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Autore: An13Uta    16/07/2017    1 recensioni
Figlio della paura e del legno, alzati.
Scrolla la tua vita infinita dai tuoi abiti stracciati.
Segui il Coraggio e ritroverai ciò che hai perso.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Link, Skull Kid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Child of Fear



















 

Era un raggio lunghissimo, come una stella cadente che non finiva mai. Luccicante, magnifico, un nastro di luce blu che tagliava la notte in due annientando ogni ombra.









... e incenerendo tutto ciò che toccava.

Un tripudio di fiamme rosse come mele e papaveri colmava gli alberi e l'erba. Pareva una fredda estate demoniaca, con animali che fuggivano, cadendo a terra trafitti da grossi, eterei fiori di luce che dopo un attimo sparivano per lasciare un'incandescente scarlatto a colmare il vuoto.

In tutto quel caos nulla poteva essere fermo.

Nulla eccetto lui.

Sarebbe morto, sarebbe finalmente morto, lì, immobile, sul terreno di quella maledetta foresta che tanto amava, diviso in due metà perfette da quella bella stella cadente, cullato dal fuoco in una lenta bruciatura.

Skull Kid singhiozzò, stremato.

Il piccolo cuore di legno che gli batteva nel petto dava colpi sempre più forti, segno che stava per rompersi di nuovo. Faceva male, faceva tanto male, e non ne poteva più.

Aveva perso i Giganti, aveva perso Tael e Tatl, aveva perso Link e il suo vecchio amico non era ancora tornato. Poteva andare peggio? Forse.

Un altro battito gli provocò una fitta allo sterno.

Sbrigati, pensò, sbrigati, sbrigati, fai avverare il mio desiderio.

Voleva smettere di respirare, anche solo per cento anni. Voleva, se mai si fosse risvegliato, rivedere tutti. Almeno Link.

Non avrebbe mai immaginato lo lasciasse solo anche lui. Credeva sarebbe diventato un esploratore, o un mercante errante.

Credeva sarebbero stati eterni bambini, insieme.

Invece lo aveva perso, sparito dietro ai doveri della carica che gli aveva dato la principessa.

Spalancò gli occhi, colto da un panico improvviso che lo fece rabbrividire tanto forte da scuotere il suo intero corpo.

Ansimò, lanciando sguardi furtivi tutt'intorno a sé alla ricerca di cosa lo stesse terrorizzando.

Ma non c'era nulla.

Si sentì straordinariamente piccolo e una stranissima nausea claustrofobica gli strinse la gola.

I rumori lo avvolsero con prepotenza, comprimendolo in una stretta scatola d'aria. Il mondo prese a vorticare e distorcersi in una visione grottesca, quello spaventoso miscuglio di colori e forme e suoni che percepiva ogni giorno.

Voleva muoversi, alzarsi, scappare, ma per quanto ci provasse non ci riusciva, incatenato in tutto quello che gli faceva accapponare la pelle.

Aveva paura di essere lasciato solo.

Aveva paura di non rivedere Link, o la foresta, o tutto quello che conosceva.

Aveva paura del sole, della luna, del fuoco, dell'acqua, del vento, della terra, del mare, dei monti, degli animali, delle piante, delle armi, delle carezze, dei Goron, degli Zora, dei Rito, delle Gerudo.

Aveva paura delle nuvole, delle stelle, di non essere voluto, di non essere necessario, del dolore, dell'amore, del tutto, del niente, della testardaggine, del terrore, della vita e di come quella degli altri non duri mai abbastanza, ma finisca troppo presto.

Un fascio azzurro lo sfiorò di pochi centimetri e appiccò fuoco ad un albero.

Skull Kid aveva paura di morire.



 



Con uno scatto si alzò e prese a correre, più veloce di quanto le sue gambe gracili gli permettessero di essere.

I Guardiani lo scoprirono subito. Puntarono su di lui decine di punti rossi, cercando di prendere bene la mira mentre scappava.

Avrebbe urlato, se solo la sua voce non fosse stata risucchiata dal pianto. Avrebbe gridato e cercato aiuto, anche se significava incontrare degli adulti: chiunque, chiunque andava bene, non voleva fare quella fine, non voleva morire distrutto da una luce blu, voleva vedere dove erano finiti tutti, doveva ancora aspettare il suo amico.

Doveva aspettarlo, sarebbe tornato.

Doveva resistere, e per questo aveva paura.

Usò tutta la forza che gli era rimasta e si teletrasportò, lasciando solo alcune foglie secche. Quelle macchine di morte le ridussero in cenere al suo posto.




Scivolò via tra l'erba ancora intatta a pochi chilometri dal pericolo scampato, il respiro affannoso mozzato in gola, mani e gambe coperte da centinaia di piccole ferite gocciolanti sangue simile a resina.

Con un suono secco il suo corpo si bloccò di colpo. La sua faccia deformata sbatté a terra mentre l'intero organismo, in una furiosa ribellione, protestava dal dolore.



Il piccolo si agitò, sguazzando invano nel fango nel tentativo di rialzarsi e continuare quella fuga folle. Pregò di potersi decomporre e scampare a una morte più dolorosa, colpì ripetutamente la fronte contro il suolo per spaccarsi il capo, digrignò i denti fino a sentirseli incrinare, ma ancora nessun muscolo rispondeva ai suoi comandi.



Allora urlò.

Svuotò i polmoni di tutto l'ossigeno che aveva accumulato, cercando di piangere.

Non gli era mai venuto così difficile.

Il capo gli cadde a terra, il suo lamento sempre più alto, finché non perse quasi la voce.

Riusciva a sentire i passi pesanti dei Guardiani venire verso di lui, e gli alberi venire distrutti, e il suo respiro affannoso, e il suo cuore che faceva male, e più forte di tutti c'era...





... c'era qualcosa di soffice, che calpestava l'erba alta.

Alzò appena la testa, ansimando.



Un lupo, un grosso, bellissimo lupo albino, che sembrava risplendere nel buio, stava fermo pochi metri davanti a lui, fissandolo col suo unico occhio.

Mosse la coda folta in una specie di scodinzolio nella sua direzione. Skull Kid avrebbe giurato fosse felice di vederlo.







Il suono di un'esplosione pericolosamente vicina lo risvegliò. Lo avevano sentito.

L'animale ringhiò in direzione della minaccia. Diede un ultimo sguardo al bambino, prima di voltarsi e trottare via, lasciando una delicata scia di luce.

"Seguilo!" sentì il piccolo.

Con un tremendo scricchiolio (era come se dovesse s e tra loro le ossa del suo corpo) riuscì a staccarsi dal suolo e correre dietro alla bestia.

Scivolava sul terreno e sobbalzava a ogni rumore che sembrava venirgli contro, ma non gli importava nulla: voleva saltare su quel lupo, accarezzarlo, farsi trasportare da lui, ridere perché gli leccava la faccia. Qualsiasi cosa, anche la più stupida, che lo distraesse. 

Non stava per morire, non stava per morire, si ripeteva. Stava giocando a Ce l'hai.

Stava giocando, e avrebbe vinto.

Forzò così tanto quel pensiero che riuscì persino a fare un minuscolo sorriso.

Un raggio si schiantò a una ventina di centimetri dalla sua anca.

Il corpo tentò di bloccarsi di nuovo, spaventato, ma lo spiritello si forzò a correre.

Ce l'avrebbe fatta.

Ce l'avrebbe fatta.

Ce l'avrebbe fatta.

Ce l'avcrack.
 

La gamba.

Non aveva sopportato la tensione.

Stramazzò a terra, il suo lato destro incapace di sostenersi. Alzò lo sguardo verso l'animale che, non accortosi di nulla, continuava a galoppare via, la sua luce che si allontanava sempre di più.

Skull Kid si trascinò verso di lui su tre zampe, provando a chiamarlo.

La sua voce non era altro che un rauco squittio.


Non voleva morire!

Non voleva morire, doveva aspettarlo!

Doveva aspettarlo!
 


Due mani, due mani grandi, e fresche, che sembravano di salvia, lo avevano afferrato delicate, confortevoli, e
prima che potesse vedere chi lo stesse tenendo, e da dove venisse il vento che gli aveva accarezzato la faccia, era su qualcosa di morbido, e chiaro, e in movimento.

Senza pensare strinse la braccia attorno a qualunque cosa fosse e vi premette contro la faccia grigia, palpebre serrate, respirando affannosamente, piccolo e intimidito, e inalando tutti gli odori intrisi in quella massa buona, odori di acqua salata, terra, sangue, foglie bagnate, posti in cui non era mai stato. Odori familiari che lo facevano sentire bene.





Lo avrebbe tenuto per sempre, se solo avesse potuto.



Le sue mani scivolarono a terra, e così fece il resto del suo corpo. L'improvvisa, ennesima caduta fu attutita da uno strano pavimento, simile a erba pressata. Era morbido.





Ancora più morbide furono le braccia che tentarono di tirarlo su da terra, preoccupate, e il sospiro mortificato quando venne notata la sua gamba rotta. E gli occhi blu, colti di sorpresa, quando Skull Kid aprì i suoi d'ambra e fissò il viso ben conosciuto che gli si parava davanti.











Si guardarono a lungo, come intimiditi l'uno dall'altro.

Poi lo spiritello fece cadere due grosse lacrime e avvolse l'amico in un abbraccio sollevato. Rise, la voce ancora un sibilo rauco, ma felice come non mai.

-Sapevo saresti tornato.- sussurrò.

Link sorrise. Lo abbracciò di rimando, premendo la propria fronte contro la sua: -Scusami per l'attesa.

L'indice grigiastro di Skull Kid gli accarezzò piano la sottilissima cicatrice che correva sull'occhio del suo amico, in un misto di meraviglia e preoccupazione.

-Mi dirai come te la sei fatta?

Stillò ancora una piccola goccia ambrata.

-Certo. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo.








 

Non sentiva più paura.










 

   
 
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