Libri > Guida galattica per gli autostoppisti
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Autore: GinChocoStoreAndCandy    13/07/2017    1 recensioni
Che cosa accadrebbe se invece dell'Umanità, ci pensasse Madre Natura a far fuori i Giganti?
(Si consiglia di aver letto o visto o conoscere almeno un'opera di Douglas Adams)
Genere: Avventura, Commedia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Sorpresa
Note: Cross-over, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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In principio furono create le mura e questo fatto sconvolse non poche persone.
Alcuni pensarono che sarebbe stata una pessima idea, i più pensarono che fosse stata una pessima idea scendere dagli alberi e iniziare una nuova vita nella savana.
Per quelli che decisero di manifestare la loro opposizione alla creazione delle mura, certi tipi chiamati Orientali esclusivamente per il fatto che provenissero da un luogo chiamato sommariamente Oriente, venne data la possibilità di discutere le proprie ragioni in un regolare processo, dove al momento del verdetto i giudici decisero che se l’Umanità era stata costretta a rinchiudersi dietro delle mura, era colpa del Mondo che era crudele e che non era stato in grado di comportarsi in modo adeguato, pertanto avevano deciso di privare del Mondo tutti coloro che avevano avanzato causa contro quelli che volevano vivere tra le mura.
Questo fatto portò a delle conseguenze interessanti.
Innanzi tutto, per una ragione non chiara, non tutti gli Orientali si erano presentati al processo, un po’ perché avevano intuito che andarci sarebbe stata una perdita di tempo, un po’ perché avevano altre cose da fare. L’altro fatto era che con le mura, si era creato un forte malcontento tra i giganti, che si vedevano privati dei loro spuntini che tanto facevano bene alla salute. Passati alcuni decenni, i giganti avevano deciso di sapere perché gli esseri umani continuassero a progredire inventando cose divertenti come gli occhiali da sole, mentre loro erano sempre uguali e fuori forma; per un incidente burocratico, dovuto alla perdita del permesso di viaggio, il delegato incaricato di scoprire tale ingiustizia era partito con una settimana di ritardo, andando incontro ad un increscioso incidente diplomatico con i delegati di Madre Natura, la quale era molto adirata con i giganti.
Infatti, questi rappresentavano fonte di imbarazzo con le altre Madri Natura dell’Universo, che non riuscivano a capire come mai gli Esseri Umani non riuscissero a liberarsi di esseri che potevano tranquillamente essere paragonati ai Vogon. Ma finalmente il momento di riparare agli errori era arrivato, scatenando la poco felice interazione tra specie, che si concluse in modo abbastanza brutale anche per gli standard di Madre Natura; ma nessuno è perfetto nell’Universo.
Quelli che vivevano all’interno delle mura, intanto, si preparavano ad un nuovo fine settimana pieno di speranze che sarebbe finito con il giornale del lunedì.






 
1
 
 
 
 
 
 
Nelle profondità degli appartamenti degli ufficiali, Levi si era accorto di aver appena commesso un gravissimo errore.
Levi aveva passato tutta la settimana a risistemare la sua stanza, già praticamente sistemata, rendendola talmente pulita che sulle mattonelle del pavimento ci si sarebbe tranquillamente potuto allestire un pic-nic senza bisogno delle posate e dei piatti. Dato che era stato così efficiente nel suo lavoro, gli altri ufficiali gli avevano chiesto se gentilmente poteva risistemare anche le loro di stanze, ma sempre se non avesse avuto di meglio da fare. Ma poiché nel mezzo della settimana non erano previste escursioni fuori porta perché sembrava che i giganti fossero misteriosamente spariti dal circondario e a nessuno era venuta voglia di scoprirne il motivo, Levi aveva accettato di buon grado di dare una ventata di lustro a quelle stanze, sempre perennemente afflitte dal problema dello sporco. Inoltre lui non aveva nulla da fare.
Una volta conclusa l’operazione, Levi era tornato nella sua stanza, dove aveva commesso l’errore gravissimo: aveva aperto una finestra.
Dalla stessa finestra, appena qualche ora dopo, era entrata Annie con un sistema per la manovra tridimensionale rubato in giro a chissà chi.
La continua, ricorrente, presenza della ragazzina nella sua vita, iniziava ad essere frustrante, perché Levi sentiva che in fondo non se ne sarebbe mai liberato, come quel gatto a cui lui ed Erwin avevano per sbaglio dato da mangiare una volta e da allora si era piazzato in casa e non c’era stato modo di toglierselo di torno; la fortuna di quell’episodio era stata che il gatto era molto vecchio ed era morto il mese dopo.
O almeno, questo era quello che Levi raccontava in giro.
Siccome però Annie non era un gatto, ma un pericolo, sotto molti aspetti, letale, Levi decise di trattarla con sufficienza come faceva per le cose che gli accadevano attorno. 
Nelle sue innumerevoli voci, la Guida Galattica parla di come gli abitanti di Jittania Prime siano bravi a sbrogliare situazioni problematiche; se non si vuole intorno un esemplare di Bestia Bulbosa Globicefala, la si può gentilmente rimuovere con un Emettitore Xantico a Destabilizzazione Ri-Strutturonica. Purtroppo per il pianeta Terra, il massimo che si potevano permettere erano i Cannoni a Mitraglia a Movimento Verticale, troppo scomodi per essere applicati ad uso domestico.
—Per essere una che dovrebbe stare in un cristallo a marcire lentamente giri un po’ troppo, non hai paura che ti scoprano? — disse Levi senza mostrare vero interesse per quella cosa.
—Ho i miei metodi — disse Annie scollando le spalle —Com’è, lo hai confessato il tuo amore segreto?
—No.
—Intendi farlo?
—Ma che t’importa? Potrei anche dire che scorrazzi liberamente per la nostra sede, già che ci sono — un pensiero che solo in quel momento aveva sfiorato la mente di Levi, che iniziò a chiedersi perché non l’avesse avuto prima. Iniziò anche a pensare a come rendere fruttuosa quella fastidiosa ragazzina, la quale, per qualche strana ragione che non comprendeva, continuava a dire cose sensate.
—Invece perché non inizi a vuotare il sacco, o te ne vai; non voglio che la gente ci veda assieme — Levi sperò nella seconda opzione, non aveva nulla da fare, ma non voleva parlare.
—E tu perché non vai a dichiararti? — Annie non demordeva, dopotutto anche lei non aveva granché da fare quel giorno.
—Perché se glielo dico se la prende e va tutto in malora — rispose esasperato.
—Che ne sai? Magari invece gli fa piacere, è una cosa che mette i brividi, però se non ci provi non lo saprai mai — disse Annie.
A quel punto a Levi venne un’idea.
Le idee sono per la maggior parte delle volte considerate piacevoli temi di conversazioni filosofiche, creazioni di mondi e di teorie interessanti sul senso dell’essere.
Quella che però ebbe Levi, fu un’idea diversa da quelle generiche filosofiche; fu più che altro scaturita da un disegno confuso apparso per un nano secondo nella sua testa e che lì per lì gli sembrò semplicemente migliore di tutti quelli che aveva avuto fino a quel momento.
—Facciamo così, gigante femmina, io vado a dire ad Erwin quello che provo e se le cose vanno bene, tu racconti tutto quello che sai sui giganti; se invece va male…
—Diventi il mio schiavo! — rispose Annie che a quanto pare sembrava aver trovato la cosa divertente.
—Questa condizione è completamente scollegata con il resto della conversazione, somiglia più al capriccio di una bambina — Levi era proprio stufo di quella faccenda. Si tolse il fazzoletto dalla testa e il grembiule e si vestì per uscire.
—Adesso vado a parlarci, tu vedi di iniziare a ricordarti tutto quello che sai, al ritorno ci aspetta una lunga chiacchierata.
—Certo, così poi mi racconti e forse ti racconto qualcosa anche io.
—Tu senza il forse!
Levi uscì dalla stanza, camminò lungo il corridoio, scese le scale che collegavano i piani e iniziò a girovagare per la città cercando di capire perché potesse essere così difficile prendere la strada per casa, formulare un discorso che avesse un senso e soprattutto pronunciarlo davanti ad una persona che vedeva praticamente tutti i giorni della settimana; si disse che il nervosismo era plausibile, non gli era mai capitato di parlare di quello che provava in termini di affetto, quindi decise che magari fare il giro panoramico delle mura più interne avrebbe allentato la tensione, magari dopo la passeggiata sarebbe potuto andare a fare un giro per la via nazionale e dopo ancora, andare a vedere se alla Guarnigione avevano bisogno di aiuto con i Cannoni a Mitraglia a Movimento Verticale; fatto sta che dalle sedici e trenta che era uscito, alle ventuno e un quarto era davanti alla sua casa.
 
 
 
 
 
 
 
2
 
 
 
 
 
 
 
Il quartiere residenziale Sirio era un posto noioso. Le casette a schiera erano tutte uguali, su due piani, con un piccolo giardino di fronte e uno sul retro, una sistemazione strutturale che avrebbe fatto chiedere a chi aveva un minimo di buon gusto in fatto di edilizia se chi le aveva progettate avesse avuto la minima voglia di pensare al design.
Da quelle parti non accadeva mai nulla di interessante, tanto meno quel sabato sera che i vicini di casa di Levi e Erwin erano via per andare a trovare i parenti in campagna, così come tutte le persone del circondario che erano andate a trovare anche loro i rispettivi parenti.
I vicini di casa sulla destra erano i signori Marple, una coppia di anziani che sapeva tutto di tutti e che Erwin usava come fonte principale per aggiornarsi su quello che accadeva tra le mura; quelli sulla sinistra erano i Cossa, che avevano stretto particolare amicizia con Levi dato che tutti avevano lo stesso accento, vagamente somigliante a quello del pianeta Vasishka un luogo prevalentemente acquatico dove le terre emerse erano solo penisole.
Il luogo restava comunque noioso ed era ancora più noioso la sera tardi perché diventava anche silenzioso; solo un piccolo suono di campanella irruppe nella noia serale.
Quando Hansie aprì la porta e ci trovò dietro Levi, nella sua mente esplose in maniera fragorosa una bomba di pensieri, per lo più confusi e disarticolati, ma che finivano tutti con la parola "omicidio".
Sebbene in preda agli spasmi, il cervello della donna riuscì a formulare qualcosa da dire che non fosse un’implorazione di pietà.
—Ciao, vuoi entrare?
—Io ci abito qui — disse secco Levi.
—Certo, entra pure nella tua casa — farfugliò Hansie facendo accomodare Levi in soggiorno.
Levi osservò attorno a sé il mobilio, il divano, il tavolo, il camino, le sedie, le scale che davano al piano superiore e la porta che dava alla cucina, le lampade a gas che avevano appena installato illuminavano con una luce felice.
Hansie invece era tutto tranne che felice, era agitatissima, in preda al panico; decise di affrontare la situazione da persona matura.
—Levi, io non pensavo provassi certe cose per me; è vero che passiamo molto tempo assieme, nelle missioni, negli esperimenti, quelli anche per forza di cose, ma ti ho sempre visto come un fratello, un collega, un amico fidato; ecco, ti voglio bene, ma non in quel senso — Hansie si fermò, Levi la fissava perplesso, non sapendo perché le stesse dicendo tutte quelle cose, che da un lato provava anche lui e da un lato non sentiva il bisogno di dirgliele, perché pensava che Hansie le sapesse.
— Anche io la penso come te. Dov’è Erwin, gli devo parlare, in privato — tagliò corto Levi.
A quelle parole Hansie capì tante di quelle cose che rimase sorpresa di sé stessa nello scoprirle e non ci fu nemmeno bisogno di chiederle, così come di aspettare Erwin che scese le scale in quell’attimo di scoperta.
—Eccolo qui, vi lascio soli che io vado da qualche parte a fare qualcosa — Hansie si dileguò in men che non si dica, lasciando Levi e Erwin soli in mezzo alla sala.
—Ti devo parlare — disse Levi.
—Finalmente, non sai che sollievo — disse felice Erwin.
—Non so come dirtelo, cercherò di essere il più chiaro possibile, tu mi piaci.
—Anche tu mi piaci — rispose Erwin e Levi credette di avere un infarto dovuto a qualcosa chiamato felicità, almeno finché Erwin non proseguì.
—Tu e io ne abbiamo passate così tante assieme, si è creato un legame solido di amicizia che non voglio finisca.
Levi fissò Erwin. Ci riprovò.
—Non hai capito, tu mi piaci nel senso che ti voglio bene non come amico — disse Levi e fu la volta di Erwin di provare qualcosa di simile all’infarto, ma non per la felicità.
—Tu cosa…?
—Hai capito bene.
Erwin annuì con la testa qualche volta, cercando di restare calmo, facendo come dicevano le istruzioni per il bungee jumping: fece dei bei respiri e si appoggiò a qualcosa di solido, in questo caso ad una sedia.
—Ok, d’accordo e da quanto tempo è che ti… piaccio, io?
—Un po’ — Levi ci pensò su — Circa tre anni.
 
 
 
 
 
 
 
 
3
 
 
 
 
 
 
Ciò che rende la Guida Galattica per Autostoppisti uno dei libri più venduti, oltre alla quantità maggiore di voci rispetto alla vecchia superata enciclopedia, è la scritta rossa a caratteri maiuscoli stampata sul retro di ogni copia NIENTE PANICO.
Questo consiglio prezioso vale per occasioni di pericolo o per affrontare complicati tranelli o rebus per giungere nelle miniere dorate del pianeta Deltiri 3; nessuno però aveva mai pensato di applicarla a problemi di vita sociale e in quel momento, in una delle case a schiera del quartiere Sirio, della cerchia esterna al centro, forse a qualcuno, vedere quella rincuorante scritta, sarebbe servito dato che si stava letteralmente facendo prendere dal panico.
—Tre anni?! Sono tre anni che provi queste cose per me! — gridò Erwin andando avanti ed indietro per il soggiorno della sua casa.
—Adesso sei sconvolto, ma se ti calmi un istante e rifletti, magari non ti sembrerà così assurdo come pensi — disse Levi che al contrario era talmente calmo da mettere a disagio.
—Tu mi hai fatto sentire un mostro per averti tenuto nascosta la mia di relazione e adesso pretendi che passi sopra i tuoi tre anni di silenzio sul fatto che ti piaccio? Dico: io e te viviamo assieme! — Erwin continuò a gridare sempre più scioccato dalla situazione.
—Ne deduco che tu non provi le stesse cose?
—No!
—Sicuro?
—Sì!
Levi iniziò a sentire qualcosa di strano dentro di sé, un misto tra delusione, amarezza, tristezza e voglia di compiere un massacro, accompagnato da un forte dolore al petto.
Molti studiosi e filosofi si chiedono se effettivamente il cuore si possa spezzare e, nonostante tutto, si possa rimanere ancora vivi.
Alcuni scienziati del pianeta Mukunga provarono a rompere il cuore di cristallo dei Pavoni Carnivori locali per poi ripararlo e rimetterlo in funzione. L’esperimento fallì clamorosamente, quindi per non perdere la faccia, gli scienziati decretarono che all’interno del corpo esistono due cuori: uno visibile che si occupa del mantenimento della vita e un altro invisibile, che si occupa di gestire le emozioni e che era proprio quello che si rompeva quando si avevano grossi dispiaceri. Decretarono anche che i Pavoni Carnivori sono una razza estremamente pericolosa e inadatta agli esperimenti.
Fatto sta, che molte persone non si accorgono di aver un cuore invisibile finché non si rompe, un po’ come Levi, che ancora non aveva capito se il dolore che aveva, era al petto o allo stomaco, dato che non aveva ancora cenato.
Erwin e Levi rimasero per un po’ in silenzio, rendendo ancora più noioso il quartiere Sirio.
—Fuori — disse secco Erwin indicando la porta.
—Cosa? — disse sorpreso Levi.
—Fuori da casa mia! — disse Erwin indicando ancora la porta.
—Guarda che questa è anche casa mia, non puoi farlo!
—Sul contratto di proprietà c’è il mio nome quindi posso eccome!
—Mi sembra che tu stia esagerando.
—Esagerando? Tu forse non ti rendi conto! Non voglio vederti mai più!
—E la mia roba?
—Te la faccio avere lunedì, ora fuori, Levi!
Di tutte le razioni che si era aspettato, quella Levi proprio non l’aveva presa in considerazione; pensò che Erwin avesse bisogno dei suoi spazi e di elaborare, con il suo metodo contorto, la situazione; ciò avrebbe richiesto almeno due giorni, quindi pensò di assecondarlo e andarsene via, verso gli alloggi degli ufficiali sperando che i cartelli con scritto: STA SERA FESTA COUNTRY non fossero veri.
—Ci vediamo lunedì — disse sommariamente Levi.
—Non farmici pensare — disse Erwin prima di sbattere malamente la porta di casa.
Il quartiere Sirio era un posto noioso. Anche quella sera fu noiosa visto che le persone litigavano sempre nel Mondo, ciò che accadde nella casa a schiera fu del tutto ordinario.
 
Dopo che tutte le porte furono chiuse, dopo che tutte le finestre furono serrate, dopo che tutti i coltelli, fucili, oggetti contundenti furono segregati in cantina nel caso Levi cambiasse idea e tornasse indietro per farli fuori tutti e due, Hansie si dedicò al difficile compito di far calmare Erwin. Lo abbracciò, lo fece sedere sul divano e gli prese una mano, usò un tono di voce calmo e tranquillizzante.
—Erwin coraggio, sei sconvolto, ma devi reagire, un po’ come me quando ho scoperto che i giganti parlano.
—Non ci posso credere, tre anni, ma ti rendi conto!
—Va bene, avrebbe dovuto dirtelo molto prima, sono d’accordo, ma non ti sembra eccessivo averlo cacciato di casa? Voi due state sempre insieme, una cosa quasi morbosa.
Erwin continuava a scuotere la testa, letteralmente sconcertato.
—Vuoi qualcosa da bere, magari di forte? — chiese Hansie.
—Cioè io quando è estate a volte non tengo la camicia… — mormorò Erwin; Hansie non ascoltò quello che disse dopo perché il pensiero di Erwin con solo i pantaloni addosso la distrasse.
—Ci facevamo anche la doccia assieme, non nella stessa cabina intendo, cioè magari avrà fatto pensieri del tipo quanto vorrei essere quella spugna? — a quelle parole non solo Hansie riemerse dalle fantasie che la pervadevano, che avevano a che fare con bicchieri che rovesciavano il loro contenuto su persone, ma capì anche perché Erwin aveva cacciato di casa Levi.
—Penso di aver capito.
—O magari avrà pensato quanto vorrei essere il sap…
—Ok, basta così! Ti porto sul letto così ti stendi, ti calmi e la smetti con tutte queste scemenze!
—Non sono scemenze!
—Sì, invece! Quando mai Levi fa pensieri così profondi, se ti voleva ti… — non concluse la frase.
Quello che aveva appena realizzato le riempì il cuore di gioia, ma anche di tenerezza e dispiacere. Erwin la fissò perplesso e Hansie fu sull’orlo di dirgli che cosa aveva appena capito, che forse sarebbe stata anche la risposta alla domanda sul perché della vita, ma decise che come lei ci era arrivata da sola, anche Levi e Erwin ci dovevano arrivare da soli.
Quindi accompagnò Erwin, al piano superiore, fino alla prima porta sulla destra dove entrambi si bloccarono.
Dall’interno della stanza provenivano dei rumori strani, come se delle persone stessero spalando della ghiaia; il problema era che all’interno della camera di Erwin non c’era la ghiaia, solo una marea disordinata di libri e cianfrusaglie.
 
Il quartiere Sirio era un posto estremamente noioso. Di rado accadevano cose sconvolgenti come quella che Hansie e Erwin trovarono all’apertura della porta della camera da letto al primo piano.
 
 
 
 
 
 
 
 
4
 
 
 
 
 
 
 
 
Precisamente sei giorni e mezzo prima era accaduta una cosa strana.
Un gruppo di ragazzini, assieme a degli adulti, si era ritrovato ad una festa di paese dove si celebrava l’Eruca Sativa in tutte le sue svariate particolarità culinarie. Sotto l’effetto del vino che si accompagnava ai piatti tipici locali, avevano iniziato a parlare a vanvera su fatti incerti avvenuti anni addietro, incidenti di percorso, discorsi tristi e altre cose che non erano interessate a nessuna delle altre persone sedute ai tavoli accanto al loro.
Due delle ragazze in particolare, Christa e Ymir, avevano avuto una discussione su certe cose che in genere si dicono al primo appuntamento e tali cose non dette avevano fatto sì che la relazione tra le due finisse.
Almeno questo è quello che era successo davvero, il fatto era che il quantitativo di alcol che tutti i presenti avevano ingerito fosse tale, che il giorno successivo, nessuno si ricordasse un accidente di quanto era stato detto, se non che le due ragazze si erano lasciate e che la festa di paese era stata fantastica. Ovviamente ciò che era fatto era fatto, perciò Ymir e Christa vivevano la loro separazione in modo pacifico.
La cosa strana era accaduta dopo.
Un certo giorno, Christa si era ritrovata a parlare con Eren e avevano scoperto di avere molte cose in comune. Da lì era nato uno strano desiderio che richiedeva l’introduzione di un elemento chiave.
Sfortunatamente l’elemento chiave si trovava nella casa sbagliata, cosa di cui i due ragazzi si accorsero solo dopo l’apertura della porta della stanza in cui si erano chiusi, ottenendo una buona dose di urla di stupore e disgusto, che si erano concluse con le domanda: come siete entrati? E le alcune sue interessanti variati.
Ora Eren e Christa, stavano seduti sul divano del soggiorno della casa di Levi, con Erwin e Hansie che li fissavano sconcertati da più di dieci minuti.
I due adulti non sapevano che dire, nemmeno che pensare, se non che avrebbero distrutto le lenzuola del letto il prima possibile.
—Che spiegazione avreste in merito a ciò che abbiamo appena visto? — chiese alla fine Erwin.
—Magari evitiamo i dettagli, dato che li abbiamo notati anche troppo bene — aggiunse Hansie.
—È molto semplice io e Christa stavamo aspettando il Caporale Maggiore nella sua stanza, siccome non arrivava abbiamo pensato di farci trovare già pronti — disse Eren in modo così innocente che avrebbe fermato anche le inarrestabili macchine da guerra del pianeta Toutatis 3.
—Una cosa tira l’altra e ci avete trovato in una situazione un po’ imbarazzante — disse Christa arrossendo.
Erwin e Hansie cercarono di non ripensare alla situazione imbarazzante come quella di trovare due adolescenti che facevano sesso nel loro letto.
—E Levi che c’entra? — chiese Hansie, ma solo per scrupolo.
—Magari aveva voglia di unirsi a noi — disse Eren candidamente.
—Cosa?
—Fare una cosa a tre.
—Sì, quello l’avevo capito, ma cosa, perché lui?
Eren e Christa alzarono le spalle, Hansie lasciò perdere anche perché non doveva esserci una spiegazione logica per tutto.
Come a quella serata. Non sempre nell’Universo alle cose si attribuisce una logica subito; spesso e volentieri la si capisce molto tempo dopo, involontariamente, perché un gesto o una parola fanno riaffiorare nella mente quella precisa situazione.
Ad esempio, quando bussano alla porta, i pensieri che affollano la mente della persona che andrà ad aprire sono spesso legati alla necessità di capire se sia stato il caso di fare tutta la strada che collega il luogo di partenza alla porta; spesso, è la curiosità a spingere le persone ad andare ad aprire la porta; in altri casi, è la speranza che dietro al portone ci sia un qualcuno che determini la vita di chi va ad aprire e non il solito venditore di enciclopedie che vuole convincerti che sei relativamente stupido e che l’unico modo per ovviare a tale carenza è comprare la sua enciclopedia.
Sicuramente a quell’ora della notte non poteva essere un venditore di enciclopedie, tanto meno un vicino di casa, dato che erano tutti andati via; perciò quando Erwin andò ad aprire la porta non aveva la minima idea di chi potesse essere ad aver bussato.
—Ciao Erwin! — disse raggiante Emma Summerstone, con in mano una valigia.
Erwin fu sul punto di sbatterle la porta in faccia, ma la curiosità lo spinse ad aspettare.
—Emma, che cosa ci fai qui, non dovresti essere in viaggio di nozze? — chiese Erwin.
—Oh, me ne sono andata, io e mio marito abbiamo litigato e abbiamo capito che non siamo capaci a vivere assieme.
—Mi dispiace — non era assolutamente vero, Erwin era felicissimo — Tornando alla domanda iniziale, che cosa ci fai qui?
—Non so dove andare, non mi va di dormire nella nostra casa, posso stare qui da te e Levi?
Erwin sospirò, anche se era una persona odiosa non poteva certo lasciarla per strada. Inoltre casa sua aveva già degli ospiti.
—D’accordo entra.
—Grazie — Emma fece cenno dietro di lei —A proposito quei due ragazzi stanno cercando Eren, sai dov’è?
Erwin vide Mikasa e Armin in preda alla disperazione mentre pensava a come smistare tutta la gente che avrebbe avuto in casa quella notte.
—Sì, è dentro casa mia, stava facendo sesso con una sua amica nel mio letto aspettando Levi — disse Erwin.
—E Levi come l’ha presa? — chiese Emma.
—Non c’era, l’ho sbattuto fuori casa perché sono tre anni che gli piaccio.
—Però che serata movimentata!
—Non ti spiace dormire in camera mia, vero?
—No, userò le mie lenzuola. Non è che mi puoi fare un autografo? Mia nipote ti adora!
—Va bene. E tu domani puoi preparare la colazione per sette persone e un gatto?
—Hai un gatto?
—Sì, quel bastardo si rifiuta di morire.






 
5
 
 
 
 
 
 
Il giorno prima del lunedì, Levi l’aveva passato tutto il tempo sul letto. Sebbene fosse consapevole che dei granelli di polvere, delle dimensioni di mezzo millimetro, si stessero depositando su di lui, non fece nulla per impedire tale scempio agli occhi della sua nevrosi. L’unica cosa che aveva fatto prima di stendersi sul letto, era stata quella di sigillare le finestre e le porte della camera da ufficiale, in modo tale che nessuna ragazzina fastidiosa o nessun uomo vestito da coriandolo, una spezia ricercata, entrasse a convincerlo a festeggiare o a parlare.
Levi si sentiva strano. Aveva come l’impressione che nulla al Mondo potesse tirarlo su di morale; nemmeno lo sterminio dei giganti.
Si alzò, di mal umore, solo lunedì mattina, dopo che gli avevano comunicato di andare nell’ufficio del Comandante. L’idea di rivedere Erwin dopo quello che era accaduto non lo metteva a suo agio, anche perché se gli avesse detto che, dopo attente riflessioni, anche lui provava le stesse cose, Levi non avrebbe saputo come gestire la cosa.
Fortunatamente per lui, non avrebbe dovuto pensare a nulla di tutto ciò, perché Erwin aveva dei piani diversi per lui.
—Tieni — disse Erwin buttando dei fogli sulla scrivania.
—Che roba è? — Levi non aveva voglia di leggere.
—Una domanda di trasferimento, firmala e così la facciamo finita.
—Ma perché mi vuoi trasferire?
—Perché non voglio più vederti!
—Qual è il problema?
—È che per tre anni mi hai tenuto nascosto il fatto che ti piaccio! Vattelapesca che pensieri hai avuto nel frattempo e la cosa mi mette i brividi.
—A lei piace il Comandante? Ma come? E io? — disse Eren sconvolto.
Per qualche ragione che Levi non capiva anche il ragazzino era stato convocato, rendendo la situazione più paradossale che logica.
—Tu cosa, Eren? — disse Levi.
—Zitto, poi penserò anche a te, signor cose-a-tre-nelle-stanze-altrui — disse Erwin.
Levi girò lentamente la testa da Eren a Erwin.
—Ah, come ci si sente? — chiese Levi sarcasticamente.
—Comunque penso che voi due dobbiate parlare, magari esco dalla finestra, non è molto in alto, al massimo mi rompo una gamba — disse Eren a disagio.
—Per quello ti ho già chiesto scusa —disse Erwin.
—Ma per il resto, non vuoi proprio vedermi più?
—Sì, Levi.
Levi prese un pennino e firmò i documenti per il trasferimento. Non capiva perché stesse facendo quella cosa, in fondo lui non aveva fatto niente di male, eppure sentiva che se voleva che tutto funzionasse o in parte tornasse come prima, lui doveva andarsene.
Per certi versi, gli esperti del settore trovano che l’amore sia una delle più grosse fregature dell’Universo. Il dover passare parte della propria esistenza a provare sentimenti che devastano l’animo di propria spontanea volontà, é una cosa stupida e priva di alcun risvolto positivo. Certo, per chi aveva fortuna di provare quei sentimenti verso la persona giusta, gli avrebbe garantito la possibilità di tramandare i propri geni e di essere felice per tutta la vita; tuttavia, nella maggior parte dei casi era più la perdita di tempo che il guadagno, dato che la trasmissione dei geni poteva avvenire anche senza il bisogno di provare i sentimenti. Un po’ come su sistema Duggor, i cui abitanti dei dodici pianeti, non provavano sentimenti per non infastidire gli abitanti del vicino sistema a doppio sole Xenu, facenti parte di una setta religiosa dedita alla Meditazione Trascendentale In Assoluto Silenzio Atarassico.
Levi consegnò i fogli firmati.
—E dov’è che mi trasferisci? — chiese Levi.
—Al Paddock 9 — rispose Erwin.
 
 
   
 
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