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Autore: mononokehime    12/07/2017    2 recensioni
Elizabeth Thompson abita a Dover, a poche miglia dalle scogliere. La sua vita scorre tranquilla e senza pensieri, fino a che non viene coinvolta in un matrimonio di convenienza con uno degli scapoli più ricchi d'Inghilterra e si ritrova a vivere in una sfarzosa tenuta dello Staffordshire.
Nonostante i mille lussi che la circondano, si sente prigioniera di una vita che non è sua e desidera solo scappare... fino a quando non incontra un affascinante ragazzo dal passato avvolto nel mistero, che complicherà ancora di più la situazione.
***
DAL TESTO:
Infilai le mani nelle tasche della felpa, mentre camminavo lentamente godendomi quel raro momento di tranquillità lontano dall'opprimente sfarzo di Rangemore Hall. Proprio mentre stavo per tornare indietro notai una figura di spalle seduta su un muretto ai limiti del parco.
[...]
Rimanemmo a guardarci in silenzio per alcuni secondi, quando lui accennò un piccolo sorriso.
«Tu devi essere la famosa principessina di Tomlinson»
Storsi leggermente la bocca, contrariata.
«Non è esattamente il modo in cui mi definirei, ma suppongo che ormai tutta Rangemore Hall mi conosca come tale»
Il ragazzo ridacchiò divertito.
«In effetti non posso darti torto. Qui si parlava di te ancora prima che arrivassi»
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Appena arrivai a Rangemore Hall mi precipitai nella mia stanza, camminando quanto più velocemente potevo senza dare troppo nell'occhio. Non ci tenevo a vedere Louis; sentivo che ogni traccia di serenità che Dover mi aveva lasciato si sarebbe dissolta nel momento in cui l'avessi rivisto.
«Elizabeth, quanta fretta. Non mi dai un bacio?»
...Troppo tardi.
Serrai le labbra e chiusi gli occhi, reprimendo l'impulso di fingere di non aver sentito quella voce troppo familiare alle mie spalle. Preparai invece un sorriso completamente artefatto e mi voltai, incrociando lo sguardo di Louis che si avvicinava pigramente a me.
«Ehi, Louis» fu tutto quello che mi venne in mente, ma lui sembrò non farci caso. Non appena mi raggiunse mi attirò a sé e mi baciò con urgenza, non tardando a far scivolare le mani giù lungo la mia schiena. Un po' troppo giù per i miei gusti.
«Mi sei mancata» sussurrò contro le mie labbra riprendendo fiato, mentre io cercavo di impedire ad una smorfia di spuntare sul mio viso.
«Ehm, allora....» balbettai, allontanandolo da me, «Come mai a casa a quest'ora? Non dovevi lavorare stamattina?»
Louis si sistemò la giacca con un sorrisetto. Notai troppo bene il suo sguardo che indugiava più del dovuto lungo il mio corpo.
«Mamma e papà verranno a pranzo oggi. Sono di ritorno da Vancouver, ma stasera ripartiranno per Londra. Hanno una delle solite cene con il Rotary Club. Immagino che dovrò andare anch'io, mi costringono tutte le volte» si lamentò.
Sì, ti prego, vai anche tu così sarò libera ancora per una sera.
Feci per rispondere, ma improvvisamente il telefono di Louis iniziò a squillare. Lui aggrottò le sopracciglia nel leggere il mittente.
«Scusa Elizabeth, devo rispondere. Sto organizzando un importante incontro d'affari con il dirigente di una grossa impresa cinese, si parla di finanziamenti di milioni di sterline. Ci vediamo a pranzo» spiegò velocemente mentre già si allontanava appoggiando il telefono all'orecchio.
Solo quando non sentii più la sua voce mi concessi di liberare un sospiro di sollievo.
Iniziai con calma a disfare lo zaino, lanciando a terra i vestiti da lavare. Arrivata al fondo mi bloccai; la mia mano aveva raggiunto una piccola scatola di After Eight. La tirai fuori e notai un cuore disegnato con un UniPosca rosso sulla confezione.
Liam.
Sorrisi e riposi la scatola nel cassetto più alto del mio comodino, poi iniziai a pensare a cos'avrei indossato a pranzo.
Mark e Johannah Tomlinson erano persone distinte ed eleganti, fanatici dell'etichetta ed appassionati di golf.
Veneravano il loro lavoro; erano quasi sempre in giro per il mondo ad allacciare rapporti con qualche pezzo grosso o combinare incontri d'affari con importanti imprenditori. Dopo la famosa cena organizzata da mio padre li avevo visti solo un'altra volta, un mese prima; per festeggiare il fatto che avessi accettato di trasferirmi a Rangemore Hall avevano portato me e Louis a cena all'Alain Ducasse at the Dorchester di Londra – "uno dei ristoranti più cari del mondo", aveva tenuto a precisare Louis. Di quella cena, a parte il mio disagio più profondo, ricordavo solo di essere uscita dal ristorante con lo stomaco che brontolava ancora nonostante le diverse centinaia di sterline sborsate dal padre di Louis. Il cibo era naturalmente delizioso, ma le porzioni erano talmente striminzite – come quelle di ogni ristorante di lusso che si rispetti – che alla fine della cena avevo quasi più fame di prima.
Se non altro qui a Rangemore Hall preparano da mangiare per un esercito ad ogni pasto.
Aprii il mio immenso guardaroba, straripante di vestiti e completi che Louis aveva preteso di comprarmi quando mi ero trasferita. Dopo diversi minuti passati a lasciar vagare lo sguardo per i vari capi senza avere la più pallida idea di dove sbattere la testa mi lasciai andare ad un gemito di sconforto sedendomi di peso sul letto.
Come diavolo ci si veste per un pranzo snob con i genitori snob del proprio fidanzato snob?
Passai qualche minuto a fissare a vuoto i drappeggi del baldacchino, poi mi riscossi e decisi di optare per la soluzione più semplice: infilare a caso la mano nel guardaroba ed indossare il primo capo che avessi afferrato.
Il metodo sembrò funzionare: mi capitò tra le mano un grazioso abito bordeaux al ginocchio con scollo a barchetta ed un gioco di panneggi che lo rendevano dinamico e particolare nella sua semplicità. Decisi di abbinarvi un paio di semplici décolleté nere, non ne sapevo abbastanza da tentare accostamenti azzardati. Ricordavo di aver letto su Google che quel tipo di scarpe poteva andar bene ad ogni occasione e mi fidai, pregando di non urtare la sensibilità dei genitori di Louis.
Risolto il problema dell'outfit mi concessi una lungo bagno rigenerante. Era ormai quasi mezzogiorno e mezzo quando uscii dalla mia camera, cercando di non barcollare su quei trampoli neri che visti nella scarpiera non sembravano così alti.
Avevo lasciato i capelli leggermente ondulati e sciolti sulle spalle, definendoli con un po' di schiuma. Non mi ero truccata granché, solo un filo di eyeliner e mascara; non volevo esagerare.
Scesi in sala da pranzo, notando che i coniugi Tomlinson erano già seduti a tavola con Louis. Aspettavano me.
Merda. Cominciamo bene.
Sfoderai un sorriso smagliante e mi diressi verso il tavolo, prendendo posto accanto a Louis.
«Signor Tomlinson, signora Tomlinson... Spero che il viaggio da Vancouver sia andato bene»
Mark inarcò un sopracciglio indirizzandomi un sorrisetto di circostanza che puzzava di sarcasmo.
«Tutto a meraviglia, grazie, Elizabeth. Anche se non capisco come sia possibile che noi siamo riusciti ad essere puntuali per il pranzo nonostante venissimo dall'altra parte del mondo, al contrario di te»
Accusai il colpo abbassando lo sguardo.
«Le chiedo scusa, signor Tomlinson. Non accadrà più» dissi con aria abbattuta, quando in realtà avrei solo voluto strangolarlo.
Tale padre, tale figlio. Li detesto tutti e due.
Mentre ci veniva servito un antipasto di gamberi, Johannah mi rivolse un sorriso dopo aver preso un sorso di vino bianco.
«Louis ci ha detto che sei appena stata a Dover, Elizabeth. Sei andata a trovare i tuoi genitori?»
Annuii mentre masticavo un boccone. Mark inarcò di nuovo un sopracciglio, ma cercai di non farci caso e deglutii.
È contro il galateo annuire a bocca piena?
«Sì, ma ne ho anche approfittato per rivedere qualche amico che non vedevo da un po'» le risposi con un sorriso, pensando a Liam.
«Spero che Louis non abbia valide ragioni per dubitare di te» si intromise velenoso Mark.
«Tesoro! Non è elegante parlare così ad Elizabeth» lo rimproverò Johannah.
Non è esattamente un'arringa in mia difesa ma sempre meglio di nulla, suppongo.
«Stai tranquillo papà, io ed Elizabeth siamo perfettamente felici insieme» intervenne Louis, indirizzandomi un sorriso dai mille significati mentre allungava una mano sul tavolo per stringere la mia.
Non potei fare altro che abbozzare un sorrisetto a mia volta, mentre Johannah annuiva compiaciuta.
Il pranzo proseguì senza particolari incidenti, anche se dentro di me pregavo che quell'agonia terminasse il prima possibile; l'atmosfera era tesa e scomoda, percepivo il costante radar inquisitore di Mark Tomlinson scrutare ogni mio movimento per coglierne le pecche ed evidenziarle con qualche frecciatina sarcastica.
Come se non bastasse, la mano di Louis si era poggiata sulla mia coscia ed aveva iniziato ad accarezzarla lentamente, triplicando l'imbarazzo che già provavo.
Johannah era l'unica che sembrava non volermi mettere a disagio di proposito, nonostante percepissi chiaramente che le cortesi domande che mi poneva erano solo vuoti argomenti di conversazione senza alcun interesse reale ad animarle.
Fortunatamente i coniugi Tomlinson erano stanchi per il viaggio – che faticaccia doveva essere stata quel volo in jet privato – e quando anche la frutta fu servita e degustata si congedarono per andare a riposarsi in vista dell'imminente partenza per Londra, prevista per il tardo pomeriggio.
Come pronosticato, Louis sarebbe andato con loro; le cene del Rotary Club erano un'occasione troppo ghiotta di far conoscere il rampollo agli altri membri, tutti pezzi grossi dell'imprenditoria, della finanza o della politica.
Ringraziai silenziosamente di non essere ammessa a questo genere di cerimonie e mi avviai verso l'ingresso della villa. Avevo bisogno di respirare un po' d'aria fresca; certo, i giardini di Rangemore Hall non erano le scogliere di Dover, ma sarebbero bastati allo scopo.
Dopo aver capito che camminare con i tacchi a spillo sul vialetto di ghiaia era un'impresa al di là delle mie capacità, decisi molto semplicemente di toglierle e proseguire a piedi nudi. Mi spostai sull'erba, ad occhi semichiusi, godendo della piacevole sensazione, e quasi non mi accorsi della figura sorridente contro cui stavo andando a sbattere.
«Voglio sperare che non cammini ad occhi chiusi anche sulle scogliere, Dover, altrimenti avrei il dubbio di non parlare con il tuo fantasma»
«Harry!» esclamai sorpresa.
Il ragazzo rise, scostandosi dalla fronte una ciocca di capelli sfuggita alla bandana.
«È così che mi chiamano» replicò scherzoso, prima di squadrarmi da capo a piedi. «Wow, ti hanno invitata alla festa di compleanno della regina?»
Scossi la testa, ridacchiando.
«No, no, i genitori di Louis sono venuti a pranzo. Loro... diciamo che tengono parecchio a questo tipo di cose» risposi senza riuscire a trattenere una smorfia.
Harry mi scrutò, diventando improvvisamente serio per un secondo, al che capii che doveva aver intuito tutto quello che mi passava per la testa.
Tuttavia fu solo un momento; il suo bel sorriso tornò subito ad illuminargli il volto.
Solo allora notai che aveva i vestiti sporchi di terra ed indossava dei guanti da giardinaggio.
«Cosa stai facendo?» chiesi curiosa.
«Stavo rinvasando queste campanule nelle aiuole; ora che la fioritura è in pieno corso avranno bisogno di più spazio» rispose, indicando con il mento i numerosi fiorellini bianchi e blu.
Mi piegai sulle ginocchia e sfiorai le piccole corolle a cinque punte con le dita.
«Sono bellissime» mormorai, ammirandone la forma a stella.
Harry sorrise, si tolse i guanti e colse una campanula blu per poi porgermela.
«Temo che non durerà molto, ma se non altro mi permette di fare la figura del perfetto gentiluomo» disse, un lampo scherzoso negli occhi.
La accettai ringraziandolo con un sorriso.
Harry stava per dire qualcosa, ma fu interrotto da qualcuno che camminava nella nostra direzione.
«Harry, dannazione! Hai ancora tre quarti delle campanule da rinvasare e te ne stai lì a perdere tempo? Quante volte ti ho detto di non...»
La persona che aveva apostrofato Harry così bruscamente si bloccò non appena mi vide.
Si trattava di un uomo intorno alla sessantina, ma ciononostante si muoveva ancora con vigore ed agilità. Era piuttosto alto; portava una salopette verde da giardinaggio, un paio di guanti come quelli di Harry ed un berretto con visiera.
Improvvisamente pensai che dovesse essere Phil, il capo giardiniere.
Quello che si è sempre preso cura di Harry.
Mi alzai in fretta, sistemandomi al meglio il vestito, e lui tossicchiò un po' imbarazzato.
«Mi perdoni, non l'avevo vista. Lei deve essere la signorina Elizabeth; le chiedo scusa se questo scapestrato la stava disturbando. Ha la brutta abitudine di ciondolare in giro durante il lavoro. Io sono Phil Anderson, il capo giardiniere, per servirla» si presentò, toccandosi il berretto.
Scossi la testa con un sorriso.
«Non mi stava affatto disturbando, anzi; in realtà se ha interrotto il lavoro la colpa è mia. Non se la prenda con lui, davvero» dissi, al che Harry rise di gusto.
«Non preoccuparti, Lizzie. Phil ha ragione, sono uno scansafatiche» commentò, beccandosi un'occhiataccia da Phil.
«Rivolgiti alla signorina Elizabeth con rispetto, ragazzo. Prima o poi la tua sfacciataggine ti farà finire male» lo rimproverò.
«La prego, non dica così, signor Anderson; sono felice che Harry si comporti in modo naturale con me. Questo tipo di vita è completamente nuovo per me e non mi sento a mio agio nel venire servita e riverita» spiegai, notando lo sguardo di Phil ammorbidirsi.
«Capisco, allora spero di non averla messa a disagio. In ogni caso, mi chiami Phil; "signor Anderson" mi fa sentire più vecchio di quanto mi piaccia ammettere» precisò con un mezzo sorriso.
«Phil» annuii sorridendo a mia volta.
Harry ci osservava divertito.
«Mi pare che sia tu ora quello che sta ciondolando invece che lavorare, eh?» commentò rivolto a Phil, che subito gli rifilò un leggero scappellotto dietro la testa.
«Chiudi il becco ed inizia a lavorare, ragazzo, altrimenti sottoterra ci finirai tu, al posto delle radici delle campanule» replicò piccato Phil, mentre Harry rideva massaggiandosi la nuca.
«Va bene, mi arrendo» rispose con tono melodrammatico, alzando le mani. «Ci si vede, Lizzie, e se non ci rivedremo prima di domani già che ci sono ti auguro anche la buonanotte» ridacchiò facendomi l'occhiolino.
«Credo che stasera sarò di nuovo a vagabondare qui fuori, visto che la famigliola Tomlinson al gran completo sarà a cena a Londra, perciò probabilmente ci rivedremo prima di quanto pensi» commentai rigirando lo stelo della campanula tra il pollice e l'indice.
Harry si bloccò, guardandomi fisso negli occhi.
«A Londra? Ti lasciano qui da sola?»
«Non è che mi lasciano da sola... È una cena del Rotary Club, non sono eventi a cui può partecipare chiunque» precisai, con un'alzata di spalle.
Scosse piano la testa, con aria di disapprovazione, poi fece per dire qualcosa ma si bloccò, lanciando un'occhiata a Phil. Questi ricambiò lo sguardo con aria confusa, al che Harry tornò a guardarmi.
«Vuoi... ti andrebbe di venire a cena da noi?» chiese lentamente, come se l'idea gli fosse venuta solo mentre poneva la domanda.
Phil sgranò gli occhi e spostò subito lo sguardo su di me, nel timore di una mia reazione negativa.
«Se ti va, ovviamente, e se non hai niente di meglio da fare» aggiunse Harry precipitosamente. «Pensavo che ti avrebbe fatto piacere un po' di compagnia, ma se non vuoi è logico che non sei obbligata, insomma...»
«Mi piacerebbe molto» risposi con un sorriso, interrompendo il suo soliloquio. «Sempre se non è un disturbo, naturalmente» precisai rivolgendomi soprattutto a Phil, che deglutì visibilmente sollevato scuotendo la testa.
Sulle labbra di Harry si disegnò un sorriso enorme.
«Fantastico! Ti aspetto per le sette. Il menu sarà sopraffino: bistecca con patate, acqua freschissima del frigorifero e come dessert la dolcezza della mia presenza» declamò con aria teatrale, facendomi scoppiare a ridere.
«Direi che è perfetto» risposi poi, una volta smaltita l'ilarità. «A dopo, allora»
Harry mi salutò con la mano, sorridente, al che mi incamminai verso la villa dopo aver recuperato le scarpe, mentre l'impercettibile peso della campanula blu nella mia mano mi ricordava che, dopotutto, lo Staffordshire non era così male.



Spazio autrice
Ciao a tutti! Questa volta sono puntualissima :D
Allora, Lizzie torna a Rangemore Hall e viene invischiata in un pranzo con i genitori di Louis. La situazione la mette terribilmente a disagio, ma uno dei suoi incontri casuali con Harry riesce a farle recuperare subito il buonumore.
Non solo; mister Occhi Verdi da Capogiro la invita a cena nella dépendance! Qualcosa mi dice che sarà decisamente più interessante che mangiare insieme ai Tomlinson...
Succederà qualcosa di rilevante durante la cena? Beh... Lo scoprirete la prossima settimana <3

Un abbraccio,
mononokehime
   
 
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