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Autore: Lola1991    04/07/2017    4 recensioni
-    SEQUEL DI “From the beginning”
Thorin e Laswynn sono diventati re e regina di Erebor; gli anni del loro regno trascorrono pacifici sotto la montagna e i loro figli sono oramai grandi e pronti ad assecondare la volontà della stirpe di Durin.
La prima figlia femmina, Eriu, viene promessa in sposa al figlio di Dáin, Thorin, sui Colli Ferrosi. Dopo aver accettato questa difficile decisione, alla giovane Eriu non resta altro che iniziare una nuova vita lontana da Erebor e imparare ad essere una buona compagna e una buona moglie.
Ma accanto alla comunità dei Colli Ferrosi sorgono le terre selvagge e i villaggi di Rhûn, abitate dagli Esterling e da uomini creduti malvagi e corrotti. 
Vran, giovane cacciatore, incontrerà per caso Eriu, salvandola da una morte certa. La guerra per l’anello incombe, e il male si diffonde sulla Terra di Mezzo e sui suoi abitanti.
Ma Vran e Eriu non hanno nessuna intenzione di seguire un destino imposto da altri…
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dain II Piediferro, Nuovo personaggio, Thorin III Elminpietra, Thorin Scudodiquercia
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XI


Per l’inizio dell’inverno ero incinta di tre mesi, e le nausee mattutine non mi davano tregua. Qualsiasi cosa mangiassi il mio stomaco la rifiutava inevitabilmente, e per molte settimane non feci altro che cibarmi di pane inzuppato nel latte, come una moribonda.
Mentre il mio viso perdeva volume, il mio ventre si gonfiava, come se la gravidanza stesse risucchiando ogni briciola di energia dal mio corpo.
 
Thorin aveva mostrato entusiasmo all’idea di diventare padre, e sembrava che anche Raghnaid ne fosse contenta, poiché si informava quotidianamente sullo stato di salute mio e del piccolo. Forse non si aspettava che avrei rispetto i miei obblighi di moglie così presto.
Una volta superato il periodo in cui i rischi di perdere il bambino erano maggiori, iniziai a sentirmi molto meglio. Quando il tempo lo permetteva, mi recavo con Bronnen lungo il sentiero del villaggio, ma non mi avvicinavo mai alla foresta: il volto disperato di Vran al mio matrimonio mi perseguitava ancora come un fardello impossibile da portare.
Mano a mano che la gravidanza procedeva, pensavo a quanto avrei voluto avere accanto mia madre o mia sorella. Ma Morud si era appena sposata, e ora viveva sugli Ered Mithrin; in quanto a mia madre, sapevo che detestava i Colli Ferrosi e che oltretutto Raghnaid non le avrebbe mai permesso di restare.
Ma non ero sola. Informate della mia condizione, le donne del villaggio furono ben liete di riferirmi ogni possibile aneddoto sul parto, in riferimento a quello che era, chiaramente, un vasto repertorio di esperienze terrificanti.
 
Scelta da Raghnaid, mi venne affiancata una levatrice, Rae: aveva i capelli di un biondo splendente, la corporatura robusta e il seno prosperoso. Sembrava competente in materia di gravidanza, e accettò di seguirmi solo se mi fossi impegnata a seguire le sue direzioni in materia di cibo e esercizio. Dopo avermi misurato il ventre e stabilito la data della nascita, mi invitò a condurre una vita attiva, per velocizzare il parto, perché il bambino cresceva velocemente ed era già ben sviluppato. Speravo che non fosse troppo grosso; quando il bambino era troppo grande, l’alternativa era tagliare il ventre della madre… terrorizzata, cominciai a fare offerte a Mahal affinché mi concedesse un parto agevole. **
 
Entrai in isolamento a partire dal sesto mese: voleva dire che io e Thorin non avremmo più condiviso il letto coniugale, almeno non fino alla nascita di nostro figlio. Non me ne dispiacqui. Andavamo piuttosto d’accordo, in realtà più di quanto avessi sperato, ma avevo l’impressione che avesse altro per la testa, e la situazione in cui verteva la Terra di Mezzo certo non aiutava la nostra vita di coppia: ai Colli Ferrosi erano giunte voci, e i messaggeri inviati dai regni intorno a noi portavano notizie di un’oscurità incombente e di nuovi pericoli. Branchi di orchi attaccavano i villaggi, gli uomini insorgevano contro i loro stessi fratelli, e Thorin non era quasi mai a casa con me.
 
Verso gli ultimi mesi della gravidanza, senza curarmi delle prime contrazioni che preannunciavano la nascita imminente, continuai le mie passeggiate con Bronnen. All’inizio dell’estate, nel salire la collinetta per tornare verso casa, scivolai su un ciottolo e caddi a terra, battendo violentemente il bacino. Mentre Bronnen mi aiutava ad alzarmi, percepii qualcosa di caldo scorrermi tra le gambe ed immediatamente capii cosa stava succedendo: mi si erano rotte le acque ed ero entrata in travaglio.
Raghnaid, Bronnen e tutti gli altri ospiti della casa mi si radunarono intorno, in preda al panico, ma io sorridevo soddisfatta, perché era proprio in un incidente del genere che avevo sperato.
Le contrazioni, da subito fortissime, continuarono per tutto il giorno e per tutta la notte. Non riuscivo a camminare, nonostante Rae insistesse, e il dolore era così acuto che la ebbe vinta sulla mia determinazione a non gridare. All’alba del secondo giorno ero finalmente pronta a fare uscire il mio bambino. Spinsi una volta, due, e continuai a spingere, e non mi importava di essere vista mentre gridavo e piangevo disperata.
 
Per un attimo che mi sembrò durare in eterno pensai di stare per morire, perché il mio corpo lacerato stava cedendo inesorabilmente alla stanchezza. Ma poi, con un’ultima, dolorosissima spinta, il bambino fece capolino al mondo. Lo sentii piangere, e ributtai la testa all’indietro. Ce l’avevo fatta.
Quando però Rae me lo mise in grembo, mi accorsi che non si trattava affatto di un maschietto, ma di una bellissima bambina. La presi tra le braccia tremante. Forse non era quello che la famiglia di Thorin si aspettava, ma a me non importava: nel momento stesso in cui i miei occhi si posarono nei suoi, capii che non avrei mai amato nessun’altro con la stessa intensità.
 
Mi accorsi appena che mi pulivano e mi cambiavano; ero ancora totalmente concentrata sulla bambina, che ora dormiva beata al mio fianco. I pochi ciuffi sulla testa si stavano asciugando in un inequivocabile colore rosso, come quelli del padre. Le strinsi una manina sorridendo.
Raghnaid e Dáin entrarono a guardarla, e si congratularono, seppure con meno entusiasmo di quello che avrebbero mostrato se fosse stato un maschio. Un messaggero era stato inviato a chiamare Thorin, che si trovava nei villaggi circostanti.
Poi, con un urlo prepotente, la bambina si mise a gridare per la fame; prima ancora di poterla prendere tra le braccia per allattarla, Raghnaid la afferrò e la consegnò alla nutrice, che la attaccò immediatamente al seno.
La guardai piena di collera. « Desidero allattarla. Sono sua madre ».
Raghnaid mi guardò con rimprovero. « Se la allatti, ci vorrà più tempo perché tu  possa rimanere incinta di nuovo. Ci penserà la nutrice ».
 
Guardai disperata quella sconosciuta nutrire mia figlia, e ancora una volta mi sentii tradita da quella che doveva essere la mia famiglia. Finalmente la piccola smise di mangiare, e mi fu restituita. Ci addormentammo entrambe, una accanto all’altra.
Thorin arrivò solo a sera tarda, e ci misi un po’ ad accorgermi della sua presenza; se ne stava in disparte, al limite della porta della camera, come uno sconosciuto che osserva la vita di altre persone.
Con il capo gli feci cenno di entrare, incoraggiante. Lui mosse qualche passo e guardò la bambina, che ora era completamente sveglia, e muoveva veloce i piedini.
Non la prese tra le braccia, ma sembrava comunque contento che fosse sana e in buona salute, e che il parto fosse andato bene. Non mi aspettavo nulla di più.
« Come la chiamiamo? », chiese dubbioso, sedendosi sul bordo del letto.
La guardai negli occhi, sorridendo dolcemente. « Si chiamerà Aimil ».
 
*
 
Era tradizione che una nuova nascita, soprattutto se avvenuta all’interno di una famiglia importante, venisse celebrata con un banchetto. A un mese dalla nascita di Aimil, D
áin organizzò una celebrazione in onore della nipote, e invitò parenti e amici da tutti i regni a renderci omaggio. Ma molti degli ospiti non riuscirono a venire, perché le strade diventavano di giorno in giorno più pericolose, e gli attacchi di orchi e uomini erano ormai un’abitudine. Avevo sentito parlare di Mordor e dell’inferno che giaceva laggiù, ma così lontana, al sicuro, e con la mia bambina tra le braccia, non ci davo molto peso.
 
La mia famiglia non riuscì a essere presente, ma mia madre mi inviò moltissime lettere per accertarsi della buona salute di Aimil; lo stesso fece mia sorella Morud, che aveva un motivo in più per preoccuparsi della piccola: era incinta di quasi quattro mesi e l’angoscia del parto la tormentava.
Il giorno del banchetto scesi nel salone principale, uscendo dall’isolamento per la prima volta dopo la nascita della piccola. Ricevetti ancora una volta i complimenti dei presenti, e andai a sedermi accanto a Thorin, che mi sorrideva, tenendo in braccio la bambina come se fosse un vaso di porcellana.
La osservai da vicino. In poche settimane era già cambiata moltissimo, e dovetti ammettere a malincuore che il latte della nutrice le aveva fatto decisamente bene: le sue guance erano rosee e floride, ed una zazzera di capelli rossi le incorniciava il bel viso. Il banchetto che D
áin aveva predisposto era sicuramente più modesto di quello che avrebbe organizzato se fosse nato un maschio: il vino che stavano servendo non era diverso da quello che bevevamo tutti i giorni, e non c’erano musicisti nella sala, ma non me ne curai.
Gli ospiti arrivavano in continuazione, e io sedevo con la bambina in braccio a ringraziare sorridente sconosciuti che si congratulavano per la nascita. Aimil continuava a dormire come se niente fosse, e per un attimo la invidiai.
Thorin era un ottimo padrone di casa, e si intratteneva con amici e conoscenti venuti da lontano. Al banchetto erano presenti molte delle razze che popolavano la Terra di Mezzo: nani, elfi e persino uomini.
 
Fu solo dopo qualche istante che mi accorsi che, in realtà, conoscevo bene uno di loro: Bhreac venne verso di me sorridente, con i capelli in ordine, identico a come me lo ricordavo quando l’avevo visto quasi un anno prima. Mi si avvicinò dolcemente, osservando la bambina.
« E’ davvero bellissima ».
Lo ringraziai con un cenno del capo, mentre i miei occhi scrutavano la stanza per capire se fosse venuto davvero solo. Lui parve intuire le mie domande.
« Non è venuto ».
Lo guardai tristemente. « Dov’è, Bhreac? ».
Lui abbassò il capo, abbassando la voce a un sibilo, tanto che dovetti sporgermi dalla sedia per capirlo.
« Non qui ».
Feci cenno alla nutrice di avvicinarsi, e le porsi tra le braccia la bambina. Sapevo che a breve si sarebbe svegliata per reclamare cibo. Bhreac mi seguì fuori dalla stanza, all’inizio del corridoio deserto.
Lo guardai carica d’angoscia, mentre il suo viso si faceva improvvisamente sofferente.
« Vran se n’è andato. Ha lasciato il villaggio subito dopo il tuo matrimonio. Non lo vedo da allora ».
I miei occhi si colmarono di dolore. « Ma dove è andato? ».
L'uomo si guardò intorno, per assicurarsi che nessuno fosse in ascolto. « Non me lo ha detto. Ma credo di avere un’idea… », si fece più vicino, abbassando ulteriormente la voce, « Sono venuti uomini nei nostri villaggi, qualche tempo fa. Reclutavano giovani per combattere… per Sauron ».

Lo guardai confusa. Non capivo di cosa o di chi stesse parlando. Lui parve intuire i miei dubbi; prese un gran respiro e continuò a spiegarmi.
« Nuove forze si stanno radunando a Mordor. Dicono che ci sarà una nuova guerra. C’è un’alleanza tra gli uomini e gli orchi… rispondono a Sauron, il Signore Oscuro ».
« Ma Vran… lui non può combattere con loro, non lo farebbe mai! ».
Lui mi osservò tristemente. « Non lo so per certo. Non lo vedo da diversi mesi, oramai, e altri giovani del nostro popolo sono scomparsi… Se uno dei tuoi dovesse trovarlo, potrebbero accusarlo di tradimento e ucciderlo ».
Aprii la bocca sconvolta. Non potevo crederci. Non poteva essere vero…
Fummo interrotti da un colpo di tosse: Thorin si stava avvicinando e ci guardava curioso. Strinse la mano a Bhreac e lo salutò, mentre questo si congedava da me con un ultimo, disperato sguardo.
 
« Che cosa voleva da te quell’uomo? », mi chiese Thorin, riconducendomi nel salone.
« Nulla. Voleva sapere come stavo ».
Thorin continuò a osservare Bhreac mentre si allontanava. « Stai alla larga da quelle persone », mi intimò, facendosi serio in volto.
« Perché? ».
« Dubito della fedeltà degli Esterling… non so da quale parte stanno. E se avessi anche la minima prova che uno di loro sia in combutta con Mordor, allora, li farei impiccare immediatamente. »
Lo guardai tremante. « Non lo faresti mai ».
Lui mi osservò stupito, alzando il calice di vino. « Siamo in guerra, Eriu. Lo farei eccome ».




Eccomi!
Nuovo capitolo: il personaggio famoso di cui avevo parlato nelle risposte alle recensioni altro non è che Aimil, che - rullo di tamburi - è anche il mio secondo nome!
Ebbene si; la famiglia di mia madre è scozzese e ha voluto a tutti i costi "darmi" qualcosa di quella terra.  Forse è egoista da parte mia, ma in qualche modo volevo inserirmi nella storia ^^

Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, attendo i vostri commenti!
Lola

** Per la descrizione della gravidanza mi sono ispirata alla nascita di Costantino, dal libro "La sacerdotessa di Avalon", di Marion Zimmer Bradley
   
 
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