Pochi minuti dopo che Sirius era andato via dalla sua casa attraverso una passaporta, lasciandola con un tremendo nodo alla gola ma con la consapevolezza che quella era la cosa giusta da fare, Solaria vide davanti a comparire una specie di nebbiolina bianca. All’inizio molto fioca, poi la sua consistenza iniziò ad appesantirsi, fino a che non apparvero in essa i lineamenti di una donna, vestita come una dea greca, e con uno strano simbolo in mezzo alla fronte. Era bella, davvero molto bella, alta e con profondi occhi neri, ma la sua bellezza era resa quasi imperscrutabile a causa della freddezza e della durezza del suo sguardo, della severità del suo volto, della rigidità del suo corpo.
La sacerdotessa
di Avalon. La dama del Lago era lì davanti a lei in tutta la sua magnificenza.
Solaria,
ben sapendo con che persona avrebbe dovuto avere a che fare, alzò gli occhi al
cielo per un’ultima preghiera chiedendo a chiunque la potesse sentire di fornirla
di molta, molta, molta pazienza, perché da quel momento in poi ne avrebbe avuto
assai bisogno.
“Pensavo
che il dolore ti avesse ridotto nelle stesse condizioni di uno straccio vecchio
e sporco, e invece noto che hai ancora una buona dose di insolenza.” Disse la
donna, alzando un sopracciglio e assumendo un’espressione ancora più arcigna.
“E
dire vi chiamavano addirittura fate…” Fu il commento ironico di Solaria.
La
donna ridusse gli occhi a delle fessure. Non aveva digerito quell’ultimo
insulto. “Ti ricordo che ti potrei tranquillamente mollare qui. E’ solo una
gentilezza quella che ti sto facendo, dunque dovresti sentirti in debito con
me.”
“Più
che in debito, la parola che voleva usare era in soggezione… Ma, mi dispiace
per lei, nessuno ha mai avuto questo grande potere su di me.”
“Nessuno?!”
Disse lei, sarcastica.
“Tom
Riddle non mi fa paura. Tom Riddle mi provoca solo un enorme disprezzo, e alle
volte è riuscito a farmi sentire impotente: ma mai l’ho temuto. E, ritornando a
noi, se proprio non le va di portarmi via con lei, può anche lasciarmi qua.
Oh,
stia tranquilla, lo so che se fosse per lei lo farebbe molto tranquillamente.
Anzi, se fosse per lei non mi avrebbe nemmeno invitato ad Avalon. Ma purtroppo,
non è lei che comanda, non è così? Lei è solo una schiava della
Dea.”
“Non
osare prenderti queste libertà con me- disse la sacerdotessa, pronunciando le
parole a denti stretti- il rispetto prima di tutto. Sei solo una ragazzina!”
“Una
ragazzina che però ha più potere nelle sue mani perfino della Dama del Lago in
persona. E questo non le fa molto piacere, non è vero?” Le disse, con un
sorrisetto malizioso in volto.
Penso
che molti di voi si stiano chiedendo il motivo di quest’estrema acidità di
Solaria, di questo suo attacco alla donna: beh, è meglio che sappiate che negli
ultimi periodi, insieme al dolore, si era acuito in maniera inverosimile anche
il suo potere. Infatti l’empatia aveva iniziato a persistere anche dopo le
visioni percettive, e non c’era ormai incantesimo che potesse impedirle di leggere
i sentimenti e i pensieri di qualsivoglia persona come un libro. E, oltretutto,
ultimamente si era accorta che anche la telestesia, ossia la visione o
percezione di un fatto o di un oggetto a distanza, non era una dote a lei
estranea…
Non
pensiate che tutti questi poteri non la preoccupassero: aveva la sensazione di
non essere più una creatura, ossia un essere ben definito nelle sue forme, ma
di starsi come sciogliendo in ogni componente vitale dell’universo. E questa
sensazione le aveva fatto capire che la fine della sua esistenza da veggente,
ma contemporaneamente anche da essere umano, era oramai vicina…
Tornando
al fatto in questione, i sentimenti che aveva scorto nella dama non le erano
piaciuti affatto. Era una donna che aveva sempre amato il potere che aveva
perché lo considerava il superiore, una donna pericolosa, ambiziosa, decisa e
sicura nei suoi progetti, che seguiva ciecamente i voleri della sua Dea, a cui
era profondamente devota. Ma questo non le aveva impedito di provare una grande
antipatia nei confronti di Solaria fin da quando la Dea le aveva parlato di lei
e dei suoi poteri, e le aveva ordinato di aiutarla. Era gelosa, gelosa marcia.
E Solaria poteva vedere alla perfezione nella sua mente perfida cosa le avrebbe
fatto se non fosse stata così dedita al volere della sua padrona.
Con
quel comportamento Solaria le voleva far capire che lei non le rappresentava
assolutamente nulla, che si sarebbe dovuta limitare ad ospitarla e accudirla
nei suoi bisogni, come la Dea le aveva detto. Ogni intromissione nella sua vita
privata, nelle sue azioni, nelle sue intenzioni, era assolutamente da
escludersi. E, se non avrebbe fatto così, non l’avrebbe passata liscia.
Nell’udire
quelle parole, la donna divenne rossa come il fuoco, il viso imbronciato, gli
occhi minacciosamente socchiusi. Probabilmente, se avesse avuto in mano una
saetta, gliel’avrebbe lanciata addosso senza molti problemi…
Dopo
alcuni secondi però i suoi lineamenti si distesero, e fissandola con sguardo
perfido le disse, in tono tagliente: “C’è sempre un lato negativo in tutto,
però. E il tuo, è che morirai giovane.”
Il
sorriso trionfante che le vide in volto le fece totalmente perdere le staffe.
“Vivrò
più io in questi pochi anni che lei in tutta la sua immensa vita. Le dirò di
più, se mi avessero dato l’opportunità di scegliere fra le nostre due
esistenze, per nulla al mondo avrei accettato di finire al posto suo. E penso
anche lei avrebbe fatto la mia stessa scelta…”
“Ti
sbagli…” Disse quella, quasi in un sibilo. Ma il corpo tremante manifestava
il profondo turbamento interiore che quella dichiarazione le aveva provocato.
“Non
le serve a niente mentire. Io – Vedo – Tutto!” Concluse lei, perfida. “E ora,
sarebbe il caso che lei obbedisse alla sua Dea e mi conducesse ad Avalon,
invece che stare lì a rimuginare su quanto fossero vere le mie parole. Avrà
molto tempo da spendere a non fare nulla, una volta che avrà compiuto il suo
dovere. Che aspetta a muoversi? Dalla Prima Sacerdotessa della Dea mi sarei
aspettata molta più prontezza e devozione alla causa.”
Una
volta imbarcata su quella piccola gondola che avevano trovato al largo di
quella radura dove si erano materializzate, la sacerdotessa le diede una
piccola bottiglietta: conteneva un liquido che, a suo dire, le avrebbe ridato
le forze in un batter di ciglia.
Solaria
lo guardò, titubante: era possibilissimo che là dentro ci fosse il veleno più
potente e letale esistente sulla faccia dell’universo. Poi tuttavia, chiusi gli
occhi, ingoiò la bevanda fredda e argentea in un sol fiato. Capì solo dopo cos’era:
sangue di unicorno, una rarissima, nonché proibita, panacea per il corpo.
Proibita perché, essendo gli unicorni gli animali più puri, più innocenti, più
divini esistenti in tutto il creato, ucciderli era considerato uno dei peggiori
delitti che un uomo potesse compiere. Chissà come quella megera se l’era procurato…
Quando
la Grande Sacerdotessa scostò le nebbie che circondavano Avalon come una grande
e impenetrabile muraglia, Solaria spalancò la bocca per lo stupore. Mai avrebbe
pensato che quel posto fosse così fantastico. Sì, certo, se lo era immaginato come
un luogo divino, ma non fino a quel punto.
Divino.
Davvero, divino era l’unico aggettivo con cui lo si poteva descrivere senza
ridurne la bellezza e il fascino. Era un luogo pieno di vita, dove la natura
fioriva incantevole e dove gli animali vivevano in pace. E, perfettamente a
tono con l’ambiente che lo circondava, il palazzo di Avalon era una struttura
armoniosa, dai colori tenui, invasa dalla vivace vegetazione.
Senza
contare poi che in quel momento l’isola le sembrò ancora più meravigliosa per
il semplice motivo che, appena avevano oltrepassato le coltri di nebbia che la
proteggevano, il angue di unicorno aveva cominciato a farle effetto e ogni suo
dolore era svanito nel nulla, e con esso anche le visioni percettive. Perfino
la sua empatia si era ridotta assai, si era subito accorta che non si presentava
più come un dono imposto, ma piuttosto come un dono di cui poteva usufruire
quando più le piaceva. Fantastico, insomma, davvero fantastico! Meraviglioso!!!
Scese
dalla barca, e appena pose piede su quella nera terra, l’entusiasmo la colse, e
inspirò profondamente facendo entrare quella fresca aria pura nei suoi polmoni,
un alito che la riempì di vita.
“L’oblio
a cui spinge la nostra terra è molto pericoloso, e penso che tu in particolar
modo ne debba fare attenzione.” Le disse una voce tagliente alle sue spalle. Si
voltò per incrociare gli occhi della sacerdotessa, ma quando provò a leggerle
la mente i suoi tentativi fallirono miseramente, provocando un sorrisetto
trionfante nella Dama del Lago. “Qui i miei poteri sono molto più forti,
Solaria. Qui sono io che comando.”
“Mi
dispiace, ma è la Dea che ha il potere su questa terra, non lei. Ed in fondo,
non sarà poi un male così grande non poterle leggerle la mente: non è una delle
attività più piacevoli da fare, anzi, tutt’altro. Mi immaginavo molta più semplicità
e bontà da una che sta nella sua posizione. A quanto pare, però, la corruzione
dell’essere umano colpisce anche le grandi persone come lei.
E,
per quanto riguarda l’oblio… stia tranquilla, riuscirò a sconfiggerlo. Ammetto
che alcune presenze sgradite preferirei scordarmele, ma penso che nemmeno il
potere obliante di questo luogo mi potrà aiutare a dimenticare qualcosa, o qualcuno,
che sarò costretta a vedere assai spesso da questo momento in poi…” Rispose
lei. Vecchia racchia, ma chi si credeva di essere?!
La
Grande Sacerdotessa le lanciò un ultimo, profondo, violento, infuocato sguardo
stizzito, per poi andarsene all’interno del palazzo, raggiunta immediatamente
da alcune ancelle che si inginocchiarono per salutarla.
Solaria
si fermò un attimo a guardare quella scena a lei inconsueta, poi, vinta dal
desiderio di usare le forze che molto velocemente le stavano tornando, si mise
a passeggiare lentamente per i giardini che ricoprivano quell’incantevole
terra.
Un
sorriso le comparve sulle labbra: era impossibile non provare felicità nel
trovarsi in un luogo di tal genere. Eppure, sapeva bene che non era lì per
dilettarsi, e la Dama del Lago glielo aveva ricordato con molta finezza. Là
fuori c’erano persone che soffrivano, e che avrebbero continuato a soffrire
ancora per molto tempo. Il suo compito era quello di aiutarle. E prima sarebbe
stata pronta ad affrontare Tom Riddle, prima avrebbe potuto… o dovuto… lasciare
Avalon. Dovuto... già, proprio dovuto. Un ammaliante pensiero infatti le aveva
sfiorato la mente, passeggiando per quei posti: se fosse rimasta lì, il suo
destino, che per ora si prospettava fra i più neri, sarebbe completamente
mutato.
Un’altra
immagine però, assai presuntuosa, le aveva levato quel pensiero dalla testa: il
suo amato Sirius.
Già,
valeva la pena di andarsene da quell’Eden solo per stare con lui un’ultima
volta, solo per poterlo ancora baciare ed abbracciare, per poterlo accarezzare,
per fare ancora l’amore con lui sussurrandogli all’orecchio dolci parole… o solo
per poter giocare con lui, per compiere i misfatti più divertenti e pazzi, per
ridere insieme e divertirsi come folli. Le era anche venuta in mente
l’interessante idea che avrebbero potuto scorticare la Mascott dei Serpeverde e
appendere nella loro sala grande un grifone che teneva la sua pelle fra gli
uncini delle sue zampe… una metafora molto esplicita ed efficace, no?!
E
poi, dopo di lui, le immagini degli amici le avevano inondato la mente. Lily,
James, Remus, Peter, Narcissa… oh, come poteva lasciarli?!
La
sua coscienza si fece di nuovo, improvvisamente, viva, e subito si mise a
pensare a ciò che sarebbe accaduto a tante persone, alla terribile morte a cui
potevano andare incontro, e che lei poteva evitare.
Avrebbe
perso la sua vita, è vero, ma l’avrebbe data a molti altri.
Lei,
in fondo, come aveva già detto alla sacerdotessa, aveva già vissuto in quei
brevi tempi ciò che un uomo normali vive nel corso di un’intera esistenza. E
tutto questo, soprattutto a causa dei suoi poteri…
Già,
lei aveva già vissuto… a diciassette anni aveva già quasi concluso la sua
esperienza di vita….
Diamine,
possibile che ogni qual volta si metteva a ragionare finiva sempre con
l’incasinarsi in quel tremendo ciclo di cause ed effetti che le sue idee
provocavano?! Basta! Era un’idiota, doveva smetterla! Avrebbe fatto ciò che
doveva fare, e tutto sarebbe andato come doveva andare. Stop. Fine della
storia.
Forse
ora era il caso di andare a vedere in che stanza quella racchia aveva
intenzione di farla alloggiare… Sì, forse era proprio il caso…
E
così si diresse verso il grande palazzo. Beh, la facciata non era male, quindi
gli interni non potevano essere da meno… a meno che quella brutta megera non
avesse deciso di rinchiuderla in qualche sotterraneo buio e puzzolente, con la
sola compagnia di topi che, all’occorrenza, sarebbero serviti anche per pasto…
Eheheh, solo lei, Solaria Nimbus, era in grado di immaginarsi idiozie del
genere!
“Caspiterina,
è bella almeno quanto la mia…” Fu l’esclamazione di Solaria, dopo che l’ancella
che la Dama del Lago aveva messo a suo servizio l’aveva condotta in quella
stanza. Stanza… beh, stanza è un eufemismo. Là c’erano almeno quattro stanze
fra salotto, biblioteca, soggiorno, stanza da letto… e il quinto era il bagno.
Senza contare la grande vetrata che dal soggiorno immetteva in uno splendido
giardinetto privato con un’incantevole vista sul lago…
E
poi, tutto era immerso in quell’atmosfera…come descriverla… nebulosa, che
intorpidiva i sensi e provocava quel piacevole stato di benessere interiore, di
calma psichica e alleggerimento fisico. Una droga… a cui lei avrebbe dovuto
resistere!
Si
voltò a guardare, con un sorriso divertito, la ragazza che se ne stava ferma,
anzi impalata, sullo stipite della porta. E quella, appena si accorse del suo
sguardo, abbassò il capo e impallidì leggermente.
“Stai
tranquilla, ho già mangiato, e anche piuttosto abbondantemente!” Le disse
ironica, scotendo la testa per il divertimento che l’ingenuità e il timore
della ragazza avevano provocato in lei.
Visto
che però l’ancella, che probabilmente non aveva capito la sua battuta,
continuava a starsene lì impietrita, rischiando di divenire del colore e della
freddezza del marmo, sbuffò sonoramente e le andò incontro.
“Ma
su, coraggio, stavo scherzando! Un po’ di vita, avanti! E caspita, manco fossi
un mostro!” Non aveva ancora formulato del tutto la frase che cambiò
direttamente traiettoria dirigendosi verso lo specchio più vicino nella stanza,
dove si fermò a lungo, controllando il suo corpo e il suo volto da ogni
angolazione.
“Beh…
non sono nemmeno un vero e proprio splendore… effettivamente, se mi vedessi
allo specchio di notte all’improvviso, mi farei paura da sola!” Sbottò,
portandosi gli indici sulle occhiaie e calando la pelle per vedere meglio le
condizioni degli occhi. Arrossati pure quelli! Caspita, era un rottame da
riciclare! Ma come aveva fatto Sirius a starle vicino quando era in quelle
condizioni?! La risposta le arrivò subito, e la fece sorridere maliziosamente:
beh, Sirietto la amava…!
Fece
una mezza rotazione intorno a se stessa, e si bloccò proprio nella posizione in
cui riusciva a vedere meglio l’altra ragazza. Prima di proferire parola però,
ripensò a quanto le piaceva sentirsi di nuovo in forze e avere il pieno
controllo del suo corpo… oh, ma era davvero meraviglioso! Vediamo se riusciva
ancora a fare la ruota!
Andò
in mezzo alla stanza, e ne fece una perfetta. Sì, ci riusciva ancora! E due di
seguito?!
“Come
ti chiami?” Le chiese poi, proprio mentre aveva intenzione di farne tre di
fila.
“Gardenia…”Disse
quella con un filo di voce, inchinando ancora di più il capo verso terra.
Solaria ebbe la sensazione, quando si ritrovò forzatamente a fissarla dopo
essere andata a sbattere contro un alto armadio mentre finiva la sua quarta
ruota di fila, che se davanti a lei ci fosse stata una fossa, ci si sarebbe
gettata dentro e sotterrata senza molti problemi…
Beh,
forse smettere di fare l’idiota e andarla a toglierla da quel mare d’imbarazzo
in cui stava annegando non era un’idea così cattiva.
Si
rimise in piedi - cavoli, s’era fatta male ad un gomito! – e andò diritto verso
di lei, vincendo il desiderio di provare a verificare se ce la faceva ancora a
fare il salto mortale in aria prendendo lo slancio dal braccio del grosso
divano che, posizionato là davanti, sembrava servire proprio a quello scopo…
“Molto
piacere!” Le disse, porgendole la mano e mostrandole un sorrisino a trentadue
denti.
Quella
alzò un paio di volte gli occhi, guardandola quasi spaventata, per poi
retrocedere di un passo e chiudersi ancora più in se stessa.
Solaria
si guardò la mano: beh, era pulita…
“Scusa,
tu a cosa dovresti servirmi?” Le disse poi, acida.
“A prestarla
servizio, signorina Solaria.”
“Io
non ho bisogno di gente che mi serve. Perciò, te ne puoi anche andare.” Disse,
chiudendole la porta in faccia.
“No!”
Gridò quella, arrossendo all’improvviso e alzando un paio di occhi supplicanti
verso di lei. Bene, stava riuscendo nel suo scopo…
“No
cosa?!”
“La
prego, non mi faccia questo! La Dama del Lago mi punirà!”
“E
a me cosa può importarmene? Io non voglio ancelle nelle mie stanze!”
“Ma…”
Borbottò quella, quasi in lacrime. “…ci sarà…qualcosa… che potrò fare…per lei!”
Solaria
finse di pensarci. “Ma, non saprei… sai, essendo qui tutta sola soletta,
gradirei la compagnia di qualcuno. Sei disposta a compiere questo
difficilissimo compito?!”
“Certo!
Qualunque cosa, pur di obbedire alla Grande Sacerdotessa!”
“Ma
guarda che dovrai comportarti come un’amica, e questo significa che dovrai
parlare liberamente, ridere liberamente, fare quello che vuoi, anche insultarmi
se è ciò che ti va. E, soprattutto, dovrai chiamarmi semplicemente Solaria e
darmi del tu. Pensi di riuscirci?!” Le disse poi, ironica. Gardenia questa
volta parve capire l’intento della ragazza, e arrossendo ancora più, fece sì
col capo e sorrise a sua volta.
“Benissimo!”
Esclamò Solaria. “Allora possiamo riprendere da dove avevamo lasciato. Molto
piacere, io sono Solaria Nimbus!” Le disse, porgendole la mano.
“Piacere
mio: io sono Gardenia.” Rispose quella, stringendogliela.
“Sei
nata qui?” Disse Solaria, facendola entrare e chiudendo la porta alle sue
spalle.
“Sì,
io sono nata ad Avalon! Tutti coloro che abitano questa dimora sono nati qui!
Oramai non è più il tempo dei prescelti…” Disse, con tristezza.
“Beh,
e io cosa sarei?! Esiste qualcuno più dannatamente prescelto di me?! Anzi, mi
stupisco che a undici anni mi sia arrivata la lettera di Hogworts e non quella
di Avalon!” Disse Solaria.
Gardenia
la guardò in volto: il sorriso che le inarcava le labbra, si accorse, era amaro
e triste, e negli occhi brillava una luce di rassegnazione. La fissò con
dispiacere, fatto che non piacque per nulla a Solaria. Nessuno doveva provare
pena per lei, non l’aveva mai tollerato, nemmeno da parte degli amici, che
infatti non si erano mai sognati di considerarla in quel modo. La sola che
poteva permettersi un sentimento del genere nei suoi confronti era se stessa. Lei si faceva pena da sola. Ma gli
altri… gli altri avrebbero dovuto solo esserle grati.
Gardenia
abbassò lo sguardo arrossendo, imbarazzata per aver appena causato un
dispiacere nei confronti della sua ospite.
“Tu
sei diversa. Il tuo compito non era servire la Dea, tu dovevi rimanere lì
affinché si compisse il tuo destino. Sei una prescelta, sì, ma non per divenire
sacerdotessa.” Le disse, tentando di mettere a posto le cose mettendo un sasso
sopra quel brutto momento precedente.
Un
attimo di pausa. Gardenia attese, sempre a capo chino, la reazione della
straniera. L’avrebbe perdonata?!
Rialzò
il capo solo quando si accorse che oramai Solaria sorrideva, divertita, e le
chiedeva: “Tu diverrai una sacerdotessa della Dea?” Le chiese Solaria.
Sorrise
a sua volta. Per fortuna non era così permalosa… “Io diverrò la futura Dama del
Lago, se tutto va bene e se la Dea lo vorrà.”
Solaria
la fissò stupefatta. “Davvero?! Sei la figlia di quella… della Grande
Sacerdotessa?!”
“Sì,
sono sua figlia!”
“E
perché mai ti ha mandato a servirmi, allora?!”
“Perché
dice che sono troppo debole, che la devo smettere di essere così dolce e buona
con tutti. E ha aggiunto che mi devo fare le ossa… e così, mi ha dato un
incarico che secondo lei sarebbe stato davvero molto gravoso…”
Solaria
rise di cuore. “Ehehhe, quella donna è assurda! E per fortuna che tu non le
assomigli!…”
“Vedo
che mia madre non ti ha fatto un buon effetto…”
“Beh,
penso che un buon effetto non l’abbia mai fatto a nessuno, a dire il vero…”
Commentò ironica la Nimbus.
“Non
è sempre così. Se la conosci bene, ti accorgi che in fondo ha anche i suoi lati
positivi.”
“Sì,
capisco… avrò il tempo di conoscerla meglio, in tutto il tempo che dovrò
passare qui!”
“Rimarrai
a lungo?”
“Un
anno come minimo…”
“Solo?
La mamma parlava di cinque.”
“Che?!
Cinque anni? Non posso starmene via così tanto… là fuori ci sono troppi casini
che devo risolvere!”
“Ci
penseranno gli altri. Non sei l’unica che può porre fine alla parola Orrore.”
Le disse Gardenia, fissandola acutamente negli occhi.
“Il
mio compito è essere unica, gardenia… altrimenti, a cosa servo?” Le disse un
filo di voce. E, mentre la ragazza, piuttosto confusa, meditava su quella
risposta, Solaria si voltò di scatto e corse fino alla parete opposta della
stanza. Poi rincominciò a correre, con un sorrisetto furbo in viso.
Gardenia
la fissò allibita.
“Ma
cosa fai?!”
“Voglio
vedere se riesco ancora a fare il salto mortale all’indietro!” Le disse quella,
un attimo prima di saltare sul braccio del divano e fare una doppia capriola
all’indietro per aria.
Quando
però toccò terra, i piedi non la ressero, e cadde giù di peso sbattendo la
testa sullo schienale del grosso divano.
“Solaria!”
Gridò Gardenia, sbiancando di colpo e correndo ad aiutarla. Ma si bloccò quando
sentì la risata divertita della sua ospite.
“Eheheheh…
troppo bello! Troppissimo! Ora lo rifaccio! E vedrai che non cadrò!” Le disse
quella pazza, alzandosi in piedi e andando a posizionarsi, come prima, nella
parete opposta della stanza.
Pazza,
non c’era altro modo di descriverla… completamente pazza.
Ma
questo non voleva dire che non fosse simpatica, anzi…!