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Autore: Stella Dark Star    09/07/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo trentaquattro
Nero su bianco
 
Tommaso entrò nella sala da giorno ma, sentendosi a disagio, si voltò indietro per ricercare uno sguardo d’incoraggiamento. Guendalina lo accontentò e, dopo avergli sorriso, richiuse la porta. Sentiva addosso una strana inquietudine fin dal momento in cui lei si era presentata a Palazzo degli Albizzi dicendo che il suo Signore desiderava incontrarlo. Che cosa voleva da lui quell’uomo? Da alleato e amico di famiglia si era tramutato in uno sporco traditore ingannando Rinaldo e contribuendo al suo arresto. Quella fatidica sera, quando Ormanno aveva appreso la notizia, era quasi svenuto. Se non ci si poteva fidare degli amici, di chi fidarsi allora? Ed ora si trovava lì a Palazzo de’ Pazzi, di nascosto dal proprio Signore e con un brutto sospetto.
“Vieni avanti, ragazzo, non hai nulla da temere.” Gli disse Andrea, per tranquillizzarlo, ma nel suo mezzo sorriso non vi era traccia di cordialità e il fatto che tenesse due calici in mano era alquanto sospetto. Infatti ne sollevò uno e disse: “Prego, non fare complimenti.”
Anche se avrebbe preferito andarsene, alla fine Tommaso si rassegnò ad affrontare ciò che sarebbe avvenuto. Gli andò incontro e prese il calice che lui gli stava offrendo.
“Ormanno aveva grande stima di voi.” Puntualizzò, per fargli capire che non si fidava di lui.
Andrea sospirò: “Mi dispiace averlo ferito, ma qualcuno doveva pur fermare la follia di suo padre.” Sfoderò di nuovo quel mezzo sorriso sinistro: “Non ti ho mandato a chiamare per parlare degli Albizzi. Forse tu puoi aiutarmi a trovare una cosa.”
Sospettoso e incuriosito in egual misura, Tommaso gli fece un cenno col capo per indurlo a proseguire.
Andrea bevve un sorso dal proprio calice, quindi disse: “Giorni fa ho udito involontariamente la tua conversazione col cane dei Medici. Anche se non so i dettagli, ho capito che vi è la possibilità di distruggere la reputazione di quella famiglia e far arrestare Lorenzo. Ora che sono prossimi a tornare, non ho altro desiderio che gettarli nel fango come i porci che sono. Per farlo, però, ho bisogno che tu mi dica dove posso trovare il Registro dello speziale.”
Tommaso ridacchiò: “Forse avete involontariamente perso la parte in cui ho detto che forse è in possesso del Gonfaloniere di Giustizia.”
Andrea sollevò un sopracciglio: “Avrà funzionato col cane, ma per ingannare me dovrai impegnarti di più. Lo speziale era la tua famiglia e tu di certo sapevi che a volte vendeva rimedi…come dire, letali. Di certo non volevi che dopo la sua morte venissero alla luce fatti spiacevoli sul suo conto. Perciò, sono convinto che tu abbia nascosto con cura quel libro. Se mi dirai dove, io cercherò le prove della colpevolezza di Lorenzo e lo farò giustiziare. Così avremo entrambi quello che vogliamo.”
La proposta era maledettamente allettante. Se così fosse stato, finalmente avrebbe avuto giustizia per lo speziale. Ma come fidarsi di un traditore?
Vedendolo incerto, Pazzi aggiunse: “Solo io posso aiutarti. Devi fidarti di me per forza.”
Tommaso gli lanciò un’occhiataccia anche se sapeva che aveva ragione lui. Per darsi un po’ di carica, bevve il vino tutto d’un fiato e lo posò su un mobile a portata di mano.
“Accanto alla bottega vivono due sorelle, entrambe vedove. Avevano un buon rapporto con lui e talvolta si scambiavano piccoli favori per aiutarsi. Lui le chiamava ‘le dolci sorelline’.” Si sentiva un po’ ridicolo a raccontare quella storia, ma ormai aveva deciso. Se doveva fidarsi, dove farlo fino in fondo: “La notte in cui venne ucciso, nonostante io fossi turbato e addolorato, la prima cosa che feci fu di prendere il Registro e portarlo a loro. Le uniche persone che sapevo l’avrebbero custodito e protetto.”
Andrea, che aveva ascoltato quella seconda parte della storia con molto più interesse della prima, si mostrò soddisfatto: “Bene. Andrò da loro, dunque. Solo dimmi come convincerle a consegnarmelo.”
“Semplicemente dicendo che vi mando io. Si fideranno.” Fece un inchino e si avviò verso l’uscita. Uscendo, però, fece sbattere la porta. Anche se sperava di aver fatto la cosa giusta, era adirato con se stesso e si sentiva come se fosse un traditore. Più ci pensava e più si convinceva di aver fatto una sciocchezza ad aiutare Pazzi.
Quando rincasò, incontrò Ormanno in un corridoio. Un altro incontro spiacevole. Da quando gli aveva confessato il suo amore, tra loro le cose erano cambiate. Tommaso da quel giorno si era guardato bene dal stargli troppo vicino e talvolta sentiva un brivido corrergli lungo la schiena quando Ormanno lo fissava. Perfino quando Rinaldo era stato arrestato lui aveva mantenuto una distanza di sicurezza per timore che Ormanno perdesse nuovamente il controllo e gli mettesse le mani addosso.
“Dove sei stato? Ti stavo cercando.” Chiese Ormanno, con voce roca.
“Perdonatemi, dovevo fare una cosa.” Rispose, osservando i suoi occhi arrossati e l’incarnato pallido. La pena che si portava dietro lo stava consumando giorno dopo giorno.
Ormanno si schiarì la voce, che però continuò ad uscirgli roca: “Vieni, devo parlarti. E’ una cosa urgente. Dobbiamo partire per Roma.”
Tommaso lo seguì fino alla sue stanze private, ansioso di saperne di più. Giustamente. Non appena richiuse la porta, gli porse la domanda: “Avete detto Roma? Perché mai?”
“Dobbiamo salvare Papa Eugenio IV. Il Duca di Milano ha attaccato la città.” Rispose secco Ormanno.
Tommaso non nascose di essere contrariato: “E noi cosa c’entriamo in tutto questo?”
Ormanno gli si avvicinò, senza osare sfiorarlo, anche se avrebbe voluto, e lo guardò negli occhi con assoluta serietà: “La mia famiglia è molto legata a Sua Santità, per questo lui ha chiesto il nostro aiuto. Dobbiamo portarlo in salvo qui a Firenze. Ho bisogno di te, Tommaso.”
Lui scostò lo sguardo: “Non sono sciuro di voler rischiare la vita per questo. La situazione è già abbastanza complicata senza aggiungere un ulteriore problema.” Cosa stava dicendo? Parlava da codardo senza nemmeno pensare alle parole che gli uscivano dalla bocca. Stava solo trovando delle scuse per nascondere il vero motivo che lo bloccava: il pensiero di essere al suo fianco e dover sopportare i suoi sguardi tristi e le sue attenzioni mirate. Non poteva farci niente, era più forte di lui. Non voleva essere crudele ma… Dannazione, nella mente continuava a rivivere tutto! Tra scambiarsi un bacio per puro divertimento, come avevano fatto la prima volta, a bramare un atto carnale contro natura c’era una bella differenza!
Come se gli avesse letto nel pensiero, Ormanno gli disse: “Non volevo che la mia dichiarazione d’amore ti turbasse a tal punto da non fidarti più. Ma il fatto che io sia innamorato di te e ti desideri non deve influenzare il tuo comportamento. Stiamo parlando di dovere, ora, e tu come guardia personale hai l’obbligo di seguirmi. Non accetto rifiuti o lamentele.” Si accorse che il suo sguardo stava tremando dalla rabbia, ma non volle dargli peso: “Preparati e saluta la tua fidanzata. Partiamo tra due ore.” Andò ad aprirgli la porta di propria mano e gli fece un cenno col capo per obbligarlo ad uscire. Non era proprio il momento di lasciarsi andare al sentimentalismo, c’erano troppe cose importanti da fare.
*
Per un motivo o per un altro, ormai Andrea restava sveglio fino a notte fonda o addirittura andava a dormire solo all’alba. La politica non gli aveva mai tolto il sonno prima di allora, ma con Rinaldo in cella e i Medici sulla via del ritorno non riusciva a rilassarsi. Stanco e di cattivo umore, scansò il Registro con una mano e si adagiò sullo schienale della poltrona. Era stato facile ottenerlo, anche se Tommaso aveva omesso di dire che le due sorelle erano delle megere sfiorite che amavano il trucco pesante e le proposte sessuali indecenti. Ad ogni modo, dopo giorni trascorsi ad esaminare quel dannato Registro, ancora non aveva trovato quello che cercava. Si era soffermato sul periodo antecedente la morte di Giovanni de’ Medici, ma tra i compratori di veleni non vi era nessuno che potesse essere collegato alla sua famiglia o alla sua morte. Il nome di Lorenzo non c’era. Diavolo, però su una delle pagine una riga era stata cancellata con una buona dose di inchiostro e qualcosa gli diceva che proprio lì si trovava l’indizio che cercava. Quel vigliacco di un macinaerbe l’aveva cancellata di proposito, anche se questo non era bastato a salvargli la vita. Nonostante quella sconfitta, Andrea aveva comunque continuato ad esaminare i nomi, proseguendo con le pagine successive alla morte di Medici. Cosa sperasse di trovare, ormai non lo sapeva nemmeno lui.
“Leggerò un’ultima pagina. Non ha senso continuare così.” Disse tra sé. Riavvicinò il Registro e vi si chinò per riprendere la lettura. Col dito indice prese a scorrere la colonna della merce venduta, fino a quando non trovò la dicitura ‘cicuta in polvere’. Mosse il dito in orizzontale sulla riga e si soffermò sulla colonna del nome del compratore. Erano scritte solo le lettere R e A. Curioso che fossero le iniziali di Rinaldo degli Albizzi! Certo lui non avrebbe avuto motivo di recarsi personalmente in quella bottega. E poi in quel periodo era in guerra, perciò non era possibile che si trattasse di lui. Andrea avvicinò di più la candela e lesse bene la data. Per una strana coincidenza, era lo stesso giorno in cui Lucrezia si era sentita male. Anche se lui le aveva fatto visita alcuni giorni dopo, lo ricordava bene.
Scosse il capo ridacchiando: “Una coincidenza, appunto! E poi chi mai avrebbe voluto avvelenare Lucrezia e per quale motivo?” Il sorriso gli morì sulle labbra nel ricordarsi di un fatto. Rinaldo era sì in guerra, ma proprio quel giorno era tornato in città per chiedere maggiori fondi alla Signoria.
Scosse lentamente il capo: “No. Dimmi che non è vero. Dimmi che mi sto immaginando tutto.” Si rivolse al Registro come se questo potesse dargli una risposta. Anche se… Il malessere di Lucrezia, il ritorno di Rinaldo e le sue iniziali scritte nero su bianco accanto alla parola ‘cicuta’, erano tutte coincidenze sospette. Anche troppo. Non si chiese nemmeno se Rinaldo avrebbe potuto compiere un simile crimine, perché sapeva bene che ne era in grado. Odiava Lucrezia per il semplice fatto di far parte della famiglia Medici e aveva tentato di tutto per distruggere il loro amore. Ora lo sapeva, Rinaldo aveva fatto avvelenare Lucrezia. Sentì il sangue salirgli alla testa, sussurrò tra i denti: “Maledetto.” Ma poi, battendo pesantemente i pugni sul tavolo, quella parola uscì in un grido che squarciò il silenzio della notte: “MALEDETTO!”
  
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