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Autore: vincey_strychnine    25/06/2017    1 recensioni
" “E io cosa sono?” mi chiese rigirandosi in mano il tappo della bottiglia.
L’animo poetico. L’Anticristo. Il lato oscuro. Vicious e Rotten racchiusi in una persona sola. Un demone in fiamme.
“Beh… tu scrivi i testi e suoni il basso, no?”
(..)
Mi guardò negli occhi da sotto la frangia. “Wow biondina, grazie mille, non sprecarti.”
“Non lo so rockstar, dimmelo tu cosa sei.”
“Sono quello che vedi, bimba.”
“Ah sì? Vuoi dire che non si nasconde nulla dietro agli strati di trucco, alle birre e alle groupie? Vuoi dirmi che questa non è una maschera, che la tua essenza, i tuoi desideri più profondi, sono visibili a tutti alla luce del sole?” Nikki non rispose per un bel po’.
(..)
“Che cos’è che vuoi davvero, Nikki Sixx?” "
Los Angeles, 1983: Rebecca è scappata di casa, da un'Italia che le va stretta, ed ora, nella città dei suoi sogni e con un nome inventato trovato in una canzone, è pronta a farsi una vita che sia come la vuole lei. L'incontro con una rockstar le cambia la vita ancor più del trasferimento, trascinandola in vortice di eventi da cui uscire sarà difficile.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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IV

 

Il vento cominciò a cambiare verso la metà di Ottobre, portando con sé un vago ricordo dell’Italia. Senza troppa emozione pensai a come, a casa, probabilmente la vita di tutti era ricominciata come sempre dopo l’estate. Di tutti i volti che avevo lasciato quella notte, nessuno aveva ormai più un contorno nitido, nemmeno quello di Alessandro, nonostante gli avessi scritto una lettera poco dopo essere arrivata, per rassicurarlo del fatto che stavo bene. Nulla di quel mondo ormai mi apparteneva più, così come io non ero mai appartenuta a quel mondo.

Contrariamente al mio presentimento, Nikki non si era fatto più vivo da quella sera, e mi ero già convinta che quello che c’era stato, qualsiasi cosa ci fosse stata, non fosse niente più che un curioso episodio da raccontare agli amici. Sai, una volta Nikki Sixx dei Mötley Crüe è entrato in negozio da me e poi mi ha portata in giro sulla sua moto, e mi ha comprato da bere, non è pazzesco? mi immaginavo a raccontarlo alle feste o davanti ad un caffè, o a qualcuno di appena conosciuto per rompere il ghiaccio. Peccato che tu sia qui da un mese e mezzo e non conosca nessuno a parte il tuo capo, mi ricordavo allora ogni volta che pensieri simili mi attraversavano la mente. Dal canto suo, il mio capo aveva iniziato, dal giorno in cui Nikki era venuto al negozio, ad uscire dal suo letargo e ad essere sempre più attivo. Non parlava mai dell’accaduto, ma era come se vedere una celebrità alla Empire Records avesse instillato in lui nuova linfa vitale, e per quanto vedere Robb così mi facesse piacere, la sua iperattività era anche vagamente stressante.

Così, quel giorno, dopo il suo ennesimo giro a vuoto fra gli scaffali non riuscii più a trattenermi.

“Robb, adesso basta! E’ la decima volta che sistemi la sezione dei più venduti, e posso garantirti che spostare Wish You Were Here avanti e indietro come un pazzo non farà comparire magicamente Roger Waters davanti a te!”

Robb si bloccò all’improvviso, per poi voltarsi verso di me con una lentezza esasperante. Mi guardò, interdetto, da sotto le palpebre pesanti e socchiuse. 

“E chi lo vuole Roger Waters? Barrett, quello sì che vorrei che comparisse magicamente..” borbottò poi, mentre il suo sguardo lentamente si perdeva nel vuoto.

Mi sarei aspettata una lavata di capo, un insulto fantasioso, e invece dopo quella frase criptica tornò a voltarsi verso lo scaffale. Scossi il capo, incredula. Forse è definitivamente ammattito, pensai, del resto stare sempre qui dentro non gli fa bene, e nemmeno a me. Per un istante un brivido mi attraversò all’idea che quella sarebbe potuta essere la mia fine, e presa dal terrore del momento azzardai a chiedergli se per caso per la pausa pranzo volesse uscire da quell’antro di fumo, musica e polvere.

Lo vidi interrompere di nuovo il suo lavoro per ponderare la mia richiesta, per poi rispondere con un laconico “Va bene, tanto non ci sono clienti,” che mi lasciò di stucco.

Ero convinta che uno come Robb, tanto asociale da portarsi il pranzo al lavoro e non dire altro che buongiorno Strychnine e io me ne vado fra cinque minuti vivesse diviso tra il negozio e la casa, perciò stavo per proporgli di andare a mangiare qualcosa nella caffetteria a pochi metri dal negozio, dove di solito passavo io la mia pausa, ma quando fummo lì davanti lo vidi tirare dritto, strascicando i piedi nelle sue Birkenstock consunte. 

“Robb, il bar è questo..” gli feci notare, sempre più confusa da quella situazione surreale.

“Nah bellezza, non mangio in quella topaia, io: andiamo in un posto che conosco, muoviti,” mi rispose senza fermarsi e senza nemmeno voltarsi. Lo seguii controvoglia, prospettandomi già un locale etnico, vegano, o qualche altra stronzata californiana messa in piedi una decina d’anni prima quando cose del genere ancora andavano di moda fra quelli come lui.

Contro ogni mia aspettativa, Robb mi portò in un diner sorprendentemente normale, e si fece portare un cheeseburger e delle patatine.

“Avevo una fame..” tentò di giustificarsi quando ebbe spazzolato il tutto nel giro di cinque minuti.

“Eh Robb, ci credo, con tutto quello che hai fumato stamattina.. ah, a proposito, per caso hai cambiato fornitore?” Robb mi guardò assente, senza rispondere, così incalzai.

“Prima stavi sempre in magazzino a dormire, ora non stai fermo un attimo, quindi o hai cambiato roba, o sei stato morso da un insetto radioattivo.”

Lui bofonchiò qualcosa di incomprensibile che venne quasi del tutto coperto dalla voce stridula dello speaker radiofonico trasmessa dagli altoparlanti del locale.

“E dopo la pubblicità, ascolteremo su grande richiesta dei nostri ascoltatori il nuovo singolo di una band che ha cominciato proprio da qui, da L.A. …Too Young To Fall In Love dei Mötley Crüe!”

Come ebbe sentito quel nome Robb si drizzò sulla sedia e vidi nei suoi occhi un’insolita vivacità.

“Niente New Animals alla radio eh, boss?” dissi allora, nel tentativo di ignorare il calore che stava pervadendo la mia faccia. 

“Spero che tu sia stata gentile con Nikki Sixx, quella volta che è venuto da noi..” borbottò lui ignorando completamente la mia constatazione. “..Mi dispiacerebbe se avessi fatto la stronza con uno famoso, sai Strychnine.” Annuii senza capire bene dove volesse andare a parare quel discorso. Del resto, la maggior parte dei discorsi di Robb non andavano a parare da nessuna parte. Dato il mio silenzio, l’hippie continuò: “Sai, credo che lui sia di queste parti.. di Van Nuys, voglio dire. Fino a qualche anno fa veniva a rubare da me, ma quelli erano altri tempi e io gliene dicevo quattro, a lui e agli altri teppisti della zona.. e mica rubavano roba buona eh! Ma io dico, se mi devi rubare dei dischi, almeno prendi che ne so, qualcosa che ti apra la mente, non quelle schifezze punk che..”

Smisi di ascoltarlo: fortunatamente aveva smesso subito di parlare della questione di Nikki, e adesso si era lanciato in un accorato inno alla musica psichedelica, quindi il pericolo era scampato. Il cuore, che aveva preso ad accelerare il battito nel breve istante in cui Robb aveva pronunciato il nome del bassista, ora stava tornando alla sua velocità normale. Spostai lo sguardo fuori dalle vetrate del diner, e lo lasciai correre lungo la strada asfaltata del sobborgo, fra la polvere rossastra e i gli edifici bassi e lunghi intervallati da palme e lampioni: tutti supermarket, negozi di souvenir, capannoni e bar poco frequentati, niente a che vedere con la scintillante ed eccitante Hollywood che avevo visto solo un’altra volta dal giorno in cui ero arrivata.

“..Ma vi conoscete?” Robb mi strappò dalla mia contemplazione.

“Huh?” 

“Tu e Sixx, cioè ti guardava come se ti conoscesse” ed ecco al solo pensiero di come mi guardava… di nuovo che il cuore accelera… mio dio ragazzina, contieniti! Ma poi, perché diavolo Robb deve insistere sull’argomento?

“Oh Robb, quella era la faccia di uno che mi stava facendo i raggi X con gli occhi, non di uno che mi conosce,” mi affrettai a dire io. 

“Hmmm..” Robb non sembrava troppo convinto, come se non si fosse bevuto il mio tentativo di sminuire la storia. Di certo non mi sarei messa a raccontargli di come Nikki aveva tentato di.. di fare cosa poi? Di farsi raccontare i cazzi miei, ecco cosa. No Robb, non ci conosciamo, ma lui per qualche motivo aveva deciso di volermi conoscere, quel giorno.

“..Strychnine credimi, la conosco la faccia di un pervertito che si scopa le ragazze con gli occhi, e la sua non era così,” continuò lui.

Farmi fare la paternale da un soggetto come Robb era davvero l’ultimo dei miei desideri, così tagliai corto. “Come dici tu capo.. comunque, la mia pausa pranzo è finita.”

 

**

 

Nei giorni seguenti andai sempre a pranzo con Robb al diner: non parlavamo molto, e quando succedeva discutevamo di musica. Nel tempo restante mangiavamo in silenzio, ma era comunque meglio che andare al bar da sola. 

Per il resto, le giornate correvano monotone finché circa una settimana dopo quella strana mattinata del diner, alle dieci del mattino un rombo assordante fece tremare i vetri sottili del negozio. Sollevai placidamente lo sguardo dal registro di cassa e notai, senza farci troppo caso, un’auto sportiva con il tetto abbassato, ferma ma con il motore acceso proprio in mezzo alla strada. Tipico di questi californiani sboroni, pensai, andarsene in giro con il tetto abbassato ad Ottobre e fare tutto questo casino solo per farsi notare. Mi aspettavo già che entrasse un gruppo di ragazzi del college figli di papà ed ero pronta a sfoderare le migliori risposte ai loro apprezzamenti poco lusinghieri, quando ad entrare fu un gigante vestito in modo assurdo, con lunghi ricci scuri, occhiali da sole specchiati e un sorriso a trentadue denti.

“Tu sei Sybille, per caso?” mi chiese praticamente urlando. Lo guardai perplessa.

“No, no, non Sybille.. Sophie!” disse allora lui grattandosi la nuca. Scossi la testa, imbarazzata.

“Senti, lo conosci Nikki, o no?” mi domandò allora, visibilmente spazientito. La sua attenzione era già volata altrove, e ora si stava aggirando per il negozio toccando ogni disco e leggendo tutti i volantini. 

“Sì.. cioè, no. Non saprei dire se lo conosco ma..”

Il gigante mi interruppe: “Biondina parliamoci chiaro, o lo conosci oppure non lo conosci ma ti piacerebbe..” 

“Una volta ci ho parlato, è venuto qua.. e comunque scusa, si può sapere chi diavolo sei?”

Ma il ragazzone non mi rispose. Piuttosto, si precipitò fuori dalla porta e gridò all’uomo seduto al posto del guidatore in auto: “Mars! Mi sa che l’abbiamo trovata Sophie!” Per tutta risposta quello che doveva essere Mars spense l’auto e si diresse verso l’amico.

“Strychnine, idiota. Non Sophie,” disse, dando una leggera pacca sulla spalla dell’altro che lo sovrastava di vari centimetri. Mi squadrò brevemente con i suoi occhi enormi e chiarissimi, restando impassibile.

“Allora che fa? Viene con noi o no? Cristo Tommy, non abbiamo tempo da perdere dietro ai cazzi di Nikki solo perché lui ha il blocco dello scrittore, intesi? Diamoci una mossa.” Mars continuava a parlare come se io non fossi stata lì, e mentre assistevo a quella curiosa conversazione cominciai a mettere assieme i pezzi: Mars e Tommy il gigante erano niente meno che due quarti dei Mötley Crüe, ora che li guardavo meglio li riconoscevo, e per qualche motivo a me sconosciuto erano venuti a cercarmi.

“Però, carino ‘sto posto. Un po’ stretto ma niente male,” Tommy si rivolse finalmente a me.

“Senti bionda, io starei qua anche tutto il giorno piuttosto che tornare in studio ma Mickey qui mi richiama all’ordine, quindi ti scoccerebbe salire in macchina?” Lo fissai, incredula: in quei cinque minuti non avevo proferito parola, ancora troppo sconvolta dalla piega che quella giornata aveva preso. 

“Mi piacerebbe sapere perché mai dovrei venire con voi, scusate la domanda eh,” ribattei allora, svegliandomi dalla mia trance.

“Dai bellezza, non fare la difficile e sali in macchina, te lo spiego mentre andiamo. Non voglio beccare il traffico,” Mick mi prese sbrigativo per un braccio.

Feci appena in tempo a lasciare un biglietto a Robb che già mi trovavo seduta sulla Thunderbird di Mick Mars, lanciata ad una velocità inumana lungo lo stradone polveroso verso Hollywood.

Ora che era arrivato l’autunno le mattine californiane erano abbastanza fresche, e il cielo terso lasciava intravedere in lontananza le montagne che circondavano la San Fernando Valley. 

Dopo un po’ il paesaggio cominciò a mutare e cominciai a notare villette e parchi artificiali, finché non ci immettemmo definitivamente nel caos di Hollywood e finalmente Mick fu costretto a rallentare a causa del traffico.

Ora che non era più concentrato nella guida decisi di prendere la parola: “Sarebbe tanto difficile spiegarmi dove diavolo stiamo andando?”

Tommy si voltò indietro verso di me. “Nel nostro studio, dolcezza,” mi rispose sorridendomi.

“Okay, grazie,” risposi, contenta di vedere finalmente un sorriso che sembrava sincero e non dettato da arroganza o secondi fini. “E di grazia, perché io sto venendo in studio con voi?”

“Sixx ha detto che doveva vederti assolutamente, per trovare l’ispirazione o qualche strozzata simile. Sembrava imapzzito… onestamente, non capisco cosa ci trovi…” Mick rispose monotono senza staccare gli occhi dalla strada.

“Scusalo, lo hanno trattato male da piccolo,” tentò di sdrammatizzare Tommy.

“Nah, nessun problema,” dissi cercando di mascherare il mio tono piccato, “non me la prendo per i commenti di un vecchio.” Tommy scoppiò a ridere. “Nikki aveva ragione, sei davvero una stronza! Il povero Mickey ha solo trentadue anni..”

“E sono abbastanza per fare il culo a tutti voi ragazzini.. bene, finalmente siamo arrivati,” concluse secco il chitarrista, inchiodando davanti ad un edificio dall’aria anonima.

“Muoviti!” Tommy mi trascinò fuori dalla Thunderbird e vedendo la mia confusione mi incoraggiò ad entrare con un colpetto sulla schiena. 

Dentro, lo studio era pulito e ordinato, tutto l’opposto di quello che avevo pensato, ma pervaso da un odore pungente di Bourbon, come se qualcuno l’avesse rovesciato sulla moquette verde scuro. Ebbi la conferma di ciò quando per poco non inciampai nella bottiglia vuota che giaceva a terra.

“Nikki, bello, te l’abbiamo portata!” udii Tommy gridare affacciandosi ad una delle tante porte.

Una voce graffiante gli urlò di rimando: “Era ora! Non ce la faccio più con questo squilibrato. E’ da quando ve ne siete andati che non fa altro che bere. Guardalo, sembra morto! Sixx, cazzo, tirati su idiota! L’hanno trovata, quindi ora farai meglio a resuscitare e fare qualsiasi cosa tu debba fare per scrivere questo cazzo di testo..”

Pochi secondi dopo, mentre la voce di Nikki biascicava qualcosa di incomprensibile, una lunga chioma ossigenata fece capolino dalla stessa porta.

“E’ lei?” chiese il biondo a Tommy, addolcendo il tono rispetto alle grida quasi isteriche di poco prima. Aveva un’aria simpatica, con occhi vivaci e denti bianchissimi.

“Già,” rispose il batterista, “Vince, lei è Strychnine, Strychnine, lui è Vince,” disse indicandomi.

Dopo tanta fretta mi sembrava quasi surreale venire presentata a qualcuno come si usa tra le persone normali. Oh, ma qua non sei fra persone normali. Guardati attorno: questi tre squilibrati ti hanno appena sequestrata e chissà ora cosa faranno. Cominciarono a tremarmi le gambe e provai l’impulso di uscire da quel posto, ma Vince mi rivolse un largo e stucchevole sorriso. “Bene bene, dolcezza,” disse uscendo dalla stanza e venendomi incontro. Si muoveva come se avesse avuto una telecamera puntata addosso. Mi mise un braccio avvolto dalla giacca di raso bianca attorno al collo e mi condusse verso la porta da cui era venuto. “Tristemente sei qua per il mio amico e non per me, ma quando hai finito passa a farmi un saluto, eh?” me lo scrollai di dosso, sempre più preoccupata, e quasi mi precipitai nella stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Feci appena in tempo a sentire Tommy che mi gridava “Adesso te lo sorbisci tu il mio fratellone sbronzo!” e subito fui colpita dall’odore di chiuso che aleggiava nella saletta. Nikki era sdraiato scompostamente sul divanetto di pelle chiara, con gli occhi socchiusi e un braccio a penzoloni. “Oooh, che bello, sei arrivata!” gridò. Istintivamente andai verso l’unica finestra della stanza e la aprii, sollevando anche le persiane. Il bassista gemette, protestando debolmente. “Non si respira qua dentro,” mi giustificai io, mentre con lo sguardo cercavo una superficie dove potermi sedere, inutilmente: il tavolino era occupato da bottiglie vuote, posacenere pieni e riviste, e Nikki occupava tutto il divano. Mi sedetti allora a terra accanto ad esso.

“Si può sapere cosa vuoi?” sbottai io.

“Hai già conosciuto gli altri della band?” chiese lui per tutta risposta.

“Per forza, visto che li hai mandati in negozio da me e gli hai detto di rapirmi, psicopatico che non sei altro.”

Nikki aprì un occhio per guardarmi e dovette trovare la mia rabbia molto divertente, perché scoppiò in una sonora risata. “Non stai esagerando? Volevo solo vederti, Strychnine.”

“Potevi passare più tardi, allora. Nikki, praticamente non ci conosciamo, e non hai alcun diritto di farmi prelevare mentre sto lavorando per…” non sapevo nemmeno come finire la frase. Che diavolo voleva fare Nikki Sixx con me di così urgente?

“Ma ti dovevo vedere adesso!” rispose con lo stesso tono di un bambino che cerca di giustificarsi per aver mangiato tutti i dolci della dispensa. “Mi sento ispirato, bambolina. Ma non posso scrivere, se non ho una storia da raccontare,” si girò su un fianco di modo che le nostre facce fossero più o meno allo stesso livello e mi guardò con i suoi occhi verdi e assenti, “quindi tu,” disse piazzandomi l’indice sulla fronte, “mi racconterai la tua storia. Volente o nolente.”

“Farai meglio a farlo, Strychnine,” la voce profonda di Mick mi fece sobbalzare. “Non vorrei aver fatto tutta quella strada per niente.” Mi voltai e vidi che il resto della band stava in piedi sulla soglia a osservare la nostra bizzarra conversazione. Visti così dal basso assomigliavano molto di più a quelle creature che avevo visto nelle foto promozionali sulle riviste, e mi sentii piccolissima.

“Noi andiamo fratello, vedi di.. fare quello che devi,” disse Tommy, mentre Vince salutava agitando le dita. Si voltò a guardarci mostrandoci il pollice alzato e poi tutti e tre se ne uscirono dallo studio.

Restammo solo io e Nikki nell’aria stagnante della stanzetta, mentre dalla finestra udii il rombo assordante dell’auto di Mick che si allontanava. 

Sospirai: mi aspettava una lunga giornata.

 

Note dell’autrice: Rieccomi con questo quarto capitolo un po’ bizzarro ma in cui finalmente entrano nella storia anche gli altri membri del gruppo, anche se per ora ancora solo abbozzati, ma non temete perché ci sarà tempo e modo di approfondirli tutti. Spero che vi piaccia il siparietto su Robb, personaggio che per quanto sembri solo un vecchio hippie un po’ narcolettico in realtà ci tiene alla nostra protagonista.

Chissà come si evolverà la situazione ora che Nikki ha fatto questa mossa molto alla rockstar che vuole tutto e subito.. magari Strychnine si sbottonerà (metaforicamente eh!) e finalmente gli racconterà un po’ della sua vita, o forse no.. 

Anche stavolta un grande grazie ad Angie che continua a leggere e recensire, e grazie a tutti gli altri che leggono “nell’ombra”, spero che anche questo capitolo possa piacervi. Bacini,

 

Vincey

 

PS: non importa a nessuno, ma due giorni fa sono stata al concerto degli Aerosmith e boh, è stato bellissimo e ho un po’ pianto e sono fantastici ed è uno dei più bei concerti a cui io sia mai stata, ma vorrei fare luce sulla tragedia costituita dai cazzoni che arrivano e ti fregano il posto che hai tenuto per ore sotto il sole cocente, per ascoltare l’unica canzone che sanno, e poi stanno lì tutto il tempo a braccia conserte ostruendo la visuale con le loro Fred Perry orrende con il colletto alzato. Vi meritate tutto il mio odio e la cenere delle mie sigarette sui vostri mocassini scamosciati ;)

  
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