Anime & Manga > Yuri on Ice
Ricorda la storia  |      
Autore: hey_youngblood    02/07/2017    1 recensioni
Storia partecipante al contest 'Ave Atque Vale' indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP.
Yuuri, visibilmente scosso dalla partenza improvvisa di quello che considerava l'amore della sua vita, reagisce in modo passivo all'evento, rifugiandosi in quel sentimento d'indifferenza in cui si era rifugiato, ormai qualche anno prima, alla morte del suo amato cane. A quella tragedia era accorso in suo aiuto Victor Nikiforov, riportandolo verso la luce. Ma, adesso che la causa del suo tedio era proprio il suo antico salvatore, riuscirà mai ad uscire dall’oscurità?
Dal testo:
Avrebbe voluto combattere, rincorrerlo fino all’aeroporto, chiamare il suo nome tra gli sguardi insistenti dei presenti, piangere e gridare affinché il mondo potesse comprendere come un cuore si spezza.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Candles

 
Stava disteso inerme – come inerme aveva passato le ultime settimane – in quell’angolo di letto che era solito occupare quando, la sera, tornava a casa e la trovava vuota. Il soffitto gli sembrava così freddo che, chiudendo gli occhi, sperava di ritrovare un po’ di quel calore che aveva abitato l’appartamento e che, dopo essersi consumato, aveva abbandonato quel luogo ora isolato senza lasciarsi indietro nemmeno un soffio di vento. L’eco del silenzio lo colpiva al cuore, lo trapassava come se fosse diventato solo un alone di sé stesso, mentre i brividi gli percorrevano la pelle delle braccia e delle gambe, facendolo tremare più del dovuto.
Non piangeva, non piangeva da settimane ormai, e nel silenzio si lasciava cullare dalla giustizia dell’universo, mentre la luce delle candele si spegneva davanti allo splendore delle prime luci dell’alba. Quella eterna morsa allo stomaco lo allietava di poco durante il giorno, quando nel pieno delle proprie attività quotidiane doveva rapportarsi con una realtà che non sembrava stargli bene addosso, di cui non si sentiva di far parte. Durante la notte, al contrario, quella morsa non lo lasciava in pace, gli impediva a tratti di respirare, lo inghiottiva fino a lasciare di se solo il profumo della sua pelle, l’umidità del suo respiro, e quella medaglia che aveva vinto grazie a lui, lungi da quel momento.
Le antiche leggi dell’universo avevano espresso il proprio responso, le stelle si erano allineate e, come scie d’aerei nel cielo cristallino, avevano segnato la profonda notte con fredde lunghe cicatrici che si battevano per la sovranità del silenzio con quelle che Yuuri nascondeva nel cuore. Il sorriso della luna non era altrettanto radioso, né la sua superficie altrettanto splendente, com’era stata la vista di quel corpo che pareva risplendere di sé stesso.
Tokyo non fu altrettanto entusiasmante, quando a camminarvi nel gelo dell’inverno si trovò da solo, ed i sorrisi dei passanti non erano rivolti che ad altri, mentre, silenzioso, vagava nell’ombra di sé stesso, anelando quella felicità che sentiva aver fatto sua e che lo aveva liberato da se prima del dovuto. Aveva camminato assorto in quelle folate di idee passate e galleggiando leggero sull’asfalto aveva guardato lontano, in un avvenire bianco che non era riuscito a dipingere. Soffi di ratti respiri e lamenti d’amore gli sussurrarono fantasie all’orecchio, mentre, intento, aveva cercato sul suolo le orme di colui che nella notte danzava e disegnava per la città i dipinti più meravigliosi, illuminando di risa e sospiri anche i vicoli più bui.
Una candela abbandonò il gruppo, sopraffatta dalle tenebre che la attorniavano. Yuuri sentì l’Oblio chiamare il suo nome, in cerca di quella voce che si ostinava ad abbracciare e tenere stretta, come se, sentendo il calore del cuore spezzato che l’avvolgeva, potesse tornare a squillare nitida e reale tra le macerie di quelle che, una volta, erano state mura d’Impero.
Il telefono aveva fremuto per tempi immemori, mentre nei giorni successivi alla sua partenza si interrogava su errori ed azioni, dettagli e parole, quegli occhi e quella bocca che erano e già non erano più suoi.
Non lo aveva chiamato, interrogativi incompiuti erravano nell’aria della stanza che era realtà e non realtà, conseguenza insopportabile della vita che gli era stata portata via. Essere e non essere –non vi era nessun dilemma – vivevano complementari dentro quel corpo che era specchio e immagine di sé stesso.
Non stava bene. Prima ancora che l’artificio amoroso spegnesse l’ultima scintilla che, ostinata, credeva di vincere l’oscurità della notte dei tempi, il dolore, l’offesa, il silenzio avevano già oscurato gli animi, ed entrambi combattevano nell’illusione di una vittoria, che lentamente era svanita lasciandoli inermi davanti al destino.
Non trovava le parole per esprimere opinioni, interrogativi, sentenze, e nei tempi avvenire aveva accettato con solidale apatia quella che ormai si prefissava come la continuazione della sua esistenza. Avrebbe voluto combattere, rincorrerlo fino all’aeroporto, chiamare il suo nome tra gli sguardi insistenti dei presenti, piangere e gridare affinché il mondo potesse comprendere come un cuore si spezza.
Invece, solo, si era rinchiuso in quella stanza che era ultima memoria di grandezza, sentimento, amore, e nel soffocante silenzio sentì l’ampiezza cristallina della melodia dei vitrei atri sanguinei che di fiamma implosero, impedendogli il raggiungimento dell’ossigeno. Silenzioso dolore pervase quel corpo che, tremante e privo di forze, cadde rovinosamente a terra. Il suolo amico lo ospitò tra le sue braccia, e lo affiancò ancora per ore nella compassione*.
Le lunghe carezze delle assi lignee non erano soddisfacenti, e dal loro abbraccio non traeva il calore sufficiente a scaldare quelle ossa che sembravano aver perso vita senza qualcuno per cui danzare. Il sogno cullò quegli occhi esausti, che avrebbero desiderato vedere meno, e che avevano visto tanto, troppo, senza mai saziarsi. Iniziò a farsi sentire la stanchezza, impietosa proclamatrice di resa, e bussò ancora per molto prima che l’ospite fosse pronto a riceverla.
L’ennesima candela si spense, mentre, al di là del vetro, dove entusiasta procedeva la vita, la luce reclamava il proprio trono sul mondo. Quel calore etereo, proiezione di eternità, legò con fine spago i vetri infranti ospitati dal precordio in un atto di umile pietà, e un semplice nodo preparò quel corpo per un altro giorno senza di lui.
“Ho perso ancora. Perderò sempre, finché il Sole risplenderà su le sciagure umane.**”
 


* questa parola vuole avere significato etimologico: com-pas-sió-ne
dal latino: cum insieme patior soffro. Nei secoli, la parola compassione prende forma sul concetto di pietà - una pietà che è quasi disprezzo. Eppure la sua radice, il significato originale dei suoi componenti è tanto più nobile, di respiro tanto più ampio. La compassione è la partecipazione alla sofferenza dell'altro. Non un sentimento di pena che va dall'alto in basso. Si parla di una comunione intima e difficilissima con un dolore che non nasce come proprio, ma che se percorsa porta ad un'unità ben più profonda e pura di ogni altro sentimento che leghi gli umani. E' la manifestazione di un tipo di amore incondizionato che strutturalmente non può chiedere niente in cambio.
(definizione presa dal sito: unaparolaalgiorno.it in quanto Treccani rilegava la spiegazione del significato etimologico in, letteralmente, tre parole)
** citazione del mio amato Foscolo, De Sepolcri (1806).

__________________________________________________________________________________________________________________________________
Salve a tutti! 
Vi propongo oggi una One-shot di circa 900 parole incentrata sul sentimento accidia. La storia partecipa al concorso "L'oscurità prima dell'alba" indetto da Ayumu Okazaki & AriaBlack sul forum di EFP.

Scelto il sentimento, il mio obbiettivo era di far provare al lettore quella malinconia che affligge il personaggio, suscitando in tal modo un sentimento di comprensione e partecipazione alla storia.
La storia è ambientata in un futuro nel quale la Victuuri è reale e Victor e Yuuri, dopo mesi di relazione hanno perso l'entusiasmo e la passione iniziale. Da quel momento le cose hanno cominciato ad andare sempre peggio, fino a far prendere a Victor la decisione di andarsene, lasciando Yuuri da solo a Tokyo.
In questo mio scritto, lungo più o meno due pagine, mi focalizzo su un linguaggio diverso, che non uso di solito, e questo mi ha portato a impiegare tantissimo tempo per produrre queste poche righe. Nonostante questo, lo considero uno degli scritti migliori che ho elaborato (quanto è triste la cosa!) e vorrei sentire qualche vostra opinione per farmi tornare con i piedi per terra, perciò se vi va di lasciarmi un commento, mi fareste un grande favore.
Ringrazio infinitamente _Euscorpius_ per la mano che mi ha dato come beta di questo progetto e per aver un po' sclerato con me a lavoro finito.
Un bacio,
Carlotta
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: hey_youngblood