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Autore: Captain Payne    27/07/2017    2 recensioni
Nella contea di Cheshire East non succede mai nulla che possa rompere la quotidianità in cui la popolazione è intorpidita; figurarsi nella cittadina di Holmes Chapel, di soli 5.000 abitanti, dove la cosa più scandalosa accaduta era stata il malfunzionamento di un lampione nel centro storico.
Un gruppo di ragazzi vive la propria vita credendo di poter rimpiazzare le follie di una metropoli con la piccola città, tra i popolari del loro college ed invidiati da chi sogna di fuggire dalla routine.
L’arrivo di una ragazza in città cambia totalmente le carte in tavola.
Dal testo:
“Il moro si voltò ancora una volta verso la ragazza accanto a lui, catturando nella sua memoria come i fasci di luce s’infrangessero sul suo viso candido e il profilo del suo naso alla francese sembrasse uno spicchio di sole appena sorto: un timido calore nel gelido freddo dell’alba d’Ottobre. Avrebbe voluto risponderle, per non sembrare un ebete che di prima mattina aveva già terminato le parole; per esempio voleva chiederle come mai non avesse ripetuto l’insulto da lui pronunciato.”
https://www.wattpad.com/434827794-troubles-in-heaven-z-m-%E2%80%9E-i-welcome-in-holmes
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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VIII

Room 2420.


 

Ai fedeli e ai leali,
quelli che si getterebbero tra le fiamme dell'inferno
per un amico e per quelli che direbbero "Non fa poi così caldo".

 
 

 



-Non a caso la Pepsi venne creata prima della Coca Cola, non ti dice nulla?-

Ormai era passata quasi un'ora da quando Chelsea e Whaliyha avevano iniziato il loro dibattito, tentando vanamente di esporre una guerra fredda che perpetuava dagli anni venti, ognuna esponendo argomentazioni che credevano essere convincenti a favore della loro tesi.

Stringevano le loro bibite analcoliche tra le dita mentre si infervoravano per qualcosa di fastidiosamente inutile, a detta di Sophie, che nonostante conoscesse in buona parte la nascita delle due bevande borbottava ancora la sua opinione: preferiva indubbiamente il sapore della Coca Cola, più dolciastro rispetto alla sua rivale.
 

Betty se ne stava sdraiata sul suo letto, la lunga chioma fiammeggiante che penzolava dal bordo del piumone e le gambe nude che si poggiavano tese contro il muro, come se fosse seduta a testa in giù. Sophie la invidiava un po' a dirla tutta: anche lei portava una maschera la maggior parte del tempo, eppure quando si trovava nella sua camera, nel comodo dormitorio femminile, non si forzava di mantenere nascosta la sua particolare personalità, anzi ne faceva sfoggio  e ora che il loro legame era finalmente sfociato in una concreta amicizia.
Sapeva molte più cose sul suo conto, per esempio la sua interessante discendenza da una particolare famiglia nobile dello Yorkshire, o la sua colossale cotta per l'irlandese dagli occhi blu con cui aveva scambiato sì e no tre frasi alla cieca.


La ragazza svedese distolse lo sguardo dal grigiore della giornata.
Sedeva sul largo davanzale in marmo, dove era certa che Betty si mettesse a leggere o a studiare quando Whaliyha e Chelsea non le stavano intorno, e dalla sua postazione poteva benissimo osservare come si stesse svolgendo il battibecco che le due avevano inscenato di fronte uno schermo in stand-by, il computer della bionda.

-Scherzi?! Guarda qui! Sono su Wikipedia, dice "Pepsi, fondata nel 1898" mentre la Coca Cola era già stata nominata nel 1886!-

Era stufa di sentir blaterare a proposito di quell'argomento, soprattutto perché il lato accademico della questione era stato completamente oscurato dalla sete di ragione che le ragazze avevano dalla loro e non si sarebbero dichiarate sconfitte nemmeno a discussione chiusa.

La vibrazione del suo cellulare salvò le due amiche da una sicura esplosione di Sophie, che non si preoccupò oltre delle loro futili faccende e controllò il contenuto del messaggio prima ancora di conoscere il mittente.

 

"Come sta andando?

Non uscire per nessun motivo"
 

Doveva ammettere che essere al centro dell'attenzione dei suoi due migliori amici non le era mai dispiaciuto, non tanto come in quel momento, quando l'eccessiva protezione di Svein si trasformava nelle grosse e lunghe sciarpe che sua madre la obbligava ad indossare prima di uscire.
Dolci, senza dubbio, ma soffocanti e scomode, più di quanto le piacesse ammettere a se stessa.

Un rumore improvviso alla porta fece sobbalzare tutte le presenti nella stanza, tranne la rossa taciturna che giaceva sul proprio letto, con un paio di cuffie così grandi che Sophie si ritrovò a chiedersi come riuscisse a sentire i propri pensieri. 

Risonante, il forte rumore si ripeté tre o quattro volte, abbastanza da far capire alla bionda che fosse qualcuno a bussare contro il pannello di legno, e che avesse anche molta urgenza di entrare.

Quando il distruttore della quiete (o salvatore di ore vuote e strazianti, avrebbe detto lei) venne accontentato e si fece largo trafelato nella stanza, tutti gli occhi si puntarono su di lui e sulla sua bocca schiusa - il respiro ansante e molte parole che dovevano essersi incastrate fra le corde vocali. 


La sua giacca a vento bluette gocciolava fradicia su tutta la moquette della stanza e la lunga sciarpa nera di lana era ciondolante sulle spalle, più verso terra che intorno al collo chiaro. I jeans neri decisamente troppo stretti parvero essersi incollati definitivamente intorno alle gambe del fisico asciutto, definendo soprattutto la curva leggera che l'articolazione del ginocchio creava. I capelli, d'un biondo chiarissimo e prima sollevati in una cresta, ora erano calati fra gli occhi, incollati alla fronte bagnata e corrucciata. Al di sotto delle fitte ciglia chiare stavano due occhi blu tanto limpidi quanto luminescenti, simili ai suoi in un certo senso, occhi che trasudavano spavento, timore ed ansia.

-Vi ho cercate d'ovunque- esordì in un'esclamazione quasi esasperata, prima di voltarsi verso Whaliyha per rivolgersi direttamente a lei: –Stiamo andando tutti in ospedale: Zayn, Harry e Liam hanno seguito direttamente l'ambulanza ma mi ha chiesto di venire a prendere te prima-

Le facce delle ragazze erano tutte riassunte in un cipiglio confusionario, un misto tra il preoccupato, lo spaventato e lo sconclusionato; e guardavano il ragazzo biondo in cerca di una risposta concreta.

-Che è successo? Chi sta male?- chiese preoccupata la mora dalla pelle bronzea, alzandosi prontamente dalla sedia col giubbotto e la borsa già in mano.


-Louis-
 

 

*



 

Le porte metalliche si mossero fulminee per lasciarli passare e la mandria di adolescenti si fece largo come una furia all'interno del pronto soccorso.

Sophie non ne aveva mai visto uno, l'unica cosa certa che seppe dalla reception fu che, in quel particolare 3 d'Ottobre, il pronto soccorso era davvero vuoto fatta eccezione per qualche persona seduta silenziosamente in sala d'aspetto, forse con un codice verde o bianco.


Niall si sporse sopra l'alto bancone del box informazioni, come a tentare di scavalcare del tutto quell'unico ostacolo, avvicinandosi al viso dell'anziana signora con esigenza di risposte. La donna dai profondi solchi sotto gli occhi lo scrutò attraverso le spesse lenti da vista, accompagnate da una singolare montatura a goccia sul viola e con dei fili di perline legati ai lati delle stecche.

-La prego, è davvero urgente, il nostro amico è entrato forse dieci minuti fa, Louis William Tomlinson- Sophie non era convinta che fosse possibile poter lasciar passare tante persone all'interno della struttura. Eppure la donna abbassò gli occhi sull'elenco dei nuovi registrati, come volendo accontentare la loro richiesta.

Quando la penna che stava facendo scorrere sull'elenco si fermò di colpo, Niall quasi cadde oltre l'alta scrivania.

-Sì, eccolo, ma non posso lasciarvi passare tutti, mi dispiace- concluse, visibilmente affranta per la durezza delle sue regole.

-Non si preoccupi, l'importante è sapere dove sia, non andremo tutti- la rassicurò Niall, che aveva come unico scopo ottenere l'informazione più importante.

-E' nella 2-4-20: secondo piano, reparto 4, stanza numero 20- spiegò la donna mostrando la piccola piantina dell'edificio che stava sopra al bancone.

Contrariamente a quanto chiunque si sarebbe aspettato, fu Betty a prendere la parola a quel punto, autoescludendosi da quella conta silenziosa che Niall stava facendo nella sua testa. Chelsea e Sophie fecero subito lo stesso, così da non creare ulteriori perdite di tempo, e lasciarono passare il biondo e Whaliyha al piano superiore.

-Non ci resta che aspettare- constatò Chelsea, scegliendo un terzetto di sedie che affacciavano sulla grande finestra della sala principale: -Caffè?-



 

*
 

 

Ormai era più di un'ora che Sophie, Chelsea e Betty erano accampate nella sala d'attesa del pronto soccorso, aspettando notizie sul povero ragazzo lì trattenuto in quel tardo pomeriggio d'Ottobre.

Più il sole si faceva basso nel cielo e più i messaggi di Svein aumentavano a dismisura. Non gli aveva detto dov'era e forse questo poteva considerarsi uno sbaglio, eppure uno sbaglio decisamente più grande sarebbe stato averlo lì con loro, farsi vedere dai suoi amici mentre veniva trascinata via senza possibilità di controbattere.


La ragazza dai capelli rossi se ne stava appollaiata su una sedia di plastica, i piedi su un tavolino lì di fronte mentre leggeva un volantino vacante trovato sul suo posto a sedere. La vaga spruzzata di lentiggini che aveva ai lati del naso contribuiva a donarle un'aria serafica, dondolava le gambe a destra e sinistra come nel tentativo di cullarsi. Gli occhi grandi e scuri erano celati da un paio di tondeggianti occhiali da sole, nonostante la luce all'esterno fosse quasi scomparsa e rimanesse solo quella biancastra delle lampade al neon.

L'unico spicchio di sole, che ancora tardava la sua caduta, irradiava il suo calore sul volto limpido di Chelsea. 
Da quando aveva preso il terzo caffè in mezz'ora aveva iniziato una marcia estenuante di fronte alla vetrata nella sala d'aspetto: camminava tre o quattro metri avanti e ogni passo sembrava costarle una frustata sulla schiena, poi tornava indietro ripercorrendo gli stessi passi della propria flagellazione.

Sophie se ne stava di fronte alla macchinetta del caffè, non era mai stata dipendente dalla caffeina e per questo non sapeva come porre rimedio allo stato comatoso di Chelsea. Alla fine premette con forza il tasto della c
amomilla, sperando che l'odore inebriante della tisana avrebbe calmato i muscoli tesi dell'amica bionda.

-Non sapevo che ci fossi anche tu- una voce inaspettata le giunse da dietro, sovrastando il rumore del macchinario e facendola sobbalzare.

Un caffè di troppo forse.

Sapeva perfettamente a chi apparteneva quella voce, altrettanto bene sapeva che lui era lì per Louis e che quindi si sarebbero comunque incontrati in quel tardo pomeriggio, prima o poi.


Il timbro le giunse più basso del solito, sembrava provenire dalla bocca dello stomaco piuttosto che dalla sua gola e lo sentì schiarirsela più volte prima di voltarsi finalmente a guardarlo: i segni di una spossatezza spasmodica gli segnavano il volto quasi come fosse lui il degente; gli occhi gonfi di stanchezza erano spenti, le iridi cioccolato adesso non le sorridevano più come avevano fatto quel mattino a lezione di matematica e il viso, solitamente dei colori caldi dell'autunno, ora sembrava essersi ingrigito, rabbuiato come il cielo durante un temporale che ancora faceva tremare le finestre coi forti tuoni.

-Allora... lui come sta?- era la domanda che avrebbe posto a Niall, se solo fosse sceso al piano di sotto per informarle degli sviluppi. A saldare il suo debito, invece, aveva mandato Zayn che sembrava avere un conto in sospeso con chiunque gli passasse davanti.

Non bene, dedusse subito Sophie e non dovette ricredersi quando il ragazzo finalmente le rispose.

-Avvelenamento da cibo, non possono ancora dire con certezza cosa lo abbia provocato perché hanno terminato la lavanda gastrica solo due ore fa-

Non aveva una laurea in Medicina e questo era ben evidente, eppure si sentiva tremendamente in colpa, come se fosse stata in grado di poter fare qualcosa quando in realtà non lo era.

Un sospiro sfuggì alle carnose labbra di Zayn, divenute pallide e strette nella morsa dei denti mentre si faceva avanti e inseriva le monete nel macchinario. Sophie agganciò le mani al bordo della sua maglietta, intrecciando le dita con essa nell'inutile tentativo di tenerle impegnate e soprattutto lontane dal ragazzo di fronte a lei, visibilmente sofferente.

-E cosa non ti convince di tutto questo?- i capelli morbidi e flosci gli ricadevano sulla fronte come a prostrarsi di fronte ai suoi occhi doloranti.

Al suono della domanda, si voltò lentamente a guardarla in viso. 

Sorpreso, turbato, nervoso - queste erano le parole che ronzavano nella testa di Sophie. 

Le sopracciglia spesse e scure erano sollevate in un cipiglio confuso ma al contempo appagato, e presto anche le domande che la ragazza si stava ponendo vennero spente come la distanza fra i loro visi. I suoi occhi blu vicini a quelli del ragazzo in un spazio ridotto a quindici centimetri, se non meno: non voleva sembrare sorpresa o scossa da quella improvvisa vicinanza ma forse fu proprio quella l'impressione che diede a Zayn, perché lui s'affrettò a spiegarsi.

-Io non credo affatto che sia un caso, io...- Zayn s'interruppe bruscamente. Apparve combattuto tra il voler continuare e il rimanere zitto, da quelle parole poté dedurre che la paura del ragazzo era forse quella di sembrare paranoico.

-Insomma, avvelenamento da cibo? Non si sente una cosa del genere ad Holmes Chapel da decenni forse, e lui è convinto di non aver mangiato nulla di strano nelle ultime 48 ore- si passò una mano sulla fronte corrucciata e se la sfregò più volte, magari tentando di darsi la carica che aveva perso nelle ultime ore: –Mio padre concorda con me, Louis non è un ragazzo poi tanto amabile di primo acchito come avrai notato, magari qualcuno... Dio, non posso pensarci- senza aggiungere altro, tirò un fragoroso pugno laterale alla macchinetta che si apprestò, provata, a rilasciare la sua bottiglietta d'acqua insieme a qualche monetina che costituiva il resto. 


Il leggero brusio dei dottori ed infermieri che andavano e venivano nella grande sala sembrò arrestarsi, per qualche attimo, tutti i presenti avevano sollevato lo sguardo per posare gli occhi sul motivo di tanto frastuono. Perfino Betty alzò lo sguardo dal suo cellulare, rimanendo con gli occhi fissi sulla coppia davanti alle macchinette, per capire la ragione di tanto scalpore. 

Non appena il tornando biondo si accorse di lui, però, lasciò senza indugio il suo calvario e si avvicinò con passo svelto a loro, tentando di moderare i toni mentre chiedeva notizie. Sophie si sentì rapidamente di troppo, senza un vero motivo, e lasciò la sua postazione dopo aver messo il bicchiere di camomilla tra le mani tremolanti di Chelsea. 

Si sistemò su un seggiolino accanto alla rossa che inaspettatamente si voltò verso di lei, forse sorpresa, urtando il braccio della ragazza che lasciò cadere la sua borsa. Un po' del suo contenuto si era rovesciato, e questo non fece che contribuire all'aumento di scuse da parte di Betty, che si facevano sempre più veloci e fitte man mano che passavano i secondi.

La sua voce dispiaciuta, le parole che stava rigurgitando come un fiume in piena in quel momento, il ronzio delle lampade al neon e lo squillare dei telefoni al pronto soccorso, tutto sembrò attutirsi per qualche istante e giungere alle sue orecchie come dietro un vetro antiproiettile, come se avesse le orecchie tappate dall'acqua: Betty stringeva tra le dita la boccetta scura di rivelatore che quella mattina aveva infilato furtivamente in borsa.

-Non mi avevi detto di avere una passione per le istantanee Vic, non ti ho mai visto con una macchinetta fotografica in mano-

-Ehm sì... una cosa che mi ha passato mia madre, non mi viene facile dirlo a chiunque- sperò che la risatina nervosa che le venne fuori di seguito non sembrasse troppo artefatta e chiuse finalmente la lampo della borsa.

-Se non ti dispiace, posso portare alcune delle mie nella tua camera oscura? Non ne ho più una da quando i miei l'hanno trasformata nella stanza di mio fratello Robb e...- la voce modica di Betty venne interrotta dalla sua.

-Camera oscura?-

-Certo, la camera oscura, dove metti le tue istantanee, non so come la chiamiate in Svezia ma qui si chiama camera oscura-
 

Non conosceva perfettamente la loro nuova casa ma era certa che non vi fosse nulla del genere all'interno.


 


 

( Per la dolce Betty ho immaginato Lily Collins,
direttamente da Shadowhunters )



 

 


Author's Space
Salve cuoricini e un saluto dal nuovo capitolo
della nostra storia che, come promesso,
sta iniziando a prendere quella piega angst di cui

vi avevo parlato.
Recentemente ho notato un leggero aumento nelle views
so, ho cavalcato l'onda sistemando i capitoli indietro
mettendo i banner nuovi e pubblicizzando la storia anche su Wattpad.
Anche lì la cosa si sta sviluppando abbastanza bene e ne 
sono molto contenta.

Come al solito vi ringrazio tantissimo 
se avete letto anche solo un pezzettino della storia, per me è già moltissimo.
Continuate a seguire gli aggiornamanenti se volete saperne di più!

Kisses,
Captain Payne.

AGGIORNATO IL 27.02.2018



 

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