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Autore: SomeoneNew    14/07/2017    1 recensioni
E un pensiero la sfiorò lievemente per un secondo. Che se solo avesse voluto, se solo le cose fossero andate in maniera diversa quel ragazzo seduto di fianco a lei proprio in quel momento, forse un giorno avrebbe potuto imparare ad amarla davvero.
Se solo avesse saputo da quanto tempo l'amava già.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ubriachi


6 MESI DOPO.
 
“Non sono una persona insicura” proferì sulla difensiva.
“Lo so.”
“E non ho bisogno di conferme.”
“So anche questo.”
“E di certo non mi serve un uomo per sentirmi realizzata.”
“Questo è poco ma sicuro” aveva imparato il gioco, doveva solo continuare ad assecondarla.
“Voglio dire, sono una donna indipendente ed emancipata e se il mio lato autoritario ti spaventa allora puoi andartene al diavolo” sbottò sempre più decisa a vincere quella guerra.
“Io credo solo che tu abbia aspettative troppo alte, ecco.”
“Che cosa? Io, aspettative troppo alte?” come non detto. Avrebbe dovuto attenersi al piano principale, sorridere e annuire. “Io non ho affatto aspettative. Esco con una specie di cuoco senza un ristorante che ha un sogno più grande del mio appartamento, e tu hai visto il mio appartamento. E poi non ha neanche un’auto …”
“Lui ha un’auto.”
“No, tesoro. Mi rifiuto di chiamare quella cosina ‘auto’” disse agitando il dito per sottolineare la sua contrarietà.
“A me piace Dave. E’ spiritoso, passionale, è un sognatore, che di questi tempi è davvero una rara qualità da trovare nelle persone. E poi è un galantuomo e ti tratta come se fossi una regina. In poche parole, quell’uomo ti venera e tu neanche te ne rendi conto. Potrai anche non essere una persona insicura, bisognosa di conferme e potrà anche non servirti un uomo per sentirti realizzata, ma tu hai bisogno di quell’uomo per essere felice, Cristina. Non farti scappare il tuo principe azzurro solo perché non ha l’armatura lucente e il suo cavallo non è bianco.” Ci credeva davvero in quello che le aveva appena detto “Spero che ora non mi licenzierai perché ti ho contraddetta” aggiunse in fretta simulando lo sguardo più sottomesso che possedeva nel suo repertorio.
Cristina, che fino a quel momento le aveva dato le spalle volgendo lo sguardo sulla distesa di grattacieli che si scorgeva dalla vetrata del suo ufficio della rivista Women si voltò “No. Ci sai fare troppo con le parole per licenziarti. E poi, se ti licenziassi, addosso a chi vomiterei le mie non-insicurezze?” sospirò facendole l’occhiolino. “Riguardo stasera, vengo a prenderti io o vieni con la tua auto?”
“Cosa?” Stasera?  Aspetta, che giorno è ‘stasera’? Ma perché diavolo non mi decido a comprare un’agenda? Eppure stavolta sono sicura di non aver dimenticato nulla.
“No. No, no, no, no. NO” okay, forse aveva dimenticato qualcosa. “Non dirmi che te ne sei dimenticata!” certo che lo aveva fatto, aveva la memoria di un novantenne. Eppure credeva di essere migliorata da quando aveva iniziato a comprare la Settimana Enigmistica aka Allena la mente. Allena la mente un corno, aveva solo contribuito a renderla più miope di quanto lo fosse già.
“La festa” sentenziò Cristina per aiutarla a ricordare. Si sforzò tentando di far riaffiorare qualcosa riguardò ad una festa: il nulla più totale, “di Catherine” Catherine? Ancora il nulla più totale “Catherine Donovan.”
“Dannazione riesci a dire una frase di senso compiuto entro le prossime ore?” si scocciò Grace.
“La pittrice.” Oh. Si, ora ricordava. Ed ecco perché aveva completamente rimosso quella festa dalla sua memoria. Non aveva alcuna intenzione di andarci.
“Io non vengo.”
“Certo che ci vieni.”
“No.”
“Si.”
“Cristina non insistere, quella donna mi odia e devo dire che il sentimento è del tutto ricambiato.” Era vero. Quella bambolina biondo platino con la pelle di porcellana la irritava tanto quanto aveva la percezione che lei la irritasse. La prima volta che si erano strette la mano al principio dell’intervista che Grace le aveva fatto, l’aveva praticamente scannerizzata dall’alto in basso, e rifilandole un’occhiataccia di appena sufficienza le aveva fatto notare che le sue convers da quattro soldi stavano pestando un pavimento da sessanta mila dollari. Le avrebbe fatto notare che sarebbe stata felicissima di mettere lei sotto i piedi per evitare quell’oltraggio che stava infliggendo a quel terrificante parquet, se non fosse stato per la dannata intervista che le era stata rifilata all’ultimo secondo perché tutti l’avevano rifiutata. Ora ne capiva le motivazioni. Quando poi alla domanda su quale fosse la più bella opera che lei avesse mai ammirato aveva risposto ‘ le mie iridi nello specchio ’ Grace aveva deciso che sarebbe stato inutile tentare di far apparire Catherine Donovan peggiore di quanto fosse, visto che faceva tutto il lavoro da sé.

“Ma che importa se vi odiate a vicenda. E’ una festa, il che significa alcool, musica, nuove conoscenze” E il primato della coerenza va a …
“Cristina”
“Lo so, lo so che non sei sul mercato ma questo non ti impedisce di conoscere nuova gente.” Quel sorrisino la inquietava parecchio.
“Sul serio, non ho alcuna intenzione di …”
“E poi chissà, magari è proprio ciò che ti serve.” Ancora una volta non capiva “Il libro, Grace, il tuo nuovo libro.”
“Non credo che ubriacarmi potrà essere molto utile al fatto che non riesco a scrivere un paio di parole di seguito che abbiano senso compiuto da ormai due mesi.”
“Invece si. Sei visibilmente stressata con tutta quella roba da …” e concluse la frase simulando un conato di vomito perché lei quella parola proprio non riusciva a dirla.

Cristina era un concentrato di potenza e indipendenza. Femminista fino al midollo rifiutava ogni tipologia di profondo romanticismo. Dipendente dal suo lavoro, determinata a raggiungere i suoi obiettivi a qualunque costo (o quasi), era una di quelle persone che a San Francisco vengono definite come ballin, ovvero qualcuno che ha fatto successo ed è perciò ora popolare e ricco. Razionale e competitiva, spirito libero solo quando si tratta di relazioni amorose, ed eccellente nel suo campo, era diventata capo della famosa rivista Women a soli ventiquattro anni. E ora, sulla soglia dei trenta era diventata una sorta di mito, una leggenda intrappolata in un esile corpicino, occhi scuri come la pece e capigliatura folta e sbarazzina. Eppure a distanza di anni era ancora incapace di gestire le proprie emozioni, e così si rifugiava nell’introversione di un mondo fatto di logica e praticità. Il lavoro era da sempre stato la sua vita, certo, aveva avuto delle relazioni ma niente di importante. Finché non aveva incontrato Dave. Cuoco alle prime armi, sognatore, romantico, di qualche anno più giovane di lei, era il suo esatto opposto. Cristina, che dal canto suo aveva sempre creduto al ‘chi si somiglia si piglia’ e mai al ‘gli opposti si attraggono’ non riusciva proprio a spiegarsi come fossero finiti assieme. Si frequentavano ormai da quasi un anno, tra alti e bassi e soprattutto sbalzi di umore da parte di lei, eppure probabilmente non avrebbe mai e poi mai ammesso di non essersi mai sentita così viva come in quel periodo della sua vita. Fino a qualche mese fa credeva che il suo lavoro fosse tutto ciò di cui aveva bisogno, ma adesso qualcosa era cambiato …

“Passo da te alle nove, bel culetto.” E uscì dalla stanza regalandole una pacca sul sedere. Devo far maggiore attenzione quando stringo amicizia con gente strana, rifletté a voce alta.
 

We’re so late nights
Red eyes, amnesia, on ice
Late nights, red eyes, amnesia, I need you

Eccola: l’estate.
Tutti l’aspettano, tutti la cercano, tutti la amano incondizionatamente finché non arriva con i suoi trentasei gradi di afa pura. A quel punto iniziano a maledirla e ad invocare il gelo e i pinguini del polo Sud, sognando distese di neve e ghiaccio lastricato su cui pattinare. Grace faceva parte di quella minuscola percentuale di persone a cui l’estate proprio non andava giù, in qualsiasi stagione dell’anno si trovasse. Non le erano mai piaciute cose come il caldo e il sole scottante, per non parlare della temuta prova costume. L’unica cosa che la attraeva della calda stagione era il mare, o meglio il poter fare il bagno in mare. Era una di quelle cose capaci di farla sorridere, l’avrebbe guardato per ore, giorni senza mai stancarsi. Il mare rappresentava per lei il vivido concetto di immensità. Puoi tentare, puoi sforzarti, sollevarti sulle punte per sbirciare oltre l’orizzonte ma mai e poi mai vedrai la fine, perché effettivamente non ce l’ha, perché quella spiaggia che tu potresti considerare la fine in realtà potrebbe essere l’inizio per  qualcun altro.  Un’enorme distesa di acqua salata indomabile e coraggiosa che si prostra ai tuoi piedi senza pudore e riserve, e tutto ciò può farti sentire impotente ma allo stesso tempo terribilmente libero e privo di ogni difesa. Grace amava il mare, lo amava in qualsiasi stagione ma in estate più di tutte, era l’unico periodo in cui riusciva ad avere un contatto tanto diretto con esso e questo la mandava in estasi.

Ritornò a quell’esile scrivania improvvisata nel suo piccolo appartamento nel centro di San Francisco e riprese a scrivere. O meglio, ci provò. Ebbe come l’impressione che fossero passati secoli dall’ultima volta che aveva almeno tentato di riordinare quel casino che si ritrovava in testa riuscendo a ricavarne davvero qualcosa. Bloccata. Ecco come si sentiva. Bloccata in una dimensione che non riusciva a comprendere, intraducibile. Ed era stanca anche solo di provare ad uscirne, di cercare una soluzione al suo problema. Anzi, preferiva ignorarlo del tutto. Primo poi finirà, giusto? Pensava tra sé e sé, nel tentativo di auto convincersi. E così si affacciava dalla finestra che dava sulla stradina popolata e si perdeva nell’osservare tutti coloro che entravano nel suo campo visivo. E viaggiava con la mente e i suoi occhi si riempivano di strane storie e personaggi strampalati. Riservava per ognuno emozioni diverse e immaginava le loro vite come la pellicola di un film a scorrerle davanti agli occhi. Mentre quelle pagine, quelle che davvero doveva impegnarsi a riempire rimanevano vuote, bianche e pure, quasi come se avesse paura di sporcarle con parole superflue. Poi d’un tratto si sentì irritata con se stessa perché, dannazione lei era felice, lo era davvero perché per la prima vota nella sua vita tutto le sembrava chiaro e limpido come non lo era mai stato. In seguito al ritorno da Portland molte, un sacco di cose erano cambiate, aveva finalmente capito ciò di cui davvero aveva bisogno e le era sembrato che ogni tassello del puzzle fosse andato al posto giusto. Così pian piano aveva iniziato a percepire attorno a se, come un’aurea, quella strana sensazione di calma e tranquilla felicità che stonava del tutto con il fatto che si sentisse totalmente poco ispirata. E così aveva smesso di scrivere.  

Provò a spostare di qualche centimetro la pila di romanzi accanto al computer, si sistemò meglio sul dorso del naso gli occhiali da vista che ormai portava solo a casa quando toglieva le lenti a contatto e tornò a fissare l’ultima parola che aveva scritto cinque mesi e dodici giorni fa: pelle . La ripeté ad alta voce: pelle, ma ancora una volta nulla. Nessuna emozione, nessuna idea, il nulla più totale.

In uno scatto d’improvvisa insoddisfazione abbassò lo schermo del portatile e si alzò dalla sedia. Doveva fare qualcosa per aggiustare le cose, e se questo comprendeva prendersi la terza sbronza della sua vita lo avrebbe fatto.
 
 
Right now I can't see straight
Intoxicated it's true 
When I'm with you
I'm buzzing and I feel laced
I'm coming from a different phase
When I'm with you
Il loft lungo e stretto come un corridoio era avvolto da luci basse e un’atmosfera soft, del tutto lontana dall’dea di festa che Cristina si era fatta. Grace, infatti notò l’espressione di delusione che le si dipinse in volto appena ebbero varcato l’ingresso. Ma Cristina non si era data per vinta, giusto il tempo di individuare il bar e nel giro di qualche minuto Grace si era ritrovata del tutto sola. Così aveva deciso di dare un’occhiata in giro e magari fingere di soffermarsi ad ammirare qualche quadro mediocre di quella che doveva essere la padrona di casa, ma della quale non si era vista ancora neanche l’ombra, cercando il coraggio di avvicinarsi al barista e chiedere qualcosa di molto forte per affrontare la serata.

Così si avvicinò ad un gruppetto di persone sulla sua sinistra che si erano radunate attorno a quello che doveva essere un quadro davvero interessante per attirare l’attenzione di così tanta gente. Decisa come poche volte nella sua vita a scoprire di che cosa si trattasse, e grazie anche alla sua esile figura riuscì a farsi spazio tra la folla ritrovandosi proprio di fronte al dipinto. Si trattava di una donna, i cui contorni erano delineati dalla sottile punta di una matita blu, distesa di lato su delle lenzuola sfatte. I capelli ricci erano sparsi in disordine sul cuscino, il braccio sinistro piegato sotto la testa mentre la mano destra era nascosta tra le cosce nude. L’espressione di lei era l’unica cosa che poteva davvero portare fuori strada, apparentemente rilassata ma in realtà concentrata. In basso lesse il titolo: Dormiente, titolo alquanto assurdo, pensò Grace, dal momento che tutto ciò che emanava la figura era tensione. Le braccia, le gambe, le spalle, il collo e le palpebre degli occhi, sembravano tutti essere tesi come delle corde di violino pronte a spezzarsi. L’audacia di quelle linee la stravolse. La donna raffigurata stava chiaramente provando forti emozioni e sembrava essere prossima all’orgasmo e tutto ciò che il titolo affermava era: Dormiente. Forse perché nessuno di quei signori altolocati presenti e nessuna di quelle signore appartenenti all’alta società avrebbero mai ammesso pubblicamente la verità di ciò che stavano osservando. Per questo motivo stavano adesso annaspando nel cercare quel carattere “dormiente” inesistente tra i tratti descritti sulla tela. Un signore accanto a lei in giacca blu e dai lineamenti francesi insisteva nel dire che si trattava della corona di ricci che le incorniciava il volto, una voce femminile alle loro spalle rispose che la verità si celava tra le labbra dischiuse e abbandonate e ogni secondo che passava una nuova teoria veniva rilasciata velata da quella comune preoccupazione di avvicinarsi sempre di più alla verità. Grace non riusciva a comprendere questa visione unilaterale della vita e iniziava a provare un brivido di ripugnanza per tutta quella gente che cercava disperatamente un appiglio al quale aggrapparsi pur di non cedere a se stessi, ma soprattutto era disgustata dal tentativo della stessa pittrice di celare le sue passioni tentando di soffocare l’arte dietro un titolo. Tutto ciò che sarebbe bastato dire era:
“Autoerotismo” affermò qualcuno con voce ferma, zittendo l’intero gruppo, perché finalmente la bomba era esplosa e ognuno di quei lussuosi manichini pensava senza nascondere un sospiro di sollievo che non erano stati loro a sparare per primi.
“Esatto” esclamò ad alta voce Grace come se si fosse trattenuta a stento dal mettersi ad urlare. Ma non appena si rese conto che non si trattava di una voce nella sua testa ma proveniva dall’esterno si girò di scatto cercando quel salvatore di anime dipinte tanto coraggioso. Notò che la folla si era velocemente e silenziosamente dispersa come se fosse stata sul serio evacuata, e le venne da ridere riflettendo su quanto stupidamente puritana potesse essere alle volte la razza umana. Poi i suoi occhi si spostarono sull’unica figura che era rimasta alle sue spalle e che ora si stava lentamente avvicinando quasi per paura che lei scappasse.
Another way now
Like we're supposed to do
Take you to the back now
I take a shot for you
Wasted every night
Gone for every song
Faded every night
Dancing all night long
In realtà il pensiero di scappare non attraversò per nulla la mente di Grace, la quale rimase invece immobile attendendo che lui si avvicinasse abbastanza da permetterle di scorgere meglio il suo viso.
“Sa di avere appena oltraggiato le illustri menti di quei signori con le sue insinuazioni, signore?”
“Spero solo di non avere offeso la sua di mente, signorina.” rispose affiancandola “E poi con tutto il dovuto rispetto, ma i suoi amici sembravano avere davvero bisogno di un suggerimento miss … ?”
“Montgomery.” Precisò.
Sentendo quel cognome sorrise tenendo lo sguardo fisso sul quadro. “Mi permetta di chiederle la sua personale opinione sul dipinto, miss Montgomery.”
“Devo dire che, nonostante io non sia proprio una fan dell’autrice, stavolta devo concederle il merito di aver creato qualcosa di così magnetico alla vista. E’ quasi come se l’intera e sola immagine riuscisse ad inebriare tutti e cinque i sensi stravolgendo con la propria veridicità la percezione del reale, mentre nelle linee tracciate c’è una sorta di virilità femminile morbidamente sfumata. Peccato per il titolo al quale è stata condannata, rovina ogni cosa.”
"E' vero. Adoro lo stile di Catherine, ma la scelta del titolo è molto triste."
"Conosci Catherine?" Aveva smesso di dargli del lei.
"L'ho conosciuta qualche anno fa ad una mostra iconografica qui a San Francisco. Se sei qui devi conoscerla anche tu, o sei un'imbucata?" Anche lui era ormai passato a darle del tu.
"Primo, si la conosco" ed evitò di aggiungere quel 'purtroppo' che tanto le premeva sulla lingua, "e secondo se fossi un'imbucata di certo non mi imbucherei ad una 'festa' del genere."
"Touché" sorrise lui guardandosi intorno.
"Cosa ti porta da queste parti, giovane straniero?"
"Intendi qui, a San Francisco?"
"No, intendo qui di fronte ad un quadro erotico." Rispose ironicamente lei "Si, a San Francisco."
Tu, pensò lui, ma non era del tutto vero. "Opportunità." fu ciò che rispose.
"Ti mantieni sul vago" lo prese in giro.
"Non mi piace sbilanciarmi" era ciò che aveva fatto per tutta la vita. "E tu cosa ci fai qui?"
"Ci vivo" sorrise.
"No, intendo di fronte ad un quadro erotico" che colpo basso.
"Cerco di fare la disinvolta" fece spallucce "ho intenzione di ubriacarmi stasera" gli sussurrò avvicinandosi e provocandogli un sorriso involontario sulle labbra.
"Eppure hai ormai passato metà serata ad osservare un quadro erotico" la prese in giro.
"In effetti credo sia il caso che ci spostiamo da qui prima che tutti i presenti inizino a considerarci dei pervertiti" e per la prima volta nella serata si voltò a guardarlo.
“Troppo tardi, piccola Grace.”
Drunk all summer
Drunk all summer
We've been drunk all summer
Drinking and flowing and rolling
We're falling down
 


My corner

Hola! Come state? 

Io mi sto lentamente sciogliendo sulla tastiera del PC.

Nonostante ciò ecco un altro venerdì e un altro capitolo di 'Pioggia d'estate'.

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo ennesimo incontro che proseguirà nel prossimo capitolo, e se avete capito di chi si tratta (che domanda idiota, scusate è il caldo).

Le cose si faranno particolarmente interessanti il prossimo venerdì (risata malefica) e accadrà qualcosa che potrà cambiare per sempre il rapporto tra i due (doppia risata malefica).

Buon caldo a tutti! ... Emm volevo dire weekend, buon weekend a tutti!

Al prossimo capitolo,

Daisy.


 
 
  
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