia - E qui, dalla distanza, Olga confermo e sottoscrivo, non ci fossi stata, sarei stata così sola da sfiorare la vertigine e appena me ne sarei accorta.-Ottimo, Altezza imperiale.
-E grazie per l’Epifania, quando ti sei messa davanti a me- Scrollai le spalle, non importava.
-Istinto di protezione, Olga, sono più grande di te di quasi dieci mesi e .. ho avuto paura dopo.
-Mi pareva, non sei così intrepida- Le labbra increspate.
-Vai, principessa, non devi fare tardi, e scrivimi- Sospirai, odiava le smancerie ma quella volta glielo potevo ben chiedere.. la separazione incombeva.
-Le moine non ti piacciono, visto che non ci vedremo per mesi, ti posso abbracciare?
-Certo, che aspettavi a chiedere?- e aprendo le braccia, una stretta sottile.
-Torno prima che posso.
-Me lo auguro, Catherine, abbi cura di te- scostandosi, mi allontanava, intuii che combatteva contro le lacrime,  si tratteneva, la figlia di uno zar non eccede in debolezze, si trattiene, in attesa della notte, per premere un cuscino sopra la testa.
Ce n'est qu'un au revoir .
(Non è che un arrivederci)
E io ero la figlia di un principe, omisi di passare a dare un bacio di commiato allo Zarevic. Nella peggiore delle ipotesi si sarebbe agitato, nella migliore nulla avrebbe rilevato.. Aveva da compiere sei mesi, a quell'età i bambini ben scordano, lui era solo un infante, il mio piccolino, Baby, lo chiamava Alessandra, come le sue sorelle, io nulla ero e andava bene così.



Il granduca Sergio Romanvo, zio di Nicola II, nonché suo cognato, che aveva sposato Elisabetta, sorella di Alix, morì nel febbraio 1905, dilaniato da una bomba degli anarchici a Mosca. Sua moglie si ritirò a vita privata, vendette tutti i suoi gioielli e fondò un monastero, trascorrendo il resto della vita tra opere di carità e preghiere.
Immediata conseguenza della bomba fu l’aumento della sorveglianza nei confronti della famiglia imperiale.

Olga singhiozzava di nascosto, la figlia di un soldato fa così, invece sua madre pianse in modo plateale e aperto in tutto il 1905, tra scioperi e rivolte, la sconfitta inflitta dal Giappone con nefaste conseguenze condussero Alessandra sull’orlo dell’esaurimento, un disagio da cui non si sarebbe più ripresa, un progressivo peggioramento del suo essere e del suo carattere, oltre che del suo stato fisico.
 
   
 
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