★ Iniziativa: Questa storia partecipa alla challenge
“Notte di Tanabata” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 3624
★ Prompt: A e B si
incontrano per caso in aeroporto dopo molto tempo mentre aspettano notizie dei rispettivi
voli. È la notte di Tanabata (15)
★ Bonus: desiderio su carta (25)
★ Bonus: addormentarsi insieme (22)
Una notte ancora e
per tutta la vita
Un sonoro sbuffo spazientito risuonò tra
le labbra di Yuri. Non solo gli avevano cancellato il volo che avrebbe dovuto
riportarlo a casa, finalmente a casa dopo un'intera stagione passata a girovagare
per tutto il mondo senza un attimo di sosta, no quella sera ci si era messo
anche Victor, sempre lui, a inondarlo su WhatsApp
– e qualsiasi altro social cui potesse avere accesso – di foto ritraenti lui e Yuuri intenti a
spassarsela, a casa di quest'ultimo, per la festa del sette di luglio. Victor
gli aveva mostrato lo yukata
che indossava quell'anno da ogni angolazione, gli aveva mostrato quello
coordinato che aveva preso al consorte, un’infinità di scatti ritraevano i cibi
che avrebbero mangiato, ma la foto che più aveva fatto battere il cuore di Yuri
era stata quella che ritraeva il russo intento ascrivere il suo desiderio. Zoomando
curioso, Yuri, aveva anche potuto leggere di cosa si trattasse. Ed evitare che
una lacrima, piccola e fugace, gli accarezzasse la guancia era stato
impossibile. Ancora prima che se ne potesse rendere conto era già comparsa
mostrando quanto, in realtà, quei due gli mancassero.
Diversi anni prima aveva partecipato anche
lui alla festa di Tanabata. Da qualche parte nel suo
cellulare conservava ancora gli scatti rubati a quella magica notte, nella sua
memoria i ricordi erano impressi in maniera indelebile. Il cartoncino con
scritto su il suo desiderio diventato una sorta di portafortuna. Viaggiava
sempre con lui, ovunque andasse. Era stato un desiderio semplice, espresso
quando aveva sedici anni, e poi se ne era vergognato troppo per appenderlo alla
pianta di bambù che adornava l’ingresso delle terme di Yuuri,
per farlo leggere a chiunque passasse di lì, così aveva preferito conservarlo
vicino a sé, come un piccolo tesoro, solo suo, tutto suo.
Victor, a distanza di otto anni, aveva
chiesto la sua identica cosa.
Pur di non vedere più nessuna di quelle
foto, e tutto l'amore che i due continuavano a sprigionare da ogni poro, Yuri
fu seriamente tentato di prendere il suo cellulare e lanciarlo lontano, mandandolo
in frantumi per non veder più la loro faccia, per non andare a cozzare contro
il loro amore, per potersi dimenticare delle parole lette.
L'ennesima vibrazione lo avvertì
dell'ennesima foto che doveva aver ricevuto.
Ignorando completamente il messaggio
tornò a consumare chilometri facendo avanti e indietro nella sala d'aspetto in
cui si era confinato. Dagli altoparlanti non era ancora stato emesso alcun
suono. Le sue probabilità di tornare a San Pietroburgo sempre più inesistenti,
la sua rabbia a crescere sempre di più man mano che le ore passavano.
Gli avevano promesso un volo nel tardo
pomeriggio, ma il piano era andato in fumo quando lo avevano rimandato per
problemi di scioperi vari a cui Yuri non aveva dato
ascolto. Le hostess, troppo sorridenti per i suoi gusti, lo avevano rassicurato
che per l'ora di cena sarebbe stato sicuramente imbarcato, invece erano quasi
le dieci di sera e lui ancora stazionava bloccato nell’aeroporto di Heathrow e
del suo volo non c’era nemmeno l’ombra.
Avrebbe divorato chiunque in quel
momento per la rabbia che avvertiva inondargli il corpo, tanto peggio di così
non sarebbe di certo potuta andare, non poteva esserci nulla di peggio della
serata che stava passando.
O almeno così Yuri credeva.
«Yuri… ».
Fu un flebile sussurro, un richiamo tanto
sommesso quanto sorpreso, ma arrivò potente come un boato alle orecchie di
Yuri.
Si immobilizzò, bloccato nella sua
marcia, il cuore a battergli talmente tanto veloce da dare l'impressione che
stesse per esplodere. Avrebbe potuto riconoscere quella voce in mezzo a mille, il
tono basso e pacato. Tutto l'amore che aveva provato, e la sofferenza che il
russo stesso gli aveva inflitto, a riempire quel suono. Nonostante tutto,
nonostante il tempo e le dure parole dette.
Yuri
e Otabek si erano amati fin dal primo giorno in cui
si erano parlati, fin da quella richiesta di essere amici. L'amore tra di loro
era esploso nel giro di un battito di ciglia, ma altrettanto rapidamente li
aveva consumati, distruggendoli, ancora troppo piccoli e inesperti per poter
maneggiare un sentimento come quello che li aveva colti alla sprovvista.
La gola secca, la mente svuotata di
tutto, solo il volto sorpreso di Otabek, sorpreso
quanto lui, a riempirgli la testa, confondendolo, gettandolo nella confusione
più totale.
Era sempre stata una persona sicura di
sé e molto decisa, Yuri, ma quando si trattava di Otabek
le gambe iniziavano a tremargli e il cuore a palpitargli in maniera dolorosa. E
a distanza di anni si trovava nelle medesime condizioni. Il russo aveva creduto
che crescendo, maturando esperienze e dimenticando quello che c'era stato tra
di loro, avrebbe imparato ad affrontare il pattinatore kazako senza indugi e
debolezze, ma a quanto pareva si era immensamente sbagliato. A quanto pareva Otabek sarebbe sempre rimasto un punto debole per lui, da
proteggere e nascondere.
«Otabek? Che ci fai qui?» chiese una volta tornato
padrone del proprio corpo, cercando di mostrare quel distacco che lui steso
aveva imposto.
«Per il tuo stesso motivo temo: sto aspettando che mi trovino un volo per
tornare a casa, ma sembra impossibile per questa notte».
Senza guardarlo in volto, il kazako
depositò le sue valigie accanto a quelle di Yuri – che non aveva mai perso
l'abitudine di viaggiare con appresso l'intero guardaroba – per poi andare a
sedersi su una delle poltroncine in finta pelle che adornavano la sala.
C’erano solo loro.
Il silenzio calò immediatamente
all’interno della stanza. Yuri, confinato nello
spazio di una mattonella vicino alle vetrate, stava cercando di sedare la sua
agitazione contando le stelle che risplendevano alte nel cielo di Londra, Otabek si stava sforzando in tutti i modi di tenersi
occupato ed impedirsi di fissare l'ex compagno e catapultarsi addosso a lui.
Era la prima volta che si ritrovano soli
dopo la loro rottura. Erano passati anni da quando Yuri gli aveva chiesto di
mettere in pausa la loro storia, e non c’era stato giorno in cui Otabek non si era pentito di aver accettato quella folle
richiesta, non c'era stata ora in cui il dolore della loro separazione si fosse
affievolito dandogli pace. Continuare a vedersi era stato inevitabile, gare e
campionati e cene o eventi ufficiali, erano sempre lì, ad un passo di distanza,
separati da invisibili miglia. Non si erano più parlati, non erano più stati
vicini anzi, di muto accordo avevano iniziato ad evitarsi in tutte le maniere possibili
mantenendo le maggiori distanze.
Era stato un desiderio di Yuri, deciso a
concentrarsi unicamente sulla sua carriera, non aveva avuto tempo per altre
distrazioni e quindi aveva scelto di chiudere la loro storia. Proprio così,
come una distrazione aveva definito il loro amore, un impedimento, una zavorra
che gli avrebbe ostacolato la sua personale scalata verso la vetta. Otabek aveva incassato e si era fatto da parte, non dopo
aver provato a lottare, ma Yuri era sempre venuto prima di tutto, prima della
sua stessa vita, e se interrompere la loro relazione era ciò che voleva, ciò
che lo avrebbe reso felice, Otabek avrebbe fatto come
richiesto, si sarebbe messo da parte e sofferto in silenzio. La felicità di
Yuri era la sua personale vetta.
«Hai tagliato i capelli» commentò. Il piano di non guardarlo naufragato
come le possibilità del loro ritorno in patria prima dell’arrivo dell’alba. Lo
aveva notato subito: la lunga chioma bionda era stata spazzata via con un netto
taglio, ora Yuri portava i capelli ancora più corti di quando lo aveva conosciuto,
era una sorta di taglio come quello che aveva avuto lo stesso Otabek quando avevano iniziato ad uscire assieme.
«Ero stanco di portarli lunghi, e di tutti i paragoni che continuano ad
essere fatti tra me e Nikiforov. Ancora non hanno
capito che siamo due entità distinte ed io sono mille volte superiore a lui».
«Capisco. Ti stanno bene, comunque».
«Grazie» borbottò. E fu grazie all'immagine riflessa nei vetri che Otabek poté vedere il piccolo e fugace sorriso che era
giunto a increspare le labbra di Yuri.
«Hai fatto un’ottima stagione quest’anno. Sei in gran forma».
Con il palmares di vittorie e medaglie
che Yuri aveva vinto, quell'anno come i precedenti, si poteva dire che aveva
avuto molto più che “un’ottima stagione”. Aveva superato Victor in fatto di
notorietà sulla pista, aveva perso il conto dei titoli accumulati nel suo
curriculum, eppure tutto questo successo non riusciva a colmare il vuoto che Yuri si sentiva dentro. La gioia di ogni nuova vittoria soppiantata
da un senso di insoddisfazione che non lo abbandonava mai, e si faceva sempre
più opprimente, nonostante gli allenamenti, nonostante gli sforzi di diventare
sempre più bravo, nonostante la finta di aver voltato pagina.
«Avrei potuto fare di meglio, ma non mi lamento» scrollò le spalle
guardando lontano. Non era per niente soddisfatto dal suo operato, non ricavava
nemmeno più gioia per le sue vincite, gli erano diventate indifferenti. Tutto,
da diversi anni, aveva perso di interesse ai suoi occhi, nulla era stato più in
grado di fargli brillare gli occhi rendendoli luminosi come le stelle.
Fino a quella notte per lo meno.
«Anche tu non sei andato male, alla fine hai vinto anche abbastanza titoli,
no?».
Non se ne era persa una di esibizione
Yuri, le aveva viste e riviste tutte quante in streaming solo nella sua stanza,
la notte prima di dormire, commentando con il buio, ammirando quei salti e
quelle giravolte che dal vivo si impediva di guardare, a cui girava le spalle
per non sentirsi orgoglioso di quel ragazzo che lo aveva salvato. D'altronde
non aveva più il diritto di avere certe pretese, e provare certe emozioni per
lui.
«Sì, è andata piuttosto bene per essere l'ultima stagione a cui
parteciperò».
«Che stronzate vai dicendo? Cose vuol dire che è la tua ultima stagione?»
sbottò. Otabek aveva parlato con una tranquillità
tale da scioccare Yuri, come se gli avesse appena
detto “ho bevuto una birra prima” invece che annunciare il suo ritiro.
Le iridi azzurre, ardenti come fuoco,
investirono Otabek rubandogli qualche battito del
cuore in più del dovuto. Non erano mai cambiati quegli occhi da soldato, così
duri e fieri, tanto li aveva amati, tanto ancora li amava in fondo, facendolo
vacillare.
«Ormai ho ventisette anni Yuri, credo sia arrivato il momento, per me,
di scendere dalla pista e ritirarmi dalle gare».
Udire quelle parole fu un colpo per
Yuri, come se qualcuno fosse giunto a spezzargli le ginocchia e lui si fosse
ritrovato steso a terra inerme. Che senso avrebbe avuto pattinare, ora, se Otabek non avrebbe più solcato il ghiaccio con lui?
«E hai intenzione di gettare tutto all’aria così? La tua carriera, la
tua vita, tutto quello per cui hai lavorato duramente in questi anni!».
Se Otabek se
ne fosse andato realmente dal mondo del pattinaggio, per Yuri non ci sarebbe
più stata occasione di vederlo. Le gare a cui entrambi partecipavano erano le
uniche occasioni che il russo aveva per poter stare con Otabek.
Anche senza parlarsi, anche senza guardarsi, a Yuri bastava sapere che Otabek era lì con lui, che il senso di apatia che gli
appesantiva il petto improvvisamente diventava più leggero, meno soffocante.
Fuori dalla pista erano inesistenti. Yuri non avrebbe potuto sopportare di non
vedere più quello che era stato l'Amore
più autentico e puro della sua vita.
«Te l'ho detto, ormai sono vecchio per questo sport. È pieno di giovani
talenti che mi schiacceranno con un non nulla. Preferisco andarmene ora che
ancora mi reggo sulle mie gambe. E poi ho bisogno di staccare un po', vivere la
mia vita. Fare tutte quelle cose per cui ora non ho tempo. Tornare a fare il
dj, girare l’Europa in moto, ... ».
«Farti anche una famiglia con, Danielle,
è nei piani anche questo vero?».
Dopo che si erano lasciati, Yuri non era
stato il solo a provare ad andare avanti. A differenza sua, però, che aveva
preferito concedersi a tante esperienze senza permettere mai a nessuno di
insinuarsi stabilmente nel suo cuore, Otabek si era
trovato una compagna con la quale, a detta delle migliori riviste di gossip, erano
in procinto di fare il passo successivo, quello che avrebbe reso la loro
relazione ufficiale e indissolubile. Già tutti sentivano nell’aria le campane
suonare a nozze. Yuri aveva preso e gettato dalla finestra dell'albergo in cui
soggiornava tutte le riviste che aveva comprato. Aveva strappato le pagine e
reso coriandoli quelle parole, il volto sorridente del suo ex fidanzato e
quello della ragazza che ora lo teneva per mano.
Si era ritrovato a piangere per lui, per
quel dolore che lo aveva dilaniato pezzetto per pezzetto. Era stata tutta colpa
sua, per questo non aveva mai rinfacciato nulla ad Otabek,
fino a quel momento per lo meno.
Il volto del kazako, fino ad allora
impassibile e disteso dalla consueta pacatezza che sempre lo aveva
contraddistinto, udito il nome della fidanzata, sentirlo pronunciare con tutto
il disprezzo che Yuri aveva sempre covato dentro di sé per lei, lo portò a
sussultare e assumere un'espressione molto più sofferente.
«Ci siamo lasciati» mormorò abbandonando la testa tra le spalle,
incapace di reggere oltre l'odio che si stava riversando all'interno degli
occhi del compagno.
«Cosa?!» domandò incredulo Yuri. La rabbia spazzata via da quella
notizia bomba.
«Saranno ormai tre mesi che non stiamo più insieme».
Yuri incapace di rispondere, incapace di
respirare, rimase fermo davanti a lui. Un vortice di emozioni contrastanti
aveva iniziato a rombargli all'interno del petto: gioia, sollievo, compassione,
dispiacere, speranza.
Non aveva letto da nessuna parte di quella
notizia, nessuno lo aveva informato di questo.
«Mi, mi dispiace, non lo sapevo. Sembravate così felici… ».
«Era già da un po’ che le cose tra noi non andavano. Anzi, non sono mai
andate le cose tra di noi a dire il vero. Avevo sperato, all’inizio, che
potesse funzionare, che lei potesse aiutarmi. Mi sono accorto di averla usata
solo quando me lo ha urlato in faccia. Non ha avuto pietà per me quel giorno. Ha
detto tutte quelle parole che io, per anni, ho cercato di ignorare.
Scusa, probabilmente non ti interessa nulla
di tutto ciò. Non ho il diritto di riversarti addosso tutte queste parole»
aggiunse buttandosi all'indietro con le mani a coprirgli il volto. Voleva solo
nascondere quelle lacrime che Yuri aveva sempre saputo strappargli.
«No, cioè, noi siamo amici no? Se vuoi puoi anche prendertelo questo
diritto Otabek, puoi confidarti con me, è questo che
fanno gli amici no? Parlano e possono contare sempre l’uno sull’altro… » sussurrò con voce tremante. Pronunciare quelle
parole gli era costato davvero fatica. Lui, Otabek,
non lo avrebbe mai potuto vedere come un semplice amico, si rifiutava di
vederlo così, ma se era ciò di cui il kazako aveva bisogno, Yuri avrebbe
rivestito anche quei panni, facendo un passo indietro. Dopo tutto
quello che gli aveva inferto non era nella posizione di poter avanzare pretese
e vantarsi di titoli che non gli appartenevano.
«No! – gridò senza riuscire a trattenersi –
noi non potremmo mai essere amici Yuri! Non è possibile lo capisci? Io non
posso farcela! Non posso più essere tuo amico. È impossibile che ciò avvenga!»
sbottò alzando il tono della voce, alzandosi in piedi per scostarsi da Yuri
che, nel frattempo, era andato a sedersi accanto a lui. Non avrebbero mai
potuto essere amici. Non avrebbe potuto accettarlo. Sarebbe stato come prendere
in giro entrambi dandogli quella fasulla impressione. L’ennesima cazzata che si
sarebbero raccontati. Otabek non ce l’avrebbe fatta a
sorreggere da solo il peso di quella nuova bugia.
Yuri incassò quelle parole, ognuna una
pugnalata al cuore. Che sciocco che era stato a credere che Otabek
lo avesse perdonato. Lui stesso non si era perdonato per la cazzata che aveva
fatto, come poteva pretendere che l’altro lo avesse fatto.
«Sai cosa mi ha detto Danielle quando mi ha lasciato? Lo vuoi sapere Yuri? Mi ha detto che io non l'ho mai amata, non sono mai
stato veramente suo, che non ti ho mai davvero dimenticato. Mi ha detto che,
nonostante tutto quello che mi hai fatto, ho continuato ad amarti per tutti
questi anni mettendoti davanti a tutto, lei compresa.
E sai cosa è stato il peggio di tutto quel
discorso? Che lei aveva ragione, ha sempre avuto ragione quando sosteneva che
facendo l'amore con lei pensavo a te, che quando scappavo via con la moto era
perché la sua presenza mi infastidiva, era terribilmente vero che quando l'abbracciavo
cercavo il tuo odore nel suo, che non l'ho mai amata davvero ma ho sempre
cercato un cerotto nel suo incondizionato affetto. Era tutto vero, Danielle lo
aveva capito fin da subito, io ho sempre cercato di ignorare tutto quanto e
l’ho fatta soffrire, non ho fatto altro che farla soffrire».
Yuri aveva assistito inerme a quella
fiumana di parole, aveva ascoltato quel discorso senza capire pienamente ciò
che gli stava venendo riversato addosso. Le parole di Otabek...
«Scusa, non avrei dovuto parlarti così, dimentica ciò che ti ho detto.
Fa come se non ci fossimo mai visti questa sera. Nulla di tutto questo è
realmente accaduto. Vado a chiedere un altro aereo, il primo che parte da qua
va benissimo anche se non mi riporta a casa. È stato bello rivederti Yuri, addio e buon rientro».
Parlò secco, senza alcuna emozione nella
voce. Otabek girò le spalle a Yuri, ancora bloccato
come una statua con lo sguardo fisso sulla sua figura, incredulo per quella
confessione.
Non avrebbe potuto lasciarlo andare, non
quella volta. Quante altre volte avrebbe dovuto perdere Otabek
prima di ammettere – a se stesso soprattutto – che era lui l'unica persona con
cui avrebbe voluto condividere il resto della sua vita? Era Otabek
che voleva, era per questo che tutte le storie che aveva avuto in quegli anni
erano miseramente naufragate nel giro di pochi mesi. Era Otabek
che aveva sempre amato, era per questo che non era più riuscito a donarsi a
nessuno. Era Otabek a popolare i suoi sogni e i suoi
incubi. Era Otabek a riversarsi in tutti i suoi
desideri. Era Otabek che lo aveva fatto vivere. Ed
era sempre Otabek il solo in grado di strapparlo a
quell’onnipresente apatia in cui cadeva puntualmente.
«Ti prego, non andartene. Non voglio che tu te ne vada ancora. Non ho più
vissuto da quando noi, da quando io… » confessò bloccandolo. Yuri gli avvolse
le braccia attorno al petto nascondendo il volto tra le scapole di Otabek. Non era cresciuto poi così tanto, ed era bellissimo
vedere come i loro corpi ancora si incastrassero alla perfezione.
«Sei stato tu a chiedermi di prenderci una pausa, sei anni fa. Per poi
sparire e ricomparire mesi dopo su un giornale che ti baciavo con non mi
ricordo più chi! Perché dovrei ascoltarti oggi?».
«Ho avuto paura. Era tutto così nuovo, era tutto così forte, quel
sentimento così immenso che cresceva dentro il mio cuore ed io così piccolo».
«Ti avrei protetto da tutto, avrei rinunciato a tutto per te Yuri, io ti amavo e tu hai preferito abbandonarmi invece
che affrontare con me questa cosa».
«Ho sbagliato! Ho sbagliato Otabek, va bene?
Vuoi sentirti dire questo? Ho fatto la cazzata più grande della mia vita
chiedendoti quella pausa. Non è passato giorno, in tutti questi anni, in cui
non mi sia pentito di quello che ho fatto. Non c’è stato mattino in cui, svegliandomi,
ho sperato fosse tutto solo un brutto sogno e tu fossi lì nel letto con me a
illuminarmi la vita.
Qualche mese prima che ci mettessimo assieme, ero
in Giappone con Victor e Yuuri, sono esattamente nove
anni oggi, per la festa di Tanabata, ci siamo andati
anche l’anno successivo insieme ti ricordi? Il mio desiderio, quell'anno, sei
stato tu. Avevo chiesto di essere graziato anche io con un amore come quello che
avevano quei due, ero geloso di loro, di quel loro legame così speciale. E poi
sei davvero arrivato te, ed io mi sono sentito il ragazzo più felice che
potesse mai essere esistito su questo pianeta. Eri il mio desiderio, eri tutto
ciò che avrei mai potuto volere, e non ho mai amato nessuno come te. Non ho più
amato nessuno dopo te. E…».
«Yuri, per favore, lasciami. Lasciami andare ti prego, ora» lo interruppe deciso, afferrando i
polsi del biondo per scardinare l'abbraccio in cui era intrappolato. Ne aveva
abbastanza di quelle parole, non avrebbe voluto ascoltare oltre. Non avrebbe
resistito ad una sillaba in più.
Facendo un passo indietro Yuri si arrese
all’evidenza dei fatti, non aveva avuto senso quell'ultimo – fallimentare –
attacco che aveva appena compiuto. Non avrebbe potuto risolvere nulla con
quella confessione. Le cose con Otabek erano andate
in frantumi molto tempo prima, avrebbe dovuto imparare a lasciarlo andare per davvero.
Era pronto a vederlo andare via, Yuri
era pronto a vederlo uscire dalla porta della sala d'aspetto così come dalla
sua vita. Tutto ciò che non si aspettava, invece, fu di essere avvolto dalle
braccia di Otabek in uno stretto abbraccio, così
forte che gli mancò il fiato.
Non parlarono più per tutto il resto
della nottata. Bloccati in quel essere nuovamente uniti, bloccati in una sala
d'aspetto in attesa di un aereo che li avrebbe riportati a casa o, per meglio
dire, tornati entrambi a casa grazie ad un volo aereo che, eliminato dai piani
di volo, aveva deciso di farli rincontrare.
Rimasero abbracciati per tutta la notte,
addormentati insieme su quelle scomode poltroncine senza più paure addosso,
senza più parole non dette a gravargli dentro il cuore. Dormirono abbracciati
per il resto della notte, finalmente di nuovo insieme, uniti per il tempo di
quel sonno, uniti per il resto della loro vita magari.
Solo con il sorgere del sole, un’hostess
venne loro ad annunciare che i rispettivi posti erano stati trovati per
riportarli a San Pietroburgo e Almaty. Ma gli aerei, un’ora e un bacio dopo,
partirono con due passeggeri in meno.
Yuri
e Otabek fermi a Londra intenti a ricucire gli
strappi delle loro lacere anime. O per lo meno a provarci, seriamente questa
volta.
Dalla parte opposta del globo, il sole
che sorgeva sul mare, illuminò i cartoncini che avevano il compito di custodire
i desideri che, quella notte, un’infinità di persone avevano espresso in cerca
di un sogno. C’era stato chi aveva pregato per trovare la felicità, chi per la
famiglia, chi per gli studi e c’era chi aveva usato il suo desiderio per un
amico che si era smarrito.
Il tanzaku di Victor, accarezzato dalla leggera brezza di una nuova
calda giornata di inizio luglio, ballava gioioso, le parole incise su di lui portate
via dal vento.
“Vorrei che Yurio tornasse a sorridere come
l'ultima volta che siamo stati qua assieme. Vorrei che Yurio
tornasse ad amare ed essere amato”.
Il suo desiderio lo stesso
che otto anni prima lo stesso Yuri aveva realizzato, lo stesso desiderio
realizzato anche quella volta grazie alla magia di quella incantata notte.
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Papabile
sequel al link sottostante:
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