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Autore: fandani03    08/07/2017    0 recensioni
Andò nella stanza di Oliver e gli chiese, senza giri di parole: - “Sei innamorato di Jamie??” -
- “Cosa? Marin ma che dici?” -
- “Rispondi, devo saperlo!!” -
Oliver abbassò lo sguardo, si scansò per farlo entrare e richiuse la porta.
- “Ascolta Marin, il punto non è se io sia o meno innamorato di Jamie.. il punto fondamentale è che lei.. Lei è per certo innamorata di te! Non di me, Marin. E questo, scusami, ma rende la tua domanda del tutto inutile!” –
Mi sono trovata per sbaglio a scrivere su questa storia, su un anime a mio avviso davvero bello, struggente e complesso. Per niente banale e tutt'altro che facile da comprendere ad una prima visione e in giovane età, come successe a me all'epoca.
Non mi è mai del tutto andata giù l'idea che l'eroe della storia debba per forza innamorarsi della "cattiva". Pur avendo ben chiaro il conflitto negli animi dei protagonnisti e la ragioni indiscutibili dell'attrazione tra Marin e Aphrodia, non volevo mollare la povera Jamie, bella, leale, innamorata e tifare, stavolta, per che rispecchia i canoni classici.
Ecco quindi lo svolgimento di una storia che, nell'anime forse, non è mai neppure iniziata!
Genere: Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7 - L’amore del nemico
 
Nonostante la pelle stesse ghiacciando sotto il sudore a causa della paura, Oliver e Jamie, senza esitazioni, percorsero i corridoi della nave spaziale senza essere avvistati. Seguendo due sentinelle che avevano scorto poco dopo essersi allontanati dalla cella, richiusa a dovere con dentro il soldato steso a terra, si resero conto di essersi avvicinati alla sala principale, quella in cui Gattler aveva accolto Jamie e Marin.
Avevano controllato ogni cella, non c’era traccia del loro compagno.
Jamie si rese conto di non avere idea di dove potesse essere. Non faceva che riflettere su qualsiasi cosa si fossero detti, su cosa potesse aver detto Aphrodia che avesse lasciato qualche indizio. Non aveva detto nulla…..
 
Le voci che udirono avvicinandosi furono raggelanti.
Gattler stava annunciando ai suoi stretti collaboratori quanto era nelle sue intenzioni. Bombardare la Terra era un piano imminente, le voci che lo contrastavano erano concordi e unanimi.
Ma sentirono una nota inaspettata, la voce femminile che ben conoscevano rivolgersi al dittatore, consapevole di rischiare moltissimo esternando simili affermazioni.
- “..ho bisogno che tu mi spieghi cosa è davvero la Terra…” -
- “Non credo di aver capito bene..” -
- “Hai capito bene, ne sono certa!” - affermò fiera.
I due Blu Fixer poterono cogliere la forza di quella donna solo ascoltando il suono della sua voce, non avevano bisogno di vederla. Sapevano che si ergeva di fronte al supremo comandante senza timore.
- “Mia cara Aphrodia, forse la frequentazione con i terrestri può averti distolta dalle nostre priorità, dai nostri progetti. Ti concederò una notte per riflettere sulle tue parole. Sono più che certo che domani non oserai nuovamente rivolgerti a me in questo modo.” - il tono autoritario e minaccioso, al quale era abituata sin da bambina, le diedero un colpo diritto nella pancia, la fecero sussultare al punto da non avere scelta. Si era paralizzata.
Abbassò la testa e provò il desiderio di sottomettersi, come era sempre stato. L’irrefrenabile istinto che la portava a sottostare ad ogni suo ordine o desiderio. Non era mai riuscita a ribellarsi, e anche in questo momento capì di non esserne capace. Non era ancora pronta.

Ascoltare quello stralcio di conversazione lasciò in Oliver e Jamie un senso di disagio, quasi avessero assistito ad un evento personale, privato, non di guerra, non di strategia. Capirono che dovevano approfittare di quel momento per continuare nella ricerca di Marin e si allontanarono.
 
Era passata circa un’ora.
L’Astronave Aldebaran non era certo il luogo ideale per concentrarsi o trovare luoghi di riflessioni. Si ricordava bene la Base FS, con quella bellissima vetrata sul mare e sul tramonto, dove molti di loro si rifugiavano in momenti di difficoltà.
Avrebbe davvero voluto un suo angolo, un luogo privato che non fosse solo quella piccola cabina, seppure accessoriata, senza finestre e senza l’aria fresca del mare e della sera. Se ne ricordava appena, di quando era bambina. Di cosa fosse l’aria fresca, il cielo e i colori, al di là della coltre che aveva rivestito il suo pianeta per decenni.
Girovagando, si era ritrovata di fronte a quella maledetta consueta cabina quasi inconsciamente, ancora frastornata dal confronto con Gattler.
Una volta entrata si adagiò lentamente sul divano poco distante dalla porta.
Una lacrima spuntò dall’angolo dei grandi occhiali che la celavano. Durò un istante. In un impeto impugnò la sua pistola.
Sedeva con la pistola tra le mani, ciondolanti in mezzo alla gambe, accovacciata su se stessa e in preda ad infiniti pensieri e infiniti sentimenti che la stavano attanagliando.
Si alzò di nuovo e aprì la porta di scatto, facendo sussultare persino una delle due sentinelle appostate fuori. Impiegò parecchi istanti prima di esprimersi, ma alla fine decise e ordinò nuovamente la stessa cosa.
- “Portatemi il prigioniero… sì, ancora una volta…” -
 
Marin entrò in quella stanza con un timore ben celato, non sapeva cosa aspettarsi da questo nuovo incontro a distanza di poche ore. Forse si era davvero decisa, lo avrebbe ucciso stavolta.
La donna era in piedi di fronte a lui, lo fissava. Poteva vedere il suo sguardo anche dietro a quegli occhiali. Non capiva.
Le sentinelle lasciarono la stanza.
Aphrodia poggiò la mano sul fianco, quello dove teneva la pistola. Marin indietreggiò di qualche passo.
Ma con l’altro mano, rapida e senza esitazione, la donna prese la frusta che giaceva avvolta sul fianco opposto e con una velocità inaspettata colpì Marin alle gambe.
- “Aahh,” - emise un gemito e si trovò a terra. Era la seconda volta che veniva abbattuto e colto di sorpresa, si disse che non l’avrebbe più permesso.
In uno scatto improvviso balzò in piedi e, nonostante avesse i polsi bloccati, si scagliò contro il suo aguzzino guidato dalla rabbia e dalla frustrazione che aveva ormai accumulato.
Non le diede il tempo di reagire, sferrò un calcio colpendo le mani di lei che lasciarono cadere la frusta. In un secondo le fu addosso e con il suo corpo la scaraventò contro il muro.
Aphrodia sbarrò gli occhi, per un secondo si sentì indifesa. E Marin lo riconobbe, quello sguardo, quello sul quale finalmente aveva avuto la meglio.
Le mani legate gli impedivano di agire liberamente, ma era abbastanza forte da poterla serrare e sufficientemente addestrato da sapere che la mano fulminea di lei stava per raggiungere la pistola. Un altro calcio ben piazzato e la pistola sobbalzò fuori dalla fondina. Ora era davvero disarmata.
Si scansò da lei. La donna continuò a rimanere con le spalle al muro, inerte.
Si osservarono per degli attimi che non tradirono nulla di quanto sarebbe successo di lì a poco.
Marin non riusciva a non provare rabbia, ma anche molta pena per quella donna così forte ma anche, e trapelava enormemente, così interiormente fragile.
E fu mentre la osservava che si accorse del lento movimento della mano di lei che lo fece scattare nuovamente, ma si arrestò di colpo quando capì che non correva pericolo.
Il cappello si sollevò appena ma bastò per lasciar andare una massa di capelli fluenti. Le caddero sulle spalle morbidi. Con l’altra mano raggiunse gli occhiali scuri che l’avevano fino a quel momento protetta. Se li sfilò ma rimase con lo sguardo basso e con gli occhi chiusi.
Quando si decise a sollevare lo sguardo, quel gesto rivelò dei luminosi occhi verdi. Erano belli, erano grandi e intensi.
Solo una volta, forse, era riuscito a vederla così, solo un attimo fugace. E in questo momento si rese conto di non averla mai osservata veramente.
Nonostante la sua oggettiva bellezza, fu colpito dallo sguardo teso e contratto.
Vide quello che già sapeva, vide smarrimento, vide rabbia, vide sofferenza.
Quei verdi occhi in un attimo si riempirono di lacrime. Erano colmi, erano lacrime troppo a lungo trattenute. Marin rimase sgomento, non sapeva cosa fare, cosa dire, se guardarla, se voltarsi, se scappare via….
- “Dannazione, Marin…” - gettò via il cappello e gli occhiali, si piegò sulle gambe fino a toccare terra con le mani.
- “Aphrodia….” -
- “Tu mi togli lucidità… io so cosa devo fare, sono nata per questo, sono nata per servire Gattler, per servire Aldebaran, maledizione…” – sbattè con violenza un pugno a terra.
Alzò di colpo lo sguardo, le lacrime sgorgavano prepotenti. Riconobbe il combattimento che stava affrontando.
Non poté farne a meno, allungò una mano e gliela porse. Lei la gettò via.
- “Nessuno mi ha mai visto così……nessuno eccetto Gattler, lui….” -
- “Lui cosa? Cosa ti ha fatto, Aphrodia? Dimmelo ti prego…” - si accovacciò accanto a lei. Le poggiò una mano su un ginocchio..
 
Il racconto come un fiume in piena pervase le pareti di quella asettica cabina di una nave da guerra. Il dolore che quella donna portava dentro, le parole traboccanti rimasero impresse nella mente di Marin, ogni singolo dettaglio di quel suo agghiacciante racconto.
Quel maledetto l’aveva posseduta fin da quando era una bambina, l’aveva plagiata, allevata a sua immagine, le aveva tolto la vita.
Pensò che forse l’aveva sempre saputo, nulla di quello che Aphrodia raccontò lo stupì realmente.
Ma lo stupì la spontaneità con la quale lei si aprì.
- “Solo da pochi anni sono libera da quel giogo. Da quando sono diventata il Comandante dei suoi soldati ha cominciato a rispettarmi, senza chiedere più nulla. Ma io non so se posso farlo, io avevo perso tutto e lui mi ha tenuta con sé, come posso rinnegare quanto mi ha dato?” - ancora sconvolta e incapace di vedere la verità, Aphrodia aveva ceduto alla sua stanchezza appoggiandosi con la schiena alla parete.
- “Tu puoi, certo che puoi. Lui ti ha dato solo sofferenza, si è approfittato di te nel modo più meschino. Eri una bambina, doveva proteggerti, e invece…ecco, ha fatto cose che non avrebbe dovuto. Non farti ingannare da quel che ti dice, lui vuole solo continuare ad avere potere su di te. Non farà altro che far leva sulla tua riconoscenza… ma non è così, è falso. Tu non gli devi niente, tu devi liberati di lui, Aphrodia… noi possiamo aiutarti…” -
- “Noi? Chi? forse tu e la tua biondina terrestre? I Blu Fixer? Ma non farmi ridere, Marin. Se venissi via con te la tua squadra mi ucciderebbe a sangue freddo alla prima occasione.” -
- “Non è vero, parlerò loro, gli spiegherò tutto… io…” -
- “Non osare, non voglio la tua pietà, tanto meno quella dei terrestri…” -
- “Non è pietà… accidenti, possibile tu sia sempre così maledettamente orgogliosa?” -
Qualche attimo di silenzio scese su di loro. Entrambi necessitavano riflessione.
Marin doveva comprendere in fretta cosa fare e come muoversi, non c’era tempo, non aveva tempo di occuparsi di questioni così delicate. Tuttavia il Comandante Aphrodia continuava a lasciare il segno. Non se la sentiva di abbandonarla al suo destino, sapeva che doveva convincerla.
- “Devi venire con me, con noi, sulla Terra. Dobbiamo salvare quel pianeta, Aphrodia, lo dobbiamo a S1…” -
- “Possibile tu non abbia capito che non mi importa? Sì, Marin, d’accordo, hai ragione tu, la Terra e S1 sono lo stesso pianeta, Gattler ne è al corrente e non gli importa. Sono qui perché voglio ascoltarti, voglio capire se stiamo sbagliando tutto. Ma devi aprire gli occhi, devi renderti conto che non c’è niente che possiamo fare. Siamo segnati, tutti quanti…..Forse il nostro destino è quello di continuare ad odiarci, niente altro. E continueremo a farlo ciascuno dal proprio pianeta…” -
- “Siete al corrente di tutto ma volete comunque distruggere la Terra? E se ci fosse un modo che non abbiamo ancora capito? Dobbiamo tentare, dobbiamo dare a tutti noi una possibilità…” - si interruppe.
Una possibilità. Forse in un’altra vita, forse in un altro momento, senza questa assurda guerra…e i pensieri presero corpo ed uscirono dalla sua bocca, quasi inconsapevoli. Doveva comunque tentare il tutto per tutto.
- “In un altro momento, in un altro luogo, forse tu ed io… avremmo potuto avere una vita diversa, una vita normale…” -
- “Non dire assurdità, tu hai ucciso mio fratello!” - rispose caustica senza esitare.
Marin era seduto accanto a lei. Il suo cuore aveva accelerato prepotente quando il ragazzo aveva pronunciato quelle parole, ma non riusciva a guardarlo, non riusciva a dire a se stessa ciò che davvero desiderava. Il suo nemico, che aveva ucciso suo fratello. Eppure dannazione se lo desiderava. Sentiva il calore del suo corpo così vicino, così forte, così prepotente, lo voleva con tutte le sue forze, ma non poteva in alcun modo lasciar andare la sua corazza, non ora, non ancora.
Senza voltarsi verso di lui, si tirò su e si alzò in piedi.
Lui fece lo stesso. Le andò incontro e le porse le mani per farsi aprire le manette.
- “Unisciti a noi, ti prego…” -
La donna lo fissava dritto negli occhi, senza cedere.
Marin prese le mani di lei tra le sue, le strinse forte per un attimo.
Aphrodia strinse gli occhi, osservandolo con più intensità.
- “Cosa provi per quella ragazza?” -
La domanda lo spiazzò, ma doveva rispondere.
- “Jamie? Lei è molto importante per me…” -
Sorrise inquieta, senza capire cosa stesse davvero accadendo…
- “Lo so, mi domando cosa succederebbe, se tu non fossi legato a lei….” -
 
- “Sì, me lo domando anch’io…” - la voce di Jamie arrivò come un getto forte che risvegliò entrambi da quello strano attimo di intimità.
 
Il ragazzo si raggelò e si emozionò al tempo stesso quando gli occhi di Jamie incontrarono i suoi. Oliver era dietro di lei.
La porta si era aperta senza che loro se ne accorgessero, forse si erano fatti davvero trasportare dalle circostanze, da una situazione quasi surreale.
Cosa gli aveva appena chiesto Jamie? Continuò…
- “Io mi fidavo di te, Marin...” -
- “No, Jamie, aspetta…” - si precipitò verso la ragazza, ma Jamie fece un passo indietro - “..sono felice di vedere che stai bene, anche tu Oliver…” - ma quel solo attimo di riconciliazione fu interrotto bruscamente dal rumore della sicura dell’arma che Aphrodia stava puntando contro di loro.
Direzionò la sua mira verso la giovane Jamie.
- “Marin, dimentica la nostra conversazione, tutto quello che hai sentito. Nulla ha senso di quanto ci siamo detti… Adesso me ne andrò e voi sarete liberi di fare ciò che vorrete, non ve lo impedirò. Ma non dovete seguirmi.” -
Con la pistola puntata sulla ragazza Aphrodia si fece strada tra i Blu Fixer, incrociando lo sguardo di Marin e procedendo dritta per la sua strada.
Ma non appena voltò loro le spalle la mano di Oliver corse sulla sua fondina, per precauzione, per prudenza, per abitudine.
La convinzione che quel Blu Fixer stesse per far fuoco su di lei non la fece esitare, si voltò di scatto e premette il grilletto.
L’urlo sordo risuonò tra le mura di quel corridoio.
La mano sul fianco da cui già sgorgava copioso sangue era la delicata mano di Jamie Oshino, che cadde in ginocchio davanti ai loro occhi, senza riuscire a sorreggersi. Fino a che non fu sollevata dalle forti braccia di Marin.
- “Jamie!” - si rivolse con occhi furenti verso Aphrodia - “Che cosa ha fatto? Perché??” – era sconvolto, il volto contratto di rabbia.
- “Marin….” - il comandante sussultò non appena si rese conto del suo gesto. Aveva agito d’istinto, aveva colpito la giovane biondina terrestre eppure non provava alcun piacere. Sentiva solo una forte morsa allo stomaco che la fece tremare profondamente. Non voleva questo, non voleva ferirla, non voleva ferire Marin. Se ne stava rendendo conto solo in quell’attimo, forse troppo tardi.
- “E’ colpa mia, non so cosa avevo in testa… io volevo solo…” -
- “Maledizione, Oliver, ci avrebbe lasciati andare….” -
- “Io…io non mi sono fidato di lei. Ho sbagliato, Jamie rispondimi…” - Il ragazzo stava prendendo coscienza del tragico errore commesso.
La giovane Blu Fixer faticava a rispondere alle loro parole, il dolore la attanagliava. Il contatto con il corpo di Marin la rassicurava, ma non bastava. Sentiva che le forze la stavano abbandonando.
I due uomini fissavano la loro amica inermi. Si guardarono tra loro, non capivano come avrebbero fatto a portarla in salvo.
Un nodo alla gola bloccava Marin, ma una cosa aveva ora chiara.
Puntò la pistola contro Aphrodia.
- “Vattene… prima che ti ammazzi.” -
La donna rimase impietrita ma non sorpresa. Con un sorriso amaro rispose.
- “Allora la ami davvero…” -
- “Certo che la amo, non so perché tu ne abbia dubitato, o perché pensi possa averne dubitato io. Non voglio ucciderti, ma lo farò se intralcerai i nostri piani. Dobbiamo eliminare Gattler, unisciti a noi oppure vai via, lontano…dove io non possa più trovarti.” -
Le parole di Marin, che sia Jamie che Oliver avevano ascoltato, avevano finalmente dato un senso a tutto. Avevano smosso gli animi e una situazione dalla quale non sapevano come uscire.
La mano di Jamie strinse con forza quella del suo Marin.
Era stata tutta una finzione….aveva finto di dubitare di lui, Marin aveva finto di assecondare Aphrodia… sì.
Doveva essere così, la stava raggirando.
Forse per un attimo aveva dubitato di lui, era stato un solo attimo piccolo e insidioso. Sufficiente per farle intristire il cuore. Ma ascoltando le parole del ragazzo aveva compreso che non c’era comandante affascinante che avrebbe potuto intaccare la sua fiducia in lui. Ora sapeva che l’aveva ben risposta.
Continuò a stringergli la mano e il ragazzo rispose alla stretta.
- “Marin, non preoccuparti per me, me la caverò…” -
- “Perdonami piccola Jamie, non doveva succedere a te, ma noi ci occuperemo di te…” -
Marin fece un cenno ad Oliver, indicandogli di prendere il suo posto per tenere Jamie con sé.
- “Ti affido Jamie, so che non lascerai che le accada nulla…” -
- “Cosa intendi fare, Marin?” - chiese Oliver dubitando.
- “Porta Jamie in salvo, correte verso il Buldiprice, dovete tornare sulla Terra. Io devo fare quello che è necessario…” -
- “Non dire sciocchezze, non puoi farcela, non puoi uccidere Gattler da solo…ti servono rinforzi…” - si inserì Aphrodia con l’intenzione di rimediare all'enore sbaglio che sentiva di aver commesso pocanzi.
Marin ne era consapevole e proseguì.
- “Tu li aiuterai, li porterai in salvo fino alla loro navicella, la tua presenza li terrà al sicuro.” - il tono perentorio di Marin e la pistola puntata contro di lei non lasciavano adito a fraintendimenti, né consentivano di opporsi.
Sapeva che Aphrodia non aveva voluto ferire Jamie deliberatamente, ma non poteva perdonarla per quel che aveva fatto. Aveva rivelato, per l’ennesima volta, il suo vero essere. Un soldato pronto a tutto e incapace di alcun discernimento umano. Era ora per lei di riscattarsi. L’avrebbe portati in salvo, ne era certo.
La fissò un’ultima volta poi, lentamente e senza timore, si voltò e si inginocchiò accanto a Oliver e Jamie.
Incurante della presenza di Oliver accanto a loro, si chinò su Jamie e le diede un delicato e profondo bacio sulle labbra. La ragazza chiuse gli occhi e lo accolse.
- “Amore mio, andrà tutto bene, non devi temere, Oliver si prenderà cura di te…” -
- “Marin, ti prego….torna da me….” -
Le strizzò l’occhio, lei sorrise mentre una lacrima le solcava il viso. Una smorfia di dolore increspò le sue labbra.
A quella vista l’apprensione di Marin aumentò. Si alzò e si voltò verso Aphrodia.
- “Andate..” -
Oliver sollevò Jamie, aiutato da Aphrodia. Si avviavano verso l’hangar.
 
I capelli morbidi del coraggioso pilota del Pulsern Burn si mossero nell’aria nell’attimo in cui, a sua volta, si voltò. L’avrebbe ucciso, doveva salvare la Terra, Jamie doveva salvarsi. Tutti loro si sarebbero salvati.
Correva incontro al suo destino.
  
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