Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Happy_Pumpkin    17/07/2017    1 recensioni
E' l'ultimo anno delle superiori. Akashi sa che presto lui e gli altri ragazzi della Generazione dei Miracoli dovranno scegliere l'università e, forse, contemplare la possibilità di ritrovarsi di nuovo assieme. Quindi perché non cominciare a fortificare i legami giocando online? E infine... il mare, assieme. Prima degli esami, prima di decidere delle loro rispettive vite.
[AoKuro; shonen-ai fluff e nostalgico]
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Satsuki Momoi, Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Più io ti guardo, meno la tua misdirection è efficace.




Erano passate due settimane da quando erano state decise e pianificate le lezioni di recupero per l’asso della Too. Di conseguenza Aomine aveva preso a frequentare regolarmente la casa di Kuroko per farsi dare ripetizioni nelle materie in cui era più carente; dunque praticamente tutte, vista la scarsa attitudine allo studio.
Era dalle medie che Daiki non entrava nella stanza di Kuroko e, dopo tutti quegli anni di distanza, si era reso conto che non sapeva esattamente cosa vi avrebbe trovato. Da ragazzino non aveva fatto assolutamente caso alle cose presenti all’interno, né tantomeno si era fermato a riflettere su quali oggetti rispecchiassero il proprietario e il suo carattere; all’epoca erano, appunto, solo ragazzini e tutti i loro pensieri erano interamente rivolti al basket, che amavano entrambi così tanto da portare il resto in secondo piano.
Ma quel giorno d’estate di tanti anni dopo, appena messo piede all’interno della camera per la prima volta Aomine si era guardato attorno per leggere Kuroko, tra quelle mura. Non sapeva esattamente perché, eppure credeva di trovare mobili vuoti, pareti spoglie e arredamento essenziale, forse visto che Tetsuya appariva esattamente così: mostrava solo l’indispensabile, a volte nemmeno quello.
Ma quando Aomine attraversò la soglia, dovette ricredersi: vide numerosi poster di basket appesi alle pareti e un calendario con segnato il programma degli allenamenti, delle ripetizioni con lui, delle partite importanti. Erano annotate anche le vacanze assieme.
Inoltre ogni scaffale o ripiano disponibile era stato coperto di libri, piazzati in qualunque posizione possibile per recuperare spazio – libri che andavano dalla letteratura classica al fantasy, passando per qualche testo sui trucchi di magia o album dedicati alla storia del basket. Quante volte, a ben pensarci, a Daiki era capitato di incontrare Tetsu con un libro in mano, nelle rare occasioni in cui era Aomine a scorgere l’amico e non viceversa.
Sul letto fatto ma con qualche leggera piega, come se ci si fosse sdraiati da poco, c’era un libro lasciato aperto per tenere il segno e una pila di vestiti evidentemente stirati ma non ancora messi a posto. La scrivania era praticamente vuota, eccetto per un computer portatile in stand by e una lampada alla quale era appeso il polsino che Kuroko aveva sempre usato come portafortuna in tutti gli incontri di basket. Era una camera vissuta, piena di cose, non caotica come quella di Aomine ma nemmeno asettica. Era... Kuroko. Negli oggetti che gli piacevano, nei libri, nell’amore per la lettura e per il basket, nel pallone messo in un angolo per non ingombrare ma decisamente a portata di mano.
Gli sembrava di riuscire a vederlo, sdraiato sul letto con una gamba sul ginocchio, il libro in mano e la musica che andava sul computer portatile.
Vide il tavolino basso al centro, con disposto qualche libro, dei fogli da scrivere e delle penne: tutto era pronto per lui, in fondo. Come se Aomine fosse già entrato nella quotidianità di Kuroko, tra i suoi libri e i suoi vestiti.
Quel giorno erano seduti l’uno di fronte all’altro, con il tavolino basso in mezzo a loro. Il ventilatore si muoveva pigramente smuovendo l’aria calda, mentre i bicchieri pieni di the freddo gocciolavano piano sul mobile, lasciando cerchi di acqua dove venivano dimenticati durante lo studio.
Con una matita appoggiata sopra le labbra e la testa sorretta dalla mano, Aomine ascoltava Kuroko, intento a spiegargli un’espressione di trigonometria che soltanto fino a pochi giorni fa a Daiki sarebbe sembrata scritta indicativamente in cirillico. Sorrise, perché quel giorno Tetsuya aveva i capelli scombinati che andavano da tutte le parti. Avrebbe voluto... toccarglieli. Da ragazzino lo faceva sempre. Strano come, crescendo, adesso gli sembrava un gesto tanto più profondo di allora, forse anche per via di tutto quello che avevano passato.
“Quindi?” domandò all’improvviso Kuroko, guardandolo in attesa di risposta.
Aomine fece cadere la matita che gli rotolò davanti, realizzando di essersi perso nei suoi pensieri e non aver logicamente ascoltato il resto della spiegazione.
“Pausa, Tetsu?” domandò di rimando. E, istintivamente, gli sorrise.
Kuroko continuò a fissarlo, riflessivo, perché magicamente gli era sembrato di avere davanti l’Aomine scherzoso di un tempo, che combinava disastri in classe e rideva con tutti in mensa.
Prima che Tetsuya potesse dire qualcosa, però, bussarono alla porta della stanza. Dopo un istante entrò sua nonna che li salutò e annunciò di aver portato loro due ghiaccioli per combattere il caldo, per poi aggiungere:
“Mi ricordo quando da ragazzini li mangiavate sempre sul portico di casa. C’eravate poco, in realtà, sempre a scuola o a giocare a basket. Ma – sorrise, con le sue rughe sulla bocca sottile e gli occhi chiari come quelli del nipote – Tetsuya era sempre felice quando vi vedevate. Ti sei fatto un bel ragazzo Daiki, anche se sei diventato più serio.”
Il nipote guardò la nonna anche se, con un leggero imbarazzo, aveva lanciato un’occhiata ad Aomine, il quale aveva sgranato gli occhi nel sentirla parlare di lui e Kuroko; la nonna di Tetsuya era una persona che, in fondo, non li aveva praticamente mai visti giocare a basket ma solo... vivere, ogni giorno, assieme. E che si ricordava di quando lui sorrideva, rideva, talmente tanto da avere male alla mandibola e le lacrime agli occhi.
“Grazie, signora.” Disse semplicemente Aomine e si alzò, anticipando il compagno di studi nel prendere i ghiaccioli. Vide le sue mani con le leggere macchie dell’anzianità e si stupì che, della propria infanzia, ricordasse più quella signora sempre gentile rispetto ai suoi genitori, raramente a casa.
La nonna accarezzò i capelli già scompigliati di Kuroko, sorrise a entrambi e uscì dalla stanza, aggiungendo che aveva il bucato da stendere prima che i genitori del nipotino rientrassero a casa.
Quest’ultimo era rimasto seduto, con il busto rivolto verso la porta. Aomine si sedette vicino, sul pavimento, e porse il ghiacciolo all’amico dopo aver appoggiato il proprio sul tavolino accanto.
Ma, prima che il ragazzo potesse prenderlo, Daiki ci ripensò: all’improvviso gli tirò con un dito il collo della maglietta e gli infilò il ghiacciolo dentro. Kuroko sobbalzò per il freddo, facendo scoppiare a ridere l’asso della Generazione dei Miracoli:
“Ti devo ancora un gelato dietro la schiena, Testu.” Annunciò, per poi sorridere nuovamente nel vedere la smorfia del compagno di un tempo che si affrettò a recuperare il ghiacciolo, sollevando appena la maglia.
“Sei scorretto, Aomine-kun, hai approfittato della mia distrazione.” Gli fece presente, tornando a guardarlo. Poi iniziò ad aprire l’incarto e Daiki sollevò le spalle, appoggiando le mani sul pavimento mentre teneva un piede vicino alla coscia e l’altra gamba stesa, così vicina a Kuroko da potergli sfiorare il fianco.
“E’ l’unico modo che ho per sorprenderti.” Si giustificò, in un soffio.
Assottigliò le labbra.
Tetsuya lo fissò, con il ghiacciolo tra le mani. Una goccia gli cadde sul pavimento ma a nessuno dei due importò.
“Sei sempre capace di sorprendermi, Aomine-kun – restarono in silenzio, poi il ragazzo lanciò un’occhiata all’altro ghiacciolo dimenticato sul tavolino – mangialo, prima che si squagli. Rischiamo che inondi le equazioni.”
Lo fissò con quell’aria che non faceva mai capire se il giocatore della Seirin stesse scherzando o se davvero temesse che un ghiacciolo potesse in qualche forma macchiare il libro.
Aomine prese il suo concentrato di ghiaccio chimico e sorrise, vedendo che era proprio identico a quelli che, anni fa, prendevano sempre assieme lui e Tetsuya. Se lo mise un istante in bocca, assaporò il gusto di anice come stava facendo l’amico, poi dopo un attimo di pensiero gli domandò, cedendo all’orgoglio di ammettere che durante le ripetizioni non stava seguendo esattamente tutto di Kuroko, impegnato com’era a guardarlo – no, quello non gliel’avrebbe mai detto:
“Cos’è che mi stavi chiedendo prima, Testu?”
“Prima quando?” domandò Tetsuya, continuando a leccare il proprio gelato, mentre faceva finta di nulla.
Aomine roteò gli occhi, poi gli dette una leggera spinta con il piede: “Avanti, mi stavi parlando di matematica. E prima ancora di un sacco di altre robe. Non sono abituato a sentirti parlare.”
Mi piace, sentirti parlare.
Kuroko annuì. Sembrava meditabondo. Poi scosse appena la testa, commentando con quella serietà pacata ma accademica che lo faceva sembrare un insegnante perfetto:
“Se non mi ascolti, Aomine-kun, comincerò a pensare che Kagami-kun faccia bene a chiamarti Ahomine.”
Si lasciò un istante il ghiacciolo in bocca, fissando senza battere ciglio Daiki che per contro sbottò:
“Oi, Tetsu, ti stavo ascoltando! E ti guardo anche, senza che quell’idiota di Bakagami...”
Si interruppe. Perché, all’improvviso, vide il suo imprevisto insegnante estivo sorridere.
Sollevò appena le sopracciglia; in quel modo, con quell’espressione, a Kuroko sembrò di tornare a vedere un ragazzino, splendido come allora.
“Nulla.” Rispose infine, altrettanto all’improvviso.
Solo a quel punto Aomine inarcò in maniera decisamente più marcata un sopracciglio, leggermente perplesso e, allo stesso tempo, splendidamente confuso da quel sorriso: “Nulla che?”
Kuroko appoggiò il bastoncino sul tavolo e si alzò in piedi, sistemandosi i pantaloncini:
“Non ti stavo chiedendo nulla, prima. Volevo prenderti in giro vedendo se eri attento. E non lo eri, Aomine-kun.”
Gli disse, guardandolo dall’alto, mentre il giocatore della Too teneva la testa appena sollevata. Quando quest’ultimo realizzò di essere stato preso in giro, tirò addosso al suo compagno di studi il proprio bastoncino:
“Testu, maledetto, questa me la paghi!”
Ma prima che potesse aggiungere altro Tetsuya 2 entrò in camera, scodinzolando e lanciandoglisi addosso, con entusiasmo. Ormai avevano quasi completato il ciclo di cortisone e, dopo settimane di trattamento, l’ingrossamento del tutto sparito; in quei giorni il cane sembrava rinato, aveva smesso di mugolare e ripreso a mangiare con appetito. Anche Kuroko, di riflesso, appariva decisamente più sereno.
Aomine coccolò il cane con affetto.
Testuya annunciò semplicemente, con la sua solita leggera serietà: “Bravo Numero 2, misdirection efficace.”
Daiki, suo malgrado, sorrise. Poi sollevò lo sguardo verso l’amico e gli propose:
“Andiamo a giocare? Assieme?”
Kuroko fissò un istante il libro, poi contrattò: “Stasera in dungeon ti curo solo se rispondi correttamente alle domande che ti faccio man mano, quindi dopo studi.”
Ma, nel dirlo, aveva già la palla da basket in mano.
Aomine scattò in piedi: “Prima dovrai riconquistarti la palla.”
Fece per andargliela a prendere e, allora, toccò le sue mani. Ma non le lasciò: i due ragazzi rimasero dunque così, in piedi, le mani di Kuroko sul pallone e quelle di Aomine sopra le sue.
“Abbiamo la palla entrambi.” Notò semplicemente Kuroko. E fissò le dita di Aomine, quelle dita sottili nonostante i calli per il gioco: avrebbe potuto suonare il piano, talmente erano belle e agili, eppure forti, così tanto da sembrare che potessero far esplodere quella stessa palla e contemporaneamente accarezzarla.
“Già. Sembra meno pesante.”
Aomine non guardava le sue dita, né quelle che stava toccando. Fissava direttamente Kuroko, fino a che lui incrociò a sua volta gli occhi con i suoi.
La domanda, a quel punto, gli salì spontanea ma rimase incastrata tra la lingua e i denti.
Dimmi che università farai, Tetsu. Andiamoci assieme. Solo questo. Farò tutte le ripetizioni del mondo.”
Ma, all’improvviso, Tetsuya gli lasciò con leggerezza la palla, cedendo la presa:
“Prima di andare mi aiuti a far mangiare a Tetsuya 2 le polpette di riso. Sembra si sia abituato a ricevere affetto da te.”
Dopo aver detto quelle parole, arrossì e abbassò lo sguardo, fingendo di sistemare un tavolino che non aveva bisogno di essere messo a posto, mentre Numero 2 scodinzolava.
Aomine sorrise.
Non ti ricordi, Tetsu? Più io ti guardo, meno la tua misdirection è efficace. E io... non ho mai smesso davvero di vederti.




Sproloqui di una zucca

Chiedo umilmente perdono per il ritardo nel postare ma sono statue due settimane di fuego tra matrimoni, imprevisti lavorativi e casini vari. Eppure... sono sopravvissuta e, purtroppo per voi, eccomi qui a tormentarvi con le mie storie muahahahah! Annuncio che questo sarà il terz'ultimo capitolo. Ancora più due e giungeremo alla conclusione di questo gigantesco what if/missing moment; chissà che poi in futuro non decida di proseguire oltre, portando più avanti con l'età i nostri amati ragazzi in una nuova storia (vai di ospizio, yeah XD).
Per quanto riguarda il capitolo è un po' più corto rispetto ai miei standard ma volevo creare un momento che fosse solo di Kuroko e Aomine, senza gioco o altre persone. Loro due, assieme.
Aomine, tesoro mio, quando ti deciderai a saltar addosso a Tetsu? O lasciamo che ci pensi Kuroko? Basta che vi decidiate, và.
Avessi messo un bollino rosso alla storia avrei fatto che farli denudare seduta stante, in barba alla credibilità psicologica ed emotiva dei personaggi, olé!
Come sempre grazie per seguire e leggere questa storia!
   
 
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