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Autore: Emmastory    22/07/2017    2 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XXII

Il suo passato

Il sole era di nuovo alto nel cielo, e nonostante brillasse con meno potenza del solito, potevamo godere di lunghi attimi di calma e distensione. Mantenendo la promessa fatta ad Erin, Ava era tornata a farci visita, e seduta nel salotto di casa con lei e la sorella, le assecondava nei loro giochi infantili, cullando bambole e accarezzando animali di pezza. Io ero con loro, e a quella vista, sorrisi. Un estraneo non avrebbe mai potuto dirlo con certezza, eppure lì davanti ai miei occhi giaceva l’ennesima prova di cui avevo bisogno per sincerarmi che lei non facesse parte di quel gruppo di mostri. Era un vero angelo con le bambine, e scambiandomi con lei occhiate d’intesa, la vedevo sorridere a sua volta. “Grazie.” Sembrava dirmi, conscia della mia scelta di darle una possibilità di redimersi agli occhi di tutti. In silenzio, continuai a guardarla giocare con le mie nipotine, quando improvvisamente, una di loro lo ruppe come vetro, avanzando una proposta tanto infantile quando tenera e dolce. Sollevando leggermente il capo, Erin provò a parlarle, e ciò che disse mi lasciò senza parole, sciogliendomi letteralmente il cuore. “Ava?” la chiamò, toccandole lievemente una spalla. Reagendo a quel tocco, lei si voltò subito, e da quel momento in poi, non ebbe interesse che per la bambina. “Sì?” azzardò, sorridendo e guardando dritto in quegli occhi azzurri come il mare. “Ci racconti una storia?” la pregò la piccola, alzandosi in piedi al solo scopo di raggiungere lo scaffale con i suoi libri preferiti e sceglierne uno. Una volta fatto, tornò da lei, e Ava fu tentata di accettare, ma guardando la copertina di quel libro, parve cambiare idea. Ritraeva una bella principessa dai capelli biondi in sella al suo cavallo, e quasi ignorandolo, lei non disse una parola. “Allora? È un sì o un no?” indagò Cecilia, curiosa quanto la sorellina a riguardo. “D’accordo Ma questa è una storia diversa, quindi niente libro, va bene?” Rispose Ava, cedendo alla supplica delle bambine e sorridendo ancora. “Va bene.” Dissero entrambe, parlando all’unisono e sedendosi sul tappeto di fronte a lei. A gambe incrociate come la loro amica, aspettarono in silenzio, e poco dopo, la storia ebbe inizio. “C’era una volta, una ragazza dai capelli corti e gli occhi scuri. Era bella, ma anche forte, e nel giorno in cui nacque, i suoi genitori decisero di darle un nome forte almeno tanto quanto lei. Ava.” “Si chiama come te!”  le disse Erin, felice ed eccitata. A quella reazione risi di gusto, ma nessuna di loro parve badarci. “Hai visto? Che coincidenza! Fu la sua risposta, seguita da un attimo di silenzio che svanì poco dopo, in quanto la loro nuova amica ricominciò a narrare. “Tutti quelli che la conoscevano dicevano che era una bambina bellissima, e a lei piaceva andarsene in giro per la città dov’era cresciuta. Sua madre l’aveva avvertita di non allontanarsi, ma lei non aveva ascoltato, e in un giorno d’inverno, la curiosità l’aveva spinta lontano. Spaventata, lei aveva cercato di tornare indietro, ma la nebbia ci aveva messo lo zampino, così vagò sola e senza meta per ore.” Un’altra pausa, e di nuovo silenzio, stavolta leggermente più lungo. “E poi? Poi che successe?” azzardò Cecilia, calma ma curiosa come sempre. “Una cosa brutta?” indagò Erin, preoccupata per la piega che le cose stavano prendendo. Quasi ignorando la sua domanda, la ragazza non rispose, e tentando di ricomporsi, riprese a raccontare. In silenzio, io ascoltavo, e pur non proferendo parola, riuscii a capire cosa intendesse. Anche Aaron era con me, e seduto al mio fianco, non parlava. Avrebbe voluto intervenire, ma come me tacque, lasciandola pazientemente fare. “Ava non lo sapeva, ma gironzolare poteva essere pericoloso, e ora che era rimasta sola, non sapeva cosa fare. Camminava chiamando a gran voce la sua mamma, ma di lei nessuna traccia. Le sue urla venivano trasportate dal vento, ma nulla cambiava. Ben presto, la notte scese, e un uomo la vide. Completamente sola, spaventata e infreddolita, Ava decise di provare a chiedere aiuto, e per fortuna lo ottenne, trovando rifugio in casa di quell’uomo. Con lui ne vivevano altri, e tutti sembravano gentili, ma il peggio doveva ancora arrivare.” Per la terza volta ci fu una pausa, e per la terza volta, silenzio. A quella vista, Aaron cercò di alzarsi, ma io lo fermai. “Non farlo.” Sussurrai al suo indirizzo, fulminandolo con un’occhiata. Di lì a poco, la sua amata riprese il racconto, e le bambine, visibilmente provate, non poterono evitare di mostrarlo. “Peggio? Le fecero eco entrambe, colpite dalle sue parole. Non rispondendo neanche stavolta, lei guardò me, e agendo al solo scopo di aiutarla, parlai. “Bambine, ora basta. Sta raccontando, lasciatela finire.” Dissi, quasi redarguendole per le loro continue domande. Obbedendo, scivolarono nel silenzio, e di lì a poco, Ava ricominciò. “Lei si fidava di loro, e loro sembravano volerle bene, fino a un giorno in cui uno decise che lei doveva somigliargli. Da quel momento in poi, venne trattata sempre più freddamente, e ignorata qualora avesse bisogno di qualcosa, perfino quando piangeva perché odiava stare da sola. Era ancora piccola, e aveva fiducia, ma anche paura. Era piccola, ma intelligente, perciò cercò di resistere, e quello fu l’errore peggiore della sua vita. “P-Perché?”chiese Erin, rompendo il silenzio per l’ennesima volta. Intuendo dove la ragazza volesse arrivare, Aaron tentò di fermarla. “Ava, no.” Pregò, guardandola con gli occhi lucidi e dolenti. Per tutta risposta, lei lo guardò, e abbassando lo sguardo, si decise. Avrebbe continuato la storia, ma tentato di indorare la pillola a quelle dolci bambine. “Perché lui le voleva così bene che decise di farle fare un tatuaggio, un disegno sulla sua pelle che le avrebbe dato modo di ricordarlo per sempre, e che alla fine, lei accettò.Un’aquila e una stella.” Rispose, soddisfacendo in questo modo la curiosità di Erin, che si abbandonò a un sospiro di sollievo. In quel momento, sospirai anch’io, e guardandola, la ringraziai mutamente per il suo gesto. Sorridendomi, non aggiunse altro, e la storia ebbe fine in quel preciso istante. La calma avvolse di nuovo la stanza, e le piccole tornarono a giocare, non dimenticando di ringraziare la loro amica per la bella storia che avevano avuto modo di ascoltare. In breve, il pomeriggio si tramutò in sera, e poco prima di lasciarla andar via, presi Ava da parte, ringraziandola a mia volta. “La ragazza, quella nella storia, eri tu, Non è vero?” chiesi, andando alla ricerca di una conferma per i miei dubbi. “Esatto, perché quella era la storia del mio passato.” Questa fu la sua unica risposta, che diedi poco prima di stringere a sé Aaron e sussurrargli qualcosa. “Ci vedremo presto.” Disse soltanto, prolungando quell’abbraccio per il tempo che bastò a sfiorargli una spalla. Limitandosi ad annuire, Aaron si staccò da lei, per poi guardarla ritirarsi nel buio e salutarla con la mano, come erano soliti fare quando entrambi erano solo bambini.
   
 
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