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Autore: DjalyKiss94    12/07/2017    1 recensioni
Ambientata durante e subito dopo la caduta dalle cascate di Reichenbach, Sherlock Holmes sarà alle prese con un nuovo mistero:
Chi è Sherlock Holmes?
Senza memoria e senza il suo fedele Watson, che lo crede morto, il detective dovrà affrontare i suoi fantasmi e raccogliere tutti gli indizi, per riuscire a ricordare chi è veramente.
Ci riuscirà?
Ps. Storia ancora da scrivere e quindi potrebbe rimanere incompleta.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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CAPITOLO 9                               PRIMI INDIZI

 
CORMOLINO
 
MARTEDì 1 DICEMBRE 1891
 
ORE 7:59
 
POV HOLMES
 
Bianco.
Pareti che si restringono.
Dottori.
Bende.
Disinfettante.
Dottore.
Occhi chiari.
Siringhe.
Carrelli.
Occhi chiari.
Barche.
Aghi.
Occhi chiari.
Flebo.
Occhi chiari.
Dottore.
Occhi chiari.
Minestre.
Occhi chiari.
 
DON.
 
-NO! La minestra no!-
 
Mi sveglio di soprassalto.
Ahi, la schiena.
Il cuore batte furioso nel petto.
 
Che cos’era quel suono?
Ci stanno attaccando?
 
DON.
 
Una campana.
Volevo dormire ancora.
 
Che cosa è successo?
Chiudo gli occhi.
 
-FLASHBACK-
 
Apro le ante dell’armadio.
Sorrido.
 
Un abito da frate.
 
Perfetto.
 
Mi guardo attorno e lo prendo.
 
Lo indosso: la taglia è abbondante ma va bene.
Prendo gli abiti che avevo quando sono stato portato qui e li nascondo sotto la tonaca.
Lego stretta la cinta intorno alla vita, in modo da tenerli su.
Sollevo il cappuccio.
 
Esco fuori dalla cappella.
Mi volto e faccio un inchino.
 
Il corridoio è buio.
Mi dirigo verso le scale.
 
Le ferite e la testa mi fanno un po’ male.
 
Passo davanti all’infermeria.
Mi guardo attorno.
Nessuno in vista.
Entro.
 
Vedo la vetrina dove tengono i medicinali.
La apro.
Prendo bende, disinfettante e tutto il necessario per medicarmi.
Metto anche questi sotto l’abito talare.
 
Chiudo l’anta.
Sollevo lo sguardo.
Il vetro riflette la mia figura.
Abbasso il cappuccio e mi osservo, inclinando la testa.
 
Altezza: nella media.
Occhi: grandi, castano scuro.
Capelli: medio corti, castano scuro anche essi, ribelli.
Viso: barba incolta di qualche giorno, segno di un livido nell’occhio destro ormai quasi scomparso, vari graffi; una fasciatura sulla testa che copre la recente ferita, la causa della mia amnesia.
Mani: grandi e non curate; presentano macchie, graffi; contusioni recenti e passate. Calli sulle punte delle dita, più evidenti nella mano destra.
Età: sui 40 anni a giudicare dalle piccole rughe di espressione e dai primi capelli bianchi.
 
Mi avvicino, guardandomi negli occhi.
 
Niente.
 
Niente di tutti questi particolari raccolti in questa rapida occhiata mi dice qualcosa.
Nessun ricordo.
Nessuna informazione.
 
Un perfetto sconosciuto.
 
Abbasso lo sguardo.



Sospiro e sollevo il capo.
Tolgo la benda intorno alla testa e la getto via, mentre ispeziono il mio riflesso.
 
Ho una pancia enorme.
Adesso non sembra che l’abito mi stia grande.
 
Tiro su il cappuccio e do le spalle a quel volto senza nome.
 
Esco dalla stanza.
 
Sento dei passi.
 
L’infermiera del turno di notte.
 
Congiungo le braccia nascondendole sotto le maniche.
Abbasso la testa.
 
Mi vede e sobbalza -Oh siete voi.-
Schiarisco la voce -Buonasera, spero di non avervi spaventato.-
-No, si figuri. Buonasera a voi.- risponde la donna, il suo tono di voce ora è più tranquillo.
-Le auguro un buon lavoro signorina.- faccio per andarmene.
-Mi scusi,- mi blocco -come mai si trova qui a quest’ora della notte?-
 
Mi volto nuovamente verso di lei, il suo sguardo e la sua voce sono sospettosi.
La osservo.
Nonostante l’atteggiamento diffidente la ragazza è una persona sensibile, che si preoccupa per tutti.
Usare una spiegazione che faccia leva su questa sua debolezza.
Prendo un profondo respiro -Vedete… uno dei vostri pazienti ha richiesto la mia presenza per ricevere conforto spirituale. Mi rendo conto che è tardi ma… comprendetemi: come potevo negare il mio aiuto davanti alla preghiera di una persona che si trova in un momento di difficoltà e che riversa in gravi condizioni di salute?Quindi sono accorso subito qui.- la guardo: ogni traccia di sospetto nei miei confronti è scomparsa, sostituita da un velo di preoccupazione -Spero di non aver agito in modo sconveniente.-
-No, no assolutamente. Avrei fatto la stessa cosa al suo posto.- mi risponde comprensiva.
Noto che non mi chiede il nome del paziente, probabilmente sa che non glielo potrei rivelare per il segreto professionale.
-Ora è più opportuno che torni al convento. Che la pace sia con voi, signorina.-
-La ringrazio, Padre. Altrettanto a voi.- dice voltandosi e continuando il giro.
 
-FINE FLASHBACK-
 
Apro gli occhi.



Ora ricordo.
 
Mi guardo intorno.
Dove mi trovo?
 
Panche di legno scuro messe in fila.
Statue di Santi.
Grandi finestre alle pareti.
Affreschi e decorazioni.
Pavimenti lucidi e scomodi per dormire.
Un altare in fondo alla stanza.
Una campana che scandisce le ore.
 
-FLASHBACK-
 
Freddo.
Tanto freddo.
Stringo di più le braccia davanti al petto.
Devo trovare un rifugio per dormire stanotte e nascondermi.
 
Opzioni.
 
Prima.
Chiedere ospitalità nel convento poco distante dall’ospedale.
 
No.
 
Anche se indosso un abito da frate, capirebbero subito che non appartengo al loro ordine e darebbero l’allarme.
 
Seconda.
Introdurmi furtivamente nel convento.
Le ferite non me lo permettono, i cancelli sono troppo alti e se mi scoprissero, darebbero l’allarme.
 
No.
 
Terza.
Recarmi in una locanda.
Non ho denaro.
 
Mi guardo intorno.
Le strade sono deserte.
I pochi lampioni rischiarano le vie divorate dal buio.
 
Continuo a camminare per minuti, forse ore.
La testa ricomincia a pulsare.
Inspiro ma l’aria gelida non fa che aumentare il dolore.
 
Inciampo e cado.
Le ginocchia sfregano il terreno.
Il tessuto dell’abito talare è grosso, protegge la pelle.
Nessuna ferita.
Ma fa male comunque!
 
Sollevo lo sguardo.
 
-INTERRUZIONE FLASHBACK-
 
Una Chiesa.
 
-CONTINUO FLASHBACK-
 
Mi avvicino cauto all’entrata secondaria, nascosta a sinistra della costruzione.
-Speriamo che sia aperta. Speriamo che sia aperta. Speriamo che sia aperta.- mormoro sottovoce mettendo una mano sulla maniglia e una sulla superficie di legno.
Spingo.
Si apre.
-Si!- esclamo contento.
La porta emette un cigolio sinistro.
Mi guardo intorno: nessuno in vista.
Entro.
 
-FINE FLASHBACK-
 
Dopo aver medicato le ferite, mi sono appisolato sul pavimento in un angolo nascosto della Chiesa, dietro ad un pilastro.
Le campane hanno smesso di suonare.
Otto rintocchi.
 
Fuori il sole non è ancora alto ma la luce entra dalle finestre rendendo l’ambiente intimo e accogliente.
 
La testa pulsa ancora, meno di ieri.
 
Tiro fuori i miei vestiti da sotto l’abito talare.
 
Eleganti.
Buona fattura.
Ci sono perfino dei guanti bianchi.
Rovisto nelle tasche.
 
Cenere e tabacco.
 
Guardo all’interno della giacca.
 
Orologio da tasca.


 
Mhh.
 
Lo apro.
 
Il vetro è rotto.
Le lancette sono ferme e storte.
Una caduta considerevole o un forte colpo.
Ci sono incise delle iniziali.
 
S.H.
 
Il mio nome.
Sollevo il capo.
Ci sono decine di possibilità.
 
Escludo nomi italiani.
Ho l’accento inglese.
 
Continuo a rigirare la giacca tra le mie mani.
Un momento.
 
Una tasca interna.
Ma non è cucita come l’altra dove ho trovato l’orologio.
Non ha rifiniture, è strappata.
È stata creata all’ultimo momento.
Per nascondere qualcosa.
 
Ma cosa?
 
Sento dei rumori.
Qualcuno sta entrando in chiesa.
Prendo tutti gli effetti personali e i medicinali mettendoli sotto l’abito.
Stringo la cinta per tenerli su.
Alzo il cappuccio.
Mi dirigo silenziosamente verso l’uscita secondaria da cui sono entrato.
 
Apro la porta ed esco.
Il freddo mattutino mi accoglie.
Il sole non è ancora arrivato ad illuminare questa zona, che resta nella penombra.
Un crampo allo stomaco mi costringe a piegarmi in due dal dolore.
La testa gira e pulsa.
Faccio qualche passo.
Un’altra fitta mi costringe a terra.
Mi porto le mani al ventre, che comincia a brontolare.
Fame.
Sospiro.
Non mangio da ieri a pranzo.
Mi sono rifiutato di mangiare quella sottospecie di brodaglia che loro chiamano minestra.
Appena ho potuto ho aperto la finestra e l’ho dato agli uccellini.
Hanno apprezzato più di me.
Mi stendo su un fianco nella ghiaia.
La vista si annebbia.
Le orecchie fischiano.
Mi sento debole.
Stringo gli occhi.
 
Sento dei passi, si stanno avvicinando.
Tento di alzarmi e di andarmene, inutilmente.
Un’altra fitta.
Mugugno in segno di lamento.
 
-Mi scusi, sta bene?- dice lo sconosciuto.
 
Apro gli occhi.
È tutto molto sfocato.
Vedo solo degli stivali neri.
 
-Padre, mi sente? Vi sentite male?-
 
A quanto pare mi ha scambiato per un frate.
Sento che si inginocchia.
Mi tira su e mi fa poggiare la schiena al muro.
Posa una mano sulla fronte.
È fresca, da sollievo.
 
-Non avete la febbre.- dice mentre io continuo a tenermi il ventre. -Scusatemi… Avete fatto colazione?- chiede notando sicuramente il mio gesto.
Scuoto la testa.
 
-Ora capisco.- lo sento rovistare qualcosa. -Tenete, vi farà bene.-
Apro lievemente gli occhi.
La sua voce è camuffata dalla sciarpa a quadri marrone e nera che gli copre la bocca.
Una nuova fitta mi costringe a serrare le palpebre.
 
Sento qualcosa posarsi sulle mie mani, il vapore caldo e un odore dolce e invitante solleticano il mio viso e il mio olfatto.
Bevo: cioccolata calda.
Buona!
Dopo qualche sorso mi sento subito meglio.
 
-Vi ringrazio.- dico in un sussurro.
 
Sento che lascia un sacchetto accanto a me.
-Questo è per voi.- resta in silenzio qualche secondo e poi riprende -Devo andare, mi aspettano al lavoro. Serve che chiami qualcuno per aiutarvi?-
 
-No, vi ringrazio. Sto bene.- prendo un profondo respiro -Siete stato molto gentile. Che la pace sia con voi.- concludo.
 
-Vi ringrazio, Padre. Abbiate cura di voi.- dice alzandosi.
Apro gli occhi, ancora appannati.
Lo vedo allontanarsi di tutta fretta.
 
Cappello nero.
Sciarpa a quadri nera e marrone.
Cappotto pesante nero.
Pantaloni marron scuro.
Stivali neri.
 
Gira l’angolo.
 
Prendo il sacchetto adagiato accanto a me.
Emana un odore di zucchero, semi di girasole, latte, fritto.
Lo apro.
Sollevo lo sguardo verso il punto in cui è scomparso lo sconosciuto.
Non ci credo.
Ciambelle!
 
 
 
POV ???
 
È stato un po’ difficile trovarlo.
Per fortuna non si è messo nei guai.
Dovevo aspettarmelo che non aveva toccato cibo.
Mi stringo nel cappotto.
E adesso al lavoro.
 
 
ORE 13:00
 
POV HOLMES
 
Mi sono dovuto nascondere in un vicolo abbandonato.
 
Se restavo seduto sul ciglio della strada a riflettere, ogni tanto qualcuno si fermava per donarmi qualcosa: cibo, acqua, soldi.
Che situazione imbarazzante.
Cercavo di rifiutare gentilmente, invano.
 
Alcuni poi mi hanno chiesto di dargli una benedizione.
Sospiro alzando gli occhi al cielo.
 
Mi siedo.
Prendo un panino, donatomi da un’anziana signora dall’atteggiamento piuttosto insistente.
Mi ha persino pizzicato la guancia!
Mi porto la mano sulla parte lesa.
La sento ancora dolorante.
Mordo la pagnotta.
Bene.
 
Punto della situazione.
 
Conosco le iniziali del mio nome S. H.
Sono inglese.
Un fumatore.
Una persona agiata.
Ma ho combattuto a mani nude, varie volte.
Ho nascosto un oggetto in una tasca interna creata all’ultimo momento.
Sono caduto o sono stato colpito.
Ma non derubato.
Ho a che fare con agenti chimici e lavori manuali.
 
Do un altro morso al panino e bevo un sorso di acqua.
 
Chi sono?
Dove lavoro?
Sono un uomo facoltoso?
Un chimico?
Un malfattore?
Un pugile?
Un carpentiere?
Un suonatore?
Perché mi trovo in Italia?
Cosa mi è successo?
 
Finisco il panino.
 
E di chi sono quegli occhi azzurri che ho sognato anche stanotte?
 
Ho più domante che risposte.
 
Partiamo dal nome.
Quale potrebbe essere?
 
Scott?
Troppo comune.
 
Steve?
Non mi piace.
 
Sebastian?
Sembra il nome di un maggiordomo dei romanzi gialli.
 
E se iniziasse con la H?
 
Harry?
Troppo sofisticato.
 
Henderson?
Nooo.
 
Sbuffo e mi alzo in piedi.
Spazzolo l’abito, tiro su il cappuccio.
Porto le mani dietro la schiena e ricomincio a camminare.
Vediamo un po’ che cosa offre questa cittadina.
 
Nel mentre… inspiro dal naso… continuiamo a pensare ai nomi.
Anzi… Passiamo ai cognomi!
 
Smith?
Naaah… Troppo da spia.
 
 
___________________________
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO                   19 LUGLIO
TERMINE MASSIMO                26 LUGLIO
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti!! =D
Come va?
Qui c’è un caaaaaldo boia!
Come vi avevo anticipato il POV Holmes è tornato.
Avevate capito come era riuscito a fuggire?
Come potete vedere il nostro amato Sherlock sta raccogliendo indizi.
Riuscirà a ritrovare la sua identità?
Ricordo che questa storia potete trovarla anche su Wattpad! =)
 
Grazie a tutti voi che leggete questa storia (il primo capitolo ha 115 visualizzazioni! Grazieee!!! <3 ), grazie anche a chi lascia una recensione!
Fatemi sapere cosa ne pensate! =)
 
Nel prossimo capitolo Holmes ci sarà un po’ di azione (speriamo bene)… ma non vi dico altro! :P
 
Alla prossima!! :*
Baci baci Djaly! :*


PS. Chi ha trovato Spiderman Homecoming STREPITOSO alzi la manooooo!!! <3
  
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