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Autore: _Charlie_    29/06/2017    1 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 39:

 

Il ladro

 

Benché prima d'allora non avesse mai impugnato un'arma del genere, Arya alzò la lama con estrema agilità e la portò a danzare sotto la luce incandescente dei tre Soli come se il movimento le fosse da sempre appartenuto. Il suo animo era stato risvegliato da un letargo durato una vita. Era così ovvio, così familiare!
Menò ciechi fendenti, sventrando creature invisibili ed ignoti aggressori; poi ruotò il polso e la lama sibilò ancora. L'eterna guerra tra l'Universo e la Distruzione si trovava in procinto di avviare una nuova partita, la più cruciale. Chi mai avrebbe potuto concepire l'idea di una svolta simile, chi mai avrebbe potuto prevedere che il destino di tutto ciò che è conosciuto potesse adesso gravare sulle spalle di una ragazzina?

« Risparmia le forze » l'ammonì Zehelena: « e prendi questi. Ti saranno necessari per ultimare la missione ».
Arya ripose la spada all'interno della guaina e afferrò i tre Frammenti della Sfera, conservandoli gelosamente insieme alle piume di Bartek nel borsello della sua cintura. « Riuscirò mai a liberarti? »
Zehelena inarcò le sopracciglia, scettica: « cos'hai detto? »
« Se riuscirò a sconfiggere Incubo » riprese la giovane: « l'Universo potrebbe lasciarti andare? »
Parole vane e sterili promesse. Nessuno avrebbe potuto liberarla.
Zehelena fece una smorfia: « no ».
« Nemmeno se... ».
« Mai ».
Arya distolse gli occhi dalla sua figura e prese ad osservare il vuoto. Il futuro aveva aperto i suoi cancelli su di un viale spoglio e ombreggiato da tribune in cui sedeva un pubblico quieto e apatico. Tutti sembravano attendere il suo arrivo, la sua presa di coscienza. Nessuno di loro aveva mai avuto il coraggio di scendere e agire per conto proprio. Erano rimasti a guardare per centinaia e centinaia di anni. Al suo trionfo, avrebbero esultato? Dinanzi al fallimento di Zehelena avevano sofferto?
No, poiché all'Universo non importava nulla di tutto ciò – delle loro vite, dei loro sentimenti, delle loro paure. All'Universo importava solamente il benessere di sé stesso, e se le Guerriere che risvegliava non erano in grado di adempiere al loro incarico, allora ne risvegliava delle altre – per proteggersi, per mettersi in salvo.
Arya meditò ancora: se non fosse riuscita a sconfiggere Incubo, che razza di vita avrebbe potuto condurre a Meeragonthur? Al contrario, come sarebbe potuta andare avanti fuori, nel mondo reale, dopo aver assistito a cotanta crudeltà, distruzione, omicidi, avendo conosciuto il Male e creature dell'Inferno? La faccenda era questa: non si sentiva così abile da lasciarsi tutto alle spalle e vivere come una comune mortale.
Ansimò. Il luogo sembrava aver perso ogni colore – come se tutto fosse stato annerito e inghiottito dal caos.
Vide Beckah flettere le ginocchia e allacciare le dita sulla testa; poi venne il fumo – nero come l'inchiostro –, il pavimento tremò ed un verso rauco scosse l'atmosfera.
No, non era una semplice impressione... qualcosa stava accadendo per davvero, qualcosa che si aspettava ma che aveva scelto di ignorare.
« Zehelena? » Chiamò nell'oscurità: « Zehelena, dove sei? »
Inciampò sui suoi stessi passi e ruzzolò giù dai gradini. Avvertì il sapore del sangue invaderle la bocca ed un dolore acuto accendersi su un gomito.
Sguainò la Spada e, immediatamente, un raggio di luce argenteo trafisse la nebbia – rivelando la figura di Rhaego lottare contro Markos.
Salì nuovamente i gradini, a due a due, raggiunse il traditore e gli puntò la lama al collo.
« Cosa diavolo stai facendo, Markos? »
« Devo prenderle » rispose lui, disperato e con le braccia alzate: « devi capire... ».
Rhaego si lamentò ancora, la testa che vorticava da una parte all'altra come impazzita. La sua ira stava per esplodere in una bomba di fuoco.
« Dretyen! Dretyen! » Esclamò Zehelena: « dretyen, Rhaego! »
Il drago agitò le ali, gli artigli posteriori infossati nel pavimento e la cresta ritta sul dorso. In posizione eretta, pareva ancor più massiccio di quanto già non fosse. Fissò Markos con così tanta intensità che Arya era certa stesse per incenerirlo. Tuttavia, l'ordine che gli era stato imposto da sua figlia riuscì a placarlo un po', quindi restò immobile con la sola coda che svolazzava a destra e a sinistra – tanto per allontanare il fumo appena richiamato dallo stregone.
« Chi diavolo sei? » Urlò Zehelena, ora al fianco di Arya: « perché hai tentato di colpire mio padre? »
Al di sotto della gradinata, Haramir si stava accertando che tutti stessero bene e che non presentassero alcuna ferita. L'attacco di Markos, Arya capì in seguito, era esploso all'improvviso e aveva causato danni persino all'ambiente circostante: le colonne, ad esempio, erano a terra, in frantumi.
« Io ve lo avevo detto! » Sbraitò Cassandra: « non ci si può fidare di un uomo simile! »
« Dovevo prenderle » incalzò Markos, in ginocchio a baciare gli scarponi di Arya: « dovete capirmi... ».
La giovane mise via l'arma e gli diede un calcio sul volto deturpato: « alzati! »
« Non mi farai del male, vero? »
« Ti risparmierò la vita solo se mi chiarirai alcune cose » gli disse – il volto altrove, concentrato su Haramir. Adesso ne era consapevole: non si trattava affatto di uno dei migliori capitani in circolazione! Avrebbe dovuto lasciar Markos nelle celle della nave come gli era stato consigliato... e, invece, no! Aveva preferito agire di testa sua, esponendo tutti al pericolo.
Non appena egli si accorse di quell'occhiata, iniziò a blaterare frasi ignoranti: “state bene, quindi? Vi servono cure?” Come se all'interno della compagnia non ci fosse nessuno in grado di richiamare il “medicamentum” e guarirsi con le proprie mani...
Arya tornò a Markos: « dimmi chi sei. Markos è il tuo vero nome? Da dove provieni? Sono le lacrime di drago che ti occorrono? »
E fu silenzio. Dalla bocca dell'uomo non fuoriuscì alcuna parola o suono. Le domande di Arya si persero nell'etere, dunque ella le ripeté ancora e ancora una volta. Nulla.
« Io lo torturerei » iniziò Soara, complice indiscussa di Cassandra: « insomma, non possiamo tornare indietro con un soggetto simile a bordo! »
« Vero » rispose Jaadir, perplesso: « diamolo in pasto al drago! »
« Tu che cosa ne pensi? » Domandò Zehelena, rivolta ad Arya: « che pena vuoi infliggergli? »
Pensieri sconnessi presero a vorticarle nella mente – ritagli di un'immagine troppo contorta per venire compresa. Rifletté, la bocca cucita. Doveva dimostrarsi come la leader che era, non come avrebbe fatto Hazelle o qualsiasi altra creatura demoniaca.
« Lo porteremo al Rifugio e lo interrogheremo lì » disse: « se non collaborerà, allora, mediteremo su una punizione... ma non lo uccideremo ».
« Cosa? » Esplose Cassandra, le braccia abbandonate lungo i fianchi: « tu sei fuori di testa! »
« Non lo condivido » l'accompagnò Jaadir: « dovremmo metterla ai voti! »
« Fate silenzio! » Ruggì Arya, la mascella contratta: « qui si fa come dico io, okay? Se non vi sta bene, vi invito a tornare a Rozendhel a bordo di un'altra imbarcazione! »
Cassandra, vittima dell'incredulità, non pronunciò alcunché; si limitò a schioccare le labbra e a bofonchiare qualcosa sottovoce. Al contrario, Zehelena le fece i complimenti: « sono davvero grata che tu non sia come me ».
Nonostante la giovane sapesse già cosa intendeva dire, volle far finta di niente e non la interruppe nemmeno quando una lacrima di rimorso le attraversò il viso e le finì in gola.
« Io non ho permesso alcuna distinzione » proseguì, la voce rotta: « io non ho permesso alcun processo. Prima di spedire un'intera popolazione all'interno di un luogo orribile come questo in cui mi trovo oggi, avrei dovuto accorgermi che tra quelle creature c'erano anche degli innocenti... demoni che non avevamo mai tentato di impossessarsi di Rozendhel, che aspiravano ad un dialogo con il Mondo Magico... io ho negato loro ogni diritto. Me ne pento ad ogni mio battito di ciglia, ad ogni mio respiro ».
Arya le afferrò una mano e gliela carezzò con il pollice: « sono contenta che te ne sia resa conto ».
« Anch'io ».
Immobilizzarono Markos con un incantesimo e cominciarono a muoversi in direzione della bocca del gigante. Zehelena congedò Arya con un caloroso abbraccio, sussurrandole all'orecchio un qualcosa che rimase per sempre un segreto.
Beckah l'attese sul primo gradino, la fronte imperlata di sudore e gli occhi che tradivano la sua stanchezza.
« Allora, addio » Arya si morse il labbro inferiore: « se un giorno ci rivedremo... »
« Non ci rivedremo » tagliò corto Zehelena, la mano impegnata a carezzare il muso di Rhaego: « non te lo auguro affatto ».
Per una chissà quale ragione, Rhaego pareva soffrire; socchiuse infatti le palpebre e soffiò del grigio su sua figlia. La stava salutando, le stava dicendo addio.
« Che significato ha tutto ciò? » Chiese Beckah, diffidente.
« Rhaego verrà con voi » Zehelena si aprì in un sorriso: « non temete, si dimostrerà un valido guerriero ».
Il drago, incontrando gli occhi di Arya, ruggì un qualcosa che suonò più come un invito che come una minaccia – voleva accompagnarla oltre l'orizzonte, farle abbracciare la luna e poi condurla fino a casa, indenne. Benché la punizione dell'Universo non riguardasse altri che Zehelena, egli non aveva mai avuto il coraggio di abbandonarla lì, in quel luogo tanto miserabile quanto crudele. Per secoli aveva rinunciato alla sua stessa libertà, dimostrandole cosa significhi il vero amore.
Zehelena pianse un'altra lacrima: « aggrappati ad un corno della sua cresta... e non mollarlo mai! Intesi? »
Un istante più tardi aver ricevuto l'approvazione di Beckah, Arya annuì e prese ad arrampicarsi sul suo corpo nero ed irto di scaglie. Come le era stato consigliato, avvolse le braccia attorno ad un corno – alto quanto lei, o forse un po' di più –, accorgendosi che la sua mano destra non riusciva minimamente a raggiungere le dita della sinistra. Deglutì.
« Beckah » chiamò dall'alto: « tu raggiungi gli altri! Ci vediamo a Rozendhel! »
« D'accordo... ci vediamo a Rozendhel ».
Quindi Zehelena carezzò il manto di suo padre per l'ultima volta e, con voce ardita, esclamò: « greten! »
La notte si alzò in volo e la ragazza sigillò gli occhi, pavida. Il cuore le pulsava a mille e l'adrenalina le scorreva nelle vene quando un vuoto d'aria le si spalancò nello stomaco.
Obbligò il vomito a tornare indietro. Oh, quanto si pentì di quella scelta! Non sarebbe mai più salita in groppa ad un drago! Mai più!
Le pareti delle palpebre divennero improvvisamente scure, poi scoppiò nuovamente la luce del giorno. Erano tornati nel mondo reale, avevano appena attraversato la galleria del gigante.
Con il vento che ora le scompigliava tutti i capelli, tentò di aprire una fessura tra le ciglia.
« Oh, mio Dio... » gridò non appena ebbe realizzato a che razza di velocità e altezza stessero procedendo: « non puoi andare un po' più lento? »
Rhaego acconsentì e, da allora, il viaggio fu meno traumatico.
« Grazie mille. Conosci già la strada? »
Non un cenno o ruggito le diedero risposta, ma era evidente che fosse positiva. Il drago si muoveva con perizia tra i cirri rosei della sera, sbattendo le ali e sputando di tanto in tanto una bomba di fuoco nell'oceano. Quando presero a sorvolare dei minuscoli paesini di formiche, vestite di tutto punto con cappelli e camicie, Arya si preoccupò della loro reazione alla vista della creatura. Non immaginava cosa si stessero dicendo l'un l'altra, e pregò affinché lo scambiassero per un aereo.
Il viaggio durò molto più di quanto previsto.
Arya ebbe persino il tempo di riposare, svegliarsi e cadere nuovamente tra le braccia di Morfeo. Con gli occhi impastati di sonno e le braccia sgranchite, si accorse poi della mattina. Starnutì.
Il sole bruciava ad est, incenerendo ogni ombra che tentasse di sopravvivere al giorno, ed il vento soffiava, contro la sua figura, un'indicibile ed implacabile tempesta.
Attraversarono paesi e montagne, luce e oscurità, finché non arrivarono a destinazione.
Arya vide Rozendhel in lontananza e udì il suo grido disperato.
Rhaego atterrò sulla collina, la fece scendere e poi si arrotolò su se stesso – gli occhi chiusi ed il respiro forte. Erano anni che non compiva un viaggio simile; doveva sentirsi privo di ogni energia. Arya gli carezzò il muso, intuendo che forse aveva allungato la strada di proposito – come se dopo tutti quegli anni avesse avuto il bisogno di una bella sgranchita di ali.
Sospeso nell'aria trovò anche il galeone di Haramir. Doveva sbrigarsi a raggiungere lo studio di Rhona prima che qualcuno alterasse gli eventi di Meeragonthur.
Trovò quindi la botola, s'infilò nel tunnel di pietra e poi nel Rifugio. Corse per le scale, gli occhi di tutti gli stregoni puntati addosso.
Raggiunse l'ultimo piano e così la porta dello studio. Bussò.
« Avanti » l'accolse la voce annoiata di Rhona.
Con la maniglia ancora in pugno ed un piede oltre la soglia, ella si accorse della figura di Haramir – accanto alla scrivania. Rhona aveva i gomiti poggiati su di essa, il mento sulle dita intrecciate. Era diversa dal solito. Aveva un'aria completamente nuova.
« Arya, che piacere vederti » disse, gli occhi puntati sulla Spada: « com'è andato il viaggio? »
Arya lanciò un primo sguardo all'uomo – uno dei tanti che non venne mai ricambiato.
« Cosa ti ha detto? » Tagliò corto lei: « voglio sapere ogni cosa ».
« Percepisco della paura? » Rhona strizzò gli occhi, inquadrandola meglio: « cosa ti sta accadendo? »
« Per favore, ditemi cosa vi siete detti ».
Haramir fece per schiarirsi la voce, ma non una parola si originò dalla sua gola. Mantenne lo sguardo basso per tutto il tempo, anche quando la tensione divenne palpabile.
« Gli ho chiesto di raccontarmi tutto, ogni minimo dettaglio » cominciò la donna, alzandosi in piedi – il vestito viola che le volteggiava attorno alle caviglie: « ho saputo di Zehelena, del Volere dell'Universo e di tutta la faccenda riguardante Markos ».
« E cos'ha deciso in merito? »
Rhona si arrestò nel centro esatto della stanza: « in merito al traditore? »
« Io capisco che non avrebbe dovuto salire a bordo della nave » Arya proseguì, tradendo per un istante la sua incertezza: « ma non per questo deve... ». « L'ho condannato a morte ».
La ragazza sentì un brivido sconosciuto attraversarle la schiena, le gambe irrigidirsi. Era stata fino a quel momento a parlare di quanto fosse sbagliato infliggere una pena ad una persona, ad un popolo, senza il benché minimo riguardo o processo, ed ora si ritrovava da punto a capo.
« Non puoi fargli questo! » Esclamò.
« Avverrà questa notte » continuò la donna, irremovibile.
« È da barbari! Lo comprendi, vero? » Arya insistette: « sono la Guardiana del Fuoco Aureo ed Ex-Custode della Chiave! Sono io che prendo le decisioni qui! »
Rhona le afferrò un braccio, gli occhi di serpe: « torna con i piedi a terra. Tu non decidi un bel niente. Capito? Sono io il capo! »
Arya si morse un labbro, tentando di divincolarsi da quella stretta: « dove lo tenete rinchiuso? »
« Nelle celle del piano terra ».
« Posso andarlo a visitare, almeno? »
Rhona la ignorò: « arrivederci, Arya ».
« Ti ho fatto una... ».
« Arrivederci, Arya! »
Rhona le diede le spalle quando Haramir la costrinse ad uscire fuori dallo studio.
Le cose erano cambiate... o si erano soltanto rivelate per ciò che veramente erano.
Arya vide la porta chiudersi dinanzi a sé.
Avrebbe dovuto far qualcosa.
Avrebbe dovuto parlare con Markos.

 

  
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