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Autore: Mirajade_    14/07/2017    0 recensioni
Raccolta di one-shot, in ordine cronologico, che vede protagonisti Angela Ziegler e Genji Shimada (subito dopo essere diventato un cyborg).
Le storie racconteranno il percorso della relazione tra i due dal loro primo incontro.
[GenjixMercy]
***
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Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genji Shimada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My heart's an artifice

You're the pulse in my veins
You're the war that I wage
Can you change me?
Can you change me?

(Monster - STARSET)
Angela Ziegler.
Nanobiologa e dottoressa.
L’angelo custode dal cuore tenero schermato di compostezza.
Una ragazza, anzi, una donna stimata e riconosciuta per pazienza e bravura. Abilità che le avevano permesso più e più volte di salvare e preservare vite umane elargendo ultime possibilità a chi non ne aveva mai avute o a chi aveva peccato troppo da doversi redimere.
Attraversava i corridoi del quartiere generale con una fierezza che sapeva portare come soprabito, la stessa fierezza che sembrava scivolarle via quando attraversava la soglia della stanza di Genji Shimada.
Iridi rossastre, sguardo insofferente e impassibile mentre si rigirava tra le dita tre shuriken, lucidi e affilati. Le protesi ne sostenevano il busto non completamente robotico esaltandone la figura alta e snella.
Angela non avrebbe mai ammesso di trovarlo bello, e non perché da brava dottoressa sapeva che Genji era solo un paziente e tale doveva rimanere, no. Quello stesso ragazzo preservava in se una rudezza e un disdegno che spesso le avevano mozzato il fiato. Aveva appreso che se solo lui avesse saputo che agli occhi della sua dottoressa era bello le avrebbe riso in faccia e urlato contro l’odio fermentato in quelle settimane nel quartiere svizzero.
-L’ultima volta ti stavi recidendo un braccio- enunciò la dottoressa stringendo tra le braccia una classica cartelletta medica. Si sentì attraversata da parte a parte dagli occhi cremisi del suo paziente, troppo impegnato a giocherellare con le tre lame che a risponderle –Come ti senti oggi?- sospirò la biondina.
-Un morto che cammina-
- Non era quello che intendevo-
Genji si sedette sulla poltrona di pelle scura, unico mobilio in una stanza spartana dalle pareti giallastre e il letto continuamente sfatto, aspettando la prassi che prevedeva un controllo da parte della giovane dottoressa. Ormai si era abituato a quella routine e alle mani piccole e morbide di Angela sul suo corpo, o almeno sulla poca pelle restante. Ogni volta controllava cavi e protesi, prima di passare a controllo di azioni e reazioni e lui la guardava.
Non sapeva dire se con repulsione o ammirazione, ma la guardava senza che Angela potesse accorgersene, soffermandosi attentamente su quel viso da bambina, lo stesso viso che lo aveva riportato alla vita come un mostro.
La svizzera portò le mani sulla sua nuca, pressando un po’ più su fino al familiare schiocco dell’armatura sul volto, ritrovandosela tra le mani, rivelando il volto graffiato del ninja e colorato di viola al livello dello zigomo.
-Che cos’è questo?- chiese allarmata, alzando il mento dell’uomo per visionare meglio l’ampio ematoma che aveva preso possesso di zigomo e occhio sinistro –Com… quando è successo?-
-Durante la scorsa missione- rispose asciutto, Genji, stringendo il polso della dottoressa per forzarne l’allontanamento della mano dal suo viso –Non pensavo potesse interessarti- continuò, rispondendo a una possibile domanda e sogghignando al viso sconcertato della bionda.
-Sono la tua dottoressa come pensi che…-
-Appunto. La mia dottoressa, non la mia balia. Il massimo che dovresti fare è ricucire tagli o prescrivere pasticche, invece ogni giorno sei qua a controllare se sono ancora intero per potermi aggiustare- disprezzo, solo disprezzo fioriva dalle sue labbra, come veleno –Non lo sopporto. Solo vattene perché il solo guardarti mi fa ripudiare sempre di più me stesso-.
Angela sarebbe rimasta senza fiato, conoscendosi. Avrebbe fatto dietrofront per poi sbattere la porta della stanza, successivamente sarebbe stata divorata e masticata dai sensi di colpa, ma non quella volta. Con espressione austera, quasi regale, si era recata verso il minifrigo arraffando il primo alimento ghiacciato per posarlo con non poca delicatezza sul livido del ninja –Sei un’idiota- e aveva pressato, ricevendo forse insulti in giapponese –Come tua amica, non voglio che ti accada qualcosa-.
-Tu non sei mia amica, nessuno di voi lo è-
La dottoressa inspirò lentamente squadrando il volto di Genji. Una cicatrice sul sopracciglio destro, una sul labbro inferiore, una gli attraversava la guancia eppure Genji preservava il fascino che lo aveva costantemente caratterizzato durante la sua vita.
-Solo perché sei stato abbandonato non significa che noi lo faremo… - arrossì scostando lo sguardo altrove, forse per paura della reazione che avrebbe avuto il suo paziente o per le quattro parole che aveva intenzione di pronunciare -Che io lo faccia-
-Amici, familiari, persino i fratelli tradiscono- e lui lo aveva provato su pelle il vero tradimento, quello che sapeva scuoiarti vivo al solo pensiero. Pensava e ripensava ai semplici e innocui momenti di gioco con suo fratello; erano stati bambini, uniti nell’animo e nel sangue, e adesso definirsi sconosciuti sembrava addirittura un insulto.
Lo odiò.
- Ma io sono la tua dottoressa- sorrise Angela, ricevendo un’espressione stranita come risposta, ma non più sprezzante e le sembrò di star sciogliendo il sottile strato di ghiaccio che aveva ricoperto il cuore del ninja.
 E se c’era un rischio che Genji era sempre pronto a correre era quello di fidarsi, anche a costo di soffrire o sentirsi deluso nuovamente, ma se quel rischio portava il nome di Angela Ziegler forse non ci avrebbe pensato su tanto; in ogni caso con lei non avrebbe sofferto tanto quanto che con Hanzo.
 
 
 
   
 
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