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Autore: LeanhaunSidhe    17/07/2017    17 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Guardie con le armature in parte coperte di pelli e gli elmi ornati da corna appuntite gli bloccarono il passo all'ingresso del palazzo reale. Kiki non era nuovo visitare quel luogo e ormai non gli restituivano più gli sguardi diffidenti che riservavano agli stranieri.

Certo non lo salutavano chiamandolo per nome ma gli Asgardiani non erano noti per essere gente affabile con chi proveniva da fuori. Per cui non si scompose più di tanto quando lo fecero aspettare alla porta. Era la prassi per poter essere annunciati al re e alla principessa.

Solo non si spiegava gli sguardi incuriositi ed il confabulare dei due soldati di guardia e di quelli che passavano a pattugliare un po' tutta la cinta muraria che abbracciava il castello.

Avvertiva inquietudine nelle persone e non se ne spiegava chiaramente il motivo.

Se alla principessa fosse successo qualcosa di brutto, come temeva, tutti sarebbero stati in fermento.

Invece, vi era una strana energia sotterranea che passava attraverso tutte le persone e si fermava per pochi attimi nei cenni di intesa dei servi, nel capo che si abbassava stanco di qualche anziano servitore, nei sospiri infastiditi delle donne. Era come avere sempre puntato addosso lo sguardo furtivo di qualche sinistra preda o di un oscuro predatore.

Negli anni Kiki aveva imparato a distinguere abbastanza bene il dialetto locale e non appena si sentì definire "il secondo in quella giornata" e la sua "somiglianza col primo" la curiosità ebbe il sopravvento.

Si rivolse al soldato che gli stava più vicino e chiese spiegazioni.

Quello lo ricambiò sorpreso. Non era un mistero che lui provenisse dal Santuario di Atene.

 

"E' già venuto stamattina un altro ambasciatore dal grande tempio!"

 

Kiki si grattò la testa. Non percepiva presenze familiari e, davvero, non aveva idea di chi si potesse trattare.

 

"Io non sono qui in veste ufficiale da ambasciatore."

 

Specificò ridendo, indicando i propri semplici abiti da viaggio.

 

"Vorrei solo fare quattro chiacchiere con dei buoni amici."

 

I soldati si guardarono tra loro stralunati, come se non sapessero bene che senso poter dare a quella situazione. Alla fine preferirono tacere e mandarono a chiamare un paggio, perchè annunciasse il nuovo venuto al re.

Mentre aspettava, Kiki percepiva chiaramente di essere oggetto dell'attenzione di due ragazze che passavano li vicino e le riconobbe come dame di compagnia di Seleina. Non ci pensò due volte ad andare nella loro direzione con la scusa di salutarle. Probabilmente il suo aspetto affascinante, per cui qualche volta Seleina lo prendeva in giro che presto avrebbe avuto più ammiratrici ad Asgard che ad Atene, avrebbe potuto tornargli utile.

Anche a loro chiese se ci fossero novità e queste non ebbero remore a raccontargli chi stato il visitatore della mattina. Il giovane Aries non seppe se essere contento o ansioso di quella scoperta: era suo fratello ad averlo preceduto.

 

Quando Mu, di mattina, si era teletrasportato un po' più all'esterno di quello che sapeva essere il centro abitato di Asgard, non si aspettava di trovare quell'atmosfera surreale. Ricordava vagamente che ci fossero fattorie ed un borgo di periferia. Lo scempio palpabile. Le porte delle abitazioni erano praticamente divelte e passando davanti alle case si vedeva chiaramente la furia di chi aveva violato l'intimità delle dimore, distrutto mobili e suppellettili. Le macchie di sangue che c'erano in parecchi punti, le armi spezzate, i diversi fuochi accesi in più punti del paese... Mur non aveva bisogno di chiudere gli occhi per immaginare le persone correre via e chiamare aiuto. Alcune delle abitazioni devastate sembravano invece essere state abbandonate da tempo, a giudicare dalla vegetazione che in parte ricopriva il legno scrostato delle pareti e dallo strato spesso di polvere degli ambienti interni. Chi la abitava sapeva che il nemico stava per arrivare ed aveva preferito, a scopo preventivo, abbandonare quei luoghi?

Presto, si avvide della presenza di qualcuno. Si avvicinò cautamente a due persone. Parevano un uomo all'incirca della sua età ed una ragazza. Lui era in piedi, col viso rivolto ad un punto del terreno. Lei, invece, poggiava proprio la mano sulla neve calpestata che sembrava attirare l'attenzione del primo. Non appena Mur si apprestò nella loro direzione, alzarono all'improvviso lo sguardo verso di lui, muovendosi con una sincronia perfetta che al lemuriano parve quasi innaturale.

Lo scrutavano attenti e le loro iridi, di un azzurro tanto profondo e magnetico quanto improponibile, parevano accomunarli subito ad un legame di sangue stretto, quasi fossero fratelli. Mur sorrise loro, con la chiara intenzione di presentarsi per capire cosa stesse succedendo.

L'uomo non sembrava contento e aveva assunto un'espressione di confusa attesa. La più giovane, benchè sorpresa anche lei, pareva invece più amichevole e ricambiò il sorriso. Si alzò e l'estrema leggiadria di ogni suo movimento faceva già intuire che non erano semplici esseri umani. Solo quando furono distanti meno di un metro, Mur si rese conto che avevano unghie affilate e lunghe che, senza dubbio, potevano essere paragonate a veri e propri artigli. In quel momento realizzò l'estrema somiglianza con Haldir ed iniziò a stare davvero all'erta.

 

"Qual è il vostro nome, cavaliere d'oro del grande tempio di Atene?"

 

Al sentire quella domanda, sia Mur sia l'altro uomo tradirono un moto di sorpresa. La ragazza che l'aveva posta aveva portato le dita a stringere il polso del giovane che la accompagnava, come a volerlo calmare. Per fortuna vi riuscì prontamente.

Il lemuriano, invece, si sentì come messo a nudo. Per un attimo gli sembrò di essere lui quello stretto al polso e di essere calmato in quella singolare maniera. Non gli era sfuggita, infatti, la spada che l'asgardiano teneva al fianco e, se fosse stato solo, avrebbe sicuramente già sguainato.

 

"Sono Mur dell'Ariete, custode della Prima casa."

 

La ragazza annuì, dolce, con un'espressione che sembrava troppo umana su quel viso da creatura che del tutto umana non era.

 

"La Grecia è molto lontana. Non è bene che la Prima Casa resti sguarnita. Perchè siete giunto fino a qui?"

 

Mur si abbassò nella neve, ad osservare quell'orma che aveva attirato prima l'interesse degli altri due. Sembrava l'impronta di un animale, probabilmente un canide .di grossa taglia

 

"La Prima casa non è davvero incustodita e voi qui sembrate aver bisogno di aiuto."

 

Si era rialzato, ben attento a non perdere di vista per un solo istante quei due individui, di cui non si fidava assolutamente.

 

"Cosa è successo alla gente di questo posto?"

 

La ragazza aveva chinato il capo. Pareve affranta e non aver cuore di rispondere. L'uomo, dall'espressione grave, non ebbe problemi a farsi avanti.

 

"Dove passano i perduti non resta nulla, tantomeno miseri umani."

 

Anzi, sguainò la spada ed avanzò minaccioso verso di lui.

 

Gli puntò la lama alla gola.

 

"Se non ti sbrighi ad andartene, sarà la stessa fine che farai tu."

 

A quel punto, la ragazza protestò in una lingua che Mur non comprendeva. Il cavaliere capì che era stato grazie al suo intervento che non erano venuti alle mani. L'uomo era arrabbiato. Aveva alzato la voce quasi ululando . Chiaramente non poteva opporsi per motivi che non gli andavano giù. Aveva pestato forte il piede nella neve, per poi andarsene via borbottando, con l'arma ancora in mano.

 

Mur, per non svelare subito l'esatta entità dei propri poteri ad esseri di cui non sapeva se agissero per il bene o il male, ringraziò semplicemente della cortesia di essere stato protetto.

La ragazza, allora, rise per qualche secondo.

 

"Io volevo proteggere lui da voi..."

 

Disse, accennando la direzione in cui era sparito il suo simile.

 

"...perchè, ammettiamolo, non avrebbe avuto speranza alcuna contro uno psicocineta del vostro calibro."

 

 

Mur si trovava in difficoltà. Non capiva bene quale piega avrebbero potuto prendere gli eventi e preferì prendersi qualche attimo per pensare. Voleva vedere quale sarebbe stato l'evolvere di quel singolare incontro. Quando la ragazza lo salutò con un inchino per poi andarsene, la implorò però di aspettare.

 

"Tu ed il tuo... compagno di viaggio..."

 

Iniziò, sollevato del fatto di essere riuscito a trattenerla.

 

"Siete forse legati a quello che si fa chiamare il Domatore delle anime viventi?"

 

Lei ascoltava con pazienza. Non aveva problemi a rispondere, almeno in apparenza.

 

"Ogni Dunedain è legato al suo signore. Per questo ci facciamo chiamare "figli di Haldir", anche se la parentela è vecchissima, di molte generazioni."

 

Mentre parlava aveva iniziato ad incamminarsi verso il centro abitato e si voltava verso Mur, perchè la seguisse e non sbagliasse il tragitto.

 

"Somigli moltissimo al tuo compagno di viaggio."

 

Lei sembrò ridere di gusto.

 

"Gli dei mi scampino dal diventare tanto irascibile! O in battaglia sarò perduta."

 

Nonostante si trovasse alla presenza di una probabile nemica, Mur non sentiva ostilità provenire da lei. Si trovò anzi costretto ad ammettere con se stesso di essere a proprio agio con quella persona che gli indicava chiaramente il sentiero da seguire per non perdersi ed arricchiva il loro breve tragitto con aneddoti e curiosità tipici di quei luoghi. Di certo lui non si trovava li per turismo ma non gli dava fastidio camminare con calma ed ascoltare. Era come se lo liberasse dal peso di chiedere. Dopo massimo mezz'ora, la ragazza si arrestò, indicando la punta di qualche comignolo che spuntava dal bianco piatto della neve.

 

"Se proseguite tenendo come punto di riferimento il campanile, arriverete in pochi minuti. Chiunque in città saprà indicarvi la strada per il palazzo reale."

 

Il cavaliere la ringraziò e le chiese perchè non lo accompagnasse anche in città.

 

"Si vede bene che conoscete e amate questo posto. Perchè non venite con me?"

 

Il viso della ragazza si adombrò di tristezza. Lei negò senza appello.

 

"Proprio perchè amo Asgard e la sua gente, con queste sembianze, non posso entrare."

 

L'Ariete avrebbe voluto aggiungere altro per convincerla. Potè solo chiederle il nome, per ringraziarla della sua gentilezza.

 

"Io sono Seleina, cavaliere."

 

Mur rimase senza parole e qualcosa, in lui, si spezzò a quella rivelazione. Ebbe la consapevolezza di aver sbagliato ma non capiva il motivo di ciò che l'istinto gli suggeriva a gran voce. Ripensò alla lite che aveva avuto con Kiki e a quanto suo fratello si fosse arrabbiato per le insinuazioni che aveva rivolto verso quella ragazza. Prima che andasse via la afferrò il polso e si rese conto allora delle fasce che sembravano dover medicare delle ferite. Se ne accorse dalle macchie rosse sulla stoffa, senza dubbio sangue rappreso.

 

"Cosa vi è successo in realtà?"

 

La principessa, poichè ormai non c'erano dubbi che si trattava di lei, cercò il giusto modo di esprimersi.

 

"Non mi è accaduto nulla che io non abbia voluto con tutta me stessa cavaliere. Per me, e soprattutto per questa terra e per questa gente che amo di un sentimento che è vivo in ogni parte del mio corpo e della mia anima."

 

Mentre parlava c'era una luce intensa e vivida nel suo sguardo, un sentimento che traspariva dal trasporto della sua espressione e dei suoi gesti.

 

"Ogni decisione porta però con se delle conseguenze e ciò che ho fatto, per gli uomini, non è esente da colpa. C'è una condanna ora sul mio capo e questo non deve ricadere sulla mia famiglia, in nessun caso ed in nessun modo."

 

Aveva liberato il polso dalla stretta gentile ma salda del cavaliere e aveva iniziato a manifestare una singolare energia che sembrava far danzare neve e vento attorno a lei. Conosceva il modo di ragionare dei cavalieri di Athena e intuiva che Mur avrebbe voluto ben precisi chiarimenti, presentati soprattutto davanti alla dea.

 

"Non posso accompagnarvi da mio padre, men che meno conferire con la vostra dea, in questo momento."

 

L'espressione condiscendente di Mur era mutata, sostituita da una più cortese ma decisa.

 

"Percepisco benissimo che non vi fidate di me, cavaliere."

 

Affermò sicura, scrutando nell'anima della persona che aveva vicino come Haldir le aveva insegnato a fare.

 

Mur riconobbe subito il lieve torpore che preannunciava il manifestarsi di quel potere. Haldir l'aveva colto di sorpresa ma quella fanciulla non ci sarebbe riuscita. Richiamò la propria armatura e la sensazione familiare del metallo dorato che fasciava il proprio corpo gli conferì sicurezza.

 

La ragazza di fronte a lui non aveva battuto ciglio mentre il bagliore dell'oro inondava di luce il bianco sporco che li circondava ed aveva innalzato un vento prodigioso, lo stesso di cui Kiki non riusciva mai ad aver ragione. Non voleva fargli del male ma il mantello bianco che ornava l'armatura del cavaliere fu presto ridotto a brandelli da quei cristalli che vorticavano come miriadi di minuscole lame.

Quando iniziò a sentire graffiata addirittura la pelle del viso, l'Ariete si decise ad innalzare il Cristal Wall. Attraverso la superfice trasparente creata dal proprio cosmo distinse chiaramente i grossi lupi dal manto chiaro che circondarono presto la sua avversaria. Ebbe un moto di disgusto quando si rese conto che gli occhi di quegli animali erano identici a quelli della principessa. Le gridò di fermarsi. Invece rimase fermo lui, protetto e bloccato dalla sua stessa barriera, mentre la giovane fuggiva via, scortata da quelle singolari guardie del corpo. Solo quando il vento smise di ululare potè correre nella direzione in cui erano scappati. Si concentrò ma senza ombra di dubbio era rimasto solo. Dispiaciuto per l'esito degli eventi, l'occhio gli cadde sulle orme lasciate dai fuggitivi. Si inginocchiò a terra e toccò le orme con le mani, che la vista lo stava tradendo di certo. Senza dubbio, oltre alle improne della principessa non c'erano segni di tracce di animali, ma dei piedi di uomini più grandi di diversi centimetri dei suoi.


Come sempre, pareri, critiche, commenti sono ben accetti :)

   
 
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