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Autore: Black White Dragon    02/07/2017    1 recensioni
Nico Di Angelo torna a casa di Percy per la seconda 'serata tra uomini' e anche stavolta l'alcool non manca!
(Questa OS è il sequel di un'altra storia della quale troverete il link nelle note.)
Slash - Percico
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Zhang, Jason Grace, Leo Valdez, Percy/Nico
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Noticine (che metto all'inizio, non si sa bene perché):
WOW, è da tantissimo tempo che non pubblico!
Per prima cosa vi lascio questo link, che è il prequel di questa OS.
Non ho molto da dire... spero che questa FF vi piaccia e che vogliate lasciare una recensione (che sia positiva, neutra o negativa, l'importante è che non includiate termini o espressioni poco gradevoli, poi accetto tutto, ovviamente).
E infine... LUNGA VITA AI PERCICO (wow, so far cambiare colore alle parole!)

Eris
 

“Perché Will Solace no?” αἱτέι Περσευς.
“Perché non pensa” ἀνταποκρίνεται Νύκος.

(Mic, ringraziami.)

Di amici stronzi, birra e chiarimenti
 
 
Nico si svegliò in un letto caldo e accogliente con indosso solo un paio di boxer mentre alcuni raggi solari venivano filtrati da una tenda azzurra senza celarli del tutto. Si rese conto che delle braccia grandi e muscolose gli cingevano la vita e che si trovava a stretto contatto fisico con la persona alla quale appartenevano quelle braccia. Alzò di poco la testa per vedere con chi avesse dormito tutta la notte e ne riconobbe subito i lineamenti. Sorrise.
 
Il figlio di Ade suonò il campanello col suo zaino nero sulle spalle.
Era stato Jules-Albert a portarlo fin sotto casa di Percy per la sua “serata tra uomini” (parte due) che avrebbe passato insieme a Leo, Frank, Jason e l’immancabile padrone di casa.
Nico non sapeva bene cosa aspettarsi da quella serata dopo quello che era successo la volta precedente. Aveva anche pensato di non andare proprio, ma aveva un conto in sospeso con Percy che sicuramente il figlio di Poseidone non aveva dimenticato, non dopo l’epica uscita di scena di Nico. Ah, viaggiare nell’ombra scomparendo nell’ombra del frigorifero era stato proprio un tocco di classe!
“Chi è?” chiede la voce di Jason dal citofono.
“Sono Nico.”
“Era ora!”
Jason riagganciò e gli aprì la porta.
Dopo innumerevoli rampe di scale arrivò all’appartamento di Percy. Sul pianerottolo c’era Jason ad aspettarlo e dietro di lui Leo lo guardava sorridendo in malo modo.
“Allora ti è piaciuto l’altra volta, eh?” affermò Leo dopo che si furono tutti accomodati sul divano, Jason in mezzo e Nico alla sua sinistra.
“Frank e Percy dove sono?” chiese Nico ignorando palesemente Leo.
“A prendere le pizze” rispose Jason. “Volevamo il sushi in realtà, ma Percy ha detto che per lui è un mezzo cannibalismo.”
Per poco Nico non scoppiò a ridere.
“Allora, Nico” cominciò Leo. “Dicci. Perché sei qui?”
‘Che palle’ pensò Nico.
“Forse perché mi avete invitato?” rispose vagamente.
Leo levò gli occhi al cielo. “Ti faccio patire le pene dell’inferno stasera.”
“Cosa ne vuoi sapere tu dell’inferno?”
Jason scoppiò a ridere voltandosi verso di lui. “Te la sei cercata” disse rivolto verso Leo.
A quel punto la porta d’ingresso si spalancò e Percy e Frank entrarono con sei cartoni di pizza e qualche bottiglia di birra.
“Perché ne hai prese sei?” chiese Jason.
“Una è alla Nutella e ce la dividiamo” rispose Percy. “Ciao, Nico.”
“Mi piace come ragioni, Jackson” commentò Leo.
Mangiarono a tavola tutti insieme parlando, ridendo e scherzando come se fossero stati ragazzi normali.
Nico pensò che, nonostante con Leo proprio non si trovasse, gli piaceva stare con loro e provare a non essere un semidio per qualche ora. Perché comunque non si toccavano mai argomenti di guerra o duelli parlando con loro, al massimo venivano fuori le cose divertenti e stupide di un’impresa, ma niente ricordi dolorosi.
Appena finito di mangiare si tolsero le scarpe e si misero a vedere ‘Hercules’ sul divano, la versione della Disney, finendo di bere la birra che Percy aveva già in casa. Frank si addormentò poco dopo l’inizio del cartone… tutto normale, insomma! Per tutta la durata del film i quattro rimasti svegli insultarono la Disney per gli strafalcioni mitologici e Leo intimò Nico di tingersi i capelli di blu almeno cinque o sei volte.
Quando il film finì concordarono che fosse meglio non svegliare Frank: aveva avuto un bel da fare al Campo Giove quella settimana, si meritava un po’ di riposo. Così lo fecero distendere per bene sul divano senza svegliarlo e poi si sedettero tutti per terra con una birra in mano. Nico si trovò Jason alla sua sinistra, Leo a destra e Percy direttamente davanti a lui.
‘Almeno se mi viene da guardarlo ce l’ho davanti e sembro meno psicopatico, dai…’ pensò Nico.
“Oggi?” chiese Leo riferendosi al gioco a cui avrebbero giocato, dato che non era ancora stato deciso, mentre appoggiava una bottiglia di birra vuota per terra.
“Obbligo o verità?” chiese Percy.
“E sia!” esclamò Jason.
“Giocate a obbligo o verità con la bottiglia?” chiese Nico dopo aver bevuto un sorso di birra. Era diversa dalla birra dell’altra volta, gli piaceva di più l’altra.
“In pratica” cominciò a spiegare Jason, “tu fai girare la bottiglia e chiedi obbligo o verità alla persona a cui punta, poi una volta fatto tutto con questa persona, sarà lei a fare rigirare la bottiglia e vedere a chi deve far fare obbligo o verità, e così via…”
“Ah, okay. Ha senso.”
“Vuoi aprire le danze?” chiese Leo a Nico.
“No, guardo prima come fate…”
“E se esci tu?”
“Me ne farò una ragione…” rispose Nico.
Alla fine decisero che il padrone di casa avrebbe cominciato. Percy fece girare la bottiglia e la punta finì verso Leo.
Per quasi due ore giocarono in modo stupido bevendo birra e scegliendo più obblighi (stupidi) che verità, e tra questi Nico si ricordò soprattutto i seguenti: Percy dovette pronunciare tutto l’alfabeto all’incontrario e ci mise un quarto d’ora a causa della dislessia; Leo fu costretto a fare una gara contro Nico per vedere se sarebbe riuscito a fissarlo senza ridere per venti secondi e perse miseramente – mentre Nico rimase impassibile; Jason dovette spegnere una candela – gentilmente accesa da Leo – con il naso; Nico bevve un misto di coca-cola, birra, aranciata e sciroppo alla menta; Percy leccò il muro; Jason dovette recitare l’inizio della prima Catilinaria, su una sedia, in latino, mettendoci tutto il sentimento possibile; Nico dovette guardare un minuto di porno lesbo e il figlio di Ade rischiò di vomitare il pranzo di Natale del 1942; Nico obbligò Jason a volare intorno alla palazzina di Percy urlando in italiano “Centotrenta Martin Garrix si vola” e il figlio di Giove manco sapeva cosa stesse urlando ma non volle indagare.
Alla fine arrivarono a cose un po’ più movimentate e hot dopo qualche birra in più.  
“Obbligo o verità?” chiese Percy.
Nico bevve un sorso di birra.
“Obbligo” rispose Jason.
Percy cominciò a guardarsi intorno in cerca della giusta ispirazione.
“Ohi, una cosa!” esordì Leo. “Possiamo fare gli obblighi che magari vengono fatti non durante il gioco?”
“In che senso?” chiese Nico.
“Eh, tipo, magari ho in mente un obbligo che possiamo fare solo al Campo, quindi viene fatto quando torniamo al Campo.”
“Ah, okay…” acconsentì Jason.
“Tu hai in mente qualcosa” disse Percy rivolto a Leo.
Nico annuì d’accordo con Percy ma non si oppose a quello che aveva chiesto di fare Leo.
“Ci sono!” esclamò Percy. “Quanta birra hai ancora dentro?”
“Più di metà.”
“Bene, finiscila in meno di dieci secondi.”

E Jason la finì davvero in meno di dieci secondi.
“Se comincio a ballare in mutande è colpa tua” disse a Percy appena finito.
Lui scoppiò a ridere.
Jason fece girare la bottiglia, che si fermò tra Percy e Leo, ma più vicino a Leo.
“Verità” disse Leo senza neanche aspettare che gli venisse fatta la domanda.
“Sei vergine?”
“…sì.”
Nico questa non se l’aspettava proprio. Essendo tutti più biologicamente grandi di lui, pensava che avessero tutti fatto sesso. Be’, forse gli altri l’avevano fatto (sperava non Frank per la sua incolumità, nessuno doveva toccare Hazel), ma era convinto convintissimo che Leo l’avesse fatto. Guardò per un attimo Percy e si chiese quante volte lui e Annabeth fossero andati a letto insieme.
“Che carino che sei!” esclamò Jason.
Leo alzò gli occhi al cielo poi fece girare la bottiglia. Per grande sfortuna di Nico, questa si fermò a indicare proprio lui.
“Obbligo o verità.”
Il figlio di Ade ci pensò su un attimo. Qualunque cosa avesse scelto sarebbe stata imbarazzante, quindi una valeva l’altra.
“Verità” disse dopo aver bevuto un altro sorso di birra.
“Hai mai fatto un sogno erotico su qualcuno? Che sia sogno di notte o sogno ad occhi aperti?”
“Chi non ne fa?” si ritrovò a dire Nico, abbastanza scocciato. Doveva aspettarsi delle domande del genere, in effetti.
“Rispondi: sì o no.”
“Sì.”
“Perfetto, tocca a te.”
Nico mise la mano destra sulla bottiglia e la fece girare. Si fermò esattamente davanti a Percy.
“Obbligo o verità?”
Percy guardò il figlio di Ade pensando a cosa scegliere. “Obbligo.”
Nico sapeva esattamente cosa fare. “Dato che mi hai rotto i coglioni con la Sirenetta per due mesi e mezzo, ora ti metti a cantare ‘In Fondo al Mar’ con della birra in bocca. Non puoi sputare né mandarla giù finché non hai cantato almeno un ritornello intero.”
“Cazzo…” fu l’unico commento di Percy, il quale bevve dalla sua bottiglia e… va be’, lasciamo perdere.
Il ritornello, alla fine, riuscì a cantarlo, ma probabilmente rischiò il soffocamento e bagnò un bel po’ il pavimento. Gli altri tre si godettero la scena senza aiutarlo minimamente.
“Questa me la paghi” disse il figlio di Poseidone sorridendo.
Nico si perse un attimo nei suoi occhi accesi dal sorriso del ragazzo. Erano disarmanti.
Percy fece girare la bottiglia. Fu la volta di Leo.
“Verità.”
“Hai mai pensato di farti Annabeth?”
Leo si mise a ridere e poi fece un sorriso strano. “Assolutamente sì.”
Dopo che Leo ebbe girato, la bottiglia si fermò a indicare Nico di nuovo.
“Obbligo o verità?”
“Obbligo.”
“Oooh… vediamo un po’!” Leo ci pensò su qualche secondo, poi pronunciò la sentenza di morte: “Stanotte devi dormire nel letto di Percy, con Percy, con addosso solamente i boxer.”
“Stai scherzando!?” esclamò Nico.
Leo scosse la testa in segno di dissenso.
“Leo… il mio letto è a una piazza” fece notare Percy.
“Eh, appunto!” esclamò Leo.
“No” affermò Nico in modo freddo. Non avrebbe permesso a Leo Valdez di imbarazzarlo in quel modo, soprattutto con Percy. La cosa che non capiva, però, era il fatto che Percy non si fosse opposto in nessun modo al volere di Leo ma avesse semplicemente constatato che sul suo letto in due non ci sarebbero stati.
“Il gioco è così, non puoi tirarti indietro” disse Jason.
“Ti ci metti anche tu?” gli rispose Nico.
Jason fece spallucce. “È così che funziona. E comunque se non ci fossero questo tipo di obblighi il gioco stesso non avrebbe senso. È fatto apposta per mettere in imbarazzo le persone.”
Jason sapeva, e nonostante questo stava comunque dalla parte di Leo. Nico capì che non c’erano alternative e che probabilmente l’avrebbero costretto a dormire con Percy comunque senza farsi alcuno scrupolo.
Il figlio di Ade per qualche secondo fissò Percy, il quale ricambiò lo sguardo. Nei suoi occhi verdi non riconobbe alcun tipo di insicurezza o esitazione.
Il figlio di Ade finì la bottiglia di birra. “Okay” accettò infine.
Però pensò che aveva bisogno di bere ancora per sopravvivere a quello che Leo gli aveva imposto, quindi si alzò e andò a prendere un’altra birra, poi tornò al suo posto e fece girare la bottiglia.
Fu la volta di Jason.
“Obbligo o verità?” chiese Nico prima di bere un sorso.
“Obbligo.”
‘Adesso gliela faccio pagare, salatissima!’ pensò Nico. ‘Così impara a farmi fare cose che non voglio fare.’
Una parte del cervello di Nico pensò che, in realtà, forse dormire con Percy non sarebbe stato male, ma dormirci in boxer, be’, era imbarazzante.
Il figlio di Ade sorrise malignamente a Jason. “Leo togliti la maglia e stenditi a pancia in su” disse guardando il figlio di Giove.
“Non lo devo fare io l’obbligo, sai?” si lamentò il figlio di Efesto togliendosi la maglietta.
“Jason, caro…” cominciò Nico.
“Quando dice ‘caro’ non è mai una buona cosa” constatò Percy.
“…parti dalla fronte e bacia Leo in verticale a ogni tre centimetri, circa, fino ad arrivare all’elastico dei pantaloni. E non dimenticarti la bocca” spiegò il figlio di Ade.
La faccia del figlio di Giove era senza prezzo.
Percy si voltò verso Jason sorridendo divertito, poi alzò la mano destra verso Nico per ricevere il cinque e lui glielo concesse ben volentieri.
“Forza, Jason! Non abbiamo tutta la notte” lo intimò Leo.
Il figlio di Giove si alzò e andò a inginocchiarsi di fianco a Leo senza distogliere lo sguardo da Nico. Quest’ultimo, invece, se la rideva beatamente con Percy.
Jason diede il primo bacio sulla fronte di Leo e si mise a ridere appoggiando la testa sul pavimento appena di fianco alla faccia di Leo. Anche il figlio di Efesto rise per l’assurdità della situazione.
“Secondo me se ti metti a cavalcioni su di lui sei più comodo” esordì Percy.
“Sei un esperto a quanto vedo…” risposte Leo per le rime.
Percy levò gli occhi al cielo.
Il figlio di Giove si mise a cavalcioni sull’amico e continuò il suo lavoro. Ripartì dalla fronte e lasciò quella infinita scia di baci veloci lungo il corpo di Leo senza che nessuno dei due si lamentasse. Quando ebbe finito tornò sui suoi baci e premette di nuovo le sue labbra contro quelle del figlio di Efesto, lasciando tutti sorpresi. Perfino Frank si rigirò nel divano, nonostante fosse un movimento totalmente casuale.
“Non prenderci troppo gusto, Grace” disse Leo in tono seducente.
Jason non rispose e tornò a sedersi al suo posto come se nulla fosse successo. “Tocca a me.”
Jason dovette far girare la bottiglia due volte perché la prima volta questa aveva indicato lui (anche se Percy e Leo lo avevano intimato di auto-farsi il gioco). Il collo della bottiglia si fermò a indicare Nico, il quale, rendendosi conto di essere nella merda per aver imposto un obbligo abbastanza pesante a Jason, era più che indeciso su cosa scegliere.
“Obbligo o verità?”
Nico fece un breve ragionamento: se avesse scelto obbligo, Jason gli avrebbe sicuramente fatto fare qualcosa di molto, ma molto imbarazzante, avrebbe perso la dignità, ne era certo; d’altro canto però, se avesse scelto verità la cosa sarebbe stata ugualmente imbarazzante con la differenza che nessuno gliel’avrebbe imposta, ma sarebbe stata una cosa detta-fatta-pensata solo ed esclusivamente da lui e quindi la ‘colpa’ dell’atto fatto-pensato o della cosa detta sarebbe stata solo e solamente sua. Significava svelare alcuni segreti che non era sicuro di voler svelare, nel caso in cui Jason gli avesse posto la giusta domanda. Invece… qualsiasi obbligo gli avesse imposto Jason, sarebbe comunque stata colpa del figlio di Giove, in qualche modo.
“Obbligo.”
“Fai la stessa cosa che ho appena fatto io a Leo con la differenza che la fai a Percy e quando arrivi alla bocca dovete limonare per almeno quindici secondi. Vi cronometro.”
Nico si pentì di aver scelto l’obbligo… e si sentì idiota, molto idiota.
Osservò Percy togliersi la maglietta e stendersi per terra senza fiatare.
“Quando vuoi” disse Leo rivolgendosi a Nico.
Il figlio di Ade bevve tre sorsi di birra, poi si alzò. Guardò il figlio di Poseidone dall’alto: i suoi addominali scolpiti, le vene delle braccia ben in mostra e la V del basso ventre non lo facevano pensare molto lucidamente, forse anche a causa dell’alcool.
‘Se non muoio oggi, non muoio mai più’ si ritrovò a pensare Nico.
Il figlio di Ade si sedette a cavalcioni sul ventre di Percy, il quale osservava attento ogni mossa di Nico dal basso.
Nico si avvicinò alla testa del più grande e con le mani risalì il petto di Percy fino ad arrivare al collo.
Fu in quel momento che capì di non essere sobrio: non avrebbe mai toccato Percy in quel modo se fosse stato ludico. Non capiva come aveva fatto a non barcollare mettendosi su Percy, ma comunque…
Nico prese la testa di Percy tra le mani, poi gli posò le labbra appena sotto l’attaccatura dei capelli e lì rimase per almeno due secondi. Gli lasciò un altro bacio lungo proprio in mezzo alle sopracciglia, poi uno a metà del naso e uno sulla punta. Nico si staccò da Percy e lo guardò dritto negli occhi. Si perse per qualche momento in quel bellissimo verde rischiando di incantarsi sul serio, per poi abbassare di nuovo la testa e infilare la lingua nella bocca di Percy, le cui labbra erano già dischiuse per dare il benvenuto a Nico. Entrambi chiusero gli occhi. Le loro lingue si accarezzarono e nessuna prevalse sull’altra né fu troppo invadente. Era come se si stessero rispettando a vicenda.
Si trovavano nella loro bolla di sapone: non sentirono Leo esclamare degli “oooh!” di tanto in tanto né Jason che contava i secondi, erano loro due e nessun altro. Solo quando Jason esclamò “quindici!” la bolla di sapone scoppiò e li riportò alla vita reale. Nico non si staccò bruscamente ma molto lentamente mezzo secondo dopo, poi riaprì gli occhi. Percy lo stava fissando.
Il figlio di Ade si succhiò la lingua all’interno della bocca come a ricordo del bacio che aveva appena avuto, poi deglutì, sempre mantenendo il contatto visivo con Percy. Avrebbe voluto fiondarsi di nuovo sulla bocca di Percy: ebbe bisogno di tutto il suo autocontrollo per non farlo.
Nico si abbassò per andare a baciare il mento del figlio di Poseidone e continuare la sua discesa senza staccare gli occhi da quelli di Percy, però quest’ultimo abbassò di poco la testa verso il petto quindi Nico finì a baciargli il labbro inferiore e la parte superiore del mento.
‘Perché si è spostato? L’ha fatto apposta?’ si ritrovò a pensare il figlio di Ade.
Percy ritirò indietro la testa sospirando non appena Nico si staccò e si mise a guardare il soffitto, interrompendo il contatto visivo col figlio di Ade.
Nico continuò il lavoro che aveva cominciato: ricominciò dandogli un bacio appena sotto al mento, poi nella parte alta del collo. Gli baciò il pomo d’Adamo proprio mentre Percy deglutiva, gli sembrò quasi di sentire il corpo del figlio di Poseidone come legato a lui, non sapeva bene perché.
Continuò a lascagli baci durevoli su tutto il corpo scendendo in verticale e continuando a guardare Percy anche se quest’ultimo non lo guardava a sua volta. A ogni bacio sentiva la pelle di Percy farsi sempre più calda e accogliente, avrebbe voluto morderla.
Quando Nico arrivò a metà pancia – o meglio, a metà addominali – Percy alzò la testa e lo guardò con un’espressione che sembrava esasperata, la bocca dischiusa e gli occhi spalancati. Il figlio di Ade alzò il sedere dal ventre di Percy per poi rimanere in ginocchio e poter scendere più comodamente. Così riprese a fare il suo lavoro, questa volta sotto gli occhi di Percy.
Una volta che il figlio di Ade fu arrivato all’ombelico cominciò a lasciare baci a meno distanza gli uni dagli altri e sempre più lunghi.
Percy cominciò a sospirare.
 
Vedere Nico baciargli il corpo in quel modo era una tortura, davvero. Quegli occhi scuri continuavano a guardarlo senza sosta, come a sfidarlo, come a dire “Lo vedi quello che ti sto facendo? Eh? Lo vedi?”
Inoltre il figlio di Ade si stava facendo molto vicino ai suoi pantaloni e, be’, Percy non si stava sentendo propriamente a suo agio. O meglio, gli piaceva, ma il fatto era che in quella situazione, con Jason e Leo a invadere la sua privacy, non si sentiva a suo agio. E poi, cazzo, Jason lo sapeva che si era innamorato di Nico (anche se al figlio di Giove aveva detto che era solo una cotta probabilmente passeggera), poteva anche venirgli incontro un pochino.
Percy sospirò per l’ennesima volta vedendo Nico baciargli letteralmente ogni centimetro di pelle del basso ventre e dovette usare tutto il suo autocontrollo per non alzare il bacino per invitarlo a continuare.
Quando Nico arrivò all’elastico dei suoi pantaloni lasciò un bacio lunghissimo, quasi esasperante, poi dischiuse la bocca di pochissimo in modo tale che nessuno potesse vederlo e gli leccò un centimetro di pelle sotto l’elastico. Di sicuro nessuno aveva visto, ma Percy aveva sentito, eccome se aveva sentito.
Nico Di Angelo era riuscito a farlo eccitare senza neanche toccargli parti troppo intime da menzionare, e per questo la cosa era ancora più eccitante. Percy sperò solo che, ehm, il suo amico dei piani bassi non decidesse di svegliarsi proprio in quel momento.
Nico si alzò come trionfante. Percy avrebbe giurato che fosse soddisfatto di quello che aveva fatto.
Il figlio di Ade si andò a sedere per terra al suo posto mentre Percy si rimise a sedere e indossò di nuovo la maglietta che si era tolto prima.
Guardò Jason, il quale gli fece un sorriso sghembo come per dire “Ti è piaciuto, eh?”
Il figlio di Poseidone alzò gli occhi al cielo.
 
Nel momento in cui Nico toccò per terra col sedere si rese conto di quello che aveva appena fatto. Si mise a gambe incrociate a guardare il vuoto.
Finì la bottiglia di birra e di riprese subito… anche se non era sicuro avrebbe retto lo sguardo di Percy per un bel po’.
“Tocca a te a girare” gli disse Leo.
Nico fece roteare la bottiglia. Il collo andò a fermarsi dalla parte di Percy.
‘Per lo Stige’ pensò Nico.
“Obbligo o verità?” chiese Nico cercando di rimanere impassibile.
“Verità.”
Nico provò a pensare a qualcosa da chiedergli. Avrebbe potuto chiedere perché non stesse più insieme ad Annabeth, ma anche da brillo Nico capì che forse non sarebbe stata una buona idea. Quindi…
“Speri che tu sia diventato il mio tipo?”
Poté vedere Jason ridere sotto i baffi con la coda dell’occhio.
 
“No” rispose Percy, ed era la sacrosanta verità.
Perché Percy non voleva essere il tipo di Nico, Percy voleva che Nico si innamorasse di lui, non che si interessasse di lui perché rientrava nei parametri del ‘suo tipo’. A Percy non piacevano quelle cose, come non gli piaceva quando un ragazzo o una ragazza qualsiasi si appellavano alla rispettiva fidanzata o fidanzato chiamandoli ‘la mia tipa’ o ‘il mio tipo’. Era disgustoso. La parola ‘tipo’, per Percy, era disgustosa. Non voleva fare il moralista ma alcune cose proprio non gli andavano giù.
Il figlio di Poseidone osservò Nico reagire, o meglio, rimanere totalmente impassibile e fissarlo.
“Ho capito bene?” chiese Jason voltandosi verso Percy.
“Sì, hai capito bene.”
“Ma non è la verità.”
“Ognuno ha le sue verità, Jason.”
“Non capisco.”
“Non sei tu a dover capire, Nico deve capire.”
Ma Nico non capiva.
 
E così… Percy l’aveva baciato solo per divertimento.
Parte di Nico voleva credere di aver solo posto la domanda sbagliata, ma non ce la fece a non pensare in modo negativo.
‘Perché me ne frega? E soprattutto perché sono così sconvolto dalla risposta? Non me l’aspettavo, forse?’
Percy fece girare la bottiglia. Andò a indicare Jason.
“Obbligo” disse Jason senza aspettare la domanda.
“Dimmi secondo te quale avrebbe dovuto essere la domanda di Nico in modo tale che io avessi dato la risposta che ti saresti aspettato.”
“Che è una specie di verità” constatò Jason.
“No, è diverso.”
Nico non ci stava capendo niente, ma proprio niente.
“Okay, ehm…” cominciò Jason. “Speri che tu mi piaccia?”
“Come sei perspicace…” commentò Percy con una punta di cattiveria sulla lingua.
Jason si mise a ridere senza rendersi conto di cosa intendesse davvero Percy.
“Tu ci hai capito qualcosa?” chiese Leo a Nico.
Il figlio di Ade si voltò. “Niente di niente.”
“Uhm, perfetto.”
Nico si mise a ridere.
Fu il turno di Jason, la bottiglia si fermò a indicare il figlio di Ade.
“Oh ma… giocate voi e io sto qui a fare un cazzo!” fu il commento di Leo.
“Obbligo o verità?” chiese Jason.
“Obbligo.”
“Di’ a Percy qualcosa che gli vuoi dire da tantissimo tempo.”
“Io continuo a non esistere, eh…” disse Leo.
Nico guardò intensamente il figlio di Giove. Dove voleva andare a parare? Alla sua dichiarazione?
‘Ah, Jason’ pensò Nico. ‘Per sapere tutto di me, sai veramente poco di quello che penso.’
“Va bene, ma glielo dico in privato.”
“Ma-”
“Non hai mai detto che fossi costretto a dirlo qui, quindi glielo dico in privato. Anche perché non è quello che pensi.”
Nico si alzò.
 
Anche Percy si alzò, e con lui si alzò anche il suo livello d’ansia.
Fece strada a Nico in casa e lo portò in camera sua. Lo fece entrare e chiuse la porta alle sue spalle.
“Siediti sul letto… se vuoi” disse Percy al figlio di Ade.
Nico si sedette a metà del letto e Percy si mise di fianco a lui.
Avevano entrambi la testa china, paurosi di dire o fare qualcosa. Alla fine fu Percy a interrompere il silenzio. “Se non vuoi dirmelo… possiamo fare finta che me l’hai detto e tornare di là.”
“No” disse Nico secco. Poi fece passare qualche secondo, prese coraggio e disse molto più dolcemente: “Mi dispiace tanto, Percy, davvero tanto.”
Il figlio di Poseidone non capiva a cosa Nico si stesse riferendo.
“Mi dispiace perché ti ho odiato senza che te lo meritassi… per Bianca.”
Percy deglutì. “Me lo meritavo” disse con la voce roca.
“No, non te lo meritavi” ribadì Nico.
Percy si voltò verso di lui. “Ti avevo promesso che-”
“Non mi avevi promesso un bel niente” disse Nico voltandosi e guardandolo dritto negli occhi. “Cioè, avevi promesso che avresti fatto del tuo meglio, non che l’avresti salvata a tutti i costi. C’è una bella differenza.”
Nico sospirò e continuò a guardarlo negli occhi. “Tu sapevi che Bianca avrebbe potuto non farcela, sapevi quello che si rischiava ad andare in missione. Non è colpa tua se aveva deciso di entrare nelle Cacciatrici, e ancora non riesco a capire perché l’avesse fatto. Ma… l’ha voluto lei. E lei ha voluto morire così, sacrificandosi…”
Nico distolse lo sguardo da Percy. “Per una cazzo di statuina che voleva portarmi.”
Al figlio di Ade si incrinò la voce. “Ha fatto tutto da sola, tu non c’entri.”
Percy  sentì gli occhi pizzicare. Non era da lui piangere né compiangere, ma in quel momento non poteva farci niente. Gli era sempre dispiaciuto non essere riuscito a salvare Bianca, era stato un argomento doloroso che era diventato sempre più pesante, prima con la fuga di Nico dal Campo, poi dopo essere venuto a sapere che il figlio di Ade aveva avuto una cotta per lui si sentì ancora più in colpa perché le cose cominciavano a moltiplicarsi sempre di più e lui non riusciva a reggerle. Era stato tutto un climax e in quegli anni aveva provato a dimenticare le brutte cose e a non pensarci. Ora Nico aveva tirato fuori di nuovo l’argomento e aveva riaperto una ferita. Perché non era stato solo Nico a soffrire, anche Percy non era stato bene per quello che era successo, solo che aveva sempre nascosto come si sentiva. Essere figlio di Poseidone, essere il semidio ‘protagonista’ di una profezia, essere un punto di riferimento, quasi un esempio, per i nuovi ragazzini che arrivavano al Campo, gli faceva tipo mettere delle maschere per far vedere che andava tutto bene, che era forte, che c’era sempre per tutti. E invece, quando tornava nella sua Cabina dopo una giornata di lezioni di scherma, pensava tantissimo a quello che aveva fatto, a quello che non aveva fatto e a quello che avrebbe potuto fare. Non piangeva mai, quello no, ma pensava, fin troppo.
“Per una cazzo di statuina è morta” disse Nico sussurrando con la voce rotta. “Non è stata colpa tua. Dovevo solo dare la colpa a qualcuno per quello che era successo, me ne rendo conto ora.”
A Percy scese una lacrima dall’occhio destro. Non si preoccupò neanche di asciugarla, era troppo sconvolto per quello che Nico gli aveva detto.
Il figlio di Ade tirò su col naso. Percy gli prese la spalla e lo fece voltare verso di lui. Incrociò gli occhi di Nico, pieni di lacrime.
 
Una lacrima solitaria solcava il volto di Percy, Nico non se lo sarebbe mai aspettato.
Il figlio di Poseidone si avvicinò e lo abbracciò cingendogli la vita. Nico invece si aggrappò al suo collo e mise la testa nell’incavo tra la spalla e il collo di Percy. Solo in quel momento si era reso conto di quanto avesse bisogno di un abbraccio.
“Dovevo dirtelo prima o poi” disse Nico. Tirò su col naso.
Percy mosse la testa contro la fronte di Nico. “Ti voglio bene.”
Nico non sapeva cosa pensare, non capiva perché Percy gliel’avesse detto, non sapeva cosa avrebbe dovuto dire dopo: era totalmente impreparato.
“Perché me l’hai detto?” gli chiese infatti.
“Perché è la verità; non so cosa dirti o come dirti ‘grazie’ o come esprimere tutto quello che ho in testa, quindi ti ho detto che ti voglio bene. Perché ti voglio davvero bene, e spero che dicendo questo tu possa, tipo… sentire che ci sono. Per te.”
Era probabilmente la cosa più bella che qualcuno avesse detto a Nico.
Il figlio di Ade si sentiva strano, emotivo. Un piccolo dolore gli si diramò piacevole per tutto il petto, mentre la mano aperta di Percy appoggiata alla sua schiena gli faceva provare dei brividi incontrollabili. “Ti voglio bene anche io” ricambiò Nico.
Percy si staccò da lui e gli mise le mani sulle spalle guardandolo intensamente negli occhi con la guancia ancora solcata da quell’unica lacrima. “Mi prendi sempre alla sprovvista, Nico Di Angelo” disse sussurrando.
Nico si a ridere. “Sono felice di sorprenderti, Perseus Jackson.”
“Non chiamarmi mai più Perseus” lo sgridò Percy sorridendo. “Ti voglio bene” disse di nuovo.
Dopodiché Percy prese il viso di Nico tra le mani e lo baciò sulla guancia sinistra vicinissimo all’angolo della bocca.
Nico non seppe bene cosa pensare di quel bacio innocente – avevano fatto decisamente di peggio! – quindi disse imbarazzato: “Dovremmo tornare di là…”
“Già.”
Di là però c’erano due semidei, uno romano e uno greco, che a stento riuscivano a rimanere svegli – mentre Frank non si era mosso minimamente dal divano, ovviamente.
“Facciamo ancora due tiri poi dormiamo, che ne dite?” propose Jason.
Nessuno si oppose, anche se in realtà Nico non aveva ancora completamente sonno.
Percy fece girare la bottiglia, la quale si fermò a indicare Leo.
“Obbligo o verità?” chiese il figlio di Efesto sbadigliando.
“Obbligo.”
Leo sembrò pensarci su un po’, poi disse: “Stanotte pure tu dormi in soli boxer, nel tuo letto, con Nico.”
“Uhm, okay… l’avrei fatto comunque, fa troppo caldo” disse Percy.
‘EH?’ esclamò Nico nella sua mente, per quanto possibile.
“Perfetto” concluse Leo. Si rannicchiò a terra e chiuse gli occhi.
“Così? Sul pavimento?” disse Nico.
“Sì, è così che loro si addormentano sempre.”
Nico si voltò a guardare Jason, il quale si era addossato alla parete a sonnecchiare senza che nessuno se ne accorgesse.
“Ci hanno lasciato tutti…” constatò Percy sorridendogli. “Hai sonno?”
“…non completamente.”
“Cosa vuoi fare?”
“Non so… vuoi continuare?” Nico indicò la bottiglia con la testa.
“Sì, ma in due facciamo senza questa” disse Percy. Il figlio di Poseidone si avvicinò sedendosi più vicino Nico e sussurrò: “Magari è meglio se facciamo piano con questi che dormono…”
Nico annuì e si avvicinò anche lui a Percy.
“Quindi chi ricomincia?” chiese il figlio di Ade sussurrando.
“Io! Obbligo o verità?”
Nico rise debolmente. “Verità.”
“Come va con Will Solace?”
Nico scosse la testa sorridendo. “Siamo solo amici ormai. Non stiamo più insieme, siamo troppo diversi… e poi non capisce che se voglio viaggiare nell’ombra lo faccio anche se sono stanco morto.”
“Be’, non ha tutti i torti…” constatò Percy.
“Mi correggo: non capisce che se voglio viaggiare nell’ombra lo faccio anche se sono stanco morto, se ci sono in gioco delle vite e soprattutto se sento che qualcuno sta morendo.”
 
Percy avrebbe voluto dire a Nico che invece doveva fermarsi quando era troppo stanco e che doveva riprendere le forze prima di tornare a combattere, ne avrebbe giovato in tutto e per tutto, ma la verità era che capiva perfettamente come il figlio di Ade si sentisse. Capiva cosa voleva dire voler aiutare a tutti i costi perché se uno sa di poter far qualcosa la deve fare.
“Capisco” disse infatti con tono rassicurante.
“Tocca a me. Obbligo o verità.”
“Verità.”
“Qual è il tuo orientamento sessuale?”
“Credo di essere pansessuale, ma sto ancora capendo se sono solo bi o proprio pan.”
Percy vide Nico inclinare la testa e aggrottare le sopracciglia. Sembrava quasi interessato.
“Obbligo o verità?” chiese Percy.
“Obbligo.”
“Uhm… siediti più vicino, devi arrivare a toccare le mie ginocchia, vediamo se riesci a battermi a non ridere guardandomi negli occhi.”
“Non sai contro chi stai giocando!” esclamò Nico prima di fare quello che Percy gli aveva detto.
 
Si sistemò per bene a gambe incrociate toccando le ginocchia di Percy mentre quest’ultimo toglieva la bottiglia che era rimasta inutile tra loro.
Entrambi misero i gomiti sulle loro ginocchia e appoggiarono il mento sulle loro mani chiuse a pugno e unite, infine cominciarono a fissarsi.
In realtà a Nico veniva da ridere quando faceva questo tipo di giochi ma si imponeva di non ridere pensando ad altro. Con Leo non aveva fatto fatica: si era concertato su quanto gli stesse sul cazzo il figlio di Efesto e aveva finito per vincere. Con Percy, be’, era un po’ diverso perché non gli stava sul cazzo, anzi.
Lo guardò intensamente e capì subito su cosa dovesse concentrarsi per non perdere: i suoi occhi.
Si soffermò sull’iride destra: il contorno esterno era di un verde scurissimo, quasi nero, poi il colore diventava sempre più chiaro man mano che si avvicinava alla pupilla, ma alcune piccole venature chiare si facevano spazio già nelle parti più esterne. Il contorno appena attaccato all’iride era di un verde chiarissimo, quasi bianco, che era in contrasto con la pupilla e le ciglia nerissime e lunghe. I suoi occhi gli ricordavano il mare, com’era giusto che fosse. Ogni loro parte era una manifestazione del mare, dal verde scurissimo di un mare in burrasca al verde chiaro dell’acqua calma toccata delicatamente dal sole…
Percy non ce la fece più e sorrise. “Non vale, sei troppo bravo!” disse senza cambiare posizione.
“Modestamente!” rispose Nico continuandolo a guardare negli occhi. “Obbligo o verità?”
“Verità.”
“Che cosa stai pensando in questo momento?”
“Che i tuoi occhi hanno il colore della Nutella.”
 
Percy poté vedere i denti bianchissimi e la bocca di Nico piegarsi in un sorriso. Aveva una dentatura perfetta e allineata, mentre le sue labbra erano carnose al punto giusto. Avrebbe voluto baciarlo seduta stante.
“È il miglior complimento che mi abbiano mai fatto!” esclamò Nico.
“Obbligo o verità?”
“Verità.”
“Che cosa stai pensando in questo momento?”
“Che hai degli occhi verdissimi e bellissimi.”
Percy non sapeva bene cosa dire. Distolse lo sguardo, imbarazzato, poi tornò a guardare Nico, infine distolse ancora lo sguardo. “G-grazie” disse balbettando.
“Obbligo o verità?”
“Obbligo.”
“Chiedimi tu obbligo o verità, non so cosa farti fare.”
Percy rise. “Obbligo o verità.”
“Verità.”
“Come hai capito di essere gay?”
Nico annuì, come se si fosse aspettato la domanda.
In effetti, ora che ci pensava, Percy aveva già chiesto a Nico come avesse fatto a capire che era gay la mattina dopo l’altra volta che era venuto da lui, e Nico era scomparso nell’ombra del suo frigorifero senza dargli una risposta.
“Allora… non so esattamente cosa tu intenda però tipo… la prima volta che mi sono innamorato di un ragazzo, o meglio, di un bambino, ero in quarta elementare. Si chiamava Marco, era in classe con me, sai, a Venezia. Solo che non mi rendevo conto di essere innamorato di lui, perché nessuno si innamorava di persone dello stesso sesso all’epoca. Quindi scambiavo l’amore con la profonda amicizia, probabilmente. Invece ho capito di essere gay dopo aver cambiato totalmente epoca, diciamo. Ecco… mi sono innamorato di un semidio. Era coraggioso, bravo con la spada, bello… be’, è ancora tutte queste cose in realtà. Credo che mezzo Campo fosse innamorato di lui… anzi, mezzo Campo è innamorato di lui. E poi, tipo, mi ha salvato la vita un paio di volte. Io gli ho salvato il culo molte più volte però…”
Percy si mise a ridere.
“…e la cosa che mi ha fatto capire di essere davvero innamorato di lui non fu l’aspetto fisico, in realtà. Lui non mi amava, amava un’altra persona, ma ci teneva a me, nel senso… non mi avrebbe lasciato morire per andare a salvare qualcun altro perché sono figlio di Ade. Anche se io sono figlio di un dio che non ha neanche un trono sull’Olimpo, ha provato a farmi sentire a casa, più volte… e lui tipo, è figlio di uno dei fratelli di mio padre, quindi capisci bene che io non sarei dovuto essere uno da salvare, tipo, e-”
“Sarai sempre uno da salvare” lo interruppe Percy senza pensarci. “Sempre.”
Nico dischiuse le labbra e deglutì.
“Qualsiasi guerra verrà, qualsiasi conflitto tra i nostri padri, qualsiasi cosa… tu sarai uno da salvare, perché non conta da dove viene il sangue che ti scorre nelle vene, se sei una brava persona sarai sempre da salvare.”
 
Nico guardò Percy senza sapere cosa dire.
Quello che gli aveva appena detto era roba pesante da digerire in pochi secondi. Doveva secernere ogni parola per riuscire a capire il significato dell’intera frase. Non che non l’avesse capito, ma quello che aveva detto e come l’aveva detto… era semplicemente straordinario.
“Posso abbracciarti?” chiese Nico con un filo di voce.
Percy gli sorrise. “Non devi chiedere.”
Nico si allungò istintivamente e allacciò le braccia al collo di Percy mettendo la testa a destra della sua. Sentì il figlio di Poseidone sorridergli vicino all’orecchio.
Percy probabilmente si rese conto che Nico fosse scomodo, quindi gli prese i fianchi e lo fece alzare verso di lui.
Nico non si oppose, anzi, sciolse le gambe incrociate, si fece guidare da Percy e si sedette sulla parte superiore delle sue coscie, mentre allacciava le gambe al bacino di Percy.
Dopo essersi assestati completamente, il figlio di Poseidone circondò la vita di Nico con le braccia,  fece aderire i palmi delle mani alla sua schiena e appoggiò il mento sulla spalla del figlio di Ade.
Nico sentiva il corpo di Percy vivere, i polmoni respirare, il suo cuore battere, tanto erano attaccati l’uno all’altro.
Annusò la pelle di Percy: sapeva davvero di mare.
‘Fatemi rimanere qui così per sempre, vi prego’ si ritrovò a pensare.
Tra le braccia di Percy si sentiva protetto, era come se sapesse che così nessuno avrebbe mai potuto fargli del male. Certo, Nico si sapeva difendere da solo, ma quel tipo di protezione gli dava una strana idea di felicità.
Rimasero in quella posizione per un tempo che sembrò infinito, nessuno dei due sembrava volersi staccare dall’altro.
Fu Nico a sollevare la testa per primo: guardò Percy dritto negli occhi, poi mise le mani sulle spalle del figlio di Poseidone e gli accarezzò la parte alta dei pettorali muovendo i pollici.
Si guardarono intensamente per tantissimo tempo senza dire una parola né fare alcunché. Infine, come guidati da una forza misteriosa, si mossero nello stesso momento chiudendo gli occhi…
 
…e si baciarono.
Nessun obbligo, nessuna bottiglia, nessun giochetto falso, solo loro due e le loro bocche unite che si assaggiavano dolcemente.
La stanza si riempì del suono dei loro baci, si colmò del loro amore. A nessuno dei due importava se gli altri li avessero sentiti o cosa sarebbe successo: erano solo loro due, insieme, nel loro piccolo Eden.
Le labbra di Nico erano paradisiache. Non avrebbe mai pensato che fosse così bravo a baciare. Cioè… si erano baciati altre volte, ma quella volta lo volevano entrambi e non c’era niente a obbligarli, era diverso.
Quelle labbra carnose stavano facendo andare al Tartaro la sanità mentale di Percy, tanto che avrebbe voluto morderle da quanto gli piacevano.
Dopo diversi minuti si staccarono e fecero aderire le loro fronti guardando uno la bocca dell’altro: ne volevano ancora.
Le loro bocche si ricongiunsero sorridenti e ripresero ad assaggiarsi dolcemente, senza mai andare oltre.
Percy pensò che era da tanto tempo che qualcuno non lo baciava in quel modo, ovvero così delicatamente e con un amore tale da disarmarlo completamente. Nico lo avvolgeva, lo faceva stare bene, gli faceva provare tantissime cose tutte insieme.
Si staccarono di nuovo, ma stavolta si abbracciarono. Dopo qualche secondo si misero a ridere, insieme.
La risata di Nico solleticava l’orecchio destro di Percy e quest’ultimo sentì un male piacevole partirgli dal polso destro e risalirgli il braccio fino alla spalla.
Il figlio di Poseidone diede un bacio sulla guancia a Nico e lo strinse forte. “Hai sonno?”
“Un sacco…” rispose sbadigliando.
“Andiamo a nanna?”
Percy sentì Nico sorridere. “Va bene.”
Il figlio di Poseidone si fece forza con le gambe e si alzò portandosi con sé Nico che si era aggrappato saldamente a lui e non era intenzionato a mollare la presa.
 
Nico si chiese come facesse Percy ad avere così tanta forza da sollevarli entrambi. Si aggrappò a lui per paura di cadere, però si fidava del figlio di Poseidone, quindi non si scompose troppo e lo fece fare.
Percy cominciò a camminare.
“Aspetta” disse Nico sollevandosi. “Ho il mio zaino lì.” E indicò un angolo vicino alla porta. Nico fece per ‘scendere’ da Percy ma lui non glielo permise. Lo tenne con una sola mano e si chinò a prendere lo zaino come niente fosse.
“Come fai?” chiese Nico dando voce ai suoi pensieri.
“Mangio spinaci tutti i giorni!” esclamò Percy.
“Cretino…”
Percy si mise a ridere.
Dopo essere andati in camera di Percy, quest’ultimo fece andare Nico in bagno a lavarsi i denti per primo, poi ci andò lui e quando tornò, trovò un Nico Di Angelo ancora vestito a sonnacchiare sul suo letto con i piedi appoggiati a terra.
“Devi metterti il pigiama prima di dormire, sai?” lo rimproverò Percy.
“Ma dobbiamo fare l’obbligo di Leo…” disse Nico aprendo gli occhi.
“Ah, già. Se non vuoi farlo non ti preoccupare.”
“Spogliami” disse Nico secco.
“…non farò sesso con te.”
“No… cioè… spogliami tu che io ho troppo sonno per farlo.”
 
Percy si sentì incredibilmente stupido per aver solo pensato che Nico avesse voluto andare a letto con lui. In ogni caso, anche se il figlio di Ade fosse stato consenziente, non si sarebbe mai azzardato a farlo, non in quel momento, non così. E soprattutto non era ancora pronto a farlo con qualcuno, non dopo quello che aveva passato con Annabeth.
“Stai scherzando?” chiese Percy.
“Sono mortalmente serio.”
Percy sospirò e… provò a capire da dove partire.
Gli sfilò la maglietta nera stando bene attento a non toccare troppa pelle. Nico rimase a petto nudo sotto gli occhi di Percy ma non tentò in nessun modo di coprirsi.
Senza soffermarsi a guardarlo troppo – o si sarebbe messo a fissarlo in malo modo – Percy si abbassò e gli sfilò i jeans. Infine si rialzò e si concesse di poter guardare dall’alto il corpo del figlio di Ade.
Aveva un corpo perfettamente proporzionato, né troppo muscoloso, né eccessivamente magro, era normale, ed era anche bellissimo.
“Mettiti sotto senza occupare troppo spazio che arrivo” disse Percy.
Nico obbedì di mala voglia e si coricò sul lato sinistro del letto.
Il figlio di Poseidone si tolse prima la maglietta poi i jeans, si coricò nel letto con Nico sul lato destro e si girò dalla sua parte dopo aver spento l’abat-jour.
Anche il figlio di Ade si girò dalla parte di Percy. Si guardarono negli occhi.
“Se hai sonno dormi…” disse Percy.
“Sai, è difficile dormire con un uomo in soli boxer di fianco a te, soprattutto se vi siete appena baciati.”
‘Che sfacciataggine’ pensò Percy. Gli appoggiò la mano sul fianco nudo e lo accarezzò con i polpastrelli disegnando cerchi concentrici sulla sua pelle.
Nico si avvicinò a lui e lo baciò a stampo.
“Sei parecchio sicuro di te stesso stasera” commentò Percy.
“Credo sia colpa dell’alcool.”
“Anche secondo me.”
Percy sentì Nico sorridere.
“Non pensavo sapessi così tanto di mare” constatò Nico.
“Uno dei pochi effetti collaterali, oltre all’attirare i mostri!”
“Non è un effetto collaterale… mi piace il tuo profumo.”
Percy non sapeva bene cosa avrebbe dovuto rispondere. “S-sono contento che ti piaccia… almeno non puzzo!”
“No no, non puzzi… Io so di morto?”
“Non sai di morto.”
“Meno male.”
Si misero entrambi a ridere.
“Mio padre mi aveva regalato un profumo una volta” esordì Nico dopo qualche minuto.
“Cioè… dopo l’autista personale spero ti abbia preso almeno un profumo di classe.”
“Armani, è un Armani.”
“Per gli dei, tu sì che vieni trattato bene!”
“Disse quello a cui venne offerto di diventare immortale.”
“Quella è un’altra cosa, okay?”
Nico sorrise. “Lo so…”
Ci furono alcuni momenti di silenzio, poi Nico gli chiese: “Perché l’hai rifiutata?”
Percy sospirò. “C’erano cose più importanti della gloria di uno solo. E poi non sarebbe stato corretto nei confronti degli altri che avevano combattuto. E poi dovevo avere la soddisfazione di farti dormire in una bara, no?”
“Come se fossi un vampiro…”
“Ma tu sei un vampiro!”
“Ehi!”
Percy lo baciò.
 
Si baciarono un’infinità di volte, per una quantità di tempo sempiterno. Non contavano più i minuti, erano solo loro due, abbracciati, pelle contro pelle, a scambiarsi piccole effusioni, coccole e baci.
Nico non si rese conto di starsi addormentando quando finalmente cadde nel mondo dei sogni e si raggomitolò al petto di Percy senza paura.
Sognò di nuotare in un mare dall’acqua trasparente; sulla spiaggia di sabbia bianchissima un ragazzo dagli occhi verdissimi lo aspettava sorridendo.
 
Nico si mosse tra le braccia di Percy. Non voleva svegliarlo ma non riusciva a stare nella stessa posizione, da buon semidio iperattivo quale era.
Con non poca cautela Nico riuscì a girarsi tra le braccia di Percy in modo tale da essere voltato dalla parte in cui avrebbe potuto scendere dal letto. Proprio quando aveva pensato di potersi sciogliere dalla stretta di Percy ed era finalmente uscito dalle sue braccia, una mano calda si posò dolcemente sulla sua pancia all’altezza dello stomaco.
“Dove vai?” disse una voce roca alle sue spalle.
Nico girò tutto il corpo di nuovo e si ritrovò faccia a faccia con un Percy molto molto assonnato, i capelli disordinatissimi e gli occhi ancora semichiusi.
‘Mi verrà un colpo prima o poi’ pensò Nico.
Il figlio di Ade si avvicinò a Percy e si fece cingere di nuovo da quelle braccia grandi.
Percy avvicinò la testa a quella di Nico e gli lasciò un bacio a fior di labbra, appena accennato.
Nico non fu contento e decise di dargli un bacio a stampo più duraturo e significativo. Poi fece scontrare dolcemente i loro nasi e infine tornò al suo posto.
Percy gli sorrise debolmente e lo guardò fisso negli occhi per qualche secondo con gli occhi che sembravano brillare di luce propria.
‘Quindi è così che appare una persona innamorata?’ si chiese Nico tra sé e sé.
Non appena formulò quel pensiero si rese conto che quello sguardo innamorato Percy lo stava rivolgendo proprio a lui, Nico Di Angelo. Ebbe un piccolo black-out mentale mentre se ne rendeva conto… poi tutto tornò alla normalità e il suo cervello riprese a funzionare.
Il figlio di Ade sentì le mani di Percy accarezzargli la schiena. Ogni tocco gli provocava brividi incontrollabili, tanto che avrebbe voluto che il figlio di Poseidone la smettesse.
“Hai fame?” gli chiese Percy.
Nico annuì. “Tu invece hai sicuramente fame…” disse Nico.
Percy gli sorrise. “Prima di mangiare però vado a farmi una doccia.”
“Posso farla anche io? Ho il cambio.”
“Quanto ci metti?”
“Un po’…”
“Un po’ quanto?”
“Un po’ tanto.”
Percy rise debolmente. “Allora la faccio io per primo che ci metto poco.”
E così accadde.
Quando fu il turno del figlio di Ade, questo si rese conto di essersi dimenticato la maglietta di cambio e Percy gli prestò una vecchia maglia del Campo.
“A quanti anni la mettevi questa?” gli chiese Nico che una volta uscito dal bagno aveva raggiunto Percy in cucina.
“Tredici, forse quattordici” gli rispose il figlio di Poseidone sorridendo sotto i baffi appoggiato al piano della cucina. Indossava dei boxer blu e nient’altro. Nico si disse che almeno avrebbe potuto avere la decenza di vestirsi un po’ di più.
 
Percy pensò che Nico avrebbe dovuto mettersi più spesso degli indumenti che non fossero neri: la maglia arancione del Campo non gli stava male.
“Non pensavo di essere così eccessivamente minuscolo” disse Nico avvicinandosi a Percy.
Il figlio di Poseidone gli sorrise e lo abbracciò. Nico ricambiò l’abbraccio ma si staccò dopo qualche secondo.
Percy lo guardò come a chiedergli se avesse sbagliato qualcosa.
“Devo… abituarmici. Ieri sera ero più confidente?”
A Percy venne un groppo alla gola. “N-non ti ricordi?”
“Mi ricordo… è solo che è tutto un po’ confuso.”
Percy vide Nico aprire la bocca e poi trattenere il respiro. Infine il figlio di Ade disse: “Ieri sera… quell’obbligo, quello che dovevo baciati tipo dalla fronte all’ombelico… l’ho fatto davvero o me lo sono sognato?”
Percy gli sorrise. “L’hai fatto davvero.”
Nico arrossì violentemente distogliendo lo sguardo da Percy.
“Ehi” cominciò Percy mettendogli le mani sulle spalle. “Sei stato molto bravo a farlo, sai?”
Nico levò gli occhi al cielo e sorrise debolmente.
“Ma, tipo…” continuò. “Ti ho chiesto di spogliarmi a un certo punto?”
Percy annuì quasi scoppiando a ridere.
“Oh, dei!”
Percy gli prese dolcemente il viso tra le mani. “Oltre a queste cose un po’ drastiche… ti ricordi altro?”
Nico lo guardò e gli sorrise sincero, poi annuì. Si mise in punta di piedi e congiunse le sue labbra con quelle di Percy.
Il figlio di Poseidone fece scendere le mani lungo il suo corpo per andare a cingergli la vita mentre Nico allacciava le braccia dietro il suo collo e infilava le dita nei suoi capelli neri come la pece…
Quando si staccarono rimasero per qualche secondo a guardarsi negli occhi, ammaliati l’uno dall’altro.
 
Mangiarono latte e biscotti blu al cioccolato, come l’altra volta, seduti al tavolo della cucina di Percy.
“Non mi sparirai dietro il frigorifero stavolta, vero?” chiese legittimamente Percy quando ebbero finito.
Nico sorrise debolmente. “No…”
“Giuri?”
“Giuro.”
“Okay.”
“Non ho mica giurato sullo Stige, sai?”
Percy si mise a ridere e scosse la testa.
“Posso chiederti una cosa?” domandò Nico. “Se non vuoi rispondere non fa niente.”
“Dimmi.”
Nico prese un gran respiro poi parlò: “Come mai tu ed Annabeth… insomma-”
“Sapevo me l’avresti chiesto, prima o poi…”
“Se non vuoi-”
“No. Te lo dico ora, così, tipo, evito di spiegare altre cose in futuro.”
Nico non capiva, ma aspettò che fosse Percy a parlare.
“Tutto questo, tutta la faccenda, gira attorno al sesso. Tutta. Cioè, non completamente ma comunque…” Percy prese un gran respiro poi continuò. “C’è stato un momento un anno e mezzo fa, in cui io e Annabeth – stavamo ancora insieme – ci fidavamo tanto l’uno dell’altra che abbiamo deciso di farlo. La-la prima volta è stata… traumatica. Io non so se sia una caratteristica dei figli di Atena perché c’hanno la madre vergine o cosa, fatto sta che le ho fatto un male cane. Lo dico senza mezzi termini. E… sapevo che alle donne facesse male la prima volta ma non pensavo così tanto. Ne avevo pure parlato con Jason e lui con Piper non aveva avuto di questi problemi. Solo che la madre di Piper non è Atena, o almeno, credo sia per quello.
“Dopo un mesetto abbiamo provato a rifarlo una seconda volta. Annabeth avrebbe riprovato già da prima, ma io non ce la facevo. Pensa quello che vuoi, ma io non avevo alcuna intenzione di farle di nuovo del male. Alla seconda volta le ho fatto ancora male. Solo leggermente meno rispetto alla volta precedente, ma di poco. E... poi non l’abbiamo più fatto per due mesi. O meglio, Annabeth voleva ma io continuavo ad aver paura di farle male, sempre.
“Poi dalla terza volta è andato tutto bene. Cercavo di starci attento ma comunque andava decisamente meglio. E tutto è andato bene per mesi, anche se mi rendevo conto di una cosa, mentre lo facevamo. Tipo… Annabeth voleva fare sesso e io… io volevo fare l’amore. Per me è diverso. Non so se hai capito…”
“Fai sesso quando il tuo unico scopo è raggiungere l’orgasmo, fai l’amore quando raggiungi il piacere con la persona che ami, insieme. Giusto?” intervenne Nico.
Percy annuì. “Non credo che molte altre persone ne capirebbero la differenza.”
“Già” disse Nico d’accordo.
“Fatto sta che… a me sembrava che lei volesse più fare sesso che fare l’amore, e la cosa non mi piaceva. Non ho mai indagato su questo, non le ho mai chiesto niente, ma… ogni volta che andavamo a letto sembrava come che ognuno provasse piacere per conto proprio. Ma non credo ti interessi più di tanto.”
A Nico interessava, eccome. Ma non disse niente perché pensò che forse era anche Percy a non volerne parlare, quindi fece proseguire il figlio di Poseidone.
“Circa tre mesi fa Atena aveva chiamato Annabeth per una missione. Cioè, non so bene come si fossero messe in contatto, ma comunque Atena aveva bisogno di una delle sue figlie e aveva scelto Annabeth.”
“Voleva andare sul sicuro” commentò Nico.
“Esatto… e tipo, la missione doveva essere quella di entrare nelle Cacciatrici per un certo periodo – era d’accordo pure Artemide – per indagare su un non so che mostro strano del cazzo. C’erano alcuni problemi, però: il periodo minimo era di poco meno di un anno, il massimo non era ancora accertato, dipendeva dal mostro e da come si sarebbero svolte le cose. In realtà non so bene se fosse un mostro o più di uno o che diamine di creatura fosse. In ogni caso… non avrei potuto vederla per un anno, se fosse andato tutto bene.”
“E non va mai tutto bene” sussurrò Nico.
“Già” constatò Percy.
“Aspetta ma…” cominciò Nico.
Percy lo guardò con un’espressione che a Nico sembrava come speranzosa. Sì, ma speranzosa per cosa?
“…le Cacciatrici” continuò il figlio di Ade, “devono essere vergini.”
Percy annuì e distolse lo sguardo. “Atena e Artemide hanno capito da subito che Annabeth non lo fosse. Ovviamente Atena ha dato la colpa a me, ma Artemide era stranamente in disaccordo con lei e quindi sono ancora vivo.”
“Artemide ti ha difeso?” chiese Nico incredulo.
“Sì, be’, meglio così.”
“Ah, sì, certo.”
“Comunque… non so come, Artemide è riuscita a non dare la colpa a nessuno. Perché se l’abbiamo fatto, me ne sbatto di quello che pensano gli dei, sono gli ultimi a dover rompere. E… in pratica Annabeth aveva due possibilità: o fare questo periodo di cui non si sapeva bene la durata con le Cacciatrici, o non farlo ed essere ripudiata dalla madre per sempre. E per quanto riguarda la verginità… l’avrebbero fatta tornare vergine in qualche modo, Artemide non l’avrebbe mai accettata altrimenti.”
Nico non era sicuro di sapere come andasse a finire la storia: il fatto che Annabeth non fosse più tra i piedi era un bene per lui, ma vedeva come tutta la faccenda avesse stravolto Percy e come gli dei non si smentissero mai, neanche nei confronti di quei semidei senza i quali il mondo sarebbe stato messo sottosopra.
“E poi…” riprese Percy, “metti che il periodo alla fine fosse stato di anni… Annabeth non sarebbe invecchiata, mentre io sì e sarei rimasto ad aspettarla come un coglione. Ma quello che mi ha fatto arrabbiare è il fatto che ha permesso loro di renderla vergine di nuovo. Perché non avrei sopportato farle del male un’altra volta.”
‘Nessuno al mondo si merita Percy, neanche io’ pensò Nico.
“E quindi… dopo averne discusso un po’ con lei, mi ha detto che non avrebbe rinunciato alla missione. Perché va bene tutto ma mamma Atena si dice sempre di sì.”
In quel momento Nico si rese conto della principale differenza tra i semidei figli di Zeus, Ade o Poseidone e tutti gli altri. Nico si era sempre sentito anticonformista rispetto agli altri, nel senso che non pregava Ade come avrebbe fatto un qualsiasi altro semidio nei confronti del suo genitore divino. Da quel che ne sapeva, anche Talia Grace non sperava molto in suo padre, e Percy non si era fatto scrupoli ad essere amico e poi fidanzato di una figlia di Atena nonostante lei di problemi invece se ne era fatti e anche molti. Neanche Hazel e Jason sembravano vedere una guida nei loro padri.
Gli altri semidei avevano tutti delle idee e dei caratteri strettamente collegati ai loro genitori divini. Invece lui, Percy, Talia, Jason e Hazel no, se non si contavano i poteri che avevano ereditato.
Nico non riusciva a darsi una spiegazione a questo.
“Quindi l’hai lasciata tu?” chiese il figlio di Ade.
Percy annuì. “Le ho detto di scegliere tra me e sua madre. Ha scelto sua madre. Ma di fatto l’ho lasciata io.”
Nico sentì di dover fare qualcosa. Allungò una mano sul tavolo e prese quella di Percy, stringendogliela delicatamente ma abbastanza da trasmettergli qualcosa.
“Sto bene, ora” disse Percy, ma intrecciò comunque le sue dita con quelle di Nico.
 
Non voleva fare la vittima davanti a Nico e non pensava di averla fatta. O almeno così sperava. Non era il tipo da compiangersi, proprio no.
Percy vide il figlio di Ade alzarsi dalla sedia e raggiungerlo dalla sua parte del tavolo. Quando fu arrivato abbastanza vicino, Nico lo abbracciò da di fianco. Percy lo lasciò fare e cinse le sue gambe con le braccia come a volerlo abbracciare a sua volta, poi chiuse gli occhi e appoggiò la testa allo stomaco di Nico beandosi delle sue dita tra i suoi capelli che lo accarezzavano lentamente.
“Sono nerissimi” disse Nico a un certo punto riferendosi ai suoi capelli.
Percy aprì gli occhi sollevando la testa. Incontrò gli occhi scuri di Nico e ci affogò per qualche istante. Poi si alzò dalla sedia facendo spostare leggermente Nico e lo abbracciò.
 
Nico si costrinse a non staccarsi subito, cercò di rimanere il più possibile. Ma più il tempo passava più capiva che tra quelle braccia ci stava benissimo. Secondo dopo secondo l’istinto di non avere alcun tipo di contatto fisico si attenuò.
 
Percy capì che Nico non si sarebbe staccato da lui, non quella volta, così decise di ‘andare avanti’: mise due dita sotto il mento del figlio di Ade e gli sollevò la testa in modo tale da avvicinarlo. Dopodiché appoggiò le labbra su quelle di Nico, senza muoverle e chiuse gli occhi.
 
Lo stomaco del figlio di Ade fece le capriole mentre Percy faceva congiungere le loro labbra.
Le palpebre gli si abbassarono quasi involontariamente mentre dischiudeva di poco la bocca per approfondire di più il bacio.
 
Percy assecondò il volere di Nico e dischiuse cautamente le labbra.
La sua bocca sapeva di latte e cioccolato, più ne assaggiava e più ne voleva. E senza spingersi troppo oltre e senza giocare con le loro lingue, si amarono incessantemente per un tempo che sembrò loro infinito.
 
Nico si staccò piano piano, ma mantenne il viso molto vicino a quello i Percy. I loro nasi si toccavano e si accarezzavano mentre Nico affogava negli occhi di Percy.
 
Rimanendo così vicini, il figlio di Poseidone prese Nico per i fianchi e, senza alcuna fatica, lo sollevò e lo fece sedere sul bordo del tavolo in modo da avere il suo viso alla sua stessa altezza.
 
Nico non si oppose, anzi aprì le gambe per permettere a Percy di stargli il più vicino possibile.
 
Percy fece aderire i loro busti e lo baciò di nuovo, molto più passionalmente di prima.
 
Nico dischiuse le labbra e fece entrare liberamente la lingua del figlio di Poseidone.
 
Era da tanto tempo che Percy non provava sensazioni del genere.
Sentì le ossa fargli male e il cuore andare in fiamme mentre Nico lo compiaceva a sua volta nel loro piccolo, grande vortice.
 
Il figlio di Ade prese ad accarezzare il petto di Percy mentre quest’ultimo gli cingeva dolcemente i fianchi.
 
Percy si sentì tirare i capelli proprio sulla nuca, così strinse i fianchi di Nico con le mani salendo verso l’alto.
La porta della cucina si aprì.
I due ragazzi si staccarono subito con un sussulto ma senza cambiare posizione.
Frank Zhang fece la sua comparsa sulla soglia della porta fissandoli con gli occhi ancora semichiusi.
Ci furono alcuni secondi di imbarazzato silenzio, finché Nico non disse: “La coorte, Frank, la coorte!”
Percy lo guardò stranito.
Il figlio di Marte rispose: “Ah, ma c’è quel figlio di Apollo in più, i numeri non tornano.”
“Ti ci devi coricare insieme sul divano che poi parlate.”
Percy non aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo.
“Ma Reyna è andata via” disse Frank.
“Sì, torna tra ieri e oggi” gli rispose Nico. “Chiudi la porta, mi raccomando.”
Come era entrato, Frank uscì chiudendo la porta.
 
Nico si voltò verso Percy. Non appena vide la sua faccia scoppiò a ridere, fu più forte di lui.
“La tua espressione è senza prezzo” disse infatti.
“Non ho capito niente di quello che è appena successo.”
“Gli ho fatto credere di essere ancora in un sogno dicendogli cose mezze disconnesse.”
“Sicuro di non essere figlio di Ipno?”
Nico sorrise. “Sì, abbastanza!”
Percy lo guardò negli occhi, poi gli lasciò un piccolo bacio tra il naso e l’occhio destro.
“Nico…” cominciò Percy. “V-vorresti… vorresti essere il mio ragazzo?”
 
Gliel’aveva chiesto quasi istintivamente. Non sapeva quale sarebbe stata la risposta, ma il silenzio di Nico gli stava facendo salire un’ansia madornale.
A un certo punto Nico sorrise debolmente e cominciò ad arrossire, poi prese ad annuire facendo piccoli movimenti del capo.
 
Infine disse: “Sì.”
 
 
   
 
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