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Autore: eian    30/06/2017    1 recensioni
Un virus che colpisce i telepati, mortale per i vulcaniani, si sta diffondendo sul pianeta Cetacea e rischia di propagarsi per l'intero quadrante, con effetti devastanti. L'Enterprise del capitano Kirk deve indagare sulla possibile origine sintetica del virus e il suo legame con una sperduta località su Vulcano.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi.
Sono un po' triste per la mancanza di recensioni, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, una storia così lunga davvero necessita di supporto, anche solo un pollice alzato di incoraggiamento!
Comunque ho qualche nuovo capitolo e sto ancora scrivendo, per cui spero di aggiornare presto.

Il suo katra gridò di esultanza e si lanciò nel buio.
Era un’esperienza terrificante, perché pur essendone pienamente consapevole era del tutto incapace di frenarla.
Come il capitano di un antico vascello, cavalcò onde smisurate in un’ euforia da battaglia, irridendo le intemperie, assaporando il rischio, corteggiando la morte, mentre si spingeva nel buio alla ricerca della consapevolezza dispersa della donna.
“E’ questo che prova Jim quando lo sento sorridere di fronte all’ebbrezza di una sfida? Questo il sentimento che lo spinge nelle situazioni più rischiose senza esitare? Affascinante“.​



Deserto di cristallo
 
Kirk incedeva tra le dune, affondando nella sabbia ad ogni passo.
Il caldo era peggiore di quanto ricordasse e l’aria rarefatta non sembrava essere mai sufficiente ai suoi polmoni.
L’alieno procedeva con lui, una razza che viveva nel gelo dei ghiacciai di Andoria pativa  enormemente in quell’inferno.
La tempesta si levò all’improvviso, la sabbia si sollevò attorno a loro ruggendo come una bestia adirata, riducendo la visuale a poco più di un metro e scorticando la pelle in maniera dolorosa.
Decisamente, odiava Vulcano.
L’andoriano lo afferrò per un braccio e lo condusse seguendo il tricorder per un tempo che sembrò interminabile fino ad un canalone di roccia; il ruggito del vento cessò quasi di colpo, rendendolo profondamente consapevole del silenzio circostante.
E del paesaggio.
I fianchi del canyon erano di pietra rossa rigata come graffi di un immenso essere unghiato e giganteschi cristalli bianchi appuntiti e lucenti sporgevano ovunque.
Rimase senza fiato dallo spettacolo e la sua mente non potè non paragonare quella bellezza a Spock. Quel pianeta aveva forgiato il suo compagno, così come aveva forgiato quei cristalli meravigliosi.
Forse, nonostante tutto, non odiava completamente Vulcano.
 
 
Era un inferno di cristallo.
Affascinante, splendido e letale.
Per sfuggire alla tempesta di sabbia che si era alzata improvvisa qualche ora prima stavano attraversando un canyon dalle alte pareti incrostate di cristalli di silice più alti di una persona; 40 Eridani al tramonto incendiava la roccia di rosso e accendeva i cristalli di bagliori accecanti.
T’Mar barcollava, il corpo esausto dalla sete e dal calore insopportabile, la mente logora nel tentativo di tenere sollevati i suoi schermi mentali per proteggersi dal suo stesso compagno.
Leonard
La sua mente continuava a ripetere quel nome in un ritornello insistente ed angosciante, totalmente fuori dal controllo di ogni logica.
Gli occhi azzurri di McCoy le danzavano davanti, pieni ora di tagliente ironia ora del più romantico degli amori.
Nessuno, neppure il suo primo compagno, l’aveva mai guardata così.
LEONARD urlò il suo incoscio.
Con gli occhi improvvisamente pieni di lacrime inciampò e cadde su un cristallo sporgente dal terreno, si tagliò ed il sangue blu cobalto colò come lacrime di cielo sul cristallo luccicante di inferno.
 
 
Il vulcaniano percorreva il canyon immerso in una rigido assetto della mente e del corpo per resistere al caldo e alla stanchezza.
Avevano finito l’acqua da tempo, era stata necessaria al tenente molto più che a lui, ma doveva comunque mantenere un ferreo controllo delle funzioni corporee.
Quando le condizioni ambientali erano peggiorate il suo corpo aveva reagito automaticamente: il respiro lento, il cuore che pompava molto più del solito per mantenere il livello di ossigeno sufficiente, tutti i sensi ad uno stato di allerta fuori dal normale.
Poteva percepire i singoli granelli di sabbia sul suo volto, l’odore della tempesta ionica, il rumore del vento tra i cristalli.
Solo poche altre volte il suo organismo aveva reagito in quel modo; una volta era stata all’età di sette anni, durante la prova del Kaswan che aveva dovuto superare nel deserto; un’altra durante il Pon Farr, nell’arena del duello.
Nessuna era legata ad un ricordo piacevole, e questa non era differente.
La risposta emotiva del suo corpo all’ambiente era così alta da preoccupare la sua parte più logica, ma un’altra parte di sé… una parte antica come le rocce circostanti… stava esultando, ferocemente consapevole di essere viva.
Era una sensazione affascinante.
In questo stato ipervigile Spock si accorse immediatamente che T’Mar era crollata in ginocchio e in un istante le fu accanto.
- Tenente, come si sente? Mi lasci vedere il suo braccio, quella ferita sembra profonda – disse, notando con preoccupazione il sangue che usciva in abbondanza.Lei alzò gli occhi verso di lui, uno sguardo doloroso e terribile.
In quel momento una presenza emotiva completamente fuori controllo gli invase la mente come una marea in piena.
I suoi schermi si alzarono automaticamente, come paratie di sicurezza, ma non prima di aver percepito un dolore immenso che lo lasciò scosso, e un sentore di pazzia.
Comprese che gli schermi mentali della donna avevano ceduto, lasciando penetrare la follia di McCoy.
La indusse ad alzarsi e passandosi un braccio attorno al collo la trascinò a ridosso del costone, all’ombra.
Lei si accasciò contro la parete di roccia, tenendosi la testa tra le mani e gemendo sommessamente, il sangue color cobalto che le inzuppava la divisa.
Spock sciolse la cintura della tunica e la lacerò, usandone una parte come lacciò emostatico; il sangue rallentò ma non smise del tutto di allargarsi sulla stoffa.
Il corpo della donna fu scosso da tremiti, che presto degenerarono in convulsioni.
Il vulcaniano sentiva un’ enorme pressione emozionale abbattersi sui suoi schermi mentali, come ondate su una paratia, e seppe che provare ad aiutarla sarebbe stata un’impresa probabilmente oltre le sue capacità, nonché estremamente rischiosa per lui stesso.
Tentennò.
Tuttavia… quella donna l’aveva aiutato, li aveva aiutati tutti sin dai primi istanti in cui si erano conosciuti, con una generosità davvero rara; ma soprattutto… senza di lei il suo amico Leonard sarebbe stato nuovamente, dolorosamente solo. Dopo averlo visto finalmente rifiorire con lei accanto, questo risultava ancora più inaccettabile.
Era consapevole del rischio, sapeva che Jim non glielo avrebbe perdonato anche se al posto suo avrebbe fatto la stessa cosa, ma doveva comunque provare ad aiutarla.
Allungò una mano sul volto della donna ed entrò in contatto con la sua mente.
 
Era totalmente buio, illuminato a sprazzi da bagliori come fulmini mentre cascate d’acqua si rovesciavano contro di lui da tutte le direzioni.
Credette di essere preparato a quello che lo aspettava, ma non era affatto preparato alla propria reazione alla tempesta in cui si ritrovò proiettato.
Aveva sottovalutato la potenza dei propri meccanismi ancestrali sotto le condizioni climatiche avverse di Vulcano; non erano solo i sensi e le percezioni che si  acuivano… era tutta la sua coscienza a reagire d’istinto alle sollecitazioni e al pericolo.
Il suo katra gridò di esultanza e si lanciò nel buio.
Era un’esperienza terrificante, perché pur essendone pienamente consapevole era del tutto incapace di frenarla.
Come il capitano di un antico vascello, cavalcò onde smisurate in un’ euforia da battaglia, irridendo le intemperie, assaporando il rischio, corteggiando la morte, mentre si spingeva nel buio alla ricerca della consapevolezza dispersa della donna.
“E’ questo che prova Jim quando lo sento sorridere di fronte all’ebbrezza di una sfida? Questo il sentimento che lo spinge nelle situazioni più rischiose senza esitare? Affascinante“.
Vide la tempesta peggiorare, le onde diventare più alte ed i lampi concentrarsi in una specie di ciclone di fronte a lui: vi si diresse senza cautela e senza esitazione alcuna.
 
 
L' andoriano appariva sul punto di crollare: aveva la pelle quasi completamente sbiancata dal caldo, l'antenna sana pendeva floscia come una fiore senz'acqua mentre l'altra svettava dritta e quasi commovente nella sua rozza bendatura a fiocchetto.
Non avevano potuto parlare molto, ogni tentativo da parte del capitano di carpire informazioni era andato a vuoto ed ormai risparmiava il fiato anche solo per mettere un passo dopo l'altro.
Al tramonto il canalone si era incendiato di riflessi rossi abbaglianti che ferivano la vista mentre la sabbia continuava ad infilarsi  ovunque.
L'alieno barcollò vistosamente e Kirk lo sorresse per una braccio.
- Dobbiamo riposare. Non puoi continuare così – esclamò.Non che lui non ne sentisse il bisogno, ogni fibra del suo corpo supplicava pietà da quell’inferno.
L' andoriano scosse la testa.
- Non manca molto al monastero, tre ore circa – ansimò con voce rauca.Così procedettero lungo il canyon, così meraviglioso e terrificante allo stesso tempo.
“Sto diventando troppo vecchio per queste cose” pensò Kirk per l’ennesima volta negli ultimi giorni.
 
 
Mentre la sua consapevolezza si avvicinava all’occhio del ciclone si rese conto che il vortice era in realtà creato da immagini deformi, che ruotavano  all’impazzata come anime in pena di un girone infernale umano.
Frammenti di ricordi, volti noti e altri sconosciuti, strani mostri come usciti da incubi di un bambino; vide un elefante rosa far capolino incuriosito dalla parete del vortice, per poi rituffarcisi dentro e correre in circolo, inseguito da una specie di Gorn azzurro..
Quelli che erano apparsi come lampi da lontano, in realtà si rivelarono parti di quelle immagini, frammenti di visioni che si scagliavano contro una figura rannicchiata al centro del vortice  in un’oasi di relativa calma.
“T’Mar” riconobbe l’alma della donna, come una bolla d’acqua dalle sembianze umanoidi.
Corse nella sua direzione, ma attraversare il vortice risultò davvero arduo.
Cercò di creare una sorta di scudo di quiete attorno a se’, ma nello stato primitivo del suo katra si ritrovò a correre  impudentemente attraverso il caos di immagini e ricordi che lo colpivano con violenza.
Sbucò nella radura mentre una visione che assomigliava vagamente ad un antico orologio terrestre liquefatto si scagliava contro la donna.
Si frappose tra loro facendole scudo, l’orologio lo colpì alla schiena e gli si avvolse attorno, stringendo e scottandolo finchè si sciolse al suolo.
Sulla forma liquida della donna sarebbe stato estremamente pericoloso.
Lei alzò gli occhi su di lui, la sua forma continuava a cambiare come se l’acqua scorresse sotto la superficie, i capelli che si scompigliavano e infrangevano come spuma del mare.
- Spock? -  chiese titubante.
- Sì sono io. Stai calma –
- sei … diverso. Guarda - Per qualche istante la superficie liquida della forma si quietò, come un lago di montagna perfettamente riflettente, e Spock si vide.
La sua alma non era più sfaccettata e brillante come un diamante.
Era  quasi liscia e di un colore giallo bruno molto intenso, come un topazio tagliato a cabochon, con bagliori rosso sangue che guizzavano al suo interno.
Ed era calda, non gradevolmente tiepida come prima, ma bollente da scottare la pelle di un umano, e dalla consistenza ancora più dura del diamante.
Rimase sconvolto da questa forma del suo katra. “Piacevolmente sconvolto” lo derise il suo io ancestrale che continuava a gioire di quella situazione.
Uno strano essere bidimensionale uscì dal vortice e si scagliò contro la donna.
Spock la protesse istintivamente e l’immagine si infranse contro di lui in una nuvola di polvere nera. Come carta bruciata all’istante.
- T’Mar, cosa sono queste immagini? –
- E’ McCoy – rispose lei dolorosamente – nella follia mi attacca tramite il legame. Non mi riconosce chiaramente. Non posso… non voglio difendermi –
- Devi, o danneggerà la tua aura fino ad ucciderti –
- L’unica maniera sarebbe di combatterlo: potrei sconfiggere il vortice ma danneggerei anche lui, probabilmente a morte. Non posso farlo – ripetè con la voce flebile di una risacca sulla spiaggia.
- Io posso proteggerti, ma sarebbe solo una soluzione temporanea –Uno sciame di insetti appuntiti si avventò contro di loro, schiantandosi sull’aura di Spock in una cascata di frammenti dorati.
L’aura brillò di rosso sangue, come un lago infernale.
- Perché hai questa forma? – chiese la donna preoccupata.
- Le condizioni climatiche e la stanchezza hanno attivato alcuni meccanismi ancestrali di risposta. Mi è capitato solo poche volte nella mia esistenza e mai avevo avviato una fusione in queste condizioni. Mi rendo conto solo ora che i meccanismi attivati non sono solo fisici ma per lo più mentali -
- Ed emotivi. Ti sento molto intensamente –
- Sì, sfortunatamente una parte arcaica del mio violento retaggio vulcaniano cerca di prendere il sopravvento. Non riesco a controllarla del tutto, ma per ora si sta dimostrando rozzamente efficace contro gli assalti – cercò di mantenere un topo piatto.
- Ti stai divertendo – esclamò lei, scioccata.Il vulcaniano sospirò.
- In un certo senso, diciamo che provo un’esagerata soddisfazione dal confronto con il pericolo e una disdicevole ricerca dello scontro diretto –
- Sembri il capitano – riuscì a ridacchiare lei.In quella una creatura vagamente simile ad un polpo viola si avventò contro di lui, cercando di raggiungere la donna e avvolgendo completamente l’aura di Spock.
Lui si voltò e il topazio cominciò a riscaldarsi, mentre i bagliori color sangue guizzavano come anguille di fuoco in un laghetto ghiacciato.
T’Mar potè sentire il calore crescente emanare da quell’aura, un’energia enorme e potente, ma così diversa da quella ordinata e adamantina che aveva incontrato in passato.
La creatura tentacolata si fuse come cioccolato alla fiamma, sfrigolando sul terreno.
Uno spettacolo incredibile.
Spock si volse verso di lei.
 - Dobbiamo raggiungere la consapevolezza di McCoy oltre le sue allucinazioni e fermarlo. Altrimenti dovrai spezzare il Legame –Lei lo guardò con quegli occhi liquidi color cobalto pieni di dolore, mostrando di aver già raggiunto quella consapevolezza.
- Preferirei morire e lo sai –
- Purtroppo rischi di essere accontentata. Lo rischiamo tutti, in effetti –
- Devi andartene, e al più presto. Io… credo di essere stata contagiata –Un orrendo vortice nero le apparse per qualche istante sullo stomaco, aprendo la sua struttura da parte a parte. Spock potè vedere la polvere del suolo retrostante prima che si chiudesse e sparisse.
Lei rantolò di dolore.
- No, non me ne andrò – disse lui.
- Spock, devi lasciarmi. Esci dalla fusione e alza i tuoi schermi –
- No – la voce era secca come il deserto del Ghol.
 - Rischi di contagiare anche Jim e lo sai –
- Lui  farebbe lo stesso –
- Questo non è logico, comandante –
- No. Non lo è – rispose il primo ufficiale dell’Enterprise con un ghigno satanico, mentre si voltava ad affrontare un drago piumato che lo avvolse in una nuvola di fuoco emessa dalle fauci.
- Andiamo –A lei non rimase altro da fare che seguirlo in quell’inferno.
 
 
Kirk era esausto ma da qualche tempo si sentiva stranamente irrequieto: qualcosa lo disturbava ad un livello inconscio molto profondo, troppo per essere identificata chiaramente.
Una sensazione di pericolo, ma anche di … euforia?
Non poteva essere Spock, non assomigliava affatto a nessuna delle sensazioni che gli erano mai provenute dal suo compagno così logico e controllato.
Ma allora? Cosa… chi poteva influenzarlo in quel modo?
Sempre più turbato continuò a concentrarsi nell’arduo compito di mettere un piede di fronte all’altro, quando la sensazione divenne improvvisamente più forte.
Gli si piegarono le gambe e si ritrovò carponi  nella polvere, boccheggiando.
Ma che diamine…
L’andoriano gli si inginocchiò accanto.
- Tutto bene,  Umano?  Che ti succede? – lo scrutò socchiudendo gli occhi.Kirk cercò di parlare ma la voce uscì strana. Se la schiarì  e tentò ancora.
 - Non lo so. Qualcosa mi è entrato nella mente e non so dire cosa possa essere –
- Lo sento anche io – rispose, confermando il fatto di avere capacità telepatiche di qualche tipo come Kirk aveva sospettato – è molto potente. Forse più di una entità. Hai una compagna, pelle-rosa? Gli umani non hanno capacità telepatiche autonome –
- Un Compagno, sì. Un vulcaniano – confessò il capitano, troppo scosso per nascondere informazioni ulteriormente.
- Oh, adesso capisco. Il comandante dell’Enterprise, immagino. Ecco perché quell’Orecchie A Punta non ti lasciava andare a nessun costo – ghignò.Kirk sarebbe arrossito in un altro momento, se avesse avuto la forza di farlo.
Per ora, era troppo impegnato a cercare di respirare normalmente.
- Ma non può essere lui. Ti sembra forse un’emanazione vulcaniana?? Sembra più un Klingon, da quello che sento! –
- In effetti, già il fatto che la senta anche io… vuol dire che è fortemente emotiva. Io sono un telepate empatico, e non molto potente, solo una nonna che mia ha lasciato una piccola eredità genetica –
- Eppure è  familiare… non saprei, sembra… affine al posto in cui ci troviamo… un Vulcaniano emotivo? – chiese perplesso.
 -Non credo di averne mai visto uno… sono delle macchine viventi – rispose l’andoriano con acida ironia.I due popoli continuavano a non andare troppo d’accordo.
 - Riesci a respirare? Dovremmo continuare –
- Sì – rispose Kirk rimettendosi in piedi – ma credo di sentire la direzione da cui proviene… è davanti a noi. Andiamo –
- Andiamo? Sei sicuro? – chiese Shrak perplesso.
- Non chiedermi perchè, ma so che dobbiamo andare – rispose l’umano, incamminandosi sempre più velocemente. L’ andoriano faticò a tenergli dietro.

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Visto che ci siamo... SPOILER! E ditemi cosa ne pensate   *si butta inginocchio pregando

Il Vulcaniano non rispose.
- Ti ho detto di andartene – sibilò invece, furioso – stupido umano, così fragile e testardo… vattene –
A Kirk si gelò il sangue nelle vene.
- No Spock, non me ne andrò e lo sai – si avvicinò improvvisamente al vulcaniano, che rimase come paralizzato.
Jim alzò una mano verso quel volto scavato, tentando di toccarlo, di raggiungerlo in qualche modo, dato che non aveva accesso alla sua essenza bloccata dietro gli scudi mentali. Odiava non sentirlo nella sua mente.
- Non toccarmi – quasi urlò il vulcaniano, senza però muoversi...


 
  
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