Rave!
Una scossa gentile mi
sveglia, accompagnata da un risolino infantile.
“Hmmm…” mugolo,
stropicciandomi gli occhi coi pugni.
“Ti svegli, Shu?” dalla voce
riconosco la mia sorellina, Katie.
Shu è il mio soprannome, qui
a casa. Me l’ha dato mamma da piccola, ma detto da
Katie è decisamente più bello. Con lei vicino tutto il mondo è più bello,
grazie alla sua voglia di sapere, di provare nuove cose, il suo entusiasmo
nello scoprire le cose che la circondano.
E quello che più mi meraviglia è il suo amore per me,
che è immancabilmente corrisposto da una mia esclusiva adorazione verso di lei,
il mio zuccherino.
“Sì, ora arrivo. Vuoi metterti un po’ a letto con me?” le propongo,
tendendole la mano.
“Ok. Però
dopo scendiamo a fare colazione?”
“Certo! Ho una fame!”
Lei si accoccola tra la
trapunta e il mio corpo, con i capelli scompigliati e l’espressione
vispa di chi è già sveglio da un bel pezzo.
Mi chiede della scuola,
degli amici, che cosa faccio stasera. Io rispondo a tutte le domande, e dopo
una buona mezz’ora sento degli altri passi avvicinarsi alla mia camera.
Ci mettiamo sedute tutt’e
due, ed entra
nostra madre.
“Ehi, buongiorno…cosa
aspettate a scendere per colazione?” dice, con quella sua voce calda ed un
sorriso stanco.
“Eccoci, ci
eravamo solo messe a chiacchierare un po’.” rispondo
io.
Katie scivola giù dal letto
e comincia ad avviarsi, comprendendo da uno sguardo di mamma che deve lasciarci
sole.
“Allora Shu, come ti trovi?”
mi domanda, sedendosi accanto a me, composta.
“Bene, davvero benone.
Insomma, a scuola mi sono fatta un po’ di amici, anzi
stasera andiamo ad un rave a qualche chilometro da qui, però ho ancora qualche
problema ad abituarmi. Prima ero molto più arrabbiata, ora mi è passata…solo
che abbiamo avuto così poco tempo per parlare. Tu, ti trovi bene?”
“A dirla tutta devo ancora prendere il ritmo, poi sul lavoro è molto
difficile per me ambientarmi. Per i colleghi uomini sembra essere un’anomalia
avere una donna che ricopre il loro stesso incarico, mentre tutte le donne rivestono
soprattutto incarichi di amministrazione, e non
sembrano inclini a fraternizzare. Devono ritenermi una
provinciale, temo!” Ride con una mesta ironia.”Con chi è che vai al
rave? Gente affidabile?” la solita domanda da mamma.
Continua a farmela, nonostante sappia già che indifferentemente dalla mia
risposta, lei starà in ansia.
“Sì, mamma. Compagni di
scuola, gente perbene.”
“D’accordo…ora scendiamo,
Stan e Katie saranno impazienti.”
Mi allunga una vestaglia di
pile, mentre io mi infilo le pantofole e metto un
cerchietto di plastica scadente fra i capelli, uno di quelli da casalinga, che
non metteresti mai nemmeno per andare a buttare la spazzatura.
Scendiamo le scale e andiamo
in cucina, dove ci aspettano Stan, con la canottiera e i pantaloni grigi della
tuta, che tiene in mano un mug pieno di caffè bollente, e Katie, seduta
al tavolo, composta, che mescola con il cucchiaino il cacao nel latte.
Io prendo una ciotola dallo
scolapiatti, i cereali da una credenza ed il latte dal frigo, e preparo la mia
colazione, mentre la mamma si limita ad una mela ed una tazza di tè.
Stan ci racconta del lavoro
all’officina, della ragazza che lavora nel negozio di vestiti di fronte, quella
che gli sorride ogni mattina, e delle battute con i colleghi di lavoro.
Katie invece riporta la
prima litigata con una compagna di classe, tale Renée O’Brien,
che le ha detto che assomiglia ad una scopa, e lei le
ha risposto che lei invece è un carciofo, e così via.
Io non dico niente, accenno
solo al rave di stasera, dopodiché mi vado a fare un doccia.
Alle sette di sera mi
comincio a preparare, stando al telefono con Kurt.
“Senti, giant, per
che ora mi passi a prendere?” gli chiedo, tenendo il cordless tra l’orecchio e
la spalla, mentre mi abbottono i jeans e vado alla
ricerca di una maglietta pulita, che sia anche mediamente decente.
“Penso di arrivare per le 7:40 pm, tu fatti trovare davanti al portone di casa e
presentati un minimo vestita.” E qui Kurt allude alla mia tendenza a
buttarmi addosso due straccetti per poi lamentare il
freddo.
“Sì, ho i
jeans, fammi solo trovare una cazzo di t-shirt. Daphne viene con noi?”
“Sì, figurati, che l’avresti
fatta venire con gli anzianotti?”
Gli anzianotti sarebbero
Ginger e Weed, che vengono con la macchina di Ginger, la quale, a dispetto
delle apparenze, ha diciotto anni suonati, ed ha passato
con successo l’esame per la patente.
“Hahaha…secondo te scocca qualcosa fra quei due? Io dico di sì.” Asserisco
convinta io, avendo tra l’altro appena trovato una
maglietta nera con stampa fluo.
“Mmm, sicuramente sì, ma non
stasera: Ginger è troppo esaltata per i suoi gusti, lo sai che la preferisce quando è meno nervosa. Se
si baciassero stasera e poi lei andasse a fare la scema con gli altri ragazzi,
non so quanto Joshua sarebbe disposto a tollerare. Se accadesse
il contrario, invece…beh, lo sappiamo tutti come reagisce Ginger, vero?”
Saggio come al solito, il mio gigante buono.
“Vero vero…va
bene, dai, ti lascio finire di prepararti, ci vediamo tra poco.”
Do uno sguardo veloce al mio
riflesso nel lungo specchio dai contorni curvilinei appeso al muro. Sono decisamente vestita a cavolo. Mi lascio cadere sul letto,
sconfortata, prima di spogliarmi e ricominciare tutto da capo.
Per le sette e quaranta
sono, miracolosamente, pronta, e siedo sui gradini bianchi della veranda.
Guardo fisso verso la strada, annoiata e con la mente appannata, quando,
all’improvviso, la macchina di Kurt si ferma davanti a casa mia e lui,
sporgendosi dal finestrino, mi urla scherzosamente: “A bella, quanto prendi?”
Scoppiando a ridere, apro lo
sportello anteriore e mi lascio cadere sul sedile.
Dietro stanno il Nerd, in
libera uscita, e la bella Daphne.
“Allora, siete pronti?”
domando loro, allungando il collo oltre il poggiatesta.
“Se i miei lo vengono a sapere mi riducono ad un capretto sacrificale.” Sospira
Francis.
“Su con la vita Frankie! È
un rave, mica la fine del mondo.” Daphne lo tira scherzosamente per una manica della camicia, mentre lui,
facendosi paonazzo di rabbia, esclama per la centesima volta: “Francis,
non Frankie, per DIO!”
Nel frattempo, Kurt se la
ride al volante ed io cerco di trovare una posizione in cui io riesca a stare comoda. Alla fine mi risolvo a mettere i
piedi sul cruscotto e la schiena appoggiata sulla parte bassa del sedile.
“Ehi, donnaccia, giù le
fette!” mi sgrida Kurt, dandomi un colpetto sulle gambe.
“Uffa…ma io sto
comoda!”reclamo io.
“Giù!”
“Eddai…”
“GIU’!”
“Guada che non ti sono più
amichetta!” lamento, facendo il verso alle squinzie di scuola.
“Hmpf, potrei morire.” Mi
risponde lui, sarcastico.
“Buuu.”
Gli faccio il labbrino, e alla fine mi rassegno ad abbassare le gambe. “Certo
che sei pesante però.”
“Ottantatre
chili, per precisare.”risponde.
“Hahaha. No.”
Fino a che non arriviamo, vengo legata come un salame al sedile, sotto l’occhio vigile
di Kurt . Scendiamo dalla macchina, lasciata al parcheggio antistante il prato
dove si tiene il rave, e ci incontriamo con Ginger e
Weed. Lei è completamente fuori di sé dall’agitazione, ed appena arriviamo si
butta addosso a Daphne, aggrappandosi a mo’ di koala contro Twinkle che,
destabilizzata nell’equilibrio, barcolla per qualche secondo
prima di recuperarlo, sorreggendo una borsa enorme e la piccola Ginger.
Ci salutiamo e, quando le
due si decidono a sciogliersi dalla presa, ci avviamo verso il sound system, il
posto è già gremito di gente e la musica, sparata a palla, ci
investe come uno tsunami.
Weed,che
per questa sera ha rinunciato alla sua solita mise intellectual-chic,
afferma, con tono oracolare: “Io vado a prendere le birre.”, e viene seguito a
ruota dal Nerd.
“Beh, almeno andiamo a
ballare, dai!” propone Ginger, trascinandosi me e Daphne dietro.
“Io vi controllo a
distanza!” ci urla dietro Kurt, ormai troppo lontano da noi.
Facendoci largo fra la massa
di corpi che scorrono uno sull’altro, in un miscuglio indistinto di anche,
braccia ondeggianti e voci che si intrecciano tra loro
in un coro stonato, ci uniamo a tutto il resto della gente.
Daphne, a riprova che la sua
bellezza languida paga, è la prima che viene trascinata
via da un gruppo di ragazzi, all’assedio dei quali lei non si sottrae affatto,
nel frattempo io e Ginger cerchiamo di rimanere unite.
Balliamo, gridiamo,
scoppiamo a ridere una in faccia all’altra senza un apparente motivo, se non
quello di essere qui, ora, di essere vive, di avere il
piacere di sperimentare sulla nostra pelle come l’Irlanda sia la terra della
musica per eccellenza nei secoli, dalla solennità delle melodie celtiche fino
alla nostra techno, che non ci da’ pace, ci ordina,
con la sua ossessiva ritmicità, di muoverci, far qualcosa, rovesciare indietro
la testa e fare spazio a nuovi pensieri.
Dopo un paio d’ore ci
allontaniamo, sudate, e andiamo alla ricerca degli altri membri del gruppo.
L’adrenalina, consumatasi,
lascia il posto ad un bisogno d’aria e di riposare.
“Ehi, eccovi!” ci chiamano due voci
maschili all’unisono: Weed e Kurt.
“E
già. Come va, vi state divertendo?” chiedo io,
sollevando con la mano la frangetta appiccicaticcia di sudore.
“Sì, abbastanza. Volete
qualcosa da bere?”domanda questa volta Joshua.
“Mmm…magari. Ma che sia alcolico e freddo!” precisa Ginger, mentre lui se
ne va, lasciandoci con Kurt.
Facciamo quattro passi
insieme, allontanandoci dalla conca dove si tiene il rave, e ci buttiamo
sull’erba umida , a guardare le stelle. Dopo poco ci raggiunge Weed, con le mani occupate da quattro bicchieroni
di plastica pieni, acrobaticamente stretti fra le dita.
Porge a Ginger un Black Russian con ghiaccio, a me
una birra chiara, mentre per sé e Kurt ha preso due Guinness.
Mi sento gelare il sudore
addosso, e mi appoggio alla spalla di Kurt, che mi da’
un buffetto sulla guancia e mi abbraccia, comprendendo al volo che sono
infreddolita.
“Molto meglio!” esclamo
soddisfatta, prima di sorseggiare la mia birra.
“Non ti conoscessi, eh?”
sorride, il mio giant, strofinandomi le nocche sulla testa.
“Mi fai male! Poi scusa mi vuoi rovinare l’acconciatura very fica?”sfoggio un’espressione da vamp per caricare di
comicità il momento.
“Ma che rovinarti, tutt’al più fa pure un po’ schifo avere il sudore dei tuoi
capelli sulle mani…pensa quali pericoli sfido per fare una cosa affettuosa per
te!”
Kurt si guarda le mani,
facendo una faccia disgustata.
“Hahaha, cosa, affronti il
Mostro della Forfora?” “Hahaha, scema!”
Ridiamo, io e lui, e ci
beviamo la birra, sentendo le gocce fredde di condensa sul bicchiere sulle
mani, e asciugandoci i palmi sulle rispettive maglie.
“Shelly,
ma Daphne che fine ha fatto?” dal profilo di Kurt fanno capolino Ginger
e Weed, incuriositi.
“Non lo so…chi ha soldi per
chiamarla?”rispondo io, agitando in aria il cellulare.
“Io…aspetta,
ora provo.” Si offre Ginger, tirando fuori dalla
sua borsa di peluche fucsia il suo telefono.
Dopo sette tentativi Daphne
non risponde, e per di più non si riesce a rintracciare nemmeno il Nerd. Ci
alziamo, buttiamo i bicchieri ormai vuoti in uno dei cestini e ci dividiamo per
andarla a cercare.
Quella che prima sembrava
essere la cosa migliore, la musica vibrante, ora è solo un insormontabile
ostacolo, che complica le nostre ricerche.
Io e Kurt, Ginger e Weed corriamo tra la gente, chiedendo se per caso abbiano visto
una ragazza alta, magra, con i capelli lunghi e rossi ed un ragazzo
mingherlino, castano, con dei grandi occhiali neri. La risposta è sempre la
stessa: no, mi dispiace, e lo sconforto sempre maggiore.
“Dai, andiamo da Joshua e
Ginger, cerchiamo di restare uniti almeno noi.”propone Kurt.
Ma io lo strattono e me lo tiro dietro, tornando nella mischia, e continuo a
picchiettare sulle spalle della gente, finché una ragazza alta, con un fisico
muscoloso, i capelli biondi, bagnati, ed il trucco sfatto, che emana un
disgustoso lezzo di birra non mi risponde con un grugnito, indicando una
direzione con la testa.
Ci precipitiamo dove la tipa
ci ha indicato, e in un angolo completamente buio troviamo
Daphne accasciata a terra, in posizione fetale, fredda, bagnata di sudore e con
il trucco sciolto, tra le mani stringe fili d’erba e terra, sembra che qualcuno
abbia cercato di spogliarla.
A sorvegliarla, un depresso
Francis, che ci fa un apatico cenno con la testa, per poi tornare a guardare
lei.
“La volevano stuprare. Erano
in cinque. Tre le stavano davanti e due la tenevano immobilizzata a terra, con
i piedi sulle spalle. Quello più grosso le aveva già tolto i pantaloni e si
stava calando i suoi, quando sono arrivato.”racconta,
mestamente.
“O
mio Dio…”mormoro io, coprendomi la bocca con le mani.
“Stava urlando…piangeva,
tirava calci…si aggrappava all’erba, come se potesse salvarla, e quegli
schifosi la prendevano a schiaffi, le tiravano dei calci fra le gambe. Allora…-
si lascia andare ad un singhiozzo – allora gli ho gridato di piantarla.”
“E
loro che ti hanno fatto?” gli chiedo.
“Questo – dice Francis,
mostrando al chiaro di luna il viso, che rivela un ematoma scuro e del sangue
rappreso intorno all’occhio sinistro, che non riesce ad aprire, invisibile
prima, nell’ombra. – E poi hanno deciso di stuprare me. Uno per volta.”
La freddezza del racconto,
l’idea di quello che deve avere subito il povero Nerd, il dolore, la violenza
fisica e morale, mi fanno scoppiare in lacrime.
Mi getto a terra accanto a
lui per abbracciarlo e fargli coraggio, mentre lui
geme ancora e piange al ricordo di tutto questo.
Dopo poco si sveglia Daphne,
completamente immemore dell’accaduto, al racconto del quale non riesce a
trattenere i nervi e le lacrime.
“Ragazzi, io intanto avverto
Ginger e Weed, gli dico che vi abbiamo trovati e che
loro possono anche andare a casa.”soggiunge Kurt.
“Dai,
andiamo a casa.” Dico loro, che annuiscono con la testa e si sollevano a
fatica.
Francis zoppica, sostenuto
da Kurt, ed io tengo per mano Daphne.
“Vuoi che io dorma da te?”le
chiedo.
“Sì, grazie…mi piacerebbe
tanto averti accanto, stanotte.”
Mi abbraccia, con
l’espressione di chi non vuole pensare, di chi vuole
spegnere il mondo almeno per una sera e ricominciare, come se niente fosse, la
mattina dopo.
Mando velocemente un sms a mia madre, avvertendola
che stasera non torno a casa, e salgo in macchina con gli altri.
Alle quattro e mezza arriviamo a casa di Daphne, e alle quattro e quaranta ci
rannicchiamo, abbracciate, fra le lenzuola.
Le accarezzo il viso ed i
capelli, baciandole le guance, per farle sentire quanto le sono
vicina, mentre lei si abbandona al sonno, ed io resto a proteggerla dagli
incubi fino alle sei, quando anche le mie palpebre si chiudono, sfinite.
.:
Spazio Cos :.
Ebbene, è arrivato anche lui.
Il dodicesimo capitolo è caldo caldo di tastiera.
Sinceramente, sono piuttosto stanca, quindi lascio a voi il compito di commentarlo.
Un bacio grande!
Grazie a:
Talpina Pensierosa, nafasa
e Black Lolita.
Ringrazierò individualmente nel
prossimo capitolo, prometto!