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Autore: Lady I H V E Byron    01/07/2017    1 recensioni
"Feel it all... don't look back, just let it go..."
Tutto quello che si impara, vivendo in un quartiere povero e malfamato, è essere egoisti e imparare a sopravvivere, non importa come. Bill e Tom, due gemelli inseparabili contro un intero quartiere, spesso adocchiati dalle varie gang, cercano ogni giorno di farsi strada in mezzo a quell'inferno vivente, fra droga, violenza e furti, e sopravvivere contro i mali che il mondo può offrirci. Fino a quando...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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Note dell'autrice: non so se quello che ci sarà in questo capitolo è un vero e proprio "Incest", ma, per sicurezza, l'ho messo tra gli avvertimenti...
Vi avverto anche che questa parte è scritta d'inerzia. Sono un po' in crisi in questo periodo...


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Era quasi l’alba quando Bill e Tom tornarono da Gordon, con la bambina. Non sapevano neppure il suo nome.
Aveva smesso di piangere. Non aveva proferito parola neppure di fronte all’uomo. Si limitò ad osservarlo con aria impaurita, stringendosi sempre di più alla gamba di Bill. Come risposta, e come tentativo di consolazione, riceveva delle piccole e affettuose pacche sulla testina ricciuta.
Egli, invece, non faceva altro che osservarla sorridendo e camminando avanti e indietro. Ma non la osservava con la tenerezza con cui le persone “normali” solevano osservare i bambini: il suo era un sorriso soddisfatto, come avesse fatto un buon acquisto. Persino la bambina, ai suoi occhi, non era che un mero oggetto per i suoi scopi.
Fino a quanto Gordon si sarebbe abbassato, per far prosperare il suo regno?
Questa era l’unica domanda all’interno delle menti dei Kaulitz.
-E’ davvero un amore…- sibilò l’uomo, senza staccare il suo sguardo dalla piccola.
Bill e Tom conoscevano molto bene quello sguardo: stava tramando qualcosa.
Una voce nella loro mente stava loro dicendo che non gli sarebbe bastato il singolo ricatto…
-S-senti, Gordon…- iniziò il biondo, balbettando; non temeva la reazione del “Protektor”, temeva piuttosto quale sarebbe stata la risposta alla seguente domanda –Noi abbiamo fatto quello che ci hai ordinato: abbiamo rapito la piccola e lasciato la busta con il riscatto. Se Schäfer riesce a darti i soldi entro il limite stabilito, noi gli restituiremo sua figlia, vero…?-
Tom osservò preoccupato il gemello: stava pensando la stessa cosa e aveva il suo stesso timore.
Gordon si voltò verso i suoi figliocci, fissando prima l’uno poi l’altro, con sguardo serio e strizzando gli occhi.
Soffiò dal naso, seguito da una lieve risata divertita.
-Mio piccolo e ingenuo Bill…- rispose, indifferente, come se fosse consapevole che quello che stava facendo era del tutto normale –Possibile che dopo tutto questo tempo tu non abbia ancora imparato niente…?-
Stava per dare la sua risposta: i gemelli facevano il possibile per nascondere il proprio disagio.
-Certo che no.-
I due ragazzi sentirono un gran vuoto nel loro stomaco, il cuore fermarsi all’improvviso, e un bisogno ingente di uscire e prendere aria.
-C-cosa…?!- aggiunse Tom, sgomento quasi quanto il fratello.
Ecco quello che temevano: conoscevano troppo bene Trümper da illudersi che rispettasse un patto.
Ma speravano.
Speravano che la vista della bambina gli facesse cambiare idea.
Ma si resero conto che era inutile sperare che bastasse poco per far cambiare idea a persone come lui.
-Dobbiamo dimostrare a certe persone che con noi, con me, non si scherza.- riprese l’uomo, stoico, indifferente a come l’avrebbe presa la bambina –Devono rendersi conto con chi hanno a che fare. Se lascio andare una persona, se permetto a qualcuno di darmi testa, gli altri prenderanno il suo esempio e si ribelleranno contro di me. Non posso permetterlo e voi lo sapete benissimo.-
Bill e Tom si osservarono per un attimo: i loro pensieri e i loro timori coincidevano.
Mai si erano sentiti in quel modo, prima di allora: un sentimento di angoscia mischiato con i sensi di colpa, tale da far sentire i propri organi interni più pesanti del solito.
Era una sensazione fastidiosa, che entrambi i gemelli facevano fatica a celare.
-Ma cosa ne facciamo di lei, nel frattempo?- proseguì il biondo, quasi respirando affannosamente –Non possiamo abbandonarla per strada. Ha solo due anni…-
Per fortuna c’era Bill e la sua tendenza alla diplomazia: se si fosse presentato solo Tom, non avrebbe esitato a prendere la pistola e sparare a tutti i presenti, meno che alla piccola.
Non aveva aperto bocca dalla rivelazione delle vere intenzioni di Gordon.
Questi inclinò la testa, confuso.
-Mio caro Bill…- mormorò, avvicinandosi a lui, finendo quasi faccia a faccia –Mi sorprende che tu ti dia così tanta pena per una persona che hai rapito… C’è qualche motivo arcano dietro questa tua… particolare domanda?-
I Kaulitz pensarono la stessa cosa, aggrottando lievemente le sopracciglia folte: “Perché lei è una bambina e non una persona adulta, stronzo!”
Almeno in loro era rimasta un po’ di umanità.
-V-voglio dire… Ehm…- riprese Bill, deglutendo; anche Tom provò la stessa ansia del gemello. Rispose lui, al suo posto: Bill era estremamente sensibile in momenti come quello ed era lì che mostrava la sua fragilità.
Ringraziava sempre Dio per avergli dato Tom, per sostenerlo nei momenti più ardui, come quello.
-Quello che Bill vuole dire…- si intromise il moro, con tono fermo –E’ che abbiamo notato che ci sono sempre meno bambini sotto la tua ala, sai, quelli che usi per ingannare la gente comune mentre gli altri rubano o roba simile…-
Bill non poté credere alle sue orecchie.
“Che cazzo stai dicendo, idiota?!” pensò, sperando che il fratello lo “sentisse”.
“Sto cercando un modo per salvare la piccola.” si giustificò l’altro, prima di riprendere a parlare –Quindi… beh… anche lei, in qualche modo, potrà servirti, no? Quando avrà l’età giusta, ovvio. Non sarebbe meglio cercare qualcuno che la accudisca, nel frattempo…?-
L’uomo ascoltò tutto, confuso e divertito allo stesso tempo dalla strana reazione dei suoi Zwillinge: non si comportavano in quel modo, non apparivano così dubbiosi o sgomenti dai loro primi rapimenti.
Infatti, rise.
-E chi la accudirebbe, sentiamo?- commentò –Voi?-
Non perdeva un solo momento per umiliarli e deriderli. I gemelli abbassarono la testa.
Tom cominciò a reputare la sua idea una sciocchezza.
-Vi sentireste davvero all’altezza di accudire una bambina non vostra? Voi che a malapena vi nutrite e spendete i vostri soldi in droga e tatuaggi? Come pensate di nutrirla? Imboccandola di cocaina?-
Riprese a ridere, davanti agli sguardi umiliati e furiosi dei Kaulitz.
“Stavo per dirti la stessa cosa, stronzo…” pensò il moro, digrignando i denti.
Gordon tornò a sedere, mettendosi comodo sulla sua poltrona. Aveva un’aria strana in volto. Sorrideva, ma nascondeva qualcosa.
-Comunque, mio caro Tom…- riprese, con tono normale –La tua idea non è del tutto malvagia. Sì… in effetti, un paio di mani in più non guasterebbero… Ma, come avete detto entrambi, non ha ancora l’età giusta per quello che intendo fare con lei. La affiderò ad una zingara. Ne hanno tanti di bambini. Un bambino in più o in meno non fa alcuna differenza per loro, basta che le aiutino a fare l’elemosina…-
Di male in peggio. I gemelli sentirono la morsa allo stomaco farsi sempre più forte.
-Prendi la bambina.- ordinò l’uomo, rivolto ad una sua guardia del corpo.
Questi fece un cenno col capo, serio, e si avvicinò ai due gemelli, chinandosi per prendere la bambina.
Lei pianse di nuovo, impaurita dalla nuova presenza imponente. Persino nascondersi dietro le gambe di Bill si rivelò inutile.
Una volta in braccio alla guardia del corpo, iniziò ad urlare, a dimenarsi, a chiamare la mamma.
Fu condotta fuori, per essere consegnata, forse, alla prima zingara che avrebbe trovato.
Ma quelle urla…
Bill non poteva sopportarlo.
Erano entrate nella sua mente, divenendo tutt’uno con essa.
Muovendo solo le labbra, disse: “Mi dispiace, piccola…”
Quelle urla gli avevano preso il cuore e trafitto, come una spada. Anche Tom provò quella sensazione, ma su Bill aveva provocato un effetto più devastante, come una tempesta.
Gordon non provò nulla, nemmeno si curò delle reazioni dei suoi figliocci.
-In quanto a voi…- disse, mettendo sul tavolino un altro rotolo con banconote da 50€ e un sacchetto di eroina –Ecco la vostra ricompensa per le missioni di oggi. Vi consiglio di andare a dormire. E’ quasi l’alba e per domani pomeriggio ho altri incarichi per voi. Buonanotte.-
Nessuno ebbe altro da aggiungere.
I gemelli non ebbero il coraggio di protestare sulla sua decisione.
Potevano biasimare lui, ma anche loro avevano fatto la loro parte in quel rapimento.
Dovevano dire di no. Non dovevano rapirla. Dovevano discutere con Gustav e informarlo dei piani di Gordon.
Ma avrebbe creduto a loro? A dei perfetti sconosciuti? A due drogati e dal corpo tatuato?
Che fosse meglio come era realmente accaduto? Col rapimento di un’innocente?
Alcune scelte sono veramente complicate…
Bill e Tom non si erano scambiati una parola da quando erano usciti dallo stanzino di Gordon, per riportare la Harley al suo posto.
Comunicavano mentalmente. Il loro senso di colpa stava parlando per loro. Non avevano bisogno di discutere tra loro per esprimere il loro disagio; entrambi non sapevano cosa fare per salvare la bambina. Non senza che Gordon se ne accorgesse.
Come potevano fuggire dal quartiere, dopo quello che avevano fatto?
Con quale faccia sarebbero fuggiti, pensando che la bambina rapita da loro era ancora lì dentro, tra tossici,  prostitute, criminali, zingare, gente della peggior specie, magari destinata a diventare come loro, per causa dei suoi rapitori?
Erano tornati al punto di partenza.
Era come se Gordon lo avesse sempre saputo e avesse finalmente trovato il modo per tenersi i suoi Zwillinge per sempre.
Aveva vinto lui.
Tom, però, continuava a sperare. Bill aveva ormai gettato la spugna. Da quel momento, parlò sempre di meno. Lo shock era troppo grande per lui, tale da non dormire la notte. Ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva la piccola Schäfer urlare e dimenarsi tra le braccia della guardia del corpo di Gordon. Non passava momento in cui non aveva l’impressione di udire ancora quelle urla.
Nemmeno Tom dormì, dalla rabbia per Gordon, e poiché preoccupato per il gemello.
 
Le missioni che dovevano fare quel giorno erano solo semplici missioni di consegna. Tutto andò come previsto, senza risse o senza che Tom intervenisse per dare un paio di cazzotti a chi non pagava la cifra esatta. Per tutto il giorno, lo sguardo di Bill non aveva fatto altro che vagare nel vuoto e non aveva detto una parola.
Era un robot. Si muoveva, ma senza un motivo preciso. Le sue gambe si muovevano da sole.
Tom non sapeva cosa dire. O meglio, lo sapeva, ma non voleva dire nulla per evitare di ferire ulteriormente il gemello. Ma quest’ultimo sapeva già tutto: gli era bastato incrociare, seppur per un secondo, il suo sguardo.
Sorrise lievemente, ringraziando Dio per aver creato Tom, per essere il suo gemello. L’unica sua famiglia. L’unico in grado di comprenderlo e di consolarlo.
Stavano nuovamente portando la Harley alla rimessa quando Bill parlò nuovamente.
Tom stava nuovamente riflettendo, a voce alta, su come vendere la droga appena donata dal loro Protektor.
-Tomi, scusa. Non mi sento molto bene.- disse con voce molto flebile e con lo sguardo rivolto verso il basso –Penso che tornerò a casa…-
Il moro fu mosso da una profonda premura: prese amorevolmente il volto del gemello, spingendolo gentilmente a guardarlo in faccia. Sapeva benissimo che c’entrava quanto era successo quella notte.
Bill era estremamente sensibile; neppure le torture che aveva afflitto erano servite per cancellare quella parte del suo essere.
-Allora vengo con te.- disse Tom, prima di ricevere, come risposta, uno strano gesto della mano da parte di Bill, come se stesse scacciando un insetto.
-No! No… Ho bisogno di restare solo… Tu vai pure a vendere quella merda…-
Si allontanò subito dal gemello, con passo strano, da zoppo, come se avesse ricevuto un colpo forte alla gamba.
Non poteva più reggere i suoi sensi di colpa e questo Tom lo sapeva benissimo. Doveva andare con lui, per calmarlo e consolarlo, come faceva in momenti simili.
Ma, nello stesso tempo, percepiva i pensieri del gemello: voleva rimanere solo. Ed era meglio non contraddirlo.
A malincuore, proseguì verso la rimessa, per riporre la moto.
Ormai le gambe di Bill proseguivano da sole, come fossero dotate di una mente propria. Non era più lui che le controllava. Nella sua mente regnava il vuoto, persino il suo sguardo non esprimeva più alcuna emozione.
Si sollevò lievemente, quando entrò nell’appartamento.
Chiuse la porta alle sue spalle e non si mosse da lì.
Lentamente, cadde sul pavimento, con le spalle appoggiate alla porta.
Alcune lacrime gli scesero dal volto, le stesse lacrime che a stento aveva trattenuto il giorno precedente.
Urlò, con tutto il fiato che aveva in gola.
Urlò il suo dolore, prima di riprendere a piangere.
Chiuse gli occhi per un attimo: rivide la piccola Schäfer che piangeva e si dimenava tra le braccia di chi la stava portando via.
Ed era solo colpa di chi l’aveva rapita. Dei Kaulitz.
Solo una cosa, in quel momento, poteva aiutare il biondo a cancellare quel dolore.
Si guardò intorno, dopo essersi asciugato gli occhi: non c’era più niente. Ciò che bramava in quel momento non c’era più. Poteva prendere dei soldi per procurarselo, ma Tom se ne sarebbe accorto.
Non ebbe altra scelta: dovette prendere una decisione estrema per ottenere quello che voleva.
Si cambiò d’abito e uscì di casa.
 
Era notte fonda quando Tom tornò a casa. Aveva l’ennesimo livido in faccia, ma niente di grave.
-Bill? Sono tornato.- disse, chiudendo la porta –Scusa se ho fatto tardi, ma è davvero complicato vendere la droga a certa gente, in compenso abbiamo…-
Si interruppe subito quando non udì alcuna risposta. I suoi occhi marroni si rivolsero al pavimento: c’erano indumenti sparsi per tutto il pavimento. Jeans stretti e strappati, anfibi neri, maglia bianca, persino degli slip. Ma ciò che lo sgomentò di più fu la pelliccia che trovò davanti ai suoi piedi proprio nel momento in cui era entrato. La stessa che Bill usava per momenti particolari.
-Oh, no…- mormorò il moro, impallidendo.
Per tutto il tempo, aveva avuto una strana sensazione, ma sperava fosse una sua impressione. Sperava di trovare il gemello a letto. Ma aveva sottovalutato il legame gemellare.
La scia di abiti portava verso il bagno.
Ciò che vide lo privò improvvisamente del fiato: Bill era semisdraiato sul pavimento, completamente nudo, mentre con le braccia cercava di aggrapparsi alla vasca da bagno.
I segni dei punti in cui si era iniettato la droga per tutti quegli anni erano in mostra. Gli stessi che lo stesso Tom portava su di sé.
-BILLY!- esclamò, prendendolo celere tra le braccia e dandogli dei leggeri schiaffi sulle guance, per farlo rinsavire; un leggero rivolo di schiuma stava scendendo dalla sua bocca, come era successo con Cecilia; ma almeno lui aveva gli occhi chiusi –Apri gli occhi, ti prego!-
Sapeva già che cosa gli aveva provocato quella crisi, e ne ebbe la conferma osservando il pavimento: una siringa, una cinghia, un cucchiaio e un accendino.
Si era di nuovo fatto.
Avevano completamente svuotato l’appartamento dalla droga, quindi Bill si era trovato costretto a cercarla fuori, ma senza usare i soldi che avevano risparmiato per la loro fuga.
Si era diretto verso il locale frequentato spesso da lui e da Tom, lo stesso in cui aveva salvato Linda dal proprietario. Non aveva soldi per bere, ma non era per bere che lui era lì.
Si guardò intorno, cercando una persona, una qualsiasi, bastava che gli desse quello che voleva.
Si voltò verso il palcoscenico: come sempre, c’erano le ballerine che stavano facendo la lap dance e, nel frattempo, alcuni clienti mettevano dei soldi nei loro slip. C’era uno, tra di loro, che lo faceva spesso: doveva avere sui quarant’anni, e, dal completo che indossava, doveva essere una persona molto ricca.
Ecco il suo uomo.
Per cose del genere, si sentiva un mostro chiederlo ad una donna.
Si avvicinò a lui e gli sussurrò: -Dieci euro…-
Nonostante il casino del locale e la musica, l’uomo sembrò comunque aver sentito la richiesta.
Infatti si voltò, serio.
Le luci strombo illuminavano il volto del ragazzo: sembrava un cucciolo in cerca di attenzione.
Qualsiasi persona lo avrebbe cacciato via, apostrofando parole poco gentili nei suoi confronti, ma l’uomo sorrise in modo strano.
-Ti servono i soldi per la droga, eh…?- sibilò, prima di prenderlo per la mandibola e studiando entrambi i lati del suo volto. Poi lo osservò completamente, dalla testa ai piedi –Sì, tutto sommato sei carino… Suppongo, quindi, di poterlo fare…-
Bill rispose con un lieve cenno della testa, prima di dargli le spalle, intimandogli, in silenzio, di seguirlo.
Entrarono nei bagni pubblici: come sempre, erano sporchi, ma era il luogo adatto per fare quanto avvenne in seguito.
Il biondo, cercando a stento di non piangere, si mise in ginocchio, sbottonando la patta dei pantaloni dell’altro. Come risposta, lui lo prese per la collottola, spingendolo bruscamente ad alzarsi. Lo spinse con violenza alla parete.
-Ma cosa diavolo hai capito?!- esclamò l’uomo; Bill sentì le sue mani sui suoi fianchi, prima di farsi abbassare i pantaloni e gli slip –Se vuoi fare una scopata, facciamola per bene!-
Doveva immaginare che sarebbe andata in quel modo.
Strizzò gli occhi, mentre sentiva l’uomo entrare dentro di lui e spingere con forza.
Provò dolore, ma cercò di non pensarci: si concentrò sulla piccola, alle sue urla. Il dolore provato in quel momento era più forte del dolore fisico che stava provando. Pensò anche a Tom.
“Mi dispiace…” pensò, immaginando come avrebbe reagito, se avesse saputo cosa stava per fare.
Durò poco, per fortuna.
Bill si era seduto sul gabinetto, con aria sfinita, continuando a lacrimare. L’uomo, come promesso, gli diede una banconota da 10€; non gliela mise in mano, gliela gettò addosso, come fosse spazzatura, mormorando: -Mi fai schifo…-
La banconota cadde a terra. Il ragazzo si gettò a terra, per raccoglierla, con la stessa foga di un mendicante quando gli presentano del pane.
Non era stato facile ottenere la droga, ma alla fine era riuscito a prendere quanto bastava per una persona.
Per questo, Tom, quando era in giro, aveva sentito una strana sensazione, come di rilassatezza. Era l’effetto della droga che si era iniettato il gemello.
-Billy, ti prego…- mormorò il moro, sgomento –Non lasciarmi… Se tutto quello che ho…-
Bill si risvegliò, singhiozzando. Tom tirò un sospiro di sollievo: almeno era ancora vivo.
-Tom… Che cosa abbiamo fatto…?!- esclamò il primo, senza smettere di piangere –CHE COSA ABBIAMO FATTO!?-
Il moro lo strinse a sé, accarezzandogli i capelli biondi, e lacrimando lievemente anche lui.
-Lo so, Bill. Nemmeno io sono fiero di quello che abbiamo fatto, ma non potevamo farci niente…-
“Non potevamo farci niente.”
Non era una sua tipica frase.
-Non ne posso più di questa vita. Dobbiamo fuggire da qui!-
Il biondo smise immediatamente di singhiozzare.
Alzò la testa, osservando il gemello quasi in cagnesco.
-Sono ormai due anni che dici che dobbiamo fuggire da qui, eppure siamo ancora in questo appartamento di merda…- mormorò.
Tom si fece serio.
-Come dici?- domandò, aggrottando le sopracciglia scure.
Come risposta, fu spinto improvvisamente indietro.
-Tu parli tanto ma poi non fai nulla di quello che dici!- proseguì il gemello, furioso, alzandosi -A parte quando devi tirare qualche pugno, si intende...!-
Bill non gli aveva mai parlato in quel modo. Così cinico, insensibile… E non aveva mai agito in maniera aggressiva.
Il moro accennò una risata.
-E’ lo shock mescolato alla droga che ti sei iniettato che ti fa parlare così… So che non lo pensi veramente…-
Bill gli fu di nuovo vicino: aveva preso la sua maglia, stringendola fra i pugni.
Non lo aveva mai visto così arrabbiato.
-Sei tu quello che ha proposto di scappare da qui, dalla nostra vita e da Gordon, e potevamo farlo subito, se non ti fossi ostinato a rimandare la nostra fuga! La verità è che sei solo un VIGLIACCO!-
Tom agì d’impulso: lo colpì alla mandibola. Il pugno era molto forte; infatti, Bill barcollò, cadendo all’indietro, battendo la fronte contro la vasca da bagno.
Sul bordo era presente una piccola macchia di sangue.
Un’angoscia persino più forte del senso di colpa che provava per la sorte della bambina, stava circolando nelle vene del moro al posto del sangue, alla vista del gemello sul pavimento, privo di sensi, per colpa sua.
Lo soccorse senza pensarci due volte.
-Oddio! No! Cosa ho fatto…?- esclamò, prendendo nuovamente il fratello tra le braccia; aveva una piccola ferita sulla fronte -Bill! Billy! Scusami! Non volevo…!-
Per fortuna, il colpo ricevuto non fu così forte: il ragazzo riaprì di nuovo gli occhi.
-Tom…- era impossibile capire cosa stesse esprimendo, se rabbia, disperazione o entrambe.
Persino la mente di Tom era un uragano di sentimenti.
-Hai ragione. Sono un vigliacco…- ammise questi, serrando le labbra e non incrociando lo sguardo del fratello, per non fargli leggere l’imbarazzo che stava provando –Proprio per il mio fatto di essere un vigliacco adesso quella bambina è destinata a vivere la nostra vita. E’ vero, io avrò pure proposto la fuga, ma ho anche paura. Paura di essere scoperti e di cosa ci potrebbe succedere. Cosa potrebbero fare a te, fratellino…-
Il respiro di Bill si stava stabilizzando. Ecco cosa tratteneva Tom da prendere l’iniziativa di prendere la moto ed i soldi e fuggire dal “Drogesviertel”: lui.
-Se siamo ancora qui è per te, fratellino…- concluse il moro, ancora con lo sguardo basso –Se ti dovesse succedere qualcosa… se Gordon osa anche sfiorarti con un dito… non me lo perdonerei mai. Ecco di cosa ho paura. Se devo tener conto del tuo bene, tra la libertà, ma con il rischio di essere scoperti, e la prigionia, ma con la sicurezza di essere, da un certo punto di vista, protetti, preferisco la prigionia. Nel primo caso, non mi importa cosa faranno di me, non permetterò che ti facciano del male.-
I timori di Tom. Bill, in qualche modo, lo sapeva, non per niente erano gemelli, ma sperava che il fratello fosse abbastanza forte da affrontarli.
Scoppiò di nuovo a piangere. Lacrime di rabbia e delusione scesero dalle sue guance.
-Razza di vigliacco!- esclamò, prima di tirare un ceffone al gemello.
Tom sapeva di essere dalla parte del torto, ma non tollerava essere picchiato, nemmeno da Bill. Infatti, rapido, gli afferrò il polso, osservandolo negli occhi con aria molto seria.
Il biondo aggrottò nuovamente le sopracciglia.
-IO TI ODIO!- esclamò. Forse per lo shock, forse per la droga. Nella sua mente regnava il caos, tale da non rendersi quasi conto di quello che stava dicendo. A chi lo stava dicendo.
Tom pensò che, in fondo, non poteva biasimare il gemello per aver detto quella frase: se lo era meritato.
Improvvisamente, il volto di Bill cadde sulla sua spalla, bagnandola di lacrime. Le sue braccia cinsero il suo torace.
-Ti odio, Tomi…- mormorò, con la voce ovattata, poiché parlava dentro la maglia del fratello.
Singhiozzò di nuovo.
Tom non poteva vederlo in quello stato, ma almeno si era calmato.
Lo staccò gentilmente da lui, prendendogli delicatamente il volto, rigato da lacrime continue, e lo coprì di baci, per calmarlo, per chiedergli scusa, per dirgli che era lì e ci sarebbe sempre stato, per consolarlo.
Gli sguardi dei gemelli si incrociarono di nuovo.
Il moro si avvicinò al biondo, posando le labbra sulle sue.
Un bacio.
Un piccolo innocente bacio tra fratelli. No, tra gemelli. Tra due persone uscite dallo stesso grembo.
Di natura si appartenevano l’un l’altro.
Se si può definire incesto? Forse. Ma finiva tutto lì, con piccoli innocenti baci sulla bocca, nulla più.
Si dice che una volta fosse comune, tra fratelli, baciarsi sulla bocca.
Quello che facevano durante le “feste” di Gordon non era per loro volontà: erano costretti a fare l’uno maschio e l’altro la femmina, su richiesta degli ospiti. Il solo pensiero di farlo tra loro, a casa, faceva rabbrividire entrambi di ribrezzo.
Si baciavano spesso sulle labbra, per vari motivi: scambi di affetto reciproco, consolazione…
A volte capitava che lo facessero anche quando erano per le strade del quartiere, per questo girava voce che i Kaulitz fossero incestuosi.
Ma lo sarebbero stati se anche nella loro casa facessero quello che erano costretti a fare durante le feste di Gordon, ma così non era.
Tom si staccò un attimo da Bill.
La tempesta sembrava ormai essere passata.
Poi sentì la mano del gemello premergli sulla nuca, incitandolo ad avvicinarsi di nuovo.
Un altro piccolo bacio, di ringraziamento e di pentimento per le parole dette poco prima.
E poi un altro, e un altro ancora.
Avevano fatto pace.
-Dimmi solo una cosa…- mormorò Tom, appoggiando la sua fronte su quella di Bill –La droga che ti sei iniettato… è servita per alleviare il tuo dolore?-
L’altro, sconsolato, scosse la testa.
-No.-
 
Erano le tre di notte quando riuscirono a prendere sonno.
Entrambi si stavano lamentando in sogno.
Stavano correndo nel buio, tenendosi per mano. Non sapevano se si trovavano nel quartiere, ma ciò che era certo era che stavano scappando da Gordon.
La sua ombra li stava inseguendo ovunque andassero.
Improvvisamente, punto morto: un dirupo si presentò di fronte ai gemelli.
E l’ombra di Gordon era proprio alle loro spalle, con una pistola in mano.
Erano in trappola.
-No!- esclamò Tom, temendo il peggio per lui e per il fratello. Si strinsero le mani, per darsi coraggio a vicenda.
Involontariamente, però, Bill indietreggiò; il suo piede calpestò il vuoto.
Barcollò, per poi cadere, trascinandosi Tom.
Quest’ultimo riuscì ad afferrare il bordo con una mano, mentre con l’altra stringeva ancora la mano di Bill.
-Resisti!- urlò, digrignando i denti dallo sforzo.
Entrambi immaginarono l’ombra di Gordon apparire proprio dove erano caduti e completare l’opera.
La scorsero appena.
Poi, degli spari, seguiti da un tonfo.
Non fu una sola ombra, quella che i due gemelli videro chinarsi verso di loro, ma due.
Le loro forme non erano chiare: non videro nemmeno i volti dei loro “salvatori”.
Tuttavia, allungarono le loro mani, come volessero aiutarli.
Ma Tom non poté resistere a lungo: la sua mano cedette e mollò la presa sul bordo del precipizio.
Lui e Bill caddero nel vuoto, urlando.
 
-Bill! Billy! Svegliati!-
Bill si svegliò di soprassalto, ansimando. Era ancora nell’appartamento del Drogesviertel.
Tom tirò un sospiro di sollievo, togliendo la sua mano dalla fronte dell’altro.
-Grazie a Dio ti sei svegliato…- mormorò.
Quella frase e lo sguardo del gemello fecero allarmare il biondo: infatti, si mise seduto sul letto, stringendogli le spalle.
-Hai fatto anche tu quel sogno, vero?!- esclamò.
Il moro annuì, serio.
-Sì, tu ed io stiamo scappando dallo stronzone, poi cadiamo, veniamo salvati, però poi precipitiamo nel vuoto.- cercò di ricordare.
-E poi ci sono quelle due figure…- aggiunse Bill, sdraiandosi nuovamente sul letto –Tu sei riuscito a vedere i loro volti o le loro forme?-
Anche Tom si sdraiò. Scosse la testa.
-No.-
-Secondo te chi potranno mai essere…?-
-Non ne ho idea. Magari qualcuno che ci aiuterà ad uscire da questo buco di merda del cazzo…-
La fuga. Erano nuovamente tornati su quell’argomento.
Tom ci rimuginò sopra, pentendosene un secondo dopo. Strinse il gemello a sé.
-Scusa, non dovevo dirlo…-
Bill affondò volentieri la testa sotto il suo mento.
Sorrise lievemente. O forse rassegnato.
-Non importa. Se proprio dobbiamo scegliere tra la libertà, ma il timore di essere inseguiti a vita da Gordon, o la prigionia, ma al sicuro dal lato peggiore di Gordon, allora, a questo punto, è meglio la prigione…-
   
 
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