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Autore: Bruschii    26/06/2017    0 recensioni
"Il sangue sulle mie mani mi spaventa a morte."
Basata su the 100.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Nuovo personaggio, Octavia Blake, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Wristbands.


Nella mia mente iniziava a insinuarsi il pensiero che forse sull'arca non era tutto così semplice. Certo, sicuramente sulla terra potevamo essere uccisi in qualsiasi momento dai terrestri, dalla fame, dalla sete, dal freddo, dalle radiazioni, ma sull'arca le cose funzionavano allo stesso identico modo. Saremmo potuti morire per una mancanza di ossigeno o per qualche sfizio di qualche criminale, ma sulla terra ne eravamo tutti consapevoli. Facendo dei veloci calcoli, sull'arca l'ossigeno sarebbe continuato a mancare anche con la riduzione dell'abitazione di 100 persone. L'arca sarebbe morta in un modo o nell'altro e a noi era stata data un'altra possibilità, la possibilità di vivere una vita, anche se non nel migliore dei modi. Non avevo assolutamente intenzione di sprecare la chance che mi era stata donata, anche se sembravo essere l'unica ad averlo capito. 
Ringraziai Wells per il suo intervento, anche se abbastanza inutile dato che Bellamy non avrebbe sicuramente smesso di appellarmi come più si divertiva, mentre proprio Bellamy gli riservò solamente un occhiataccia, perfino con gli occhi assottigliati e le sopracciglia corrugate. 

"Dovremmo dividerci per coprire più campo. Clarke, tu vieni con me." Interruppi quello che Bellamy stava per rispondere a Wells, superandolo con una spallata, proprio come lui aveva fatto con me in precedenza. La sua mano entrò ancora una volta in contatto con il mio corpo, con il mio braccio destro. Alzai lo sguardo verso di lui, il quale mi stava già osservando. L'estrema vicinanza di sicuro non aiutava il mio non pensare a lui in altre situazioni, ma cercai di contenermi il più possibile, lasciando uscire un sospiro dalle mie labbra infine, poco prima che parlasse.

"Credo che verrò io con te, reginetta." Spostò lo sguardo dal mio viso per puntarlo verso Wells, come se gli avesse fatto un dispetto di qualche genere. Io alzai le spalle e Bellamy mi liberò dalla stretta che stava esercitando sul muscoli del mio bicipite, dandomi come il comando di proseguire. Per evitare altre discussioni inutili, iniziai a farmi strada tra nuovi alberi, Bellamy che seguiva i miei passi. Quella situazione andò avanti per pochi minuti, quando poi il ragazzo decise di affiancarmi e degnarmi della sua parola, come se fosse un dono prezioso. Se inizialmente avevo l'idea che fosse un ragazzo presuntuoso, in quel momento fui sicura di essere in compagnia del ragazzo più altezzoso che avessi mai incontrato. Si credeva di essere il più potente di una società non ancora nata, di una società che sicuramente non sarebbe mai potuta esistere di quel passo, dato che in ogni società che si rispetti devono essere imposte delle regole, anche le più stupide tipo vietare l'omicidio. Ma invece no, Bellamy voleva una nuova società basata sulla regola che ognuno fa quello che vuole, sulla regola che non ci sono regole.

"Io e te, abbiamo più cose in comune di quanto sembra." Il suo commento così inaspettato mi fece voltare verso di lui. Il suo viso era fisso davanti a sé, come il suo sguardo, e il suo tono era molto meno aggressivo di quello che avevo sentito fino a quel momento. Sembrava che per un secondo avesse perso la sua durezza, la sua corazza, qualunque cosa usasse per nascondersi da occhi altrui.

"Intendo, siamo entrambi venuti qui per qualcuno che amiamo. Nessuno ci ha forzati, morire è stata una nostra scelta. Io sono sicuro che Octavia avrebbe fatto lo stesso per me, ma tu sei convinta di quello che avrebbe fatto Clarke?" Corrugai le sopracciglia alla sua domanda, non capendo esattamente dove volesse arrivare con quelle affermazioni.

"Potrà anche non essere la mia vera sorella, ma è sempre stata presente per me." Fece finta di non sentire la mia risposta, comportamento molto maturo dovrei aggiungere, continuando a camminare come se niente fosse. Alzai gli occhi al cielo per il suo atteggiamento infantile, continuando a forzare sulle mie gambe per seguirlo. Non essendo abitata a camminare così tanto in così poco tempo, le mie gambe iniziavano a farmi sentire la tensione muscolare, ma cercai di non farci caso. Il terreno diventò subito un panorama migliore della schiena muscolosa di Bellamy, contro la quale mi scontrai. Mi affiancai di nuovo a lui, stavo per chiedergli perché si fosse fermato all'improvviso, quando mi accorsi della distesa di acqua davanti a noi. Una piccola cascata si riversava su un laghetto, che poi formava il fiume che vedemmo il giorno prima. 

"Non abbiamo più il problema acqua." Tirai fuori un paio di borracce, delle quali una se ne appropriò il ragazzo accanto a me. Lo guardai accovacciarsi sulla riva del laghetto, per poi buttarsi in acqua. Ripensai istintivamente a sua sorella, la quale fece la stessa identica cosa, con qualche vestito in meno, ma l'idea era la stessa. Io mi limitai ad inginocchiarmi alle sponde della piccola distesa d'acqua, avvicinando la mia borraccia alla superficie e riempiendola. Delle gocce d'acqua arrivarono velocemente sui miei capelli, facendomi alzare lo sguardo verso Il ragazzo immerso per metà nell'acqua. Sul suo viso si trovava il tipico sorrisetto che non riusciva a lasciargli la bocca, un sorrisetto che mi faceva venire voglia di prenderlo a pugni finché non avrei visto i tagli perfino sulle mie nocche.

"Seriamente, Bellamy? Non abbiamo tempo per questo." Un altro schizzo di acqua mi arrivò addosso, bagnandomi leggermente la maglietta nera leggera che indossavo. Riservai un'occhiataccia a Bellamy mentre mi rialzavo e incrociavo le braccia al petto, aspettando che si decidesse ad uscire dall'acqua.

"Sono due giorni che cammini, hai davvero bisogno di una pausa." Il suo tono era estremamente convincente e per un momento avevo anche vacillato. Per un secondo, nella mia mente era apparsa l'immagine di me e Bellamy mentre scherzavamo con l'acqua di quel fiume, ma l'idea di Jasper, impaurito e ferito, mi aiutò a riprendermi velocemente dal mio momento di confusione.

"Mi prenderò una pausa quando troveremo Jasper, andiamo adesso." Allungai una mano, aspettando che l'afferrasse. Bellamy si avvicinò a me, prendendo la mia mano nella sua. Non ebbi neanche il tempo di pensare che il mio corpo venne trascinato dentro l'acqua, le braccia muscolose di Bellamy si trovavano attorno al mio torace fragile nel tentativo di non farmi scappare. La mia bocca si aprì al contatto con l'acqua fresca, mentre le mie mani si facevano strada verso il petto di Bellamy, schiaffeggiandolo un paio di volte per il gesto improvviso è inappropriato. 

"Cazzo, Bellamy." Stavo per arrabbiarmi, urlandogli contro che trovare Jasper era la nostra priorità e che avremmo avuto il tempo per rilassarci, ma la sensazione dell'acqua fresca sulla pelle era troppo rilassante. 

"Magari solo un minuto." Feci un piccolo sorrisetto nella sua direzione, al quale rispose con il suo solito sorrisetto ironico. Il suo viso olivastro era completamente ricoperto da piccole gocce, mentre i capelli bagnati gli ricadevano davanti agli occhi marroni scuri. Il livello dell'acqua gli toccava le spalle, mentre le mie erano sommerse.

"Non capisco perché sei così determinata a salvare quel ragazzo." Sentì ancora una volta il suo sguardo sul mio viso e stava iniziando a mettermi leggermente in imbarazzo, come se la mia faccia avesse qualcosa di sbagliato.

"A parte per il fatto che é mio amico? Sono solamente un'apprendista medico." Stava per dire qualcos'altro, ma il mio sguardo fisso dietro di lui lo fece voltare. Lo sorpassai, annaspando leggermente per la forza di resistenza dell'acqua, avvicinandomi sempre di più alla cascata. Poco lontano da essa, buttati vicino ad un sasso, si trovavano infatti i grossi occhiali di plastica nera che Jasper era solito tenere in testa.

"È stato qui. Dobbiamo trovare gli altri." Alzai gli occhiali di Jasper, voltandomi verso Bellamy, il quale mi stava raggiungendo con il mio zainetto. Quando abbassai lo sguardo verso il basso, però, mi accorsi delle tracce di sangue, ancora abbastanza fresco, che sporcavano alcune rocce e foglie. Ci stavamo avvicinando sempre di più e, se non mi fossi lasciata distrarre da Bellamy, a quel punto avremmo potuto già aver salvato Jasper dai terrestri. Strappai il mio zainetto dalle mani bagnate di Bellamy, il quale mi seguì senza aprire bocca. Allungai il passo, cercando Clarke con lo sguardo e seguendo le tracce di sangue che si estendevano davanti a me. Quasi mi scordai della presenza di Bellamy dietro di me, se solo non avessi sentito il suo sguardo fisso sulla mia figura per tutto il tragitto. Continuammo a farci strada lungo la riva rocciosa del fiume, al quale ogni tanto Bellamy si avvicinava per sciacquarsi il viso. Il sole batteva su di noi solamente in alcuni momenti, data la presenza degli alberi che si innalzavano per metri sopra di noi, ma quei pochi momenti sembravano cruciali. Ci dovemmo fermare due volte per riempire le nostre borracce e stavamo per fermarci anche una terza quando sentimmo chiamare i nostri nomi dall'interno del bosco dietro di noi. Mi voltai per vedere Clarke evitare alcuni alberi, dietro di lei si trovavano John e Wells, i quali si scambiavano occhiatacce e battute squallidamente senza un senso logico. Mi alzai e gli fece segno di seguirmi mentre rintracciavo le gocce di sangue sparse qua e là. Per farlo mi spostai leggermente davanti agli altri, concentrandomi soprattutto nel trovare altre tracce per non perdere l'unica pista che avevamo, perciò non ascoltavo attentamente ciò di cui parlavano dietro di me. 

"Come facciamo a sapere che è la strada giusta?" La voce di Wells si alzò sopra le altre, attirando l'attenzione di tutti verso di sé. Non sapevamo quale fosse la strada giusta, ma quella era la strada più sicura. 

"Non lo sappiamo, ma la regina crede che sia una pista." Non diedi molto peso alle parole di John, dato che della sua opinione non me ne sarei fatta di niente. Sentì una botta e un suono di dolore da parte del ragazzo in questione, ma non mi voltai nemmeno per sapere chi era il secondo interessato. Mi abbassai per osservare una foglia macchiata di sangue,

"Si chiama quarto anno di competenze terrestri. Lei è la più brava che abbia mai conosciuto." Mi alzai velocemente, sentendo un fruscio tra le frasche. Mi guardai attorno e dedussi che fosse stato un'animale, non vedendo altri segni di passaggio umano.

"Volete fare silenzio lì dietro o vi disegno direttamente un bersaglio sulla schiena?" Per quanto avessi apprezzato il fatto che Wells continuasse a difendermi, il problema dei terrestri era più importante delle frecciatine di John e Bellamy. Il silenzio che si era creato solo da pochi secondi venne squarciato da un urlo di dolore proveniente da lontano, nei boschi. Mi voltai verso Clarke, la quale mi guardava con un'espressione piena di paura.

"Che cazzo era?" Scossi la testa alla domanda di John, iniziando a camminare a passi lunghi verso la fonte del rumore. Quando ci trovammo in mezzo al bosco, un'altro grido riecheggiò tra gli alberi alti, la voce era molto più chiara e vicina in quell'istante. 

"Questo sarebbe il momento migliore per tirare fuori quella pistola." Il rumore della rimozione della sicura mi arrivò direttamente al cervello. Non mi era mai piaciuto quel suono, ogni volta veniva accompagnato dalla morte di qualche innocente. Quando un'altro urlo si fece strada attorno a noi, iniziai a correre verso la sorgente del rumore.

"Jasper." Lo vidi una volta uscita dal piccolo bosco. Era legato per le mani ad un grande albero, che però non seppi riconoscere, posto quasi al centro di una piazzola fatta di erba. Il suo petto era esposto al calore del sole, il corpo era ricoperto di sangue secco e non, mentre le gambe erano legate assieme. La mia bocca si aprì per lo stupore quando lo vidi in quelle condizioni, mentre il mio secondo istinto fu quello di camminare velocemente verso di lui, evitando i bastoni che i terrestri avevano conficcato nel terreno attorno all'albero. Poi, fu una frazione di secondo, non sentii più il terreno morbido sotto ai miei piedi e il mio polso era trattenuto da una mano a me sconosciuta. Il mio sguardo, il quale si era fissato nei legni appuntiti appena al di sotto delle suole dei miei stivali, si spostò sulla persona che mi stava sorreggendo quando sentì urlare il mio nome da Clarke. Il volto di Bellamy era scosso, mentre il suo sguardo duro vagava continuamente dal mio viso al bracciale posto al mio polso e viceversa. Dopo alcune suppliche da parte di Clarke, il mio corpo venne tirato con fin troppa forza, dato che, dalla posizione in cui mi trovavo, mi ritrovai sopra al corpo muscoloso di Bellamy, le sue mani attorno alla mia vita e le nostre facce a pochi millimetri. Ci scambiammo uno sguardo veloce prima di rialzarci. I suoi occhi erano di un marrone ancora più intenso di quello che mi aspettavo, mentre le lentiggini non gli ricoprivano solo il naso, ma si espandevano fino al contorno occhi, occupando tutto lo spazio degli zigomi non molto pronunciati.

"Stai bene?" Clarke si precipitò verso di me, portando il mio corpo contro il suo in un abbraccio veloce. Annuii sentendo il suo tono preoccupato, per poi staccarmi da lei e voltarmi verso Bellamy per ringraziarlo. Lui non rispose a me come io non risposi a Clarke, almeno non a parole, ed entrambi eravamo segnati da un respiro irregolare, segno dello sforzo appena compiuto.

"C'è un impasto sulla ferita. Una medicina." Rivolsi la mia attenzione a Clarke e notai che John si erano avvicinato al ragazzo ferito per tirarlo giù.

"Perché salvargli la vita per poi appenderlo come esca?" Non riuscivo proprio a concentrarmi sulle parole che sentivo. Le ascoltavo, cercavo di rispondere a Wells, ma non riuscivo a pensare ad una risposta adeguata come avrei comunemente dato. Mi resi conto di essere leggermente sotto shock, ma non lo volevo ammettere nemmeno a me stessa. Non ero io la paziente, non lo ero mai stata e mai la sarei dovuta essere, io ero un apprendista medico e non potevo permettermi di stare male, anche se leggermente. Il mio corpo venne spostato leggermente lontano da dove Clarke e Wells stavano continuando la loro teoria sul perché non avessero ucciso Jasper. Alzai lo sguardo verso i suoi occhi marroni quando la sua mano si posò sul mio fianco. Non ebbi la forza di controbattere sulla troppa confidenza che quel ragazzo si stava prendendo, ma solamente il suo sguardo mi calmò. Non disse niente, mi guardò solamente e questo mi aiutò molto più di quanto una lunga chiacchierata avrebbe fatto. Ero consapevole che il suo unico fine era quello di riuscire a togliere quei bracciali dai nostri polsi e stava facendo un buon lavoro, se solo non fosse stato uno stronzo, bastardo, figlio di puttana assetato di potere nel profondo. Un improvviso ruggito ci riportò entrambi alla realtà.

"Che diavolo era?" Nessuno diede ascolto a John, il quale era salito sull'albero per sciogliere le liane che tenevano Jasper attaccato al tronco, ma ognuno di noi preferì voltarsi verso la direzione dalla quale proveniva il rumore. Dalle alte erbacce incolte, vedemmo uscire quella che riconoscemmo come una pantera. Gli occhi dorati erano quasi iniettati di sangue mentre ci osservava dalla sua postazione. Il manto nero lucido luccicò alla luce del sole quando si chinò quasi a toccare terra con il busto, non distogliendo lo sguardo da noi, dalla sua preda. 

"Bellamy, la pistola!" La mia voce, sebbene uscì come un grido, venne coperta dal ruggito della pantera, che si scagliò verso di noi. Osservai Bellamy fallire nel cercare l'arma nella cintura, la quale era vuota. Udii solamente cinque spari partire da quella stessa pistola, posta nelle mani di Wells, spari che ferirono solamente di poco l'animale, più infuriato che mai. Il sesto proiettile non uscì mai da quella pistola, poiché non esisteva un sesto proiettile. Mentre il felino si nascondeva per cercare un'altra posizione d'attacco, Wells continuò a sparare a vuoto finché non realizzò che erano finite le sue chance di fare l'eroe, poi la fece cadere a terra, in mezzo alle frasche. Quando sentii nuovamente il ruggito dell'animale feroce, afferrai il piccolo coltello di Bellamy dalla sua tasca. Quando, finalmente, la pantera uscì allo scoperto, saltando verso il ragazzo olivastro davanti a me, scagliai il piccolo pezzo di metallo con tutta la forza che avevo in corpo. L'animale cadde a terra, il coltello che avevo lanciato gli si era conficcato proprio in mezzo agli occhi, uccidendolo all'istante e lasciandolo a terra in una pozza del suo stesso sangue. 

"Non credo che tu sia solamente un'apprendista medico." Il silenzio di stupore che si era creato venne spezzato da Bellamy, il quale si era chinato sul corpo dell'animale per estrarre il suo coltello dalla carne e pulirlo dai residui di sangue sulla stoffa dei suoi pantaloni larghi.

"La prossima volta che cerchi di fare l'eroe, ricordati del fallimento di questo momento." 

Dopo aver assistito al nostro ritorno al campo, cioè il momento in cui Bellamy si è preso il merito di aver portato la cena per tutti, e dopo aver disinfettato e bendato Jasper nel migliore dei modi possibile per evitare un'infezione o un dissanguamento, avevo seriamente bisogno di aria. Il ragazzo che eravamo riusciti a salvare in tempo si trovava in una situazione stabile in quel momento, ma avevamo urgentemente bisogno di medicine adeguate per non rischiare un collasso improvviso o un andamento degenerativo del suo stato di salute. Con il pensiero che avevamo immediatamente bisogno dell'aiuto dell'arca, uscii dalla navicella caduta, nella quale avevamo posizionato Jasper per ogni evenienza, e uno strano ronzio mi fece storcere la bocca in un espressione di fastidio. Quando osservai ciò che stava succedendo attorno a me, notai una lunga fila composta da tutti i ragazzi, praticamente, la quale iniziava dal fuoco che avevano acceso. Al fuoco si trovava la carne che eravamo riusciti a trovare poche ore prima, mentre all'interno di esso, tra la legna, giaceva una montagnetta di bracciali. Bellamy aveva deciso di far mangiare solamente chi si fosse tolto il bracciale e, da persone affamate i quali eravamo, non vidi molti rifiutare questa sua iniziativa. Mi avvicinai anche io al fuoco, afferrando uno dei legni nei quali avevano infilato dei lembi di carne, carne che avrei diviso con Clarke, Finn e Monty.

"Aspetta, aspetta. Pensi che per te le regole siano diverse?" Alzai lo sguardo verso John, il quale guardava nella mia direzione, riservandomi uno sguardo che mi avrebbe uccisa se solo ne avesse avuto il potere. 

"Pensavo che non ci fossero regole." Non mi sarei piegata al loro squallido gioco, mai. Bellamy in quel momento si voltò verso di me, lasciandomi allontanare con la mia cena stretta in mano. Camminai all'indietro, osservando la scena che venne dopo; un ragazzo cercò di usare la mia stessa tecnica, ma Bellamy gli riservò solamente un pugno dato pienamente in faccia. Poi il suo sguardo tornò su di me, lo sentivo anche se mi ero già voltata e avevo già iniziato a camminare verso la mia tenda, che avrei sicuramente condiviso con Clarke. 

"Ehi." Quando ormai ero abbastanza lontana dal fuoco del campo, molto più vicina alla mia tenda per intenderci, mi sentii richiamare da una voce che stava diventando fin troppo familiare. Quando mi girai verso di lui, il suo volto era poco visibile, data la distanza che ci separava e il buio della notte stellata che ci avvolgeva, ma non avevo dubbi sul fatto che fosse Bellamy.

"Grazie per avermi salvato la vita, reginetta."

  
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