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Autore: MonAnge    23/07/2017    1 recensioni
Kristine Adams era una ragazza diciassettenne come tutte le altre. Viveva in una famiglia ricca a Los Angeles. Ma non aveva idea che stava per avvenire un fatto che le avrebbe completamente sconvolto la vita.
I suoi genitori - Marie e Albert- erano sul punto di perdere tutti i soldi investiti. Per questo motivo Kristine accetta di sposarsi con un milionario che neanche conosceva.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sposata con un diavolo

Capitolo 10 - Consolazione

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-Kristine?- sentii una profonda voce dalla macchina. Per colpa della pioggia era difficile capire di chi fosse.

Cavolo questa voce, l’avevo già sentita da qualche parte. Profonda, capace di scioglierti tutti i pensieri del momento. Ed ecco un altro ricordo.

Jace. Era sicuramente lui.

Non guardai dalla sua parte e, ignorandolo,  continuai a camminare aumentando il passo. Era pesante per me farlo. Non mi bastavano le forze. Ero pronta a tutto. Ma non all’incontro con Jace. Non volevo parlare. È colpa sua se la mia vita stava cominciando ad andare peggio.

Ero distrutta, sentivo il mascara che mi calava dagli occhi, i capelli che, bagnati, peggio non potevano essere, il vestito strappato. Menomale che era buio. Il collo era rosso per i segni lasciati da Sebastian.

-Kristine!- lo sentii di nuovo, ma la voce diventò più dura e preoccupata. La macchina si fermò e lui uscì.

 

Che fare? Se urlassi, senza girarmi, che mi ha scambiato per un’altra? No…- pensai. Cercai di nuovo a velocizzarmi, ma era inutile. Jace corse verso di me, mise la mano sulla mia spalla e mi costrinse a girarmi.

Gemetti per il dolore provocato da quel tocco.

-Perché non mi rispondi?- mormorò lui, guardandomi negli occhi da me abbassati. - Guardami! - continuò lui.

Lo ignorai di nuovo, girando la testa dall’altra parte e muovendo la spalla per fargli togliere la mano.

-Piccola, guardami! - disse cercando di farmi calmare. Toccò il mio mento sollevando la mia testa.

Io la sollevai. Alzai i miei occhi pieni di lacrime e gocce di pioggia.

Mi osservò a lungo e la sua espressione d’un tratto cambiò. Poi il suo sguardo scese. Spostò i capelli e fissò il mio collo, i suoi occhi si erano inscuriti per la rabbia.

-Per favore...lasciami. - dissi singhiozzando in modo silenzioso. Ma volevo urlare.

Tolse la mano dal collo.

-Chi ti ha fatto questo? - chiese arrabbiato e io mi limitai a fare un passo indietro.

La pioggia continuava e anche Jace ora si bagnò.  Ma i suoi occhi freddi continuavano ad osservarmi con rabbia e preoccupazione.

-No...non importa...devo tornare a casa- mormorai abbassando lo sguardo e sperando di andarmene da qui il più presto possibile.

Un improvviso e freddo colpo di vento mi spinse verso Jace e mancava poco alla mia caduta sopra di lui. Il biondo mi abbracciò circondando la mia vita.

-Cavolo, dobbiamo andare via da qui. Stai prendendo freddo...- sussurrò, mi prese tra le braccia e mi portò verso la macchina.

Non avevo forze per rifiutare o respingerlo e per questo rimasi zitta e mi accocolai al suo caldo petto, chiudendo gli occhi. Sembrava che in questo momento potevo semplicemente svenire.

Non riuscivo ancora a credere che Sebastian fosse capace di farmi una cosa del genere. Sembrava che stessi vivendo un incubo. Nella mente entrarono di nuovo i ricordi.

Ristorante. Jace. Doveri da moglie. Piccola. Porta rotta. Sebastian ubriaco. Urli. Segni rossi. Pioggia.

“Lui non è quel tipo di uomo del quale ti puoi fidare e credere”. “Pensi che, dopo che firma il contratto, non ti tocchi?”

“Lui è un pazzo, Kristine.”

Il giorno e la notte peggiori della mia vita. Il giorno e la notte che mai dimenticherò.

I baci dolorosi e forti di Sebastian. La sua mano che mi stringeva forte il collo. “Quindi sei pronta a metterti sotto di lui e sotto di me, non ancora?”

E poi un altro forte ricordo:

Prendo il vaso di vetro e glielo spacco in testa.

Ma davvero tutto questo era avvenuto realmente? Davvero mi voleva violentare e io per difendermi lo feci svenire?

Mi venivano i capogiri. Non potevo crederci. Infilai le mani fra i capelli e piansi. Non ce la potevo più fare. Stavo diventando pazza. Tutti stavano diventando pazzi.

Volevo isolarmi dalla gente, perdermi in un angolo della Terra, urlare e piangere. Ma sapevo che era impossibile. Non ora.

Mi stava portando tra le braccia il ragazzo che domani sarebbe diventato mio marito. Non era un semplice ragazzo. A 20 anni è riuscito ad arrivare al successo, superando tutti gli ostacoli.

Il mio corpo ricominciò a tremare.

Jace si fermò non capendo cosa stesse succedendo.

-Hey...Piccola, piano, sono con te. - mi strinse più fortemente continuando ad andare verso la sua macchina, aumentando il passo.

In questo momento, quando lui era accanto, per un ignoto motivo, mi sentivo bene. Meglio. Sembrava che volesse proteggermi da tutto e tutti. Sembrava che mi stesse stringendo forte per non perdermi. Sembrava che aveva paura di perdermi.

In fondo in fondo, però, la mia mente diceva che non dovevo fidarmi ed era meglio correre più lontano possibile. Ma io allontanai questi pensieri e mi fidai. Forse mi sbagliavo ma non potevo fare in un altro modo. Avevo il telefono e le chiavi di casa nella borsa… la borsa nella macchina di Alex.

Sospirai e asciugai il viso con la mano. Respirai profondamente.

Nel frattempo Jace tenendomi con una mano, aprì con l’altra lo sportello della sua Mercedes e mi aiutò a sedermi.  Poi si sedette dietro pure lui, continuando a tenermi per mano.

-Che è successo a questa bellissima ragazza?- sentii una voce più avanti.

Alzai lo sguardo e vidi uno simpatico ragazzo, probabilmente coetaneo di Jace. Poi, sempre davanti, vidi un altro uomo più grande di Jace. Ma non mi guardava.

-Nick- parlò Jace con una voce minacciosa. -Lasciala in pace.

Dopo queste parole volevo ringraziare il biondo. Non volevo parlare con nessuno adesso. Continuai a tremare, ma questa volta dal freddo.

-Piccola, togli quella giacca, è bagnata.- disse gentilmente.

Scossi la testa. Non volevo che tutti si fossero messi a guardarmi. Avevo il vestito strappato.

Jace sospirò, -Nick dammi la tua giacca. - disse al ragazzo seduto davanti. - e anche tu Ambrose.-

Da quello che capii l’uomo che guidava era Ambrose. Jace prese le giacche e me le porse. Io mi attaccai allo sportello.

-Piccola, permettimi di riscaldarti- propose elegantemente Jace. Non potevo dire che la frase aveva un unico senso.

Lo ascoltai e mi avvicinai a lui.

Jace si sporse aiutandomi a togliere la giacca di Sebastian. Poi mi mise sulle sue ginocchia e mi fece indossare le giacche di quei ragazzi. In seguito mi abbracciò e inchinandosi per arrivare al mio orecchio, mi sussurrò:

-Dormi un po’- posò dolcemente le sue labbra sulla mia fronte.

Era stato come se ricevessi una scossa elettrica. Ma poi, cercai di distogliere i pensieri e chiusi gli occhi.

-Ambrose, nell’hotel. - ordinò Jace.

La macchina iniziò a camminare e io mi addormentai.





 
   
 
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