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Autore: Emmastory    03/07/2017    3 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XII

Quello che il cuore desidera

Era di nuovo piena notte, ed io non dormivo. Per una volta non era colpa della mia ormai famosa ansia, né del caldo che finalmente non ci opprimeva come prima, ed era una notte tranquilla, Aveva piovuto, e l’odore della pioggia mi rilassava sempre, a volte fin quasi a farmi assopire, ma non oggi. Ero infatti sveglia, e al contrario di me, Stefan dormiva.  Voltandomi, non feci che guardarlo, non poi a darmi un freno e posando una mano sulla coperta accanto a lui. Riposava tranquillo e indifeso come un neonato, e innamorata di lui da tempo ormai immemore, non riuscivo a distogliere lo sguardo. Senza accorgermene, presi ad accarezzarlo sorridendo in silenzio e beandomi di quei momenti di calma, che per qualche strana ragione calmavano anche me. Lo amavo alla follia, e dopo tutto quello che avevamo passato, era come se il nostro rapporto fosse passato in secondo piano. Esisteva ancora, ma i momenti che trascorrevamo da soli erano sempre meno, e ogni volta a causa di un problema che si presentava e che dovevamo risolvere. Ad essere sincera, avevo nostalgia dei tempi andati, in cui esistevamo solo noi due e il nostro amore, che ora invece dovevamo bilanciare con la vita da guerrieri. Combattere al suo fianco era un vero onore, ma io desideravo ben altro, ed ero certa che lui fosse del mio stesso avviso. Rimasi lì a coccolarlo passandogli le dita su un braccio infinite volte, e all’improvviso, la magia si spezzò. Svegliato e incuriosito dal mio comportamento, Stefan mi guardo confuso, ed io, mortificata, non seppi cosa dire. Mantenendo il silenzio, mi limitai a fissarlo a mia volta, e fu allora che un sorriso gli si dipinse in volto. Non disse una parola, ma per tutta risposta, mi afferrò la mano con delicatezza, baciandone le dita ad una ad una. In quell’istante, sentii il viso andarmi a fuoco, e malgrado tentassi di non mostrarlo, la cosa non passò inosservata ai suoi occhi. Sempre stringendomi la mano, se la pose sul petto, e poi, rompendo il silenzio che c’era fra di noi, mi fece una domanda. “Lo senti?” mi chiese, lasciandomi interdetta per qualche secondo. “È il tuo cuore.” Risposi esitante, per poi scivolare di nuovo nel mutismo più profondo e assoluto. “Esatto, e batte solo per te.” Mi disse, regalandomi un nuovo e luminoso sorriso. A quelle parole, avvampai ancora, sentendomi così emozionata da non riuscire a respirare. Facendomi coraggio, la baciai, non prestando la minima cura a niente e nessuno. Lasciandomi fare, partecipò a quel bacio con passione, e non appena ci staccammo, tornai muta. “Tu mi… mi ami ancora, giusto?” biascicai, in preda al confuso e furioso battito del mio cuore, sempre incapace di controllarsi quando ero con lui. Scivolando nuovamente nel silenzio, mi aspettai una risposta che non arrivò mai, poiché Stefan mi posò un indice sulle labbra. “Non parlare, senti e basta.” In quel momento, il mio intero corpo tremava, e non sapevo cosa aspettarmi. Lo conoscevo, ed era vero, ma in alcuni casi sapeva essere davvero imprevedibile. Di lì a poco, si avvicinò e premette le sue labbra sulle mie, dando inizio ad un bacio che mi colse impreparata. Chiudendo gli occhi, sussultai per un attimo, salvo poi tornare alla calma e concedergli quel così romantico azzardo. Respirando a fondo, assaporai le sue labbra e quel magnifico istante, che ad essere sincera non volevo avesse fine. Fermandosi, lasciò che fossi io a condurre, e baciandolo a mia volta, schiusi la bocca, aprendola per lui. Soddisfatto, si staccò da me, per poi decidere di cambiare obiettivo. Continuando a baciarmi, fece scivolare le labbra su ogni centimetro del mio corpo, provocandomi una miriade di intensi brividi, che non controllai ma ai quali non mi sottrassi. Tremavo ancora, ma non ero spaventata e lo lasciavo fare, guardandolo osare e spingersi sempre più in basso, concedendosi poi calcolate pause che mi lasciavano pronta e accesa di desiderio per lui. Sembrava strano, ma era come se una parte di me, esistente ma sopita, stesse gradualmente tornando in superficie. La parte di me che lo amava configgeva ora con una più nascosta e per così dire oscura. La passione fra di noi si era riaccesa come fuoco che ardeva caldo dopo un incendio, e mentre il mio corpo era tutto un fremito, e rimanevo ferma sotto il suo completo controllo, mi lasciavo guidare dai sentimenti, iniziando a smaniare. In altri termini, lo volevo, e non avrei atteso oltre. In quegli attimi di puro amore, era come se il mio corpo lo reclamasse, e lui doveva saperlo. Intanto, il mio respiro si era fatto irregolare e quasi affannoso, ma guardandolo, espressi la mia ormai chiara volontà, che alle sue orecchie giunse come un ordine. “Prendimi, Stefan, prendimi ora e fammi tua. Dissi con voce calma e suadente, vedendolo poi reagire quasi subito. Fu quindi questione di attimi, e a labbra serrate per non gridare, iniziai a sentire la pressione del suo corpo contro il mio. Era pronto almeno tanto quanto me, ed io non aspettavo altro. Dì lì a poco, mi possedette in maniera quasi spasmodica, e in quell’attimo, sussultai. Sicuro di sé e delle mie reazioni, indice del piacere che intanto continuava a darmi, ripetè quel gesto con maggior forza, e sussultando ancora, gemetti, non preoccupandomi di nascondere ciò che realmente provavo. Raggiunsi poi il vero apice del piacere, e poco prima di tornare a dormire, mi sentii incredibilmente appagata e felice. Non succedeva ormai da lungo tempo, ma ancora una volta, ci eravamo amati fino a donarci completamente l’uno all’altra e appartenerci a vicenda, senza alcun rimorso data la realtà dei nostri sentimenti. Quella notte al suo fianco mi aveva spossata svuotandomi di ogni energia, ma lo amavo, e poco importava. Sognando, non ebbi che continui flashback di tutta la nostra vita insieme, e una volta sveglia la mattina dopo, meditai se registrarlo nel mio diario o meno. Dopo aver riflettuto, decisi di non farlo, concludendo che avrei solo sprecato il mio tempo. In fin dei conti, perché farlo se sapevo che nessuno avrebbe mai potuto togliermi dalla mente e dal cuore i ricordi del nostro amore? Non aveva un senso, e quando anche Stefan fu in piedi, lo salutai con calore, regalandogli un bacio che parve non aspettarsi. Accettandolo senza proteste, mi augurò il buongiorno e rispose posandomi le labbra sulla fronte, gesto che non compiva da molto. Abbracciandolo delicatamente, sorrisi, e dopo la colazione, andai con lui nel giardino di casa. I ragazzi erano tutti fuori per gli allenamenti, eccezione fatta per Erin e Cecilia, spinte dal padre sull’altalena che Stefan aveva costruito per entrambe. “Più in alto, papà! Più in alto!” Gridavano, ridendo divertite. Cercando di accontentarle, Ilmion faceva il possibile, pur stando sempre attento a non esagerare. Erano bambine, e una sola distrazione poteva significare dolore per entrambe. Difatti, sarebbero potute cadere facendosi male, ma proprio per questa ragione Alisia era lì vicina a loro, così da poterle aiutare in caso di bisogno. E così, le due bimbe continuarono a lasciarsi spingere su quell’altalena, fino a quando Erin non utilizzò troppa forza nel muoversi, e perdendo l’equilibrio, non cadde fra l’erba. Alisia era con lei, e l’aiutò subito a rialzarsi, ma questo non le evitò una ferita alla gamba. Niente di grave, era soltanto un graffio, ma la piccola piangeva per il dolore, e prendendola in braccio, Alisia le evitò di camminare. Insieme, le due tornarono in casa, e Cecilia le seguì con velocità, troppo preoccupata per la sorella per restare a giocare in giardino. Allarmata dal pianto della bambina, andai con loro così da medicarla, e subito dopo tornai fuori per controllare i ragazzi. Per pura fortuna, tutto sembrava andar bene, o almeno così pensavo. Erano tutti lì ad allenarsi, e ne ero felice, ma la vista di Aaron lontano dagli altri mi colpì non poco. “Aaron, che ti succede?” chiesi, avvicinandomi e badando di non essere troppo invadente. “Niente.” Rispose, allertando subito i miei sensi di madre. Tentando di convincerlo a parlare, lo chiamai per nome, ottenendo per pura fortuna il risultato sperato. Sospirando, mio figlio si rialzò da terra, e guardandomi negli occhi, si decise a dirmi la verità. “È Ava. Non la vedo da molto, e… e mi manca, sai?” disse in tono nettamente mesto, abbassando poi lo sguardo e puntandolo sul terreno. A quelle parole, provai una strana stretta al cuore,e avvicinandomi, tentai di consolarlo. L’abbraccio che seguì quell’istante fu fortissimo, e non appena si sciolse, gli posai una mano sulla spalla. “Un giorno la rivedrai, ne sono certa.” Gli dissi, sperando di riuscire a riportare un sorriso sul suo volto. “Grazie mamma, sei la migliore.” Rispose, sorridendo e raggiungendo gli altri al centro del giardino. Non muovendo un muscolo, restai in disparte, ma di lì a poco, lo vidi sorridere e scagliar frecce con Rose. I nostri sguardi si incrociarono un’ultima volta, e lasciandolo da solo con le sue sorelle, tornai in casa. Per pura fortuna, Erin si era già ripresa dalla caduta, e ora giocava felice sul tappeto. Sorridendo, la guardai divertirsi senza dire una parola, ma poi Alisia spezzò il silenzio. “Che aveva Aaron?” mi chiese, incerta e dubbiosa. “Non vede da molto un’amica, e ne sente la mancanza.” Risposi onestamente, non potendo mentire e far passare mio figlio per un bugiardo. “Rain, io non la conosco, ma se era così triste forse c’è un altro motivo.” Continuò lei, lasciando forse inconsapevolmente che un dubbio mi si insinuasse nelle membra. “Ovvero?” azzardai, con la mente governata mille incertezze. “La ama. Si è innamorato, non riesci a capirlo?” replicò, per poi tacere e sorridere, sollecitando l’interesse delle bambine. Avvicinandosi, si sedettero con noi sul divano, e dopo pochi istanti, Erin ebbe il coraggio di farci una domanda. “Che cos’è l’amore? Ci chiese, mostrando un ingenuo sorriso e una luce negli occhi. “È qualcosa di bellissimo, tesoro, e forse un giorno lo proverete anche tu e Cecilia, sai?” rispose Alisia da brava madre, alimentando le già solide speranze delle piccole, che a soli quattro anni d’età, avevano dei sogni tutti loro. “Come quello che senti per papà? O come zia per zio Stefan?” azzardò poi la stessa Cecilia, interrompendo la sorella ma desiderando una risposta. “Proprio così, piccola.” Dissi io, sentendomi chiamata in casa non appena la bimba pronunciò il nome di mio marito. “Va bene, adesso è ora di riposare.” Proruppe poi Alisia, guardandole entrambe stropicciarsi gli occhi mentre giocavamo. “No, non ci va!” si lamentarono, puntando i piedi e corrugando le fronti e i visi in smorfie di disappunto. “La mamma ha ragione, signorine, ora a letto, avanti.” Mi intromisi, dando manforte a mia sorella e aiutandola con le bambine. Prendendo in braccio Erin, la portai nella sua cameretta, e mettendola a letto, mi allontanai. “No, aspetta.” Mi pregò la bambina, tirando leggermente una manica del mio vestito. “Sì?” azzardai, tornando da lei per controllare cosa volesse. “Quando succederà? Quando potrò innamorarmi anch’io?” fu la sua domanda, che mi colse alla sprovvista facendomi letteralmente sciogliere. “Erin, questo io non posso saperlo, ma sappi una cosa. Tu e tua sorella siete brave bambine, e un giorno potrete avere tutto quello che il vostro cuore desidera.” Dissi a entrambe, sedendomi su uno dei loro lettini e voltandomi per guardarle negli occhi. “Proprio tutto? Anche l’amore?” chiese Cecilia, con la solita voce dolce e tenera di sempre. “Anche l’amore.” Le feci eco io, sorridendo e alzandomi in piedi per andar via e lasciarle riposare. “Buonanotte, zia.” Dissero in coro, parlando all’unisono come le gemelle che erano. La sera non era ancora scesa, ma erano abituate a dormire nel pomeriggio, così le lasciammo fare, e una volta fuori dalla loro stanza, Alisia decise di parlarmi. “Sei bravissima con loro. Come ci riesci?” domandò, colpita dal mio modo di fare con i più piccoli, tenero e gentile almeno tanto quanto i bambini stessi. “Io non faccio niente. Sono le piccole ad essere angeli.” Dissi, sorridendole e avvicinandomi per tentare di abbracciarla. Sorridendo a sua volta, lei mi lasciò fare, e tornando a sedermi in salotto con lei, mi rilassai preparando e bevendo del tè. Ovvio fu che gliene offrii un pò, e con l’arrivo della sera, andai a letto felice e tranquilla, estendendo anche ad Aaron il mio desiderio di felicità. Aveva soltanto quindici anni, e non sapendo se Alisia avesse ragione o meno, ma nel caso in cui ce l’avesse avuta, io avrei sicuramente appoggiato la sua scelta, ovvero volare libero come un uccello nel cielo della libertà.
   
 
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