Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja
Segui la storia  |       
Autore: ParanoidxX    06/07/2017    1 recensioni
"Splinter, ti affidiamo nostra figlia, sappiamo che sarai un buon padre, così come lo sei per i fratellini. Roger non può tenerla con se a lungo, sarebbe troppo rischioso, però potrà aiutarti a gestire alcune dinamiche umane –come la scuola- quando sarà più grande. Per ora è necessario che viva nell’ombra, come voi. È una fuggiasca, non dimenticarlo. Ti ringraziamo di cuore, abbi cura della nostra amata bambina. R. e G. "
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Bene bene..
Dopo correzioni, censure, manipolazioni e dubbi, pubblico il terzo capitolo!
Ringrazio ancora per aver recensito :

-Marlena_Libby
-Art_must_be_Beautiful
-reign_00evil

Grazie ragazze, i vostri pareri e le vostre reazioni sono bellissime <3 Ovviamente, ringrazio di cuore anche chi legge semplicemente <3 Abbraccio anche voi. In calce al capitolo ho inserito una piccola nota e dei commenti personali quindi.. a più tardi!
Buona lettura gentaglia!




Il suono delle sirene delle volanti della polizia echeggiava in tutto il quartiere, le luci rosse e blu illuminavano a intermittenza i palazzi circostanti. Le auto erano parcheggiate casualmente per strada, bloccata al traffico, alcuni agenti di polizia erano ancora nel museo, altri sostavano fuori, qualcuno di loro si era concesso una sigaretta.

«Non manca niente» con un panno bianco il direttore del museo di asciugò la fronte imperlata di sudore. Da quella sua camicia spiegazzata e per metà infilata nei jeans si poteva dedurre che si era vestito in fretta e furia, precipitandosi con un taxi –o in metro?- dal suo amato museo. Le occhiaie e lo sguardo stanco, che scrutava con cura l’elenco degli oggetti esposti, tenuto in mano da un poliziotto, suggeriva che era stato chiamato dalla centrale mentre dormiva. Povero uomo, pensò Venere. Era molto in carne e, a giudicare da quanto le sue mani tremassero, doveva essere un tipo parecchio ansioso. Chissà che colpo doveva essergli venuto nel sapere che il suo museo era stato scassinato.

«Ne siete sicuro?» si sincerò il sergente. «Ma si, certo. Hanno provato a portar via la gemma di Tuia ma eccola qui» indicò un nome sulla lista «Salva» sospirò sollevato. Il sergente non capiva e corrugò la fronte: a che scopo scatenare tanto trambusto per non rubare niente?

Anche i fratelli se lo domandavano, osservando le operazioni in disparte, senza intervenire. Rapael aveva reputato il tutto una perdita di tempo, Michelangelo era profondamente deluso dalla mancanza di azione. Leonardo aveva l’orecchio teso per captare qualsiasi parola e Donatello era in religioso silenzio. «Donnie» Venere lo chiamò con un sussurro «Chi è Tuia?» «Tuia è la moglie Seti I, faraone d’Egitto. La gemma è l’ultimo ritrovato archeologico, una parte dei suoi gioielli» «Come fa a sapere sempre tutto?» domandò piano Michelangelo. «Lo hanno detto in tv, Mickey» rispose Donatello con pazienza.

Il sergente, rimasto fermo sulla soglia del portone d’ingresso, scese le scale per avvicinarsi a dei colleghi in volante «Nessuna traccia dei ladri?» «Non ancora» l’agente scosse il capo «Stiamo setacciando il perimetro ma sembrano essere spariti»

«Io direi di entrare in gioco» Raphael iniziò a muoversi nervosamente sul posto. Non era naturale per lui restare impalato, al margine della scena, mentre una banda di ladri girava a piede libero. Voleva agire, ogni fibra del suo corpo chiedeva azione. Era un sentimento condiviso da tutti e quattro i ninja ma lui era l’unico a non saperlo gestire. «Non ancora Raph» Leonardo lo richiamò «Non sappiamo ancora niente e la polizia..» «Da quando ti interessa la polizia? Santo cielo Leo, abbiamo sempre agito da soli, in autonomia, chi se ne importa di loro» indicò stizzito gli agenti che entravano e uscivano dal museo. «Sto solo cercando di collaborare» replicò il leader autoritario «Perché non ci provi anche tu?» «Io voglio collaborare, voglio scovare quei ladri e prenderli a calci nel sedere» sintetizzò il suo pensiero, sorridendo ironicamente. «No» fu la risposta piccata dell’altro. Non avevano dei nomi o dei volti, non avevano neanche una strategia. Non potevano fiondarsi così, alla cieca, come voleva Raphael, avrebbero potuto creare solo più trambusto. Vero, avevano sempre agito per conto loro ma da quando la polizia li aveva accettati, da quando erano state conferite le chiavi della città sotto lo sguardo orgoglioso di Splinter, Leonardo si era ripromesso di non tradire la fiducia riconosciuta.

Come al solito i due iniziarono a battibeccare con la voce di Raph che sovrastava quella sostenuta di Leo, Michelangelo che cercava di allentare la tensione con le sue uscite strambe e Donatello indifferente a tutto, chiuso nei suoi pensieri. Venere sospirò «Raph, forse..» si interruppe di scatto, accusando un ronzio. «Lo avete sentito?» «Cosa?» Donnie la osservò. «Un.. un..» iniziò a percepire una strana vibrazione nella sua mente. Si portò le mani alle orecchie, credendo fosse solo una interferenza esterna, ma lo strano suono continuò. Era uno sfarfallio lontano, come il rumore delle frequenze radiofoniche. La stava intontendo e poi cessò con la stessa rapidità con cui era iniziato. Alzò di scatto lo sguardo e, senza preavviso, scese di corsa le scale del museo. «Venere!» Leonardo la chiamò ma ormai la sorella aveva superato la giungla di auto della polizia e piano piano spariva nelle vie del quartiere dormiente. «Andiamo!» sbottò Mickey preoccupato e si lanciò all’inseguimento, insieme a Donatello e Leo. Raphael restò di stucco «Certo, sgridiamo Raphael e inseguiamo la sorellina impazzita, ha tutta una sua logica!» commentò prima di seguire gli altri.

Venere correva senza sosta e senza meta. In apparenza. In realtà stava seguendo il suo istinto, una recondita consapevolezza che muoveva le sue gambe e la portava a imboccare diverse strade, a superare vicoli bui e ad attraversare senza prudenza, rischiando persino di farsi investire. Non si preoccupava se i fratelli la stessero seguendo o meno, non sentiva fosse una cosa importante: contava solo raggiungere la meta, una meta che la ragione non conosceva ma la coscienza si. Si sentiva sdoppiata, come se non fosse più padrona del suo corpo ma controllata da una forza superiore, accusava il desiderio di ricongiungersi a qualcuno.. o a qualcosa.

Si fermò a Central Park, nei pressi dello zoo, un punto deserto e scarsamente illuminato. Si portò una mano al petto, ansimando, guardandosi intorno preda di una strana agitazione. Perché non riusciva a tornare in sé stessa? Continuò a vagliare con lo sguardo ogni centimetro di quella zona finché scorse una figura poggiata al tronco di un albero. Indossava un cappotto nero –nonostante facesse caldo- , aveva un cappuccio calato fino sul naso, le mani nelle tasche ed era avvolto dalla penombra. Sentiva una strana attrazione per quell’uomo.. o donna? Non riusciva neanche a capire il sesso per quanto era distante e nascosta.

Mosse un passo verso la figura ma due possenti braccia la bloccarono, stringendole il torace. «Ehi!» quel gesto la svegliò dalla confusione in cui era caduta. «Lasciami, lasciami!» si dimenò, cercando di liberarsi. Provò ogni cosa, gomitate, calci, ma era tutto reso vano da quella salda presa di cui era prigioniera. Persino prendere i suoi shuriken risultava difficile.
Due uomini sbucarono dagli alberi con il viso coperto da un passamontagna e indosso delle tute scure.

«Venere!» Donnie stese con un calcio alto uno dei due uomini, dopo aver saltato facendo leva sul suo bō. Michelangelo usò uno dei suoi nunchaku per agganciare il collo del primo assalitore e attirarlo a sé. La presa intorno al corpo di Venere si allentò e le consentì di compiere un giro sul posto e assestargli una ginocchiata nello stomaco. Il terzo uomo fu sistemato da Raphael con un gancio destro e un calcio basso che per poco non gli fratturò lo stinco.

I tre, ancora storditi dai colpi, corsero via un po’ barcollando. «Si, fuggite!» urlò Mickey, aprendo le braccia in segno di sfida. Venere, scossa, fu circondata dai fratelli e soprattutto da un Leo furioso «Che cosa ti è saltato in mente, Venere? Non avevo appena detto a Raphael di..» «Sei forse impazzita?» sbottò la testa calda, ancor più arrabbiato di Leo «Che cosa diavolo hai per la testa, eh? Ti sembra il momento di giocare?» «Poteva accaderti qualcosa di brutto» commentò il più piccolo preoccupato «Venere? Venere?» la richiamò Donatello perché lei non pareva ascoltare nessuno di loro. Aveva il fiato corto e continuava a guardarsi intorno, spaventata. L’incappucciato era scomparso. Notò solo questo prima di perdere i sensi e svenire tra le braccia di Raphael.




«Idioti!» l’urlo riempì la stanza e per poco non crepò le pareti marmoree. Chi lo aveva lanciato si muoveva furibondo con le braccia tese e i pugni ben stretti. Davanti a lui c’erano tre uomini in ginocchio con la testa china.
L’ambiente era bianco, luminoso, emanava tutta la ricchezza del proprietario della villa antica. Probabilmente dovevano trovarsi in una ex sala da ballo, dati gli affreschi sul soffitto e lo spazio ampio, privo di colonne, in cui erano state costruite delle celle che cozzavano con tutta quella eleganza. Le gabbie erano quattro e i prigionieri osservavano la scena senza tradire la minima emozione.

«Signore, credevamo fosse il cuore di Erebo» biascicò uno degli uomini a terra.
«Credevate?» sputò rabbioso l’altro «Siete soltanto degli sciocchi umani, non avete la minima idea di come sia il cuore di Erebo. Avete soltanto attirato l’attenzione!» «Pensavamo di renderLa felice» a quella confessione, l’adirato scoppiò in una fragorosa e inquietante risata. D’improvviso estrasse un pugnale dal suo cappotto nero e lo conficcò nello stomaco dell’uomo che sgranò gli occhi e non ebbe neanche la forza di gridare. «Io penso» l’incappucciato sibilò «Voi agite» estrasse rapidamente la lama, il corpo cadde a terra creando una pozza di sangue. Gli altri due uomini tremarono, impauriti e scossi. «Signori» il tono di voce dell’assassino si addolcì, cacciò dalla tasca dei pantaloni un panno e con calma iniziò a pulire la lama «Erano questi i patti, no? Obbedite e sarete ricompensati... comunque sia» sospirò «Grazie a voi ho individuato un altro adepto e presto..»

«Non farlo Xavier!» ringhiò una prigioniera aggrappandosi alle sbarre. L’uomo le si avvicinò lentamente «Non riuscirai a catturarla, ha una famiglia..» continuò la donna «Una famiglia?» Xavier ridacchio «Anche voi avevate una famiglia» le puntò la lama contro il viso «E la sua farà la stessa, identica fine» rise ancor più forte mentre gli occhi della ragazza si gonfiavano di lacrime e risentimento. «Erebo non può vincere sempre, ragiona Xavier..» «Siete voi» guardò gli altri prigionieri con sprezzo «Siete voi che dovreste ragionare»




Con prontezza Raphael strinse a sé il corpo di Venere privo di sensi. Raramente l’avevano vista svenire e questo, unito al suo strano comportamento, suscitò preoccupazione nei quattro fratelli. Michelangelo continuava a chiamarla quasi sull’orlo di un attacco di panico. «Raph, portala a casa di Roger» ordinò il leader facendo appello a tutto il suo sangue freddo «Voi due con me, setacciamo la zona» il suo tono autoritario era pregno di apprensione. Titubanti, Mickey e Donnie annuirono «Raph» Leo lo richiamò prima che potesse allontanarsi «Prenditi cura di lei» «Come sempre» rispose l’altro con il tono duro di chi non ammette repliche, di chi si sente ferito nell’orgoglio. Come osava puntualizzare una cosa così ovvia? Si era sempre preso cura di lei, era sempre stato disposto a sacrificare sé stesso per il suo bene.

Percorrendo strade sicure e poco illuminate, scavalcando muri e accorciando per i tetti quando possibile –la sua agilità era limitata dal corpo di Venere tra le braccia- raggiunse casa di Roger, bussando alla porta sul retro per essere il più discreto possibile. L’uomo aprì e sgranò gli occhi «Santo cielo» si passò la mancina tra i folti capelli ramati «Cosa diavolo è successo» «Non ha retto un po’ di adrenalina, tutto qui» Raphael scrollò le spalle «Devo portarla in camera» «Certo!» Roger, sconvolto, scattò come un soldatino e lo aiutò a portare Venere in camera, adagiandola piano sul letto. «Preparo qualcosa? Serve qualcosa?» domandò apprensivo «Non credo ce ne sia bisogno» commentò la tartaruga «Deve riprendersi, tutto qui» poi scoccò un’ occhiata all’uomo, squadrandolo «Come mai sei sveglio a quest’ora?» «Mi hai svegliato tu, testa di mulo» rimbeccò piccato e le borse sotto gli occhi ne erano una conferma. Effettivamente Raphael non era stato molto delicato nel bussare, prendendo a pugni la porta quasi fino a sfondarla. «Hai il sonno pesante» si giustificò. Roger sospirò, era decisamente il fratello più irritante. «Se serve qualcosa non esitare a chiamarmi» disse «In modo civile» aggiunse per poi andar via. Era una persona molto decisa e autoritaria, dopotutto un professore universitario ne incontrava cento di Raphael e sapeva come tenergli testa.

Venere aveva la fronte aggrottata e le labbra arricciate. Si muoveva spesso, strizzando nervosamente gli occhi e mormorando parole incomprensibili e sconnesse. Qualcosa la stava tormentando.

«Ehi» Raphael prese la sua mano, inconsciamente Venere la strinse e i tratti del suo viso si rilassarono in un’espressione più serena, quel contatto le trasmise un po’ di pace. Raphael sospirò, fissandola assorto e malinconico. Ricordava quando da piccola faceva gli incubi e in lacrime sgattaiolava in camera di Raph, nel suo letto, pregandolo di farla restare e di proteggerla. Lui acconsentiva sempre e la stringeva in un abbraccio affettuoso, promettendo che niente le avrebbe fatto del male finché ci fosse stato lui. Grazie a Venere, Raphael non era più stato tormentato dal desiderio di essere il leader, di prendere il comando della squadra. Voleva essere solo sé stesso e voleva farlo per lei, per lei che lo guardava con quegli occhi grandi e carichi di ammirazione, per lei che lo reputava il suo eroe. Ecco, gli bastava solo questo, essere per sempre l’eroe di sua sorella, essere lì, pronto a difenderla da ogni cosa.

Purtroppo con gli anni qualcosa tra loro si era incrinato e temeva di essere lui il responsabile.
Venere continuava a essere affettuosa con tutti, in primis con Mickey che la stritolava in abbracci dalla mattina alla sera. Donatello era diventato il suo personale confidente, conosceva tutte le sue cotte, le delusioni e gli intrecci amorosi che solo l’adolescenza regala. Leonardo era più un padre per lei, sempre pronto a dispensare consigli e a sostenerla nel momento del bisogno.
Raphael? Che ruolo aveva assunto Raphael nella sua vita? Era arrogante, scontroso e irascibile. Accusava un senso di inadeguatezza dato dal confine invalicabile tra il sottosuolo e la superfice. In mezzo alla gente, Venere faceva esperienze di cui lui non poteva essere partecipe a causa della sua natura. Si detestava e riversava il sentimento sulla sorella, ergendo un muro ogni volta che cercava di dimostrargli affetto. Questo muro era diventato la sua prigione, non riusciva ad uscirne e, soprattutto, non gli permetteva più di esternare i suoi sentimenti. Donnie, Mickey e Leo non ci davano più molto peso. Venere, per quanto fosse brava a dissimulare, soffriva e si domandava dove fosse finito il suo Raphael, il suo fratellone.

La ragazza si mosse appena e aprì piano gli occhi. Raph ritrasse la mano e incrociò le braccia al petto, assumendo la sua solita maschera dura e cinica. «Buongiorno» disse sarcastico. Lei strofinò la punta del naso contro il cuscino, gemendo appena, preda di una leggera emicrania. «Che cosa..» biascicò con voce impastata «Hai dato di matto, probabilmente stavano per ucciderti e poi sei svenuta in stile Dante» minimizzò «Come ti senti?» «Ho mal di testa» ammise lei, tirandosi su a sedere. Si guardò intorno come se a stento riconoscesse la sua camera e il viso del fratello. «Sono le tre di notte se te lo stai chiedendo e si, sono stato io a portarti qui» il ninja si alzò dalla sedia «Credi di star bene?» probabilmente l’aveva bombardata di informazioni data la sua espressione ancor più smarrita. «Sì... io... me la caverò» mormorò. Raphael la fissò un attimo per capire se stava mentendo ma non notò altro che la sua confusione. Sospirò, probabilmente rincuorato, e si avvicinò alla finestra rimasta aperta.

«Raph!» Venere lo richiamò prima che scavalcasse il cornicione. «Si?» domandò l’altro con sufficienza, dandole le spalle «Ecco io... mi dispiace, non volevo causare guai» abbassò la testa mortificata. La testa calda rimase in silenzio qualche istante, reprimendo con forza l’istinto di abbracciarla e rassicurarla. Ecco. Ancora una volta lei soffriva e cercava un dialogo e lui glielo negava. «Riposati» rispose soltanto «Il leader ritiene che sia meglio per te non andare a scuola domani» salì sul cornicione e con un salto sparì nella notte. Aveva mentito. Non era stato Leo a pensarlo… era stato lui.





Erebo : secondo la religione greca, è divinità ancestrale, figlio di Caos e di Notte, fratello di Emera (personificazione del giorno). Con il termine Erebo si indicano anche gli inferi.
Ora, la religione greca non avrà niente a che fare con la narrazione (e neanche l’Egitto, precisiamo lol) , ho solo preso in prestito il nome di Erebo perché sono stata ispirata dal significato. Mi sembrava giusto essere onesta, ecco, per rispetto degli antichi greci che avevano più fantasia di me *porge fiorellini*
Per il resto, iniziamo pian piano ad entrare nel vivo della storia. Questo capitolo presenta l’antagonista (soffrirete un po’ prima di conoscerlo bene) insieme a uno dei binari principali della storia, il rapporto tra Raphael e Venere.
Detto ciò, spero che vi sia piaciuto e ci si vede al capitolo quattro!
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja / Vai alla pagina dell'autore: ParanoidxX