Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.346 (Fidipù)
Note: Buon inizio di settimana! Eccomi qua, pronta come sempre - e
un po' in ritardo rispetto al solito - per aggiornare! Che dire? I fili si
continuano a tirare e forse nuovi membri arriveranno nel gruppo,
portandoci sempre più vicini alla battaglia finale che, per il momento, è
ancora abbastanza lontana. Ok, spero di averlo scritto bene, ma nel
capitolo uno dei nipoti di Fa usa la parola 'xiansheng', che è il nostro
equivalente di Signore. E niente. Non penso ci sia altro da aggiungere se
non...
Pregate per Thomas! Pregate tanto per Thomas!
E adesso passiamo alle note di servizio: come al solito vi ricordo la pagina facebook per
rimanere sempre aggiornati, ricevere piccole anteprime e spoiler dei nuovi
capitoli e delle nuove storie (La mia testa è ormai una fucina di idee su
Miraculous!)
Vi ricordo che mercoledì ci sarà un nuovo aggiornamento de La
sirena, mentre giovedì avrete un nuovo capitolo di Laki
Maika'i. Venerdì sarà il turno del secondo aggiornamento settimanale
di Miraculous Heroes 3 e,
infine, sabato verrà aggiornata Scene
con la seconda parte di Fuoco fatuo.
Come sempre ci tengo a ringraziarvi tutti quanti per il fatto che leggete,
commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie tantissimo e di tutto cuore!
Fissò lo schermo del cellulare, rileggendo
le poche parole che aveva scritto e indugiando sopra il tasto d’invio: non
era un testo rivelatore, ma il contrario, semplicemente una volta inviato
avrebbe avuto poco tempo per imbastire un piano che avrebbe permesso la
sopravvivenza di Thomas e l’introduzione nel gruppo della piccola Manon.
Dopo un iniziale rifiuto e aver messo alla porta la ragazzina, aveva
riflettuto ed era giunto alla conclusione che non poteva essere solo una
sua decisione: non toccava a lui decidere se Manon sarebbe stata integrata
o meno nel gruppo. Dovevano decidere tutti assieme e questo era il motivo
per la riunione che aveva in mente di organizzare.
Chiuse gli occhi, premendo su invio e riaprì le palpebre, osservando
l’icona della busta da lettere chiudersi e la scritta ‘inviato’ apparire
sullo schermo: bene, era andata.
Sollevò lo sguardo dal proprio cellulare, posandolo sull’ingresso del
condominio che aveva davanti a sé e, donando un sorriso alla signora in
abiti eleganti che stava uscendo proprio in quel momento, sgusciò
all’interno, dirigendosi verso l’ascensore, chiamandolo al piano terra e
ignorando quella sensazione che avvertiva al collo: un pugnale sembrava
essere stato piantato fra le sue spalle, ma sapeva che era solo lo sguardo
della donna che aveva appena incontrato.
Si voltò, accennando un sorriso e salutandola con la mano, mentre lei si
stringeva nel cappotto e si voltava di lato, sgambettando via sui tacchi
alti e suscitando una nuova domanda in Alex: come diavolo facevano le
donne a camminare veloci su quegli affari?
Avrebbe dovuto informarsi.
Magari chiedendo alla babbiona.
Era certo che lei avrebbe saputo risolvere quel quesito che gli era giunto
alla mente, molto più delle sue amiche: sapeva benissimo come Marinette e
Sarah mal tolleravano quel tipo di scarpe, Lila le sopportava maggiormente
ma non gli sembrava una vera e propria fan.
E Xiang…
Xiang era già tanto se sapeva cosa erano le scarpe.
«Ed io ho seri problemi se sto facendo un trattato sulle scarpe nella mia
mente» decretò Alex, sistemandosi gli occhiali ed entrando nell’ascensore,
appena giunto: «Ho veramente seri problemi. E sto parlando da solo»
continuò, premendo il tasto del piano che gli interessava e scuotendo la
testa, portandosi due dita sotto gli occhiali e massaggiandosi il setto
nasale: «Devo andare in analisi.»
Si appoggiò contro il muro freddo, socchiudendo le palpebre e riaprendole
quando il suono dell’ascensore lo riscosse: attese che la porta scorrevole
si aprisse e mise un piede nel corridoio, osservando questo allungarsi
avanti a lui; scivolò velocemente lungo le mattonelle di marmo, arrivando
fino alla porta che gli interessava e suonò il campanello, rimanendo in
attesa.
Passi concitati gli arrivarono da dietro l’uscio, finché uno dei nipoti di
Fa non gli aprì con il sorriso sulle labbra: «Ni hao» disse Bo – o forse
era Li? O De? -, chiudendo il pugno e colpendo con questo il palmo della
mano opposta, chinando leggermente il capo: «Benvenuto nell’umile dimora
di Blanchet xiansheng»
«Blanchet che?»
«E’ un qualcosa di simile a ‘signore’ in cinese» dichiarò la voce di
Felix, apparendo alle spalle del cinese e sorridendo appena: «Salve,
yankee.»
«Sa vero che quel termine è vecchissimo?»
«Il mio vecchio era poco aggiornato» disse Felix, stringendosi nelle
spalle e storcendo le labbra in una smorfia di divertimento: «Che posso
dire? Non mi ha permesso di aggiornarmi. Che vuoi?»
«Felix! Le maniere!» la voce di Bridgette fece sobbalzare i tre uomini,
prima che la donna comparisse, annunciata dal ticchettio dei tacchi: «Non
puoi trattare Alex in questo modo.»
«E’ in casa mia, posso.»
«Veramente, sarei ancora in corridoio. Se vogliamo puntualizzare la cosa.»
«Sei nel palazzo che ospita la mia casa. Sei sotto il mio tetto, yankee.»
«Sarò sotto il suo tetto, appena varcherò questa soglia» dichiarò Alex,
indicando il vano della porta con un gesto ampio delle mani: «Attualmente
sono in territorio condominiale.»
«Tu, moccioso…»
«Finitela immediatamente. Tutti e due» intimò la donna, posandosi le mani
sui fianchi e guardando alternativamente i due litiganti: nel mezzo, il
povero cinese, volgeva lo sguardo attorno a sé, quasi cercasse di capire
il suo ruolo in tutto ciò: «Li, potresti gentilmente andare a preparare la
macchina? Devo uscire e rimanere qui farà salire il mio nervoso.»
Li annuì con la testa più volte, prima di sgusciare oltre Alex e
sgambettare veloce, diretto all’ascensore quasi come se stesse fuggendo da
un mostro spaventoso e facendo ridacchiare Felix: «Se vuoi, Bri, conosco
un’ottima tecnica per rilassarti?» dichiarò l’uomo, poggiandosi con una
spalla al muro e incrociando le braccia, mentre lo sguardo seguiva i
movimenti di Bridgette, mentre s’infilava il cappotto e lo superava
decisa.
«Ucciderti, Felix? Perché al momento è l’unica cosa che vorrei fare con
te» decretò la donna sorridendo zuccherosa, salutandolo con un cenno della
mano: «Ci vediamo stasera. E non dire cosa fare a De, ci ho già pensato
io.»
Alex la osservò prendere la stessa direzione del cinese, camminando sicura
sui tacchi quasi fosse nata con quegli affari ai piedi: «Ha già preso
possesso di casa mia» sentenziò Felix, avvicinandosi alla porta e, fatta
leva su una mano, si sporse oltre il vano, osservando la donna fermarsi
davanti alle porte dell’ascensore: «Ma la amo e, maledizione, amo quel
sedere» si fermò, voltandosi verso il giovane: «E tu smettila di
guardarlo.»
«Veramente mi stavo domandando come fa a camminare su quegli affari.»
«Misteri femminili» decretò Felix, tornando dentro l’appartamento e
facendogli cenno di entrare: «Xiang si sta ancora preparando. Credo.
Minimo è uscita dalla finestra perché non voleva che le dicessi qualcosa.»
«Che le dicesse qualcosa?»
«Hai visto come si veste ultimamente?»
«Come una ragazza del ventunesimo secolo?»
«Questo secolo è osceno per quanto riguarda il vestiario femminile.»
«Ha appena apprezzato la gonna stretta di Willie, sa?» domandò Alex,
voltandosi e indicando la porta dell’appartamento: «Anche quella è di
questo secolo.»
«Tu non hai spirito di sopravvivenza, vero?»
«A quanto sembra no.»
«Tipico di uno yankee.»
«Senta, non sono venuto qui per farmi chiamare yankee» iniziò Alex,
lasciando andare un sospiro e abbozzando un sorriso all’uomo: «Ho un bel
problema fra le mani e Fu mi ha consigliato in un modo, ma volevo sentire
il parere di altri ultracentenari.»
«Se hai messo incinta qualcuno…» Felix si batté la mano sul petto,
allargando le braccia: «Sono l’uomo per te.»
«Lei ha messo incinta qualcuno?»
«No, però molti miei commilitoni a Nanchino, hanno avuto un problema
simile. Sono diventato un esperto, devo dire.»
«Ottimo. In ogni caso…» Alex tirò la vocale dell’ultima parola, scuotendo
la testa e sorridendo: «No. Non ho messo incinta nessuno.»
«E allora cosa?»
«Diciamo che, se continua così, forse ci sarà un nuovo membro del gruppo.
Un membro di undici anni. Una ragazza di undici anni che ha scoperto
Thomas.»
Felix annuì, socchiudendo gli occhi e inspirando profondamente, scuotendo
poi la testa e dirigendosi con passo deciso verso il salotto: «Tutto
questo ha bisogno che io introduca alcool nel mio corpo. Assolutamente.»
«Non è un po’ presto per bere?»
«Una ragazzina di undici anni ha scoperto Thomas? Potevi tranquillamente
dirmi che la terza guerra mondiale è alle porte, sarei stato più felice»
Felix scosse il capo, lasciando andare un sospiro e voltandosi verso
indietro, osservando Xiang giungere nel corridoio: «Bonjour, ma chére.»
«Alex, che fai qua?» domandò la ragazza, osservando immediatamente i due e
fermandosi in mezzo al disimpegno e tenendo lo zaino per gli spallacci:
«E’ successo qualcosa?»
«Ha messo incinta una» decretò Felix, con un sorriso in volto e lo sguardo
luminoso: «Sempre detto di non fidarsi di uno yankee.»
«Cosa? No» bofonchiò Alex, scuotendo il capo e fissando l’altro con uno
sguardo rabbioso, posandolo poi su Xiang e sospirando: «Diciamo che è
successo un imprevisto.»
«Dì Ren?»
«Ehm. No. Ma riguarda i Miraculous.»
«Devo portarli a Shangri-la?»
«No» sentenziò Alex, distendendo le braccia e alzando i palmi, quasi come
a tenere ferma così la ragazza: «Avevamo detto ‘No Miraculous a
Shangri-la’.»
«Solo se non in caso di pericolo.»
«Lo yankee ha avuto una visita ieri» s’intromise Felix, poggiandosi con le
spalle al muro del corridoio e sospirando: «A quanto sembra il
marmocchietto del gruppo si è fatto scoprire da una sua compagna di scuola
e la signorina vuole entrare nel gruppo.»
«Oh. In pratica è come Alex?» domandò Xiang, sorridendo dolcemente: «Anche
tu sei venuto a conoscenza del segreto, no?»
«Diciamo che Sarah me l’ha rivelato quasi subito» commentò l’americano,
portandosi una mano ai capelli e grattandosi la testa: «Però io ero più
grande, Manon ha undici anni.»
«Manon…» Xiang si portò le dita della mano destra alle labbra, posando lo
sguardo da una parte e annuendo con la testa: «La ricordo. Era al
matrimonio di Adrien e Marinette.»
«Sì, è la bambina a cui Marinette faceva da babysitter.»
«Capisco» commentò la ragazza, annuendo nuovamente con la testa: «Qual è
il tuo dubbio?»
«Tutto quanto? Sinceramente non credo…»
«Non è una decisione che puoi prendere tu.»
«Sì, questo lo sapevo, Xiang» commentò Alex, lasciando andare un lungo
sospiro e prendendo il cellulare dalla tasca: «Ecco perché ho indetto una
riunione.»
«Ah, ecco cos’era quel messaggio che è arrivato poco fa» bofonchiò Felix,
rimanendo fermo nella sua postazione: «Quindi sei venuto qua per cosa,
yankee?»
«Chiedere aiuto a salvare Thomas dalla furia degli altri? Sono certo
che qualcuno – in particolare Adrien e Rafael– non la prenderà molto
bene.»
«Ordine del giorno: salvare il marmocchietto dalla furia dei suoi compagni
di squadra» decretò Felix, dandosi una leggera spinta con le spalle e
allontanandosi dal muro: «Me lo segno fra: revisionare il bilancio di
partito e l’intervista con la Chamack.»
«Manon è la figlia della Chamack» decretò Alex con un sorrisetto in volto,
sistemandosi poi gli occhiali: «Magari può mettere una parola per la
figlia.»
«Signora, tenga sua figlia al guinzaglio, altrimenti scopre cose che non
deve scoprire» dichiarò Felix, scuotendo il capo: «Penso che nel caso
farebbe un pessimo articolo su di me. E già ho parecchi problemi contro
Bourgeois» si fermò, massaggiandosi il mento e assottigliando lo sguardo,
puntandolo poi contro Alex: «Tu puoi fare qualsiasi cosa al pc, vero?»
«Qualunque.»
«Anche controllare i fondi di una certa persona?»
«Posso anche quello.»
«Yankee, sei appena diventato il mio migliore amico.»
«Felix mi farà impazzire» dichiarò Bridgette, scuotendo il capo e
accavallando le gambe sotto il tavolo, mentre osservava la ragazza
dall’altra parte con il viso nascosto nella tazza fumante di the e gli
angoli delle labbra piegati in un sorriso: «Tratta sempre male Alex e solo
perché sa che gli piace Xiang.»
«E’ protettivo.»
«Fin troppo» commentò Bridgette, picchiettando il piede per terra e poi
piegando di lato la testa, poggiandola contro il pugno chiuso: «Non mi
sembri molto in forma, Marinette.»
«Ho solo avuto una nottataccia» commentò la ragazza, posando la tazza sul
tavolo e guardandosi attorno: il locale, che era stato aperto da poco
nella struttura che ospitava la scuola di moda, era immerso nella luce
solare che entrava dalle vetrate con cui erano state rivestite le mura; il
bancone formava un’isola al centro del grande stanzone e aveva al centro
una colonna dipinta con più colori, quasi fosse il frutto di un artista
impazzito.
Marinette rimase a osservare le due bariste che lavoravano, notando la
figura di Nathaniel nei pressi del bancone: per una volta non aveva il
cappuccio tirato su e i capelli del colore del fuoco, sembravano quasi
risplendere alla luce del sole: «Ti preoccupa che possa fare del male ad
Adrien?» domandò Bridgette, osservando nella stessa direzione della
ragazza e storcendo le labbra in una smorfia: «Sai che noi tutti non
glielo permetteremo.»
«Vorrei trovare il modo per liberarlo. Solo così Adrien sarà al sicuro»
mormorò Marinette, abbassando lo sguardo e osservando il liquido nella
tazza che teneva ancora fra le mani: «E’ colpa mia se l’ha preso di mira.»
«No, è semplicemente la sua infatuazione per te che ha fatto sì che
diventasse ossessionato» dichiarò Bridgette, voltandosi verso la ragazza e
allungandosi, posandole le dita sulla mano: «Non imputarti colpe che non
sono tue, Marinette. Non farlo mai.»
«Grazie» bisbigliò la ragazza, rialzando la testa e donandole un sorriso,
voltandosi poi verso Nathaniel e sgranando lo sguardo, quando notò la
figura che aveva affiancato il giovane: «Kun Wong conosce Nathaniel?»
«C’è qualcosa dove quel cinese non ha le mani in pasta?» domandò
Bridgette, strascicando le parole e socchiudendo gli occhi, portandosi una
mano alla tempia: «Sta diventando un’ossessione anche quello: me lo
ritrovo ovunque! Vado da Gabriel per chiedere consiglio sull’evento? E
c’è. Vengo qua e c’è. Vado al mio ufficio e c’è.»
«Meglio non dirlo a Felix allora…»
«Sono certa che lo ucciderebbe, conoscendolo.»
«Ah, questi gatti gelosi…»
«Mi chiedo se sia un requisito per diventare Portatore: bella presenza e
possessività alla massima potenza.»
«E il pessimo senso dell’umorismo dove lo mettiamo?»
«No, dove mettiamo il loro fascino. Direi io» bofonchiò Bridgette,
sorridendo alla kwami rossa che, interessata all’argomento, stava facendo
capolino dalla borsa: «Tikki, ma devono per forza essere tutti così i
Portatori di Plagg?»
«Vorrei dirti di no, che non sono stati tutti così ma in verità…» la kwami
sospirò, sorridendo appena: «Sono tutti così e non capisco come mai.»
«Speravo che in qualche secolo ci fosse stata una Ladybug che non ha avuto
a che fare con quel sorriso da ‘ti farò provare i piaceri più nascosti del
tuo animo, solo se mi perdoni per aver distrutto la tua cipria’» sospirò
Bridgette, massaggiandosi in volto: «E invece no. Quei maledetti sembrano
essere farti con lo stampino!»
«Pe-però lo fa-fanno» balbettò Marinette, sentendosi il volto andare a
fuoco e agitandosi una mano davanti, per farsi un po’ d’aria: «Far provare
i piaceri più nascosti del tuo animo…» disse con un filo di voce,
abbassando la testa e pregando che il rossore che aveva in volto sparisse
velocemente: «Adrien è bravissimo in questo.»
«Anche Felix…»
«Anche Plagg. Sebbene lo abbiamo fatto un’unica volta.»
«Come un’unica volta?» domandò Bridgette, sgranando lo sguardo e aprendo
la bocca in una perfetta o: «Pensavo che il signorino fosse molto attivo…»
«Lo era, con le vergini del Tempio della Farfalla ma con me…» Tikki si
fermò, scuotendo la testa mentre lo sguardo andava a ritroso nel tempo e
un sorriso triste le compariva sul musetto: «C’è stata un’unica volta, la
notte prima che ci offrissimo volontari e diventassimo kwami.»
«Mi dispiace tanto, Tikki.»
«Non dispiacertene, Bridgette. E’ stata una mia scelta e non la rimpiango,
per quanto alle volte senta nostalgia di certe cose da umana…»
«Non c’è possibilità che diventiate umani, un giorno?» chiese Marinette,
voltandosi verso la propria kwami e vedendola scuotere il capo,
energicamente in risposta alla sua domanda.
«No, Marinette. Non credo e, in ogni caso, i Miraculous sono importanti:
che cosa succederebbe se noi trovassimo il modo per ritornare umani e un
nemico attaccasse? Non ci sarebbe nessuno a difendere le persone da
questo. Ho scelto tanto tempo fa quale sarebbe stata la mia vita e non me
ne pento.»
«Tutto ciò ti fa onore, Tikki» mormorò Bridgette, allungandosi e
carezzando il piccolo musetto: «E perdonami per non aver onorato come si
deve il tuo coraggio e il tuo spirito. Sono stata una pessima Ladybug.»
«Sei stata una ragazza che ha commesso i propri errori, Bridgette.»
«Grazie, Tikki.»
«Poi se vogliamo parlare di pessime Ladybug, devo dire che neppure io non
scherzo: ho fatto akumatizzare un po’ di gente a Papillon…»
«Questo perché tu sei istintiva e facevi parlare per prima cosa la tua
cotta per Adrien» dichiarò Tikki, sorridendo alla sua Portatrice: «E’ una
vera fortuna che poi lui ti abbia presa.»
«Noi ci lamentiamo tanto dei nostri micetti» mormorò Bridgette, fermandosi
e osservando Kun Wong passare accanto al loro tavolo assieme a Nathaniel:
il cinese teneva una mano sulla spalla del giovane e lo sospingeva avanti
a sé, quasi a esortarlo ad andare avanti e non fermarsi: «Ma anche loro
non è che abbiano fatto un grande affare» continuò, bloccandosi per una
seconda volta e scuotendo il capo: «E’ veramente strano. Molto strano.»
«Decisamente.»
«Dovremmo parlarne con il resto del gruppo» sentenziò Bridgette,
osservando i due uomini uscire dal locale e stazionare un attimo fuori
dalla porta, prima di riprendere il loro cammino: «In fondo Alex ha
indetto una riunione di gruppo. Sarà il momento ideale.»
«Tu sai per cosa?»
«No, però stamattina è venuto a casa, penso volesse parlare con Xiang:
sicuramente è venuto a capo di qualcosa.»
«Ottimo.»
Vooxi tirò fuori il musetto, osservando il palazzo avanti a loro e poi
spostando la propria attenzione sulla ragazza, la cui borsa stava
popolando: «Vuoi veramente entrare lì?» le domandò il kwami, guardandola
mentre annuiva con la testa senza distogliere lo sguardo dal palazzo che
ospitava il consolato italiano.
«Non deve più dare noia a Wei» dichiarò Lila, scostandosi una ciocca
castana e fissando l’edificio: «Solo che faccio? Entro lì e le dico: non
dare più noia al mio uomo?»
«Sarebbe un’idea» decretò Vooxi, voltandosi verso il consolato e
osservando il movimento che c’era alla porta: «Oppure aspetti arrivi al
marciapiede e le dici le stesse cose.»
Lila fece scattare la testa, osservando la madre mentre raggiungere la
propria auto con il fido assistente alle calcagna: rimase immobile al suo
posto, osservando la donna fermarsi di fronte alla portiera del passeggero
e guardarsi attorno, posando lo sguardo su di lei. Ada s’irrigidì, lo
poteva vedere anche da quella distanza, dall’altra parte della strada, e
poi abbassare lo sguardo e voltarsi di lato, prima di scivolare
all’interno della vettura dopo che l’assistente: «Non credo ci sia bisogno
di dirle nulla» decretò Lila, continuando a fissare la scena e vedere
anche l’altro montare sulla vettura, prima che questa s'immettesse nella
strada e scivolasse veloce nel traffico di Parigi.
«Ne sei certa?»
«Non ce l’ha fatta a guardarmi negli occhi» dichiarò Lila, scuotendo il
capo e allontanandosi dal consolato: «Forse ha capito cosa ha fatto e si
vergogna adesso. Non sarebbe la prima volta.»
«Uao. Tua madre mi sorprende a ogni mossa…»
«Oppure qualcuno ha detto qualcosa a mio padre e lui l’ha rimbeccata di
dovere.»
«E tu sei voluta venire qui per vedere l’effetto del messaggio che avevi
mandato ieri sera, giusto?» Vooxi la fissò, scuotendo il capo e lasciando
andare un lungo sospiro: «Ecco perché stavi armeggiando con il cellulare
dopo che Wei dormiva.»
«Devo proteggerlo. E’ mio compito. Anche se il signorino pensa di
potercela fare da solo e non mi dice che mia madre lo minaccia.»
«Sai com’è Wei.»
«E lui sa come sono fatta io.»
«Il motivo per cui, forse, ha taciuto?»
Lila sbuffò, storcendo le labbra in una smorfia e osservando il kwami
nella borsa: «Dovresti essere dalla mia parte, sai?» decretò, posando le
mani sui fianchi e scuotendo poi la testa, alzandola e fissando nuovamente
l’edificio che ospitava il consolato.
«Il fatto che io ti dia il potere per diventare Volpina, non significa che
sarò d’accordo con te sempre e comunque.»
«Stasera niente Harry Potter.»
Vooxi aprì la bocca, fissandola con lo sguardo sgranato e poi
aggrottandolo, mentre un’ombra gli scendeva sul volto: «Sei il male fatto
persona, Lila.»
Alex osservò la coppietta che stava uscendo con tutta tranquillità dalla
scuola: Thomas stava dicendo qualcosa e la piccola Manon annuiva con la
testa, fermandosi nei pressi del cancello e abbassando le spalle, come se
queste avessero avuto un peso enorme da tenere; Thomas si stoppò poco più
avanti, girandosi e raggiungendo l’amica, chinandosi poi per parlare più
vicino.
Guardalo.
Sganciava la bomba e amoreggiava come se nulla fosse.
Si avvicinò, le mani nelle tasche del giubbotto – almeno così non sarebbe
saltato alla gola del ragazzino – e un sorriso pieno di mefistofelico
calore in volto: «Thomas» cantilenò, trovando piacere nel vederlo
sobbalzare e voltarsi verso di lui: «Sai che abbiamo una riunione oggi
pomeriggio?»
«S-sì» balbettò il ragazzo, voltandosi verso l’amica e vedendola con lo
sguardo basso: «Stavo per venire, infatti.»
«Ero da queste parti e sono venuto a prenderti» Alex si fermò, facendo
scivolare lo sguardo su Manon: «A prendervi.»
«Alex, giusto per sapere…»
«Cosa?»
«Quanto sono morto da uno a dieci?»
«Diciamo che sei sul nove.»
«Ottimo. Fantastico. Incredibile» bofonchiò Thomas, allargando le braccia
e scuotendo la testa: «Prego, conducimi verso la morte.»