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Autore: koan_abyss    06/07/2017    4 recensioni
Il percorso di cinque giovani Serpeverde attraverso le influenze e le aspettative delle famiglie, della comunità magica, di alleati e rivali dai primi anni di scuola al culmine della II Guerra Magica.
Gli anni immediatamente precedenti e quelli narrati nei libri della Rowling visti dagli occhi di Severus Piton: le sue esperienze, i suoi legami, la sua promessa.
Mentre i suoi studenti sfogliano le canzoni dell'innocenza, si confrontano con le tradizioni, costruiscono a poco a poco la loro identità, Severus Piton, incastrato nel suo doppio ruolo di Direttore di Serpeverde ed ex-Mangiamorte, diventa suo malgrado una figura importante per loro e le loro scelte future.
La fanfiction non intende discostarsi dal canon, ma anzi seguire fedelemente la storia originale del punto di vista verde-argento.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 3



I Serpeverde del secondo anno erano a Incantesimi. Era una materia che apprezzavano tutti, da Madeline che riusciva sempre senza troppi sforzi, a Isabel, che invece finiva sovente per attirare un professor Vitious prodigo di correzioni e consigli. In generale, l’atmosfera era sempre movimentata, non erano rare esplosioni e incidenti e nel baccano si aveva sempre l’opportunità di fare due chiacchiere.
“Il capitano era incazzato con te perché hai saltato gli allenamenti?” chiese Euriale a Liam.
Lui alzò le spalle: “Era arrabbiato, ma ce l’aveva con la McGranitt. Alla fine dell’allenamento è andato a parlarle, ma non è andata bene: io ero ancora in punizione nel suo ufficio e l’ho sentita dirgli qualcosa come ‘oh, non sia mai che il tentativo di darvi un’educazione interferisca con il quidditch’. Poi lo ha sbattuto fuori.”
Will rise: “Deve aver toccato un tasto dolente: pare che anche il portiere di Grifondoro sia un fanatico!”
L’umore di Liam era un po’ migliorato: Euriale aveva parlato con gli altri e sapere che loro facevano il possibile per farlo stare meglio lo aiutava davvero, quando sentiva di star per perdere il controllo. Isabel, poi, aveva escogitato un metodo quasi infallibile per farlo sbollire: quando lui cominciava a lamentarsi di qualcosa, lo lasciava parlare per un po’, poi lo interrompeva e continuava al suo posto, ma da un punto di vista completamente diverso, come se lui l’avesse contagiata con le sue idiosincrasie ma non con gli stessi motivi. E dato che anche Isabel prendeva fuoco facilmente, anche lei a volte veniva interrotta da Will.
“E sapete cos’altro non sopporto?” gridava il biondo, fingendo di trattenersi a stento. “Le rane fritte! La forma delle serre! I bottoni a pressione!”
Euriale e Madeline gli davano corda, e finivano per ridere come idioti.
Anche con la squadra andava tutto bene. Al termine del primo allenamento Liam era terrorizzato all’idea di fare la doccia. Ma nessuno lo aveva preso in giro per la sua schiena.
“Anche il mio vecchio tira fuori la cinghia, quando è ubriaco,” aveva commentato Terence Higgs, passandogli accanto.
“Nessuno ne parlerà in giro,” lo aveva rassicurato Tyrell, quando Liam gli aveva rivolto uno sguardo preoccupato.
Liam si riscosse, concentrandosi sull’incantesimo di ingrandimento che dovevano imparare.
La classe era un delirio: avrebbero dovuto ingrandire delle palle di spugna colorate grosse come pluffe fino a renderle delle dimensioni di palloni da spiaggia. Molti però avevano difficoltà a fermare l’incantesimo o a prendere bene la mira, e così Vitious correva da un banco all’altro impedendo che mostruosi palloni rosa si ingigantissero fino a soffocarli tutti, riducendo teste grosse come zucche e accorciando maniche di vesti lunghe sei metri.
Non era molto d’aiuto, in tutto questo, che Madeline e Euriale, che avevano padroneggiato l’incantesimo, scagliassero palloni in tutte le direzioni, ingrandendoli in volo.
“Va molto bene, ragazzi! Continuate a provare. Ricordate la pronuncia-ahia! - la pronuncia, dicevo, è Engorgio!” strillava Vitious, occasionalmente colpito da una palla.
Anche uno studente di Corvonero ricevette una pallonata, quando Davies si unì al gioco di Euriale e Madeline, e i suoi occhiali volarono sul banco di Isabel: il suo incantesimo colpì quelli, invece del bersaglio designato.
“Ops! Professore!” chiamò, mentre gli occhiali si ingrandivano a dismisura, le stanghette che schizzavano in fuori come mostruose gambe d’insetto e le lenti si ingrandivano come specchi di un luna-park.
“Arrivo! Fate attenzione, ragazzi…” rispose pronto il professore, avvicinandosi.
Ma gli occhiali stavano crescendo troppo per restare in bilico sul banco e finirono per cadere, frantumandosi in mille pezzi vicino a Madeline. Isabel il proprietario degli occhiali mandarono un grido, saltando all’indietro.
Madeline si parò il viso con il braccio e puntò la bacchetta, esclamando: “Mergeo!”
Invece di sparpagliarsi in tutte le direzioni, i frammenti di vetro si ammassarono sulla punta della sua bacchetta in una sfera, poi caddero compatti a terra.
“Vi siete feriti, vi siete tagliati?” chiese Vitious. “Basta, fermi tutti! Giù le bacchette!” fece al resto della classe.
L’ometto rimpicciolì gli occhiali e riparò le lenti, poi rimpicciolì anche quelle.
“Un bell’incantesimo, AshenHurst,” disse a Madeline, sorridendo, “ma usato impropriamente…”
“L’ho usato altre volte per bloccare degli incantesimi,” rispose Madeline.
Will annuì: quando lui e Liam duellavano per gioco e qualche fattura finiva fuori rotta, Maddie la bloccava.
“In questo caso sarebbe stato più utile un incantesimo Scudo. Ci dovremo esercitare, con quello. La formula è Protego,” disse Vitious rivolto alla classe. “Quello che ha usato lei, signorina, è in effetti più efficace con gli incantesimi. Volete vedere come funziona contro una palla di fuoco?”
Tutti si fecero attenti.
“Quando vuole, signorina AshenHurst,” disse Vitious, facendo un piccolo inchino.
“Incendio!” esclamò Madeline, puntando la sua bacchetta contro il professore.
Una lingua di fiamma scaturì dalla punta della bacchetta.
Vitious pronunciò ‘Mergeo’ e le fiamme si compattarono in una palla di fuoco, che vorticò un istante e si spense. La classe emise un verso di stupore, poi i Corvonero applaudirono.
“Come funziona? Compattandosi il fuoco ha esaurito l’ossigeno?” chiese Madeline, con aria avida.
“Eccellente, signorina AshenHurst! È proprio così: cinque punti a Serpeverde,” la lodò Vitious. “L’incantesimo di Raccolta e l’incantesimo Scudo sono molto utili nei duelli magici: ottime misure per neutralizzare gli attacchi degli avversari.”
I suoi studenti lo fissarono affascinati.
Isabel alzò la mano: “Professore? Perché non ci si esercita nei duelli a lezione? Esiste un club di duello?”
“Oh, una volta esisteva,” rispose Vitious. “Non per vantarmi, ma ai miei tempi sono stato un campione di duello. Si organizzavano tornei aperti a tutti. Ma era un’attività pericolosa e voi sapete che ora è proibito sfidarsi nei corridoi.”
Non che gli studenti non lo facessero comunque.
“Ma sarebbe interessante avere un club del genere,” intervenne un Corvonero.
“Se esistesse, noi ci entreremmo di sicuro!” assicurò Will.
“Be’, ragazzi, non credo che il Preside approverebbe. Ci vorrebbe la costante supervisione di un insegnante. E qualcuno che insegni il cerimoniale: i duelli magici seguono regole molto precise,” li ammonì Vitious agitando il dito.
“Potrebbe farlo lei, professore! Ha detto che è stato campione, no?”
“Oh, be’, non saprei…” si schermì Vitious.
“Può almeno raccontarci qualcosa?” chiese Euriale.
“Perché serve un cerimoniale? Chi lo ha creato?”
Vitious si risolse a parlare ai suoi studenti dei suoi anni da duellante e di quella ‘nobile arte non più di moda’ che era uno scontro tra maghi rispettabili.
Per la fine dell’ora, c’erano diciassette aspiranti membri del club di duello.

Con i primi incontri di quidditch alle spalle, e all’indomani della festa di Halloween, Severus Piton si ritrovò a pensare che erano passati dieci anni dalla fine della Guerra. Dieci anni. Dieci lunghi, dolorosi, vuoti e frenetici anni passati in un istante.
Il mondo magico non aveva dimenticato il terrore della Guerra: ne era prova il tabù che ancora aleggiava sul nome del Signore Oscuro e su tutti gli atti terribili compiuti da Lui e dai suoi adepti. Ma tutti sembravano aver dimenticato il dolore. Erano scesi a patti con le perdite, avevano accettato, processato e lasciato andare rimpianti e rimorsi? O li avevano ignorati, soffocati nel sollievo della salvezza portata dal Ragazzo-Che-É-Sopravvissuto?
A volte Piton aveva l’impressione che la comunità magica volesse credere che Voldemort fosse stato solo un incubo, un evento eccezionale e irripetibile, a cui non pensare, da non tirare mai in ballo. Altrimenti perché tutto sarebbe cambiato così poco? Maghi ricchi e influenti che avevano usato i loro mezzi per sostenere la causa del Signore Oscuro usavano gli stessi poteri e la stessa influenza per il proprio tornaconto, per garantirsi favori, per dimostrare che il sangue puro contava ancora qualcosa. In sostanza, non facevano niente di diverso da quello che facevano quando Voldemort aveva cominciato la sua scalata al potere.
Dieci anni: pochi, per dimenticare una guerra che avrebbe potuto distruggere il mondo magico; troppi, se passati ad aspettare un cambiamento significativo nella mentalità comune.
C’erano ovviamente delle eccezioni. I suoi colleghi, ad esempio, non mancavano di notare con disappunto che poco o nulla era cambiato, né sembravano aver scordato ciò che la Guerra aveva tolto a tutti loro. D’altronde, come avrebbero potuto, ad Hogwarts, avendo costantemente sotto gli occhi il loro futuro? I loro studenti così poco numerosi ormai, che forse avevano perso un genitore o uno zio, che non avevano avuto fratelli, erano un incessante ammonimento di ciò che era stato. Piton sperò di non vedere mai i suoi colleghi accecati invece dal simbolo della fine dell’incubo, dal Ragazzo-Che-É-Sopravvissuto, brandito come una fiamma incantata per scacciare il buio della notte. Quante sciocchezze ripeteva Silente, su come il bambino fosse la speranza del loro mondo!
Dieci anni. L’anno successivo avrebbe frequentato Hogwarts. Il pensiero gli toglieva il fiato. Il figlio di Lily e James Potter in quelle sale, in quei corridoi…alle sue lezioni.
“Sembri invischiato in pensieri particolarmente pericolosi, Severus.”
Piton alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perché il fatto che qualcuno fosse immerso nei suoi pensieri fosse dai più ritenuta una scusa valida per dare fastidio.
“Minerva, Filius,” li salutò. “C’è qualche motivo di eccitazione?” chiese, dato che Vitious sembrava parecchio allegro.
“Oh, niente di che, davvero!” rispose quello, senza riuscire a trattenere un sorriso.
La McGranitt sembrava molto meno soddisfatta.
“Ho accennato al Preside di un piccolo progetto,” continuò Vitious. “Non voglio che diventi una grande cosa, pensavo di coinvolgere pochi studenti per fare un esperimento, ecco.”
Dall’espressione della McGranitt era evidente che la donna disapprovava il suddetto esperimento.
Piton rivolse a Vitious uno sguardo vagamente incuriosito: “Di che cosa si tratta?”
“Solo un piccolo gruppo di duello!” esclamo Vitious, senza più trattenere l’eccitazione.
Piton inarcò le sopracciglia: “Duelli? Hai davvero intenzione di ritrovarti in mezzo a un branco di adolescenti senza cervello autorizzati ad affatturarsi a vicenda?”
“Non sarebbe poi molto diverso da una lezione normale…” rispose il piccolo professore, con tono più sobrio.
“Allora sono molto lieto che nelle mie lezioni la bacchetta non sia necessaria,” ribatté Piton.
“Neanch’io la trovo una grande idea,” disse la McGranitt incrociando le braccia nelle maniche della veste. “Sarebbe pericoloso e un incentivo all’aggressività!”
“Potrebbe invece essere un modo perfetto per sfogare l’aggressività!” replicò Vitious. “Anche Charity Burbage lo pensa: dice che i babbani fanno studiare ai loro bambini delle tecniche di lotta, arti marziane, mi pare si chiamino.”
Piton e la McGranitt si scambiarono uno sguardo scettico.
“A dire la verità, sono stati i tuoi ragazzi a darmi l’idea, Severus,” continuò Vitious, fingendo di non notarli.
“I miei ragazzi?”
“I Serpeverde del secondo anno. I cinque,” spiegò Vitious.
“E pensavi di coinvolgere loro?” chiese Piton.
“Tra gli altri.”
“Sono sempre meno convinta dell’opportunità della cosa,” fece la McGranitt, irrigidendo ancora di più la sua posa. “Sono stati puniti al primo anno per aver duellato nei corridoi. E sto avendo molti problemi con Warrington.”
Piton sospirò: lo sapeva.
“È sempre stato aggressivo, ma da quando la scuola è iniziata, quest’anno, mi sembra molto peggiorato. Mette mano alla bacchetta con troppa facilità,” concluse la McGranitt, con un’occhiataccia a Vitious.
“È molto rispettoso dell’autorità,” ribatté Vitious, “e non mi ha mai dato problemi in classe. Se ci fosse un corso di duello, io sarei sempre presente. E chissà che tradizioni e cerimoniale non lo aiutino a riflettere e a calmarsi, prima di attaccare. Che ne pensi, Severus?”
Piton considerò che più che rispettoso, Warrington era timoroso, dell’autorità. Ma si era inserito bene nella squadra di quidditch e a lui era sembrato che esercizio e disciplina gli stessero giovando. Un’altra attività poteva portare risultati anche migliori.
Heartilly avrebbe avuto problemi, con un corso di duello? Ormai si controllava così bene…Ghignò al pensiero di come avrebbe potuto sfruttare il suo potere combattendo. Non vedeva controindicazioni per gli altri tre.
Espose le sue considerazioni ai colleghi.
“Mi sembra che stia quantomeno provando a controllarsi,” concluse riguardo a Warrington.
“In effetti, questa settimana si è comportato bene,” ammise la strega, poi sorrise. “A pensarci bene, alla fine di una lezione McIver è venuto da me, lo ha indicato con un cenno del mento e mi ha detto ‘ci stiamo lavorando’.”
Minerva McGranitt non era incline a fare preferenze tra i suoi studenti, tranne rare eccezioni, ma doveva ammettere che quel piccolo gentiluomo scozzese aveva il suo fascino.
“Sono molto uniti. Il problema di uno diventa il problema di tutti. Molto poco Serpeverde, in effetti,” disse Piton. “O forse hanno solo capito presto che uniti possono sopravvivere più facilmente.” Scosse le spalle, poi fu colpito da un pensiero: “Chi altri pensavi di coinvolgere, in questo club di duello? Non i Grifondoro, spero…”
Rispose all’occhiata indignata della McGranitt inarcando un sopracciglio: come poteva sperare di controbattere?
“No, in effetti no,” fece Vitious. “L’idea è nata durante una lezione con Serpeverde e Corvonero, quindi pensavo di cominciare con loro. Vorrei coinvolgere anche le altre Case, ma in quel caso temo proprio che tra Grifondoro e Serpeverde sarebbe impossibile mettere pace. Magari più avanti, con studenti più maturi…”
La McGranitt annuì seccamente: ovviamente quell’esclusione le dava fastidio, ma lei stessa era dell’idea che fosse pericoloso e inadatto a dei ragazzini. Tuttavia, i Grifondoro sarebbero stati dei duellanti eccellenti, secondo la sua opinione.
“Per quanto riguarda i Tassorosso,” riprese Vitious, “non credo che Pomona sarebbe felice se partecipassero: il concetto di duello è troppo lontano dai principi che i Tassorosso seguono.”
Scosse la testa, poi si illuminò di nuovo: “Ma Corvonero e Serpeverde, ingegnosi e determinati, che sfide si lancerebbero! Quanto potrebbero imparare!”
“Mi sembri già piuttosto deciso a far partire questo esperimento, Filius,” fece Piton. “Non mi sembra che tu sia venuto per chiedere il mio benestare, quanto per rendermene edotto. Comincerete subito?”
L’altro uomo fece cenno di no: “Devo ancora pianificare diverse cose e dovrò parlare ancora con il Preside. Oserei dire che non se ne farà nulla fino a dopo le vacanze di Natale.”
Piton annuì. Magari avrebbe parlato ai ragazzi, prima. Inutile preoccuparsi per il ragazzo che sarebbe entrato ad Hogwarts l’anno successivo. Meglio per ora pensare a quelli che c’erano già ed erano affidati a lui.

Il desiderio di Isabel si era avverato: le vacanze di Natale erano arrivate in fretta e tutti le accolsero con il cuore più leggero di quanto avrebbero creduto il mese prima. Serpeverde aveva vinto la prima partita della stagione. Liam non aveva ancora giocato, ma questo aveva diminuito solo di poco il suo entusiasmo per il risultato, dato che i suoi amici lo avevano reclamato in campo per tutta la durata dell’incontro.
Inoltre, la prospettiva che Vitious insegnasse loro a combattere con la magia aveva conquistato tutti.
“I miei genitori andranno fuori di testa, quando lo sapranno!” aveva commentato Isabel, deliziata.
Madeline non stava nella pelle al pensiero degli incantesimi che avrebbe potuto imparare.
Scendendo dalle carrozze per entrare nella stazione di Hogsmeade, Will salutò come al solito i Thestral, ma con più contegno e discrezione delle altre volte. Continuava ad accompagnare Kettleburn, ma più spesso Hagrid, ormai, a tenere d’occhio il branco che viveva nella Foresta Proibita. Sedendosi nello scompartimento con gli altri, sospirò di desiderio.
“Se ti piacciono tanto, perché non ne prendete qualcuno da tenere a casa vostra? Avete lo spazio per i cavalli e boschi dove potrebbero vivere, no?” gli chiese Euriale.
“Non è così facile,” le rispose Will. “Non sono facili da allevare: a volte attaccano i volatili notturni come gufi e civette. E i cavalli impazzirebbero ad averli vicino, ne sarebbero terrorizzati!”
Liam scrollò le spalle: “Non li vedrebbero nemmeno.”
Will rise: “Anche peggio! Li sentirebbero e li annuserebbero, li percepirebbero comunque. Cavalcare nelle vicinanze di un mostro invisibile è il modo migliore di spaventare un cavallo e rompersi l’osso del collo.”
“Potreste prendere qualcosa di più normale, come gli Etoni o…”
“O un Granio, piccolo e veloce,” continuò Will. “Mi piacerebbe, ma…tu e Maddie lo sapete, la casa è così vicina al villaggio.”
Il ragazzino si morse un labbro. Già, la rocca che ospitava il castello dei McIver era proprio al di sopra del villaggio babbano di Tain. Molte delle strade e dei sentieri babbani passavano vicinissime alle terre dei McIver, alcuni addirittura le attraversavano. Era già capitato sia con Madeline che con Liam di incontrare ragazzini babbani che giocavano per conto loro, andando a nuotare alla spiaggetta sotto la scogliera. Liam si era guardato bene dal raccontarlo a casa.
“Dato che i babbani vivono così vicino, è molto rischioso tenere un cavallo alato, o altre bestie magiche. Bisognerebbe eseguire spesso Incantesimi di Dissimulazione e dato che io sono a scuola tutto l’anno, e che non posso usare la magia a casa, ancora, toccherebbe a mia madre occuparsene. Non mi va di far lavorare lei per un mio capriccio,” raccontò Will.
“Ma perché i babbani vivono così vicino? Non ci sono sigilli e incantesimi che li tengono lontani dalla rocca?” chiese Madeline. Se l’era sempre domandato.
Will si strinse nelle spalle: “È sempre stato così. Una volta, fino a un centinaio di anni fa, il villaggio era in parte magico, come Godric’s Hollow. La mia famiglia era in buoni rapporti con tutti i maghi che ci abitavano, ma a poco a poco essi sono scomparsi, le famiglie magiche si sono trasferite a Hogsmeade o estinte, e sono rimasti solo i babbani. I sentieri e le strade sono sempre state aperte per gli abitanti di Tain, perché tra loro c’erano maghi e streghe; poi, per consuetudine, i miei nonni hanno lasciato libero il passaggio. A mio padre la cosa non piaceva per niente.”
Liam fece un grugnito che stava per ‘e certo!’
“Così ha chiuso il perimetro delle nostre terre con un incantesimo respingi-babbani. Non poteva rendere il castello invisibile e indisegnabile senza cancellare la memoria a tremila persone, altrimenti non ci avrebbe pensato due volte,” continuò il biondo.
“Ma ora quel sigillo non esiste più…” lo incalzò Euriale.
“No. Dopo il funerale mia madre lo ha fatto rimuovere. Altrimenti Boyd Thompson non potrebbe salire fino al castello e ai paddock.”
“Vuoi dire che l’uomo che guarda i tuoi cavalli è un babbano?” chiese Isabel, con occhi sgranati.
Will esitò: come spiegare ai suoi amici che i suoi genitori avevano sempre ritenuto un pericolo maggiore gli altri maghi piuttosto che i babbani? E che la cosa si era persino acuita, dopo la morte di suo padre? Era per questo che lui era così felice che sua madre frequentasse di nuovo la madre di Madeline e fosse tornata ad apprezzare le visite a Londra.
“Be’, non ci sono molti maghi, dalle nostre parti. Almeno è scozzese,” disse alla fine.
“Non credo di aver mai parlato con un babbano…” commentò Euriale.
“Sono i maghi che diminuiscono di numero,” chiese invece Madeline, “o sono i babbani che aumentano in maniera spropositata?”
“Entrambe le cose. Ricordi cos’ha detto Piton?”
“Ci sono davvero così pochi maghi, in Scozia?”
“No, al contrario. A sud abbiamo delle terre dove vengono allevati  degli Angus, e lì naturalmente abbiamo dei maghi che lavorano per noi. Ma noi siamo l’ultima famiglia magica della zona: quasi tutti i maghi scozzesi vivono a Hogsmeade, Godric’s Hollow o Edimburgo,” spiegò Will.
“Ma fare entrare un babbano in casa!” protestò Isabel. “Ci si può aspettare di tutto, da loro, sono stupidi e pericolosi!”
“Non Boyd Thompson,” tagliò corto Will, incrociando le braccia al petto.
“E ovviamente la casa, i suoi abitanti e gli ospiti sono sotto la protezione degli elfi,” disse Euriale. “Sono perfettamente al sicuro.”
“Dagli estranei,” borbottò Liam.
Euriale notò il repentino cambio d’umore del ragazzo e si affrettò a suggerire di fare qualche gioco.


Note:
Questo capitolo mi sembra un po' corto...in compenso, il prossimo sarà lunghissimo!
Qualche precisazione che avrei dovuto probabilmente fare molto prima: Pottermore e la maledizione della cattedra di Difesa contro le Arti Oscure.
Pottermore è un'idea geniale, è interessante e divertente e tutto, ma io non lo apprezzo moltissimo, perchè trovo che tolga spazio agli autori di fanfiction: a forza di aggiungere informazioni e precisazioni, la Rowling sta erodendo tutto il terreno franco che era rimasto e nel quale muoversi inventando liberamente. Preferisco fare riferimento solo ai sette libri e prendermi qualche libertà con tutto il resto (come Kettleburn, ad esempio). In fin dei conti, questa è solo una fanfiction, non un'opera critica.
Miss Gold_394 in una recensione mi ha chiesto della maledizione della cattedra di Difesa. Non l'ho ignorata, ma circoscritta un po': mi ero fatta l'idea che si trattasse di una diceria, e che Silente scherzasse, almeno in parte, quando dice ad Harry che Hogwarts non ha più avuto un insegnante di Difesa che durasse più di un anno, dopo che il Preside aveva rifiutato di assumere Tom Riddle. Quindi nella mia storia gli insegnanti di Difesa non sono mai durati troppo a lungo, e non sono stati troppo fortunati, ma qualcuno è riuscito nell'impresa di non morire a fine anno scolastico:)
Piton nel quinto libro dice alla Umbridge di aver fatto domanda per la cattedra di Difesa ogni anno da quando è entrato a far parte del corpo insegnanti, ma riesco perfettamente a immaginare Piton che si candida anche se Silente ha già assunto qualcun altro, o anche se il posto non è libero, perchè si ritiene comunque mgliore di chiunque il Preside possa scegliere...
Se qualcuno ha altre domande o precisazioni, non esitate a chiedere! A presto!
   
 
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