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Autore: Ghost Writer TNCS    15/07/2017    9 recensioni
Raémia è un mondo ricco di magia, dove i contadini vivono del lavoro nei campi, i soldati in armatura girano da un villaggio all’altro per garantire pace e sicurezza, e i saggi maghi offrono i propri servigi in cambio di cibo e rispetto.
I numerosi Reami, popolati da altrettante specie diverse, sono posti sotto il controllo di sei Re: persone illuminate che garantiscono pace e prosperità al mondo intero. O almeno così era un tempo. Oggigiorno i Re si preoccupano più che altro di godersi le proprie ricchezze, e i nobili cercano sempre nuovi espedienti per guadagnare maggiore potere.
In questa precaria situazione, Giako – un Gendarme solitario cresciuto da una strega – verrà a conoscenza di una grande macchinazione volta a ribaltare gli equilibri del mondo. Da solo non potrebbe fare nulla, ma questa volta non sarà solo: quante persone servono per salvare il mondo?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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3. Legami

I due ippolafi camminavano con andatura costante, procedendo a un ritmo abbastanza spedito che avrebbero potuto mantenere anche per lunghe distanze. L’animale di Jehanne sembrava del tutto privo di peculiarità, il destriero di Giako invece aveva due elementi che lo differenziavano da qualsiasi altro suo simile: innanzitutto la pelliccia particolarmente scura, quasi nera, e poi il fatto che si trattava di un non-morto, capace di camminare per giorni interi senza mai accusare la fatica e quasi insensibile alle ferite.

Era stata Alisha a renderlo tale, così da permettergli di restare sempre al fianco di Giako: al contrario degli zombie, i non-morti non perdevano i ricordi o la personalità, ma erano comunque virtualmente immortali. Fintanto che riceveva cibo e una scorta adeguata di magia, niente avrebbe potuto fermarlo.

Il mezzelfo lo sapeva, per questo si assicurava sempre di non restare a corto di zollette di zucchero intrise di magia. Durante l’inseguimento del mostro aveva forzato molto il suo destriero, al punto che era stato costretto a consumare quasi metà della scorta per evitare che il corpo dell’animale iniziasse a decomporsi.

In quel momento però il Gendarme aveva altri pensieri per la testa. Da almeno un quarto d’ora teneva gli occhi fissi su un piccolo foglio di carta, come ipnotizzato. Su di esso c’erano solo poche parole scritte con una calligrafia elegante e ordinata; in realtà ormai le conosceva a memoria.

Ho bisogno del tuo aiuto, vieni appena puoi.

 

Alisha

Ricevuto il breve messaggio, non ci aveva pensato due volte a chiedere qualche giorno di licenza per andare dalla strega, preoccupato e pronto ad aiutarla in qualsiasi modo.

Rivederla dopo tanto tempo, anche se per un motivo infausto, gli aveva scaldato il cuore, riportandogli alla mente tutti i bei momenti che avevano passato insieme…

Era pomeriggio inoltrato e Giako sapeva di essere ormai vicino alla sua destinazione. Il giorno prima aveva infatti varcato il confine tra i Reami di Donkernacht – dove era nato e dove svolgeva le sue funzioni di Gendarme – e il Reame di Grandeforêt – dove viveva la strega –, quindi nel giro di qualche ora avrebbe dovuto avvistare la sua meta.

Come previsto, ci vollero meno di un paio d’ore per intravedere fra i tronchi una sagoma famigliare. La casa di Alisha era un’ampia costruzione a un piano, costituita da tre blocchi fusi insieme, ognuno con il caratteristico tetto tondeggiante che sporgeva di almeno una spanna oltre la linea delle pareti. Giako aveva sempre trovato buffo come i myketis – imparentati coi funghi – abitassero in quelle case simili proprio a funghi.

Il mezzelfo smontò dall’ippolafo e lo lasciò a mangiare le piante basse della zona, lui invece si avvicinò alla porta. Si fermò. Erano passati mesi dall’ultima volta che era stato lì, e il cuore aveva cominciato a battergli forte. Era da tanto che desiderava rivederla.

Dei suoni delicati raggiunsero le sue orecchie a punta. Riconobbe subito la melodia, molto simile a quella di un pianoforte: un susseguirsi di note a lui molto familiari, un’armonia che sapeva di casa.

Aprì delicatamente la porta e un gruppo di cristalli produsse un leggero tintinnio. Giako non se ne curò ed entrò, chiudendo poi il battente alle sue spalle.

Come sempre, appollaiato sul suo trespolo nell’ingresso stava il falchetto di Alisha. Aveva un piumaggio maculato – più scuro sul dorso e più chiaro sul ventre – un becco aguzzo e due grandi occhi scuri, tutt’altro che amichevoli. Gli piaceva osservare le persone che entravano, e nel vedere Giako non si scompose minimamente. La strega aveva reso l’animale un suo famiglio quando il mezzelfo aveva già lasciato la casa, quindi il rapace lo riteneva poco più di un estraneo. Nonostante questo, era stato proprio quel falchetto a volare per chilometri, raggiungendolo con assoluta precisione per consegnargli il messaggio di Alisha.

Per sottolineare lo scarso interesse verso il nuovo arrivato, l’animale aprì un’ala e cominciò a pulirsi le penne.

Poco dopo qualcun altro venne incontro al Gendarme: era un myketis tra i venti e i trent’anni, aveva i capelli molto corti e lo sguardo vuoto, inespressivo. Non ci voleva un esperto per capire che era uno zombie; forse era stato un abitante del villaggio poi morto di malattia o di stenti, ma ormai di quella persona conservava a malapena l’aspetto. Alisha gli aveva spiegato che in certi casi era possibile restituire a un cadavere i suoi ricordi e la sua personalità, tuttavia era un processo molto complesso e non privo di rischi.

Lo zombie, che già conosceva il Gendarme, si limitò a un rapido inchino e se ne andò senza proferire parola.

La melodia intanto continuava a scorrere, dolce e piacevole, e Giako ne fece la sua guida. Raggiunse la stanza dove si trovava lo strumento, molto simile a un pianoforte a coda, e si fermò sulla soglia, in silenzio. Non si era sbagliato: era proprio Alisha che stava suonando. Era bella come la ricordava, forse anche di più.

Giako era un mezzelfo e dunque invecchiava più lentamente di una myketis come Alisha, lei però – come molte maghe del resto – faceva uso di incantesimi e filtri per mantenere intatto il proprio fascino.

Il Gendarme rimase immobile, in muta contemplazione. Era stato innamorato di lei, tempo prima. Il suo era stato un sentimento vero e profondo, più forte di quanto avesse voluto, ma purtroppo non ricambiato. Col tempo l’amore si era attenuato, era diventato meno doloroso, e alla fine era riuscito a vedere in lei solo la persona che lo aveva aiutato e l’aveva cresciuto, quasi una sorella maggiore. L’affetto che ora provava per lei era diverso, ma non per questo meno forte.

Poco dopo si accorse di qualcosa di strano nello sguardo della strega: era triste, abbattuto, segnato da occhiaie, come se nemmeno quella magnifica melodia riuscisse ad alleviare i tormenti del suo cuore. C’era davvero qualcosa che non andava.

Alisha eseguì un’ultima, precisa sestina, e lentamente la casa scivolò nel silenzio. Un silenzio triste, malinconico, a cui il mezzelfo non era abituato.

«Grazie per essere venuto.»

La myketis sollevò lo sguardo verso di lui e Giako fece un passo avanti. «Sono partito appena ho ricevuto il messaggio.»

La strega si alzò dalla panchetta e andò verso di lui, stringendolo in un abbraccio. Ormai il mezzelfo la superava di tutta la testa, quindi fu lui a circondarla con le sue braccia forti. Riconobbe il suo profumo – una fragranza ricercata che mai avrebbe potuto dimenticare – e il suo cuore ebbe un breve sussulto.

Cercò di scacciare i pensieri inopportuni. «Mi piace ascoltarti suonare» le disse con voce lieve.

Lei si scostò appena, quel tanto che bastava a rivelare il suo leggero sorriso. «Sei più bravo tu di me.»

Il mezzelfo distolse lo sguardo per nascondere l’imbarazzo. «Ho avuto una brava maestra, ma ormai mi sono arrugginito.» Dopo qualche istante si voltò nuovamente verso di lei. «L’incarico?»

Al sentire quelle parole, Alisha si incupì e le sue occhiaie divennero di colpo più evidenti. Fece un passo indietro e gli diede le spalle. «Io…» Prese un profondo respiro. «Io ho… ho sbagliato un rituale, e per questo ho creato un mostro. Per favore, ho bisogno che tu lo uccida.» Si girò, rivelando a Giako le lacrime nei suoi occhi. «Devi ucciderlo, prima che faccia del male a qualcuno. E prima che lo trovi qualcun altro.»

L’espressione del Gendarme tradì un attimo di nervosismo. Sapeva che quello della strega era un problema serio, e vederla così preoccupata non fece che aumentare la sua inquietudine. In ogni caso non si sarebbe tirato indietro: avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.

«Lo farò» disse semplicemente. «Puoi darmi qualche informazione in più? Sai se ha qualche punto debole?»

«Certo, prima però devi riposare. Una notte in più di vantaggio non farà una gran differenza, e poi sto preparando alcune pozioni per aiutarti a sconfiggerlo.» Il suo sguardo si era addolcito, come se di colpo fosse tornata la donna che per anni si era presa cura di lui. «Hai bisogno di riposo, e anche il tuo ippolafo deve fare una pausa.»

«No, davvero, sto bene…»

«Giako, ti conosco bene, e poi lo vedo che sei stanco. Fermati per la notte, ripartirai domani all’alba.»

Il Gendarme non poté che annuire. «D’accordo, farò come dici.»

Già allora aveva capito che qualcosa non andava: era sicuro che Alisha non gli avesse detto tutta la verità, ma in quel momento non era riuscito a capire cosa potesse avergli nascosto, né il perché l’avesse fatto.

Tali domande non avevano ancora trovato risposta nella sua mente, tuttavia combattendo col mostro aveva avuto un presentimento. No, non era stato solo un presentimento: aveva riconosciuto dei dettagli, diversi dettagli, che lo avevano portato a formulare un’ipotesi. Un’ipotesi così triste e dolorosa che sperava con tutto se stesso di sbagliarsi.

«Se vuoi te lo posso leggere.»

La voce di Jehanne lo colse di sorpresa: era così abituato a viaggiare da solo che si era dimenticato della sua presenza.

«Anch’io so leggere» ribatté, impassibile.

Ovviamente era stata Alisha a insegnarglielo, insieme a molte altre cose. All’inizio l’idea non lo aveva allettato molto, crescendo però aveva capito quanto fosse importante, e anche quanti furfanti andassero in giro ad abbindolare la gente facendo credere di essere intelligenti e istruiti.

La fierezza che campeggiava sul viso della giovane scomparve, sostituita da un velo di delusione. «Ah… Ok.» Dentro di sé aveva provato il narcisistico desiderio di fare sfoggio della propria istruzione, e in cambio aveva ricevuto una sonora figuraccia: era quello che si meritava per aver peccato di vanità.

Dopo qualche momento l’umana tornò a osservare il suo compagno di viaggio. Giako aveva riposto la lettera di Alisha in una delle tasche del suo cinturone e ora se ne stava in silenzio a osservare la strada.

«Dì un po’, è vero che con Gram ci tagli pure il metallo?» gli chiese.

Il mezzelfo parve confuso. «Intendi Balmung?» domandò indicando l’impugnatura della sua spada.

«Sì, quello che è. Non mi ricordo mai qual è il nome giusto.»

Il Gendarme fece un mugugno d’assenso. Stava per rispondere alla domanda della ragazza, ma si interruppe. All’improvviso gli era tornata in mente un’immagine di quando era molto piccolo, o meglio una voce: era la voce di suo padre.

“Un tempo si chiamava Gram, ma dopo averla fatta riforgiare il nostro antenato le ho dato il nome Balmung, perché era diventata una spada nuova e ancora più straordinaria.”

Un sorriso affiorò sulle sue labbra. Non pensava di conservare ancora un simile ricordo.

«È un “sì”?» gli domandò Jehanne, studiandolo con aria interrogativa.

«È un sì» confermò Giako con un cenno del capo.

Tra i due calò di nuovo il silenzio, così la giovane si decise a riprendere la parola. Purtroppo il mezzelfo non sembrava intenzionato a portare avanti alcuna conversazione e rispondeva solo se esplicitamente richiesto, e in ogni caso sempre con il minimo delle parole.

Alla fine l’umana espirò con disappunto. «Sai, cominci a farmi rimpiangere la compagnia di Achille[8]

Lui rimase in silenzio, si limitò a voltarsi quel tanto che bastava a rivolgerle uno sguardo a metà tra il seccato e l’interrogativo.

Jehanne sospirò di nuovo, incapace di trattenere la propria frustrazione. «Ok, noi due siamo partiti col piede sbagliato.»

Il mezzelfo non aprì bocca, ma la sua espressione fu un eloquente “puoi dirlo forte”.

«Ehi, guarda che è anche colpa tua!» esclamò l’umana.

Giako chinò il capo, sempre in silenzio. Poi finalmente parlò: «È vero, hai ragione.» Le sue parole erano serie e sincere. «Sono stato uno stronzo a costringerti ad aiutarmi.»

Jehanne parve molto colpita da quello slancio di onestà, e per qualche istante rimase senza parole. «Mmh… ok. Comunque cerchiamo di fare in fretta a uccidere quel mostro, perché stanare l’alchimista sarà molto più difficile.»

Il primo pensiero del mezzelfo fu che la giovane non aveva la minima idea di quanto fosse forte e resistente la bestia, poi però si rese conto che trovare il creatore delle spade magiche avrebbe significato scontrarsi con decine, forse centinaia di ribelli. Imprecò mentalmente: nell’ultimo periodo non faceva che cacciarsi nei guai.

«Ma non ti preoccupare, vedrai che ce la faremo!» affermò Jehanne. «La Regina Blu conosce gli Astrali, ci darà sicuramente una mano. E poi Dio è dalla nostra parte, quindi abbi fede e fai del tuo meglio.»

L’entusiasmo dell’umana non scalfì più di tanto la scorza di impassibilità del Gendarme, il quale si concesse qualche secondo per riflettere. Fino a quel momento non aveva pensato più di tanto agli Astrali – le persone per cui la giovane diceva di lavorare –, adesso però non poteva esimersi dal porsi qualche domanda. Innanzitutto che legami avevano gli Astrali con la sua famiglia? E poi perché la sovrana di tutti i Reami Blu, nonché una dei sei Re, li conosceva?

Lanciò uno sguardo alla sua compagna di viaggio, che intanto aveva ripreso a parlare. La giovane era un po’ strana, ma non sembrava né una pazza né una bugiarda. Non gli sarebbe dispiaciuto farle qualche domanda a proposito degli Astrali, per il momento però tacque: il suo unico pensiero doveva essere il mostro. E poi lui era un tipo taciturno e introverso: non se la sentiva proprio di interrompere un’altra persona.



Note dell’autore

Ciao! :D

Questa volta il capitolo è stato decisamente più tranquillo e ho potuto mostrare l’incontro che c’è stato tra Giako e Alisha.

La strega vuole molto bene al mezzelfo, ma non ha detto tutta la verità. Per il momento non aggiungo nient’altro, scoprirete nei prossimi capitoli ;)

E a proposito di Alisha, ecco anche il suo disegno:

Alisha Bellecœur (AoD-1)


Nella mitologia norrena la spada Gram/Balmung viene chiamata con diversi nomi, quindi ho cercato un modo interessante per “giustificare” questo aspetto XD

A questo proposito, vi mini-spoilero che in futuro ho intenzione di sfruttare anche la “versione” Nothung U.U


Il rapporto tra Giako e Jehanne direi che è un po’ altalenante, sono così diversi che non sarà facile per loro andare d’accordo, ma ciò che devono fare è troppo importante.

Alla fine ho aperto la questione degli Astrali: si tratta di un elemento molto importante non solo per questa saga, ma per tutto l’universo di Project Crossover, quindi nel corso della storia svilupperò anche questo argomento.


Grazie per aver letto e alla prossima! ^.^


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[8] Eroe della mitologia greca, ha combattuto la guerra di Troia.

   
 
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