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Autore: Adlenime    07/07/2017    1 recensioni
"Quegli occhi color ghiaccio... gli occhi di chi ha ucciso migliaia di persone... senza provare nulla... occhi freddi come il ghiaccio... gli occhi di un assassino..."
Questa storia è la versione "libro" del manga Detective Conan, io non posseggo nulla: tutto, dai personaggi alla trama appartiene ad Aoyama-sensei.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un gruppo di pattuglia stava facendo un giro di ricognizione attorno al parco divertimenti, quando uno di loro fece una scoperta scioccante: un corpo giaceva a terra in mezzo all'erba, poco lontano dalle mura che delimitavano il confine del Tropical Land, e aveva una grave ferita alla testa.

- Ehy! C'è un cadavere qui! -

Disse sconvolto l'agente ai suoi colleghi.

- C-cosa!!?? -

Replicarono quelli increduli.

Allora è proprio vero: sono morto.

- Aspettate... respira ancora! -

Disse nuovamente l'agente. Un altro poliziotto disse ad un suo compagno:

- Presto! I Paramedici! -

Gli altri si affrettarono a fare quanto era stato loro ordinato.

S-sono vivo? Allora il veleno non funziona sugli esseri umani?

Shinichi cominciò ad aprire gli occhi. Vedeva di fronte a sé un massa sfocata, ma, sorprendentemente, la loro voce era abbastanza chiara alle sue orecchie:

- Dannazione! La sua testa sanguina... -

- Avanti, apri gli occhi! -

- È tutto a posto? -

Lentamente Shinichi riuscì a mettere a fuoco le sagome degli agenti.

Poliziotti? Perfetto! Ora dirò loro cosa è successo...

Uno di loro gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi e aggiunse in tono gentile:

- Riesci a stare in piedi, piccolo? -

Shinichi si alzò e guardò l'uomo con aria interrogativa: ha detto... piccolo?

- P-piccolo? -

Ripeté Shinichi, senza capire: lui era uno studente delle superiori, che diamine stava dicendo quell'uomo?

- Ehy, come ti sei ferito? -

Chiese questo al detective. Shinichi, sempre più confuso, cercò di mettere insieme i ricordi frammentati degli eventi che avevano preceduto la sua presunta morte: Ferito? Ah... si. Quell'uomo in nero mi ha colto alle spalle e mi ha colpito alla testa con un tubo di ferro.

Shinichi cercò di toccarsi la ferita, ma se ne pentì immediatamente, poiché non appena la sfiorò non potè non gemere dal dolore. Poi qualcosa colse la sua attenzione: la sua felpa... perché era così larga? E i suoi pantaloni... erano così lunghi!

Shinichi sentì un brivido percorrergli la schiena... Ma che diamine... ?

Poi l'agente che prima gli si era rivolto lo... prese in braccio! Shinichi, sconvolto, guardò l'uomo che lo stava sollevando senza alcuna apparente difficoltà.

- Devi esserti spaventato... -

EH?

- … ma ora ci siamo noi qui! -

EHH?!

- Quindi non ti preoccupare. -

- EHHH!! -

Mi sta trasportando in giro senza alcun problema! Che cosa... che cosa diamine sta succedendo!?

Un poliziotto aveva tirato fuori una ricetrasmittente, ma quello che stava dicendo non aveva alcun senso, e Shinichi si rifiutò di credere a ciò che le sue orecchie udivano:

- Abbiamo trovato un bambino nella sezione B gravemente ferito alla testa, ora lo portiamo in infermeria... si... la sua età? Sarà tra i cinque e sette anni, penso: decisamente frequenta le elementari... -

Bambino? Le... Elementari?

 

- Sono a casa. -

Disse Ran per farsi sentire dal padre.

- Ah, eccoti Ran. -

Kogoro Mori, ex-poliziotto del dipartimento centrale di polizia, si era ridotto ad un ubriaco senza soldi che continuava a spendere in birra e scommesse, e passava gran parte del suo tempo davanti alla TV a guardare la sua idol preferita: Yoko Okino.

Ran sospirando dette un'occhiata contrariata al padre: spettinato, con la barba incolta, la camicia una volta immacolata era macchiata di birra. Se ne stava seduto sulla sedia girevole di fronte alla sua scrivania, le gambe poggiate scompostamente su quest'ultima, l'immancabile lattina in mano, mentre un mare di sigarette e bottiglie vuote occupavano la superficie del tavolo da lavoro, come ogni angolo remoto della stanza, che tecnicamente sarebbe dovuto essere il suo ufficio.

- Guarda la confusione che hai creato ancora, Otou-san! -

Poi avvicinandosi con un sacchetto della spazzatura cominciò a ripulire la scrivania dell'immondizia abbandonata lì sopra.

- È per questo che non hai lavoro e oka-san se n'è andata! -

Lo rimproverò Ran. Lui si limitò a lanciarle un'occhiataccia e replicare:

- Chiudi il becco! Io ho scelto il mio lavoro! E poi è colpa di quel tuo amico che gioca a fare il detective e mi ruba i clienti... -

Dopo una sorsata di birra continuò guardando la figlia:

- A proposito: oggi non dovevi andare da qualche parte con lui? -

A quelle parole il viso della ragazza di adombrò leggermente e rispose:

- In effetti... eravamo assieme, ma poi lui se n'è andato via lasciandomi da sola. Aveva detto che mi avrebbe raggiunto, ma... -

Ran rivolse lo sguardo distrattamente verso la finestra, dove si poteva ammirare il meraviglioso skyline di Tokyo illuminato dalle luci della sera. Ma lei non stava guardando il paesaggio che le veniva presentato, mentre sentiva la preoccupazione per il suo amico scorrerle nelle vene come un veleno. Cosa ti è successo, Shinichi? Non mi hai neanche chiamato...

Kogoro, notando lo sguardo assente della figlia, non poté fare a meno di ghignare replicando:

- Avete litigato? Eh, lascialo perdere!Non vale la pena di frequentare persone come detective o investigatori privati. -

Ran alzò un sopracciglio, guardandolo con un'espressione tra l'interrogativo e lo scettico:

- Ma, scusami, non sei anche tu un detective? -

Suo padre ignorò la domanda.

 

- Lo giuro: è tutto vero! -

Disse Shinichi esasperato, ormai sull'orlo della disperazione, ai poliziotti.

- Ho visto un uomo mentre ricattava il proprietario di una qualche ditta che vende illegalmente armi! Poi questo tizio vestito in nero mi ha preso alle spalle... -

Ma era tutto inutile: il dottore, l'infermiera e anche gli agenti continuavano a ridere, non credendo alla sua storia. Uno di loro gli disse gentilmente:

- Ok piccolo: hai visto troppi gialli in TV... -

Ma Shinichi urlò frustrato:

- Io non sono “piccolo”: ho sedici anni e frequento le superiori! -

Di nuovo le sue parole suscitarono l'ilarità di chi lo circondava, e tutti si misero a ridere con le lacrime agli occhi.

Maledizione! Non mi credono!

Shinichi continuò a guardare risentito gli agenti.

Certo che sono proprio dei giganti, ma quanto sono alti?

Poi una fitta di dolore attraversò la sua testa, facendolo gemere.

Certo che quel maledetto bastardo mi ha colpito...

La catena di pensieri che passava per la sua mente si arrestò bruscamente non appena Shinichi vide lo specchio alle sue spalle, o per meglio dire, la figura riflessa nello specchio:

un bambino sui sei anni, con i suoi vestiti addosso, i quali erano palesemente troppo grandi per lui, e una fasciatura alla testa... la sua testa... i suoi vestiti... troppo grandi...

- MA CHE COSA... ?! -

Shinichi fissò incredulo il bambino nello specchio... no... il suo riflesso nello specchio: quel bambino ferito alla testa era lui!

Ma... non è possibile... il mio corpo... perché è così... piccolo?!

In quel momento le parole che pronunciarono gli agenti calamitarono la sua attenzione:

- Non sarà scappato di casa? -

- Non ci sono state segnalazioni... -

- Per ora portiamolo all'asilo alla centrale di Polizia. -

A-S-I-L-O! Nossignore!

Non appena gli agenti si voltarono rivolgendosi nuovamente al bambino, rimasero scioccati nel vedere che... era scomparso!

- S-se n'è andato! È fuggito dalla finestra! -

Shinichi correva con tutta la velocità che gli permettevano le sue piccole gambe, ma i vestiti erano ingombranti e lo rallentavano. Poi un ringhio allertò Shinichi di un nuovo possibile pericolo alle sue spalle: un grosso e gigantesco cane! Lo stava seguendo!

- Eccolo! È lì! -

Sentì uno degli agenti gridare.

Merda! Merda!! MERDA!!!

 

Dopo aver suonato tre volte partì di nuovo la segreteria:

Pronto, sono Kudo Shinichi: non sono in casa in questo momento. Lasciate un messaggio dopo il segnale...

Ran abbassò la cornetta del telefono, e preoccupata lanciò un altro fugace sguardo all'orologio sulla parete.

- È strano: Shinichi non è ancora ritornato a casa... -

La sua voce si incrinò, mentre la sensazione di panico che aveva provato vedendolo andare via la sopraffaceva una seconda volta.

- Probabilmente è andato a cena di fuori con i suoi ricchi genitori. -

Replicò Kogoro, cercando di stillare le ultime gocce di birra dall'ennesima lattina che aveva in mano.

Ran gli lanciò un'occhiata seccata e replicò, una nota di panico e disperazione nella sua voce:

- Che diamine dici?! I genitori di Shinichi vivono in America da tre anni, ormai! Lui vive da solo! -

Il padre le dette una fugace occhiata con aria distratta.

- Eh? Davvero? -

Ran ignorò il padre, sentiva le viscere attorcigliarsi come serpenti di ghiaccio nello stomaco. Pensò a come Shinichi se ne fosse andato, alla sensazione che aveva provato vedendolo correre via...

Ran afferrò il giubbotto che aveva tolto poco prima e si precipitò fuori di casa, con grande disappunto del padre che allungò disperatamente una mano verso la figlia, tentando di fermarla e gridandole dietro:

- Ehy! Fermati! Fammi almeno la cena! -

Ran senza neanche guardarlo urlò di rimando:

- Vado a casa di Shinichi! -

 

Aveva iniziato a piovere. Shinichi, fradicio, ansimava sotto la luce di un lampione. Non capiva cosa gli fosse successo, né capivo come fosse accaduto! Non ci si poteva rimpicciolire di dieci anni nel giro di un paio di ore! Come diamine si era ritrovato nel corpo di un bambino di sei anni!? Non riusciva neanche a credere di essersi stancato per aver corso dal Tropical Land fino a dove si trovava ora: era impossibile che lui, abituato a correre dietro ai criminali e a giocare a calcio per ore si fosse stancato per una corsa così ridicola!

Poi capì. Fu come essere folgorato da un fulmine. La soluzione del mistero, l'aveva sempre avuto davanti.

I-il veleno! Subito dopo avermi colpito... possibile che...

Questo è il nuovo veleno creato dall'organizzazione”...

No! È impossibile! Quella capsula... il veleno

Non è ancora stato testato sugli esseri umani”

No! Non esiste! Non è possibile!

Questo bastardo avrà l'onore di esserne la prima vittima!”

Shinichi cercò di riorganizzare i pensieri mentre nella sua mente metteva radici l'orribile consapevolezza che, sí; era stato quel farmaco a farlo rimpicciolire.

Il suo treno di pensieri fu interrotto dal rumore di un clacson e Shinichi si buttò sul lato della strada appena in tempo per evitare di essere investito da un camion, mentre il conducente urlava:

- Deficiente! Guarda dove cammini, moccioso! -

Moccioso.

Pensò tra sé e sé il detective... era veramente patetico. Shinichi si incamminò verso casa.

 

Ran correva a perdifiato, doveva trovare Shinichi. Doveva raggiungere casa sua e assicurarsi che stesse bene. Il nodo che aveva al livello dello stomaco non la tranquillizzava e disperatamente continuava a correre, ignorando le lamentele di coloro con cui si scontrava per strada.

 

Era sicuramente patetico: non riusciva neppure ad aprire il cancello della sua stessa casa, a causa della sua statura.

Merda! Ridotto così non posso fare niente!

BOOM

Il rumore di un esplosione! Shinichi si voltò verso la casa vicina alla sua, vedendo uscire dal buco del muro, irrimediabilmente rovinato, un anziano dai capelli e i baffi bianchi. Era robusto e indossava una veste da scienziato, sul grosso naso portava un paio di occhiali. Uscì incespicando verso la strada, tossendo a causa della quantità di fumo.

Shinichi si sentì invadere da una folle gioia. Infatti conosceva molto bene quell'uomo, e non era stupito del fatto che ci fosse stata un'esplosione nel giardino di casa sua.

- Agasa-hakase! -

Lo chiamò il detective. Il professore si voltò verso il bambino con espressione confusa e gli chiese:

- ehm... Tu chi saresti? -

A quelle parole le speranze di Shinichi andarono in frantumi, ma non volendosi dare del tutto per vinto incalzò:

- Come? Sono io! Shinichi! -

Il professore lo guardò per un attimo confuso, poi sorridendo replicò:

- Ah! Capisco: sei un parente di Shinichi! Sei proprio come lui alla tua età. -

- No no no! Io sono Kudo Shinichi! Frequento la scuola superiore Teitan e... -

Ma era inutile: Agasa aveva suonato il campanello di villa Kudo e ora stava parlando al citofono:

- Ehy, Shinichi! Hai visite. -

Shinichi si trattenne dall'abbandonarsi alla disperazione e rivolgendosi al professore gridò:

- Eh, no! Tu mi devi credere! Devo dirti tutto ciò che so su di te? -

Ora l'uomo, forse perché Shinichi non rispondeva, si era voltato di nuovo verso il bambino con sguardo interrogativo.

- Tu sei Agasa Hiroshi, hai 82 anni. Abiti vicino a casa mia e inventi dei strani gadget. Dici di essere un genio, ma tutto quello che fai è robaccia inutile! E hai un pelo che esce dal tuo neo sul sedere!! -

Ormai Shinichi urlava, ma invano. Il professore, rosso in faccia si mise a confabulare tra sé e sé:

- Il mio neo... solo Shinichi dovrebbe saperlo! Quando lo trovo... -

- NO! IO SONO SHINICHI! HANNO CERCATO DI AVVELENARMI E ORA MI SONO RIMPICCIOLITO... -

Per un attimo il professore lo guardò, non credendo alle sue orecchie. Poi il suo volto lasciò spazio al freddo scetticismo e replicò irritato:

- Un veleno capace di rimpicciolire? Vorrei proprio vedere qualcosa del genere! -

Poi afferrò la mano del bambino e cominciò a trascinarlo, continuando:

- Avanti, muoviti: adesso ti porto alla polizia! -

Shinichi non aveva mai odiato tanto sentire la parola polizia come in quel momento. Poi un'idea riaccese le sue speranze: c'era ancora un modo per dimostrare al professore che non stava mentendo. Un sorriso da piantagrane attraverso il suo viso, mentre sentiva il famigliare brivido di eccitazione percorrergli la schiena: non era un caso che doveva risolvere, ma la verità che doveva mettere alla luce.

- Allora proviamo così: professore, lei è appena ritornato dal ristorante Colombo! -

L'uomo si bloccò, come se fosse appena stato folgorato e si voltò verso il bambino, che ora, perfettamente tranquillo, lo fissava con i suoi occhi blu: il suo viso era l'immagine della sicurezza, la sua era un'affermazione e non una domanda.

- C-come lo sai? -

Chiese, un'ombra di dubbio baluginò nei suoi occhi. Shinichi sapeva che ora aveva catturato la sua attenzione, doveva solo giocare bene le sue carte.

- I suoi vestiti, professore: sono bagnati solo sul davanti, ma non dietro. Questo vuol dire che ha corso contro la pioggia verso casa. Inoltre i suoi pantaloni sono macchiati di fango: l'unica strada su cui si sarebbe potuto sporcare così è quella vicino al sito di costruzione di fronte al Colombo, infine ha i baffi sporchi della speciale salsa alla carne del ristorante! -

Il professore rimase a fissare il bambino, stupito. Ora – pensò Shinichi – è il momento del gran finale: mentre l'uomo continuava a balbettare, lui con un sorriso sbilenco gli fece l'occhiolino replicando:

- Eh eh, elementare, Agasa-kun! -

Sbarrò gli occhi incredulo, e avvicinandosi al bambino chiese sussurrando:

- Quindi tu... sei davvero Shinichi? -

Lui lo guardò con aria seccata e replicò:

- Certo: è quello che ho tentato di dirti fino ad ora! Sono stato costretto ad ingerire questo farmaco e...-

- Non posso ancora crederci! -

Lo interruppe Agasa.

- Comunque è meglio continuare a parlare dentro casa tua. -

E così dicendo aprì il cancello di villa Kudo.

 

- U-UN CONTRABBANDO ILLEGALE D'ARMI!? -

Gridò incredulo Agasa, mentre Shinichi tentava di mettersi un vecchio ed elegante completo blu che sua madre aveva insistito per comprargli. Sentendo le parole del professore annuì e continuò:

- E c'erano anche questi uomini vestiti di nero che lo minacciavano. -

Agasa aggrottò la fronte e replicò:

- Quindi ti hanno somministrato quel farmaco per far sí che tenessi la bocca chiusa, ma questo veleno aveva un qualche effetto collaterale e invece di ucciderti ti ha rimpicciolito... -

Ragionava il professore tra sé e sé. Shinichi invece guardava con una nota di disgusto i vestiti da bambino che gli stavano perfettamente. Non potendo trattenersi oltre guardò disperatamente Agasa e lo supplicò:

- Per favore, hakase! Lei è uno scienziato, no? Crei un antidoto per quel veleno! -

L'uomo si portò le mani davanti, come per proteggersi dalle parole di Shinichi e replicò imbarazzato:

- Be'... non so neanche da cosa sia composto questo farmaco... -

Ma il ragazzo rimpicciolito non si diede per vinto e continuò:

- Quindi devo solo trovare un campione di quel farmaco e portarglielo! -

Agasa, imbarazzato, rispose che avendo un campione del veleno forse poteva fare qualcosa. Poi fissò preoccupato Shinichi e, senza alcun preavviso, lo prese per le spalle, costringendolo a guardarlo negli occhi. Shinichi invece si limitò a fissare il professore sconcertato. Non ebbe tempo di chiedergli cosa gli avesse preso, che questo cominciò a parlare, in tono preoccupato e serio, velocemente, come se volesse finire quel discorso prima lo sentisse qualcuno di troppo:

- Shinichi-kun, ascoltami bene: non devi dire a nessuno chi sei realmente. Se loro scoprissero che sei ancora vivo, cercherebbero di ucciderti. E tutte le persone che ti sono vicine rischierebbero di morire! -

Shinichi lasciò che le parole del professore penetrassero nella sua mente: aveva ragione, doveva mantenere segreta la sua identità. Ma Agasa, leggermente paranoico, continuò a parlare, a un volume di voce un po' troppo alto:

- Capito! Nessuno lo deve sapere! E soprattutto Ran-kun! -

In quel momento qualcuno bussò alla porta, congelando sul posto i due abitanti della biblioteca di villa Kudo. Il panico aumentò quando scoprirono chi aveva bussato.

- C'è nessuno? Shinichi, sei lì dentro? -

Era Ran.

Shinichi si catapultò oltre la scrivania del padre, proprio mentre la ragazza entrava.

- Ah... Hakase? -

- Ah... Ran-kun... ehm, è da un po' che non ci si vede... -

Ran diede una veloce occhiata alla biblioteca, non potendo fare a meno che restare incantata nonostante fosse stata in quel luogo innumerevoli volte:

- Wow! Non finirò mai di stupirmi della quantità di libri in questo posto. -

Agasa, leggermente pallido, replicò in tono allegro:

- Oh! Be'... sai, il padre di Shinichi-kun è un famoso scrittore di gialli, quindi... -

Ran sospirò e disse, più a se stessa che al professore:

- Crescendo qui in mezzo Shinichi è diventato un assatanato di gialli. -

Sentendola Shinichi non poté trattenersi dal borbottare:

- Chiudi il becco! -

Sfortunatamente Ran lo sentì e, cercando di aggirare il professore chiese:

- Eh? Quella voce...? -

Shinichi in fretta e furia cercò un modo per sfuggire alla giovane karateka, ma l'unica cosa che trovò fu un paio di occhiali... i vecchi occhiali di suo padre.

- E tu chi sei? -

S'infilò gli occhiali, poi si rese conto che le lenti erano graduate.

Ran osservava il bambino che rifiutava di voltarsi.

- Avanti, non fare il timido! -

Tolse velocemente le lenti e si rimise di nuovo gli occhiali poco prima che Ran lo costringesse a voltarsi.

Poi il tempo sembrò fermarsi: Agasa guardava la scena trattenendo il fiato, pallido in volto, Shinichi sudava freddo, mentre Ran fissava il bambino negli occhi, il suo sguardo indecrifrabile.

- Questo bambino... -

Merda! No! No! No!

Non fece in tempo a finire di imprecare e maledire quei tizi in nero che si ritrovò stretto tra le braccia di Ran, mentre lei lo abbracciava

- … Questo bambino è adorabile! -

Solo allora il professore si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Intanto il viso di Shinichi si tinse di trendadue sfumature di rosso mentre godeva dell'attenzione di Ran (e non trovava niente da ridire sul fatto che fosse vertiginosamente vicino al petto di lei).

- Di chi è questo bambino? -

Chiese Ran al professore. Questi si grattò imbarazzato la nuca e replicò incerto:

- Eh? Ah! Sì, è un... ehm, mio lontano parente... -

Poi la ragazza si rivolse a Shinichi e gli chiese gentilmente:

- Quanti anni hai? -

Shinichi, libero dalla stretta della ragazza, cominciò a indietreggiare cercando disperatamente di non tradirsi:

- Sedic... cioè sei! -

Ran avanzando continuò:

- Quindi vai in prima elementare? -

- Ehm... sì, sì... -

Ormai si trovava bloccato: Ran si abbassò alla sua altezza e alle spalle si trovava la sezione gialli della sua biblioteca.

- E dimmi, qual è il tuo nome? -

- Shin... no! Cioè... io... -

Dio, sono fottuto!

 

   
 
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