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Autore: LeanhaunSidhe    05/07/2017    22 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Kiki aveva rigirato un paio di volte il bicchiere tra le dita. Cercava parole che facevano fatica ad uscire dalla sua bocca. Poi sospirò, si fece coraggio e puntò gli occhi nello sguardo calmo ed attento di suo fratello.

“Non ho mai accettato come mi hai lasciato, Mur. Persino ora, che ti ho davanti, ho sempre l’impressione che questo sia solo un sogno e mi sveglierò presto in quell’incubo tremendo che era la mia esistenza fino a pochi giorni fa.”

Mu aveva abbassato gli occhi, rattristato.

“Io e te eravamo una famiglia. Tu eri la mia casa, le mie radici. Quando non ho avuto più nulla sono stato sopraffatto dal dolore, poi dalla rabbia. Non avevo più fede in nulla, tanto meno in Athena.”

L’espressione di rimprovero che si aspettava di vedere era invece sostituita da una di comprensione e, se vi era biasimo, il maggiore lo riservava a se stesso.

“Ero solo. Ero l’ultimo. Questa era la mia unica certezza.”

Si era versato un altro mezzo bicchiere ed aveva iniziato a sorbirlo lentamente, come se parte della foga se ne fosse sparita insieme all’inizio del suo racconto.

“Così ho iniziato ad allenarmi… seriamente. Più di quanto non facevo con te, in maniera ossessiva.”

Rise amaramente a quella consapevolezza.

“Ero precoce.”

Scosse il capo, con disprezzo.

“A otto anni ero vecchio per diventare cavaliere. Quando a undici avevo iniziato a padroneggiare il settimo senso iniziarono a considerarmi un bambino prodigio.”

Osservava di tanto in tanto il suo interlocutore e lo ringraziava per il suo silenzio.

“Non era facile instaurare un rapporto con me. Tanto che si stancarono presto di provare. Del resto, anche se undicenne, padroneggiavo il settimo senso, non ero più un bambino. I guerrieri adulti trovano in sé la forza di andare avanti.”

Se non fosse stato per il ritmo regolare del respiro dell’altro, sarebbe stato quasi sicuro di parlare alle pareti.

“Presto me ne feci una ragione.”

Si sentì invischiato in quei pensieri dolorosi ed aspettò che trascorressero di pari passo con i giorni della sua memoria. Presto, in tutto quel buio rivide un flebile spiraglio di luce.

“La vita proseguiva per tutti e anche i cavalieri di Lady Isabel. Cristal, in particolare, si stabilì ad Asgard. Sposò Flare e prese la carica di reggente di Asgard. Ebbe una figlia, Seleina. La incontrai la prima volta che era alta un braccio ed una spanna.”

Mu, all’improvviso, era diventato più attivo. Avrebbe voluto chiedere tante cose ma sperava che parte dei suoi interrogativi stavano per essere sciolti.

Sapeva che c’era un rapporto particolare tra quei due, di cui tanti aspetti non gli tornavano.

“Apparentemente Seleina non ha neanche un cosmo. In realtà, invece, possiede facoltà particolari.”

All’improvviso, Mu non riuscì più a trattenere la voce. Era preoccupato e nel suo invito a spiegarsi tradiva tutta l’ansia che provava. Forse fu quello a far scattare qualcosa in Kiki che, d’un tratto, si alzò, come scottato. Non pareva avere più voglia di continuare. Il silenzio composto, tra loro, sembrò un lontano ricordo.

Mu lo tratteneva per il braccio e lo fissava con un’espressione grave.

“Per gli dei, raccontami quello che ti ha fatto.”

Kiki serrava la mascella.

“Mi ha aiutato. Se non fosse stato per lei, probabilmente sarei impazzito o qualcosa di peggio.”

Suo fratello ancora non lo lasciava. Temeva che, se l’avesse fatto, l’avrebbe perso per sempre. Conscio che la situazione stava prendendo una piega imprevedibile, provò ad avere fiducia nel loro legame e svelare i suoi sospetti.

“La tua amica potrebbe averti plagiato.”

Fu una reazione a catena. Kiki si liberò con uno strattone e interpose una distanza di qualche decina di centimetri da loro. Lo spazio che c’era però tra i loro cuori diventò apparentemente incolmabile.

“La mia amica, che per me è divenuta una sorella, le radici che avevo perso, mi dava la forza per restare in un covo di ipocriti che paravano il sedere a divinità in cui non credo più!”

Lasciò la stanza sbattendo la porta, preda di un malumore che a fatica riconobbe come proprio. Voleva bene alla sua sorellina adottiva e non accettava insinuazioni di sorta su di lei, da nessuno, neppure da parte di Mu.


 


 

Mu era rimasto letteralmente di sasso. Aveva abbassato le spalle, afflitto. Il comportamento che aveva avuto Kiki, le blasfemie che aveva pronunciato, se udite da qualcuno malevolo avrebbero addirittura potuto valergli qualche punizione in un ambiente marziale come il loro. Athena stessa gli aveva riferito che vacillava nelle sue convinzioni e per questo gli aveva spesso concesso di lasciare il Santuario, dal momento che non si era in situazione di emergenza. La dea sperava che, in quel modo, riuscisse a placare i fantasmi che si portava appresso. Purtroppo non era mai accaduto completamente. Era vero, c’erano dei periodi in cui Kiki era più sereno, riappacificato, ma era una calma apparente. Il trauma che aveva subito da bambino l’aveva ferito in profondità. La piaga non si era mai rimarginata completamente. Mu doveva venire a capo di quella situazione.

Aveva provato ad indagare sulle facoltà di quella fantomatica ragazzina ma era come sbattere addosso ad un muro. Girando per Rodorio, casualmente, aveva saputo che Seleina era solita aiutare altre persone. L’avevano definita una sorta di angelo sceso dal cielo, che riusciva a togliere del tutto il dolore nelle anime delle persone. Evidentemente, con suo fratello non ne era stata capace. Aveva però delle informazioni. Contro la sua indole, aveva sfruttato i suoi poteri di cavaliere d’oro. Aveva seguito e spiato nelle menti altrui per conoscere e venire a capo.

Ciò che aveva visto era confuso. Quella giovinetta era davvero una figura positiva che faceva del bene. Però, si chiedeva, perché tanto mistero? Seleina, infatti, non chiedeva alcun compenso per il proprio operato ma imponeva silenzio categorico sulle sue facoltà. Aiutava solo persone senza cosmo. Kiki sembrava essere stata l’unica eccezione. A quanto aveva scoperto, aveva circa cinque anni quando conobbe Kiki. Al momento, avrebbe dovuto avere circa quattrordici anni.

Crescendo, dunque, si era tenuta lontana da persone dotate di cosmo. Perchè? Le temeva forse? Eppure proprio loro avrebbero potuto beneficiare maggiormente dell’effetto benefico sulle loro anime tormentate da tante missioni oscure e da tanto sangue sulle mani. Di cosa aveva paura? Di essere scoperta? Non avrebbe avuto maggior beneficio ad allenarsi come sacerdotessa? Kiki diceva che non era dotata di cosmo. Allora qual era la natura del suo potere?


 

Kiki era letteralemente scappato via, sdegnato. In quale esatto momento della sua vita l’affetto incondizionato che nutriva per Mu era venuto meno? Quando il cambiamento era diventato così devastante? Arrabbiato con se stesso e preoccupato, uscì dal Santuario e raggiunse Rodorio, diretto alla locanda. Un altro bicchiere, forse, gli avrebbe schiarito i pensieri.

Mentre attraversava però la piazza del mercato, incurante del vociare delle persone, si sentì osservato. Si voltò di scatto e notò il paio di occhi azzurri che gli avevano trafitto la schiena. Spuntavano solo quelli dal cappuccio grigio e logoro. Battè le palpebre un paio di volte. Possibile nessuno si accorgesse di quel tizio? Inquieto, si incamminò lentamente verso la persona ammantata in quegli stracci. Dalla lunga manica emerse un bastone nodoso. Quella persona vi si appoggiò e fece leva sul legno, che tremò appena nel sostenere il suo peso. Si portò all’impiedi. Era un uomo alto e magrissimo. Sembrava così vecchio che le sue rughe dovevano aver visto passare gli anni come le stagioni sul viso degli uomini. Puntava lo sguardo grave sul giovane Aries. Aveva capelli lunghi, chiarissimi.

Kiki era come ipnotizzato. Uno dietro l’altro, i suoi passi erano calamitati da quella persona senza tempo. Mur, che lo aveva incrociato per caso, si accorse troppo tardi del braccio teso di quell’essere che lo ammaliava e stendeva la mano guantata in un’armatura bianca. Lanciare la Starlight Extinction in quel frangente significava mettere a repentaglio la vita di troppi innocenti. Tentò di teletrasportarsi alle spalle di Kiki per trascinarlo via ma con orrore realizzò di non essere padrone dei propri pensieri. Provò a gridare ma dalla sua bocca non emerse alcun suono. Aveva i piedi immobilizzati a terra, nel ghiaccio. Riuscì a sfiorare i pantaloni di Kiki, inutilmente. Vide le dita artigliate di quel cavaliere ghermire la spalla di suo fratello. Tra le dita provava ancora la sensazione di stringere la casacca dell’altro, quando questi sparì dalla sua vista con quell’individuo, in un vorticare di leggeri cristalli bianchi.

“Non temere. Te lo riporto presto, sano e salvo.”

Sentì bisbigliare nei recessi della sua mente da una voce di uomo, calda, baritonale e profonda.

“Chi sei?”

Urlò allora, con tutto il fiato che aveva in corpo. Parecchia gente del villaggio si bloccò a quel grido. Lui stesso non aveva mai udito così potente la propria voce. Si alzò in fretta, imbarazzato, ancora incerto se ciò che avesse vissuto fosse sogno o realtà. La mano di Aldebaran sulla spalla e la sua espressione allarmata, tuttavia, erano tremendamente reali.

“Tutto a posto, amico?”

Il cavaliere del Toro lo scrutava, preoccupato, non capendo il motivo di una reazione così strana da parte del suo compagno d’armi, solitamente così pacato.

“L’hai visto?”

Il santo del toro sembrava sorpreso.

“Chi?”

Ritentò poi, grattandosi la testa, leggendo l’amaro sconforto sul viso dell’amico.

“Cosa dovrei aver visto?”

Mu era troppo agitato.

“La persona che ha portato via Kiki, quello che era al suo fianco!”

Aldebaran strinse le labbra, sconcertato.

“Mu, Kiki si era solo.”

Il santo di Aries negò, però, con decisione.

“C’era qualcuno con lui, ti dico. Mi ha bloccato nel ghiaccio. Padroneggiava le energie fredde. Mi chiedo solo chi possa essere...”

Una voce, di nuovo, gli sussurrò nella mente il nome di Haldir. Seppe così di aver incontrato e non essere stato minimamente in graso di contrastare il domatore delle anime viventi.


 

So che questa storia a molti non piace. Me ne rendo conto dal fatto che in pochi si sono presi la briga di leggerla. Oggi provo a chiedere un grosso favore, a chi ha la pazienza di arrivare a fine capitolo: potreste darmi un parere? Ho bisogno di sapere se, davvero, val la pena di continuare con questo mio esperimento, a cui tengo tanto, ma in cui sono, ahimè, tanto arrugginita; se posso provare a correggere il tiro, limando gli errori più grossi o tutto il lavoro è senza speranza. Grazie in anticipo. A chi legge semplicemente, grazie lo stesso e buona lettura


 


 


 

   
 
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