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Autore: ParanoidxX    11/07/2017    2 recensioni
"Splinter, ti affidiamo nostra figlia, sappiamo che sarai un buon padre, così come lo sei per i fratellini. Roger non può tenerla con se a lungo, sarebbe troppo rischioso, però potrà aiutarti a gestire alcune dinamiche umane –come la scuola- quando sarà più grande. Per ora è necessario che viva nell’ombra, come voi. È una fuggiasca, non dimenticarlo. Ti ringraziamo di cuore, abbi cura della nostra amata bambina. R. e G. "
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ma salve!
Mi scuso per l’attesa, sono super impegnata in questi giorni!
Ringrazio per aver recensito:
-Marlena_Libby
-Roby (ho usato il diminutivo cara)

In calce una nota e un commento, piccoli, piccolissimi!
Quindi, bando alle chiacchiere.. buona lettura!




«Era terrorizzato» Mickey scoppiò a ridere seguito a ruota da Venere. «Terrorizzato?» domandò lei retorica tra le lacrime. «Si, strillava come una donna» e ancora fragorose risate rimbombarono in quella stradina buia che percorrevano per la solita ronda. Ogni tanto era piacevole camminare normalmente, senza rimbalzare tra un tetto e l’altro o nascondersi nelle gallerie del sottosuolo.
Michelangelo aveva ripescato l’ultima avventura vissuta, raccontando con tono emozionato ma anche nostalgico la lotta con Krang. In particolare, si era soffermato sul momento del salto dal loro aereo a quello di Bebop e Rocksteady , ricordando la reazione di Raphael, poco coraggiosa, poco da testa calda. Sia lui che Venere ridevano, così tanto che Donatello temeva sarebbero morti. Leonardo faceva appello a tutto il suo rigore per restare serio ed evitare che le labbra si piegassero in un sorriso divertito. Raphael.. bèh, stringeva così tanto i pugni che per poco le nocche non diventavano livide. Il suo unico desiderio era quello di picchiare il suo adorato fratellino.

«Un vero ninja» Mickey continuava ad infierire mimando smorfie ed espressioni e la ragazza si portò le mani sugli addominali, accusando i primi crampi.
«Volete piantarla si o no?» sbottò Raphael spazientito, girandosi a guardarli.
«Coraggio Raph, tutti hanno paura» replicò tranquillo e divertito Mickey.
«Se continuate con questo chiasso attireremo l’attenzione» sibilò nervoso, accusando il tono dell’altro ancora canzonatorio. Venere si morse il labbro inferiore e cercò di distrarsi. Bastò però uno sguardo con Mickey per tornare a ridere come due bambini.
Raphael scattò come una molla e colpì il più piccolo con un pugno in testa, suscitando uno suo lamento, e si limitò a guardar male Venere. Non l’avrebbe mai colpita, anche quando si allenavano nel dojo conteneva la sua irruenza.
«Perché picchi sempre me e mai Venere!» si ribellò Mickey.
«Perché mi irrita la tua risata» rispose scontroso per poi allontanarsi.
«Povero Mickey» Venere lo abbracciò, stringendolo con affetto e fu ricambiata. Erano i più piccoli e tra loro c’era molta complicità. «Sei una povera vittima del bullismo» aggiunse e Michelangelo annuì vigorosamente.
«Ehi tu! Raphael!» Venere si sciolse dall’abbracciò e si avvicinò al fratello che li precedeva, camminando accanto al leader. «Dovresti smetterla di prendertela con i più piccoli, non è giusto! Leo» lo guardò «Leo, difendi i nostri diritti, metti Raphael e tacere, dagli una bella lez-» «Sarai tu a ricevere una lezione se non fai silenzio» brecciò Raphael, guardandola torvo. In fin dei conti lei e Michelangelo non erano poi così diversi nei confronti di Raphael e ricevevano da questo lo stesso trattamento. Era così divertente farlo irritare ma era ancor più divertente osservare il leader e Donnie, ormai abituati a quel teatrino quotidiano.

Continuarono la ronda così, tra le battute e le minacce del secondo fratello, tra l’invito a far silenzio e a mantenere il rigore da parte di Leo e le informazioni dettagliate di Donatello che non scollava mai gli occhi dalle sue apparecchiature. Nonostante fossero a caccia di guai –o di azione- l’atmosfera era leggera e scherzosa e tutti parevano aver dimenticato lo strano atteggiamento avuto dalla sorella qualche giorno prima.
In realtà, mentre Venere riposava in camera sua a casa di Roger, i ninja ne avevano parlato con Splinter, Donatello aveva descritto tutto senza trascurare niente. Il maestro si era lisciato i lunghi e sottili baffi, assorto, e si era limitato a un semplice “Ha bisogno di riposo”. Poi era andato a meditare nel dojo, lasciando i figli con un grande punto interrogativo sul viso.

Nessuno aveva più affrontato l’argomento e anche Venere pareva aver rimosso. Almeno fino a quel momento.

Mentre rideva per un’altra battuta di Mickey, accusò quel lieve ronzio nella testa. Una interferenza, uno scricchiolio. Sussultò appena e il cuore perse un battito. Si guardò intorno cercando, istintivamente, la figura incappucciata che tanto l’aveva attratta la sera del parco. A parte i fratelli e qualche gatto randagio, non c’era nessuno in quella stradina scarsamente illuminata.

«Torniamo al rifugio» sentenziò Leonardo, fermandosi. «Non c’è molto per noi» scrollò le spalle e poi il suo sguardo sgusciò su sua sorella, tesa e nervosa. «Venere, tutto bene?» aggrottò la fronte e si avvicinò a lei.
«Si» titubò, sorridendo.
«Ne sei sicura?» si aggiunse Raph.
«Sicurissima» confermò, annuendo vigorosamente. Il ronzio era cessato, non doveva preoccuparsi. Poteva essere solo spossatezza o suggestione la sua.
Il leader la scrutò ancora e poi si convinse delle sue parole «Torniamo a casa» ordinò.
Tutto accadde rapidamente e senza alcun preavviso: Venere sfilò i sai di Raphael poco distante e si gettò su Leo che, percependola, sfoderò la katana e bloccò l’attacco. Lei non si lasciò intimorire. Liberò i sai e si piegò per affondare una delle due lame nel fianco del fratello. «Venere!» il leader parò anche quel colpo, il tutto sotto lo sguardo attonito e sconvolto degli altri. Succedeva tutto così velocemente che nessuno aveva avuto la prontezza di reagire e interporsi tra i due. Anzi. Nessuno avrebbe mai immaginato di assistere a una scena del genere. Fortunatamente Leo era sempre in allerta e con i riflessi pronti.

La ragazza stringeva i sai saldamente, le braccia ancorate al busto e le spalle dritte. Il viso era una maschera priva di emozioni, lo sguardo era spento, vuoto, vitreo. Sembrava essere stata privata della sua anima, di lei era rimasto soltanto il corpo, un involucro.
Attaccò ancora. Agiva meccanicamente, con una furia e una agilità mai viste prima. Nessuno sapeva come intervenire, erano tutti troppo sconcertati. Infine, Venere riuscì a bloccare la katana di Leo tra gli tsuba.
«Venere che stai facendo?» sbottò lui tentando di contrastare la pressione esercitata dalla ragazza. Sembrava voler spezzare la lama del fratello.
«Smettila adesso, basta!» Raphael era pronto a intervenire.
Donnie e Mickey avevano istintivamente impugnato le loro armi ma senza trovare il coraggio di usarle contro la sorella.

Improvvisamente tutto cessò. Lo sguardo di Venere si riempì di vita e di luce, i tratti del viso si rilassarono per poi modellarsi in una espressione sconvolta nel ritrovarsi faccia a faccia con Leo, lama contro lama. Si allontanò, lasciando cadere i sai, confusa e terrorizzata. «Leo» soffiò, tremando appena. «Mi dispiace» guardò i suoi fratelli con le armi in mano, sulla difensiva. Gli occhi si velarono di lacrime «Mi dispiace, mi dispiace» continuò a ripetere come un disco rotto, piegandosi sulle ginocchia e portandosi le mani tra i capelli.




«Quindi hai attaccato Leonardo» Ingrid picchiettava la punta della penna sul blocco degli appunti che aveva posato sul tavolo. «Mmh..» era pensierosa e leggeva ciò che aveva scritto, frutto di diverse ricerche.

Erano passati giorni da quello che avevano schedato come incidente e che non poteva più passare inosservato. Tornando al rifugio, Donatello le aveva preparto una camomilla e Mickey non le aveva lasciato la mano per alcuna ragione. Leo era ancora sconvolto ma preoccupato, proprio come Raphael. Splinter aveva voluto parlarle in privato, per sincerarsi di persona che stesse bene. Venere gli aveva confessato che no, non stava bene per niente: aveva perso la lucidità e tentato di uccidere suo fratello. Come poteva star bene? Da quella notte nessuno di loro l’aveva persa di vista un solo istante. I loro sguardi carichi di apprensione le suscitavano disagio e frustrazione e aveva deciso di sfogarsi per telefono con la sua migliore amica. Sentendola così abbattuta, Ingrid le aveva proposto un caffè al Cross, il loro bar preferito.
Perciò erano lì, entrambe con una bevanda fredda, Ingrid calata nei panni della psicologa che rifletteva su diverse ipotesi appuntate sul quaderno, Venere con lo sguardo basso e sconsolata.

«Hai vampate di calore?» domandò seria la mora.
«Che?» l’altra inarcò un sopracciglio, stranita «No»
«La menopausa la escludiamo» con decisione Ingrid tirò una linea sui suoi appunti «E anche la crisi di mezza età» aggiunse, increspando poi le labbra «Hai allucinazioni?»
«Ingrid!»
«Si? Potrebbe essere un disturbo bipolare o uno sdoppiamento di personalità» si difese impettita.
Venere la guardò basita: sul serio la credeva pazza? Ingrid capì e sospirò «Ascolta Venere, hai tentato di uccidere tuo fratello e questo è preoccupante» disse «Accusi un ronzio nella testa, dai di matto.. non possiamo ignorare questo nesso causa-effetto, ti pare?»
«Non sono pazza Ingrid» sbottò esasperata, portandosi le mani tra i capelli.
«Non ancora» precisò lei, alzando l’indice con fare saccente «Se si prende in tempo, si può combattere facilmente la nevrosi e..»
«Basta, basta!» sbuffò Venere, alzandosi dalla sedia e prendendo da terra il suo zaino «Sei stata molto illuminante Ingrid, dico sul serio» ironizzò «Devo andare a lavoro adesso» schioccò uno sguardo all’orologio da parete che segnava le tre «Ci vediamo..»

«Ci vediamo alle sette» Ingrid sorrise serafica.
«Alle sette?» prima di allontanarsi si voltò a guardarla interrogativa.
«Ricordi? Quando stacchi da lavoro dobbiamo cercare il vestito per il ballo di fine anno» l’emozione le incrinò la voce.
«Il vestito» si morse il labbro inferiore. Aveva dimenticato l’appuntamento, aveva dimenticato il ballo di fine anno e aveva promesso a Donatello di parlargli, di confidarsi. Lui era così preoccupato per lei e decisamente sarebbe stato molto più utile di Ingrid. Almeno non le avrebbe dato della nevrotica. Forse.
«E se ci andassimo domattina?» propose in difficoltà.
«Hai dimenticato vero?»
«Potrei aver preso impegni con Donnie» ammise.
Ingrid sorrise compiaciuta «Ci parlo io con Donnie, tranquilla. Alle sette passo dal Bit» come sempre la sua decisione e spavalderia non lasciarono spazio a repliche. Venere scrollò le spalle e accettò pensando che le avrebbe fatto bene distrarsi un po’.
Uscì dal Cross, il caldo sole di maggio la colpì sul viso e l’afa l’avvolse. Iniziò a incamminarsi verso la prima fermata della metro ma, giunta a un incrocio, si voltò di scatto, sentendosi osservata. In mezzo a tanti volti estranei non notò nessuno di sospetto. Tornò sui suoi passi con una strana sensazione addosso.




Lavorò distratta, accontentando tutte le richieste dei clienti della tavola calda, nella più totale apatia. Mai come quel giorno avrebbe preferito non lavorare e non aver a che fare con nessuno, proprio lei che era solita scherzare con tutti e risollevare il morale a chi, magari, quel lavoro non lo sopportava molto.

Aprendo la porta di servizio del retro del locale, uscì trascinando un grosso sacco di spazzatura. Lo abbandonò a ridosso di un cassonetto e riprese fiato: si sentiva stanca, spossata e il caldo non aiutava.

Si irrigidì, accusando ancora la sensazione di essere seguita. Questa volta però sentiva il pericolo reale. C’era una presenza dietro di lei, qualcuno che le era ormai vicino. Con uno scatto si girò, afferrò il polso dello sconosciuto, ruotò e gli piegò il braccio dietro la schiena, schiacciandogli il viso contro il muro.

«Chi diavolo sei? E perché mi segui?»
«Calma, stai calma» lo sconosciuto aveva un tono pacato e non si ribellò a quella presa.
«Ti ho fatto due domande» insistette lei, premendogli maggiormente il braccio.
«Non è facile parlare in queste condizioni, ti pare?» constatò sarcastico.
Venere rifletté un attimo e poi, titubante, lo liberò. L’estraneo si voltò piano e con le mani aperte in segno di innocenza. Aveva un viso spigoloso e giovane, incorniciato da capelli castani, disordinati, ribelli. Due grandi occhi verdi, scuri e profondi, la osservavano con sguardo sicuro e spavaldo. Un sorriso amichevole e luminoso mostrava una bianca e perfetta dentatura. Era alto, circa un metro e ottanta, la camicia azzurra a mezze maniche mostrava braccia muscolose e disegnava la forma dei pettorali scolpiti. Un fisico da modello, insomma.
La ragazza indietreggiò di un passo, sulla difensiva.

«Mi chiamo Thomas» si presentò lui cordiale «Sono il..» esitò un attimo «Nipote di Roger Smith» spiegò.
«Il nipote di..» ripeté lei piano, confusa «Conosco Roger da quando sono piccola e mai» calcò particolarmente l’ultimo termine «Mai ha parlato di te» in verità Roger non parlava affatto dei suoi parenti, certe volte credeva fosse nato da un fagiolo o venisse da un altro pianeta. Non aveva sorelle, fratelli o genitori che lo andassero a trovare. Lei , i ninja e Splinter erano la sua unica famiglia.
«Beh si, ecco..» Thomas tossì «Non parla molto di sé il vecchio Roger, sai come sono i professori universitari» sembrava sperticarsi.
«Mi stai prendendo in giro?» Venere si irritò, le stava mentendo palesemente.
«Certo che no» si portò una mano al petto risentito «Non oserei mai, devi credermi, sono il nipote di Roger. Ha una sorella ma non sono mai stati in ottimi rapporti, ecco perché non ne parla mai» spiegò pacato «Puoi chiamarlo e chiedere conferma» si strinse nelle spalle. Se fosse stato un bugiardo non le avrebbe mai proposto una cosa simile. Questo, unito alla sua aria sicura, parve un attimo calmarla.

«D’accordo, sarai anche il nipote di Roger ma cosa vuoi da me?» domandò ancora sospettosa.
«Non vivo a New York, sono solo di passaggio» rispose «Alloggio in un hotel e Roger mi ha detto che avrei trovato una faccia amica se fossi venuto al Bit»
«Io non sono tua amica, vacci piano» borbottò fredda somigliando molto a Raphael.
Thomas sorrise teneramente «Come ti chiami?»
Venere sussultò. Quel sorriso così sincero riuscì a sciogliere la sua diffidenza e addolcirla. Si rilassò «Mi chiamo Venere» rispose. Dopotutto Roger l’aveva mandato da lei perché convinto di poter contare sulla sua accoglienza.
«Piacere di conoscerti Venere» le tese la mano e lei la strinse.
«Cosa ci fai a New York?» si incuriosì.
«Volevo visitare la grande mela prima di rinchiudermi in college» ridacchiò e lei sorrise divertita, condividendo il suo pensiero. «Questa città è enorme e mio zio mi ha consigliato una guida d’eccezione» incrociò il suo sguardo.
«Risparmiati le lusinghe Thomas.. Tom.. posso chiamarti Tom? Comunque» non le importava la risposta «Sei fortunato, domani il Bit è chiuso per manutenzione e non dovrò lavorare» il tono si velò di sollievo «Potrei portarti un po’ in giro» propose e le labbra del ragazzo si tesero in un sorriso compiaciuto «Però» sollevò l’indice con decisione «Prima voglio assicurarmi che tu non sia un bugiardo, squilibrato, serial killer»
Thomas rise «D’accordo!» accettò «Ci vediamo alle dieci a Central Park, mh?» la salutò con un cenno della mano e poi si allontanò con disinvoltura. Venere lo fissò ancora un po’ perplessa «Capitano tutti a me» mormorò ironica, alzando gli occhi al cielo e rientrando nel locale.




«Thomas? Si, Thomas!» esclamò Roger intento a tagliare le carote in piccoli dischetti per condire il suo arrosto. Venere era in cucina, accanto a lui, mangiando ogni tanto un piccolo pezzo di ortaggio. Gli aveva raccontato dello strano e movimentato incontro e l’uomo non aveva mostrato alcun dubbio, limitandosi a sorridere divertito al pensiero del nipote sbattuto al muro. Più che sorriso la sua era stata una grassa risata.
«Quindi è sicuro?» si accertò Venere.
«Sicurissimo stella» la chiamò affettuosamente «Non ti farà del male» la guardò «Perciò non picchiarlo» rise ancora e aprì il frigorifero cacciando fuori un po’ di sedano. «Non sei di ronda questa sera?» si informò.
«No» Venere si abbandonò a un sospiro affranto «Splinter vuole che resti buona buona per un po’ di giorni» e Raphael mi ha vietato di andare con loro ma no, non lo disse. Il tono burbero che aveva usato con lei ancora la innervosiva. «E poi Leo..» abbassò la testa, mordendosi il labbro inferiore. Già, Leo.
Il leader aveva cercato di parlarle più volte dopo l’accaduto ma lei lo aveva sempre evitato. Si vergognava, si sentiva in imbarazzo, non riusciva neanche a sostenere il suo sguardo figurarsi un discorso. Sapeva che lui non era arrabbiato ma solo preoccupato, sapeva che non l’avrebbe mai rimproverata o fatta sentire in colpa. Tuttavia non era ancora pronta per affrontarlo, non era ancora pronta per dirgli cosa provava e come si sentiva.
Schioccò la lingua sul palato e sorrise «Paparino, io vado un po’ sul tetto, avvisami quando è pronta la cena» gli lasciò un bacio sulla guancia, uscì dalla cucina e andò alle scale, le salì , superando il secondo piano –dove c’erano le camere da letto e un secondo bagno- , spinse una grande porta in ferro e si ritrovò sul tetto, una grande terrazza polverosa e illuminata solo dalla luna piena che splendeva nel cielo scuro.

Andò a sedersi sul cornicione, le gambe penzoloni nel vuoto, e si lasciò travolgere dai suoi pensieri. Dopo il lavoro aveva chiamato Donnie per chiedere se il loro appuntamento fosse confermato. “Vai pure con Ingrid” aveva detto lui “Avremo modo di parlare ” .Che delusione. Avrebbe tanto voluto parlare con Donnie, confidarsi. Il genio aveva una spiegazione per tutto e sperava che l’avesse anche per il suo incidente. Per fortuna i vestiti erano riusciti a distrarla almeno per un paio d’ore.
Ingrid ne aveva provato uno azzurro cielo, sbrilluccicante, con il corpetto aderente e le maniche a sbuffo. “Cosa ne dici?” aveva chiesto rimirandosi allo specchio del negozio “Ottimo se vuoi essere inscatolata ed esposta nel settore barbie” Venere aveva espresso il suo parere senza filtri. Affranta Ingrid era tornata in camerino, rassegnata al fatto che non avrebbe mai trovato niente di adatto. Venere non aveva provato molto, troppo svogliata, troppo triste per pensare a una cosa spensierata come il ballo di fine anno.
Le aveva poi raccontato dello sconosciuto, di Thomas, e Ingrid, dopo un attimo di confusione, aveva commentato con un “Capitano tutte a te”.
Già, poteva ben dirlo!
Le aveva proposto di unirsi a loro per il giro mattutino ma lei aveva declinato, dicendo che doveva studiare. Che ragazza diligente.
«Venere» una voce ferma la colse di sorpresa. Sussultò e girò la testa di scatto, notando la figura di Leonardo che piano avanzava verso di lei. «Leo..cosa.. cosa ci fai qui?» erano le nove passate, avrebbe dovuto essere di ronda con i suoi fratelli. Il cuore iniziò a battere forte, le mani tremavano. Non poteva scappare, non poteva evitarlo come aveva fatto in quei giorni. Poteva solo affrontarlo.. ma come?
Il leader si sedette accanto a lei «Non vuoi suicidarti vero?» scherzava ma era anche un po’ preoccupato.
«No» sorrise piano lei «Non stasera almeno, Roger sta cucinando il suo arrosto »
«Vale la pena vivere qualche altra ora» commentò. Risero insieme.
«Già» improvvisamente si sentì rilassata e ancora una volta capì perché Leo era la loro guida: aveva il potere di allentare la tensione e mettersi in sintonia con tutti.
«Mi stai evitando?» domandò poi, dolcemente.
«Cosa?» Venere si allarmò «No no Leo, non lo farei mai. Insomma si.. insomma no.. ecco io..»
«Venere non sono arrabbiato con te»
«Lo so..»
«Sono solo molto preoccupato. Tutti lo siamo, persino quella testa calda di Raph»
«Si?» il tono tradì una certa emozione. Raphael preoccupato per lei? Nel profondo del cuore si sentì felice.
«Si, non fa altro che chiedere spiegazioni al maestro» Leo sorrise mestamente. Splinter non era molto collaborativo in quei giorni, si chiudeva nel dojo a meditare o si limitava a risposte criptiche. «Mickey non si da pace oggi, vuole averti con noi durante la ronda» ammise «E anche io» soffiò, abbassando lo sguardo.
Venere lo guardò sorpresa. Leo, così composto e rigoroso, non era il tipo da certe esternazioni. Si dimostrava preoccupato, apprensivo ma sempre in modo molto contenuto, come se tutto facesse parte di una grande strategia. Non era affettuoso come Mickey, né istintivo come Raphael. Aveva uno stile tutto suo per esprimere i sentimenti, uno stile che spesso passava inosservato, lasciando che gli altri lo accusassero di insensibilità.
«Leo, io..»
«Vorrei sul serio che tu venissi con noi, riesci a frenare l’impulso omicida di Raph nei confronti di Mickey e a rendere Mickey meno fastidioso» spiegò «E senza di te non siamo al completo» si grattò la nuca, sembrava in imbarazzo «Ma dobbiamo prima capire cosa ti succede» incrociò il suo sguardo e Venere capì: si stava scusando. Leonardo si scusava come se si sentisse la causa dell’incidente, come se per colpa sua Venere fosse costretta a restare a casa.
«Leo» lo chiamò piano, sciogliendosi in un sorriso. Si strinse al suo braccio e posò la testa sulla sua spalla «Sei il big bro’ che tutti vorrebbero» mormorò dolcemente.
«Vallo a dire a Raph» scherzò amaramente lui.
«Mi farà bene stare a casa» lo rassicurò «Potrò fare sonni tranquilli sapendo che siete di ronda» annuì «Anzi, dovresti andare.. ti staranno aspettando»
«No, ho dato il comando a Donnie, sono già in giro» ammise.
«A Donnie? Cavolo Leo, dovresti scrivere un libro “Come farsi odiare da Raph, i consigli dell’esperto”» ridacchiò, un po’ divertita e un po’ preoccupata. Raphael non doveva averla presa molto bene.
«Si, lo so» sospirò «Ma è troppo instabile, troppo strano.. troppo preso da te»
Venere sussultò ancora e le gote acquistarono colore. Fino al “troppo strano” non aveva sentito niente di nuovo. Furono le ultime parole a mandarle in tumulto il cuore e uno strano e piacevole calore l’avvolse. In quel momento si sentì la ragazza più fortunata del mondo: i suoi fratelli, le loro premure, i loro insegnamenti, i loro gesti, la loro presenza.. tutto, tutto era così prezioso per lei.
«Leo»
«Si?»
«Rimarresti con me per un po’?» domandò come una bambina. Il leader si intenerì e la strinse a sé «Ogni tuo desiderio è un ordine per me» ridacchiò.
Alzarono poi lo sguardo al cielo, contemplando in silenzio la luna per minuti, per ore, stretti in quell’abbraccio.




Bene bene!
Una piccola nota: l’episodio ricordato da Mickey è tratto dal secondo film, se non lo avete visto –o non lo ricordate- ovviamente non lo avrete capito.. mi scuso *porge biscotti*
Per quanto riguarda Thomas.. non perdertelo d’occhio, d’accordo? Vi stupirà.. oh si, vi stupirà parecchio!
Restate sintonizzati!
  
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